Alcuni mesi prima della separazione lascia la casa coniugale e non assiste la moglie. Doppio assegno di mantenimento al figlio ed alla moglie. La casa coniugale assegnata a questo ultimi.

(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 febbraio – 15 luglio 2015, n. 14841)

In un procedimento di separazione tra P.M. e M.G., la Corte d’Appello di Roma con sentenza del 05/12/2012, confermava la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva dichiarato l’addebito al marito, respingendo la richiesta di addebito alla moglie, affidato il figlio minore ad entrambi i genitori, posto a carico del marito assegno per moglie e figlio.

Ricorre per cassazione il marito.

Resiste con controricorso la moglie, che pure deposita memoria difensiva.

Il ricorso non appare inammissibile, come afferma la contro ricorrente.

Esso appare autosufficiente, essendo indicate con chiarezza la vicenda processuale e, nei singoli motivi, le violazioni di legge e i richiami alla fattispecie concreta.

Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 143 c.c.; assume che l’abbandono della casa familiare, che la Corte territoriale aveva indicato come causa d’addebito, si sarebbe manifestato nell’ambito di una crisi matrimoniale già in atto, e che la moglie ha raggiunto il marito, riprendendo il sodalizio coniugale.
Il motivo è infondato.

Con motivazione adeguata e non illogica, il giudice a quo chiarisce, richiamando l’istruttoria testimoniale che, fin da alcuni mesi prima della separazione/il marito aveva abbandonato la casa coniugale, lasciando la moglie„ in circostanze difficili, come lo sfratto dalla casa coniugale.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 143 c.c., “in relazione alla violazione dei doveri di assistenza e nesso di causalità”. Assume il ricorrente come la Corte territoriale, nel giustificare la domanda di addebito a suo carico, non avrebbe tenuto conto delle sue condizioni di invalidità (non vedente al 100%) e delle sue reali possibilità di assistenza verso la moglie.

Il motivo appare infondato. Va evidenziato come la Corte territoriale abbia tenuto conto delle peculiari condizioni in cui versano entrambi i coniugi (non vedente il marito ed ipovedente la moglie) e delle ragioni che avevano dato luogo alla crisi coniugale (mancata assistenza del marito alla consorte, come già si è detto, in occasione dello sfratto dell’alloggio e di un ricovero ospedaliero, pur beneficiando il marito di un accompagnatore, messo a disposizione dal S.S.N.).

Con il terzo motivo, rubricato peraltro come quarto, il ricorrente deduce violazione dell’art. 156 c.c..

Egli assume che la Corte territoriale avrebbe errato, ponendo a suo carico un assegno di mantenimento per la moglie, dell’importo di Euro 950,00 che, insieme a quello per il figlio (Euro 650,00) perviene ad una somma complessiva di Euro 1.700,00, sproporzionata al proprio reddito netto mensile, di Euro 2.500,00.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale, con motivazione adeguata e coerente con il dato normativo che si assume violato, ha rilevato una notevole disparità reddituale tra i coniugi (il marito dipendente di istituto bancario e titolare di indennità di accompagnamento, in quanto non vedente, la moglie dipendente ministeriale, con reddito pari alla metà di quelli dei coniuge e titolare di una più modesta indennità per lo stesso titolo, in quanto ipovedente).

La Corte ha per di più rilevato come il ricorrente abbia ingenti disponibilità bancarie, se pur cointestate con i genitori, ancorchè sulla provenienze di dette disponibilità non vi sia stata concordanza di versioni tra il ricorrente medesimo ed i propri genitori nell’ambito dell’istruttoria espletata.

Con il quarto motivo, (rubricato come quinto) il ricorrente deduce violazione dell’art. 143 c.c., sul presupposto che la Corte territoriale abbia liquidato l’assegno per la moglie, senza tener conto del tenore di vita della famiglia durante la convivenza (all’evidenza, si tratta, nella specie, dell’art. 156 c.c.).

Il motivo è infondato.

Secondo giurisprudenza consolidata (tra le altre Cass. n. 2156/2010) è bensì vero che l’assegno di mantenimento per il coniuge, anche in sede di separazione, va correlato al tenore di vita goduto durante la convivenza, e tuttavia indice di esso può essere l’accertata disparità, come nella specie, di condizioni economiche fra i coniugi.

Con il quinto motivo (rubricato come sesto) deduce violazione dell’art. 155 c.c., censurando la sentenza impugnata in ordine alla quantificazione dell’assegno per il figlio, là dove la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto dei tempi di permanenza del figlio presso il padre.

Il motivo è infondato.

Il giudice d’appello, con motivazione congrua ed adeguata, è pervenuta alla quantificazione dell’assegno per il figlio, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, ivi compresi i tempi di permanenza del figlio col padre, nonchè del notevole impegno della madre nella cura e nell’accudimento del figlio stesso.

Va pertanto rigettato il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in e. 3.100, di cui 100,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento , da parte dei ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.