Assicurazione straniera; IVASS: vigilanza. Il Consiglio di Stato rimette la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

(Consiglio di Stato, sez. VI, ordinanza 28 ottobre 2015, n. 4928)

ORDINANZA

DI RIMESSIONE DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA sul ricorso numero di registro generale 1509 del 2015 proposto da Onix Asigurari S. A., in persona del suo legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avvocati Gaetano Buscemi e Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso l’avv. Gaetano Buscemi in Roma, Via Alessandro Serpieri n. 8;

contro

Ivass – Istituto per la Vigilanza Sulle Assicurazioni, in persona del suo legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso per legge dagli avv. Enrico Galanti, Patrizia Rosatone e Marina Binda, domiciliata in Roma, Via del Quirinale n. 21;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO –ROMA -SEZIONE II TER, n. 478/2015, resa tra le parti, concernente divieto di stipulare nuovi contratti nel territorio della Repubblica Italiana;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ Ivass – Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 79, comma 1, cod. proc. amm. ;

Viste le “raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” 2012/C 338/01 della Corte di giustizia dell’Unione europea (nel prosieguo: CGUE);

Visti gli artt. 19, paragrafo 3, lett. b), del Trattato sull’Unione europea (TUE) e 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE);

Visti lo statuto e il regolamento di procedura della CGUE;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 22 settembre 2015, il cons. Marco Buricelli e uditi gli avvocati Pellegrino e Buscemi per l’appellante, e Galanti e Rosatone per l’Ivass;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

Esposizione in fatto

1.1. Con il provvedimento n. 51.13. del 20 dicembre 2013 l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (in seguito, IVASS) ha vietato alla s. a. Onix Asigurari di assumere nuovi affari in Italia: ciò in base all’art. 40, paragrafo 6, della Direttiva 1992/49/CE, e all’art. 193, comma 4, del codice delle assicurazioni private (in seguito, CAP), e con gli effetti di cui all’art. 167 dello stesso CAP, che stabilisce la nullità dei contratti conclusi con imprese non autorizzate.

1.2. Dalle premesse in fatto e dalla motivazione in diritto del provvedimento di divieto risulta che:

-Onix Asigurari é una società per azioni assicurativa con sede a Bucarest (Romania) e dall’ottobre del 2012 è abilitata a operare in Italia, in regime di libera prestazione di servizi, per quanto qui più interessa nel ramo 15 –cauzioni;

-la società sta operando attivamente in Italia nel ramo cauzioni con il rilascio di polizze fideiussorie a favore di enti pubblici, in particolare nell’ambito di procedure d’appalto, assumendo impegni economicamente rilevanti;

-l’IVASS ha ricevuto “allarmate richieste di informazione in merito alla società e alla sua solidità finanziaria, soprattutto da parte di Pubbliche Amministrazioni (Comuni, Agenzie delle entrate, ecc.) in qualità di beneficiarie delle polizze fideiussorie emesse”;

-nei due mesi di attività del 2012 la società ha raccolto premi per circa 800.000 euro, di cui il 75 % in Italia e il resto in Romania;

-l’azionista di riferimento dell’impresa è un cittadino italiano, azionista unico della società rumena Egady Company s.r.l. (che detiene una quota pari al 99,99% del capitale della Onix), e presidente e direttore generale dell’impresa;

-“dal complesso delle informazioni acquisite … sono emersi rilevanti profili di criticità con riguardo alla reputazione di tale azionista ed esponente aziendale, che risulta avere significativi precedenti penali e di vigilanza”; in particolare:

-con sentenza del Tribunale di Marsala del 29 luglio 2013 l’azionista di riferimento della Onix è stato condannato per il delitto di tentata truffa aggravata ai danni dello Stato Italiano, al fine di conseguire erogazioni pubbliche;

-l’azionista stesso è stato anche amministratore unico della società G.C.C. –Garanzie Crediti e Cauzioni s.p.a., cancellata dall’elenco degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con il d. lgs. n. 385 del 1993, con provvedimento della Banca d’Italia del 28 agosto 2007; e dall’elenco degli intermediari finanziari di cui all’art. 107 dello stesso TUB con provvedimento del Ministero dell’Economia del 10 giugno 2008. Le cancellazioni sono state disposte a seguito di accertamenti ispettivi della Banca d’Italia dai quali sono emerse irregolarità gestionali gravissime e l’assenza dei requisiti patrimoniali minimi previsti dalla legge per esercitare l’attività finanziaria, avendo la società artificiosamente rappresentato in eccesso le proprie dotazioni patrimoniali;

-in relazione alla stessa vicenda la Banca d’Italia, il 3 gennaio 2008, ha applicato nei confronti del soggetto sopra indicato, quale amministratore unico della società G.C.C. , sanzioni amministrative per 80.000 euro, per inosservanza delle disposizioni sul livello minimo di dotazione patrimoniale e per carenze nell’organizzazione e nei controlli. Inoltre la società Garanzie Crediti e Cauzioni s.r.l. , già Garanzie Crediti e Cauzioni s.p.a., “è stata oggetto di due fermi amministrativi assunti dall’Agenzia delle Entrate … (nel 2010) tuttora pendenti, per un importo complessivo di circa 639.000 euro, per fideiussioni prestate e non onorate da parte della G.C.C. s.p.a. “.

Alla luce delle rilevate circostanze, il provvedimento IVASS considera che:

– se la Onix fosse stata un’impresa italiana, essa non avrebbe ottenuto l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa per carenza dei requisiti di “reputazione” del suo azionista di riferimento, in base al combinato disposto degli articoli 14 e 68 del … CAP. L’art. 14 CAP, in attuazione dell’art. 8 della Direttiva 92/49/CE -il quale dispone che le autorità competenti rifiutano l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa se, tenuto conto della necessità di garantire una gestione sana e prudente dell’impresa di assicurazione, non sono soddisfatte della qualità degli azionisti o soci- prevede che l’autorizzazione all’esercizio non possa essere rilasciata se i soggetti che detengono partecipazioni significative nell’impresa non sono in possesso dei requisiti previsti dall’art. 68 CAP, tra i quali figura il possesso di una adeguata reputazione, atta a garantire la sana e prudente gestione dell’impresa di assicurazione;

– qualora l’assenza di reputazione fosse emersa in un momento successivo, l’autorizzazione della Onix sarebbe stata revocata, in base al combinato disposto degli articoli 14, 68 e 242 CAP. L’art. 242 CAP, infatti, in attuazione dell’art. 14 della Direttiva 92/49/CE –in base al quale l’autorizzazione accordata all’impresa di assicurazione dall’autorità competente dello Stato membro di origine può essere revocata da questa autorità quando l’impresa non soddisfa più le condizioni di accesso- prevede che l’autorizzazione è revocata se l’impresa non soddisfa più le condizioni di accesso all’attività assicurativa. Il signor …, in qualità di azionista, non possiede infatti sulla base del quadro normativo europeo (ed italiano) di riferimento, un’adeguata reputazione atta a garantire la sana e prudente gestione di un’impresa di assicurazione. In applicazione dell’art. 15-ter della Direttiva 92/49/CE, inserito dall’art. 1 della Direttiva 2007/44/CE in materia di acquisizioni di partecipazioni, dell’art. 68 CAP e delle Linee guida emanate dal CESB/CEIOPS/CESR il 18 luglio 2008, richiamate dalla Comunicazione ISVAP n. 3 del 2 luglio 2009, la “reputazione” è valutata non soltanto in base alla verifica del possesso dei requisiti di onorabilità previsti dalla normativa vigente (v. d.m. n. 220 del 2011), ma si estende anche “alla verifica dell’esistenza di eventuali dubbi sull’integrità e sulla competenza professionale” dell’azionista “e della fondatezza di tali dubbi; i dubbi possono essere dovuti, ad esempio, alla sua condotta professionale passata”, tra cui rileva: * l’aver subito condanne penali, in particolare per reati di truffa o reati finanziari; * l’aver subito da parte di Autorità di Vigilanza competenti provvedimenti di cancellazione da pubblici registri regolanti l’esercizio di attività vigilate; * essere stato destinatario di sanzioni amministrative per mancato rispetto della normativa del settore bancario, finanziario o assicurativo”;

Richiamate le premesse in fatto e le considerazioni in diritto sopra esposte, l’IVASS ha ritenuto che:

a. l’azionista di riferimento della Onix Asigurari S. A. è privo della reputazione, come definita dal quadro normativo europeo vigente, necessaria a garantire la sana e prudente gestione dell’impresa;

b. dal quadro descritto emerge un grave caso di arbitraggio regolamentare in quanto un soggetto espulso dal mercato italiano dei finanziamenti e delle cauzioni (a seguito di provvedimenti di rigore delle Autorità competenti) e destinatario di una sentenza penale di condanna, al quale – in base alla normativa italiana di recepimento della direttiva 92/49/CE – non sarebbe consentito di accedere al mercato assicurativo italiano, si è stabilito in un altro Paese dell’Unione Europea per tornare a svolgere in Italia analoga attività nel settore dell’assicurazione ;

c. l’operatività della Onix Asigurari S. A., come emerge dai dati della raccolta premi, è concentrata in Italia e si dispiega in un settore particolarmente delicato quale quello delle cauzioni, con beneficiari pubbliche amministrazioni e privati, con il rischio, quindi, di grave pregiudizio per l’erario e di nocumento agli interessi di assicurati italiani e di altri aventi diritto a prestazioni assicurative in Italia;

d. esiste un crescente allarme sociale per l’operatività della Onix Asigurari S. A. in Italia, comprovato dalle richieste di informazioni che pervengono in merito alla società ed alla sua solidità finanziaria, soprattutto da parte di Pubbliche Amministrazioni in qualità di beneficiarie delle polizze fideiussorie emesse, ciò a riprova che la Onix Asigurari S. A. è attiva sul territorio italiano e il livello degli impegni che sta assumendo in Italia è in aumento.

L’IVASS ha preso contatti con le Autorità rumene, senza peraltro addivenire ad alcuna soluzione del problema. In particolare:

a) le informazioni e la documentazione in possesso dell’IVASS sono state trasmesse all’Autorità di vigilanza rumena con lettera del 4 ottobre 2013 chiedendo di adottare ogni iniziativa a protezione degli assicurati, avvertendo che, in assenza di interventi, l’IVASS, tenuto per legge a garantire la protezione degli assicurati italiani, avrebbe adottato ogni provvedimento utile e necessario per la tutela degli interessi degli assicurati italiani;

b) l’Autorità rumena, con lettera dell’8 novembre 2013, ha condiviso le preoccupazioni dell’IVASS, offrendo la propria collaborazione e preannunciando la costituzione di una task force interna per la valutazione delle misure da adottare nei confronti della Onix Asigurari S. A. e chiedendo la collaborazione dell’IVASS per esaminare i documenti relativi al dossier;

c) l’IVASS, con nota del 19 novembre 2013, ha manifestato la disponibilità a collaborare, sottolineando al tempo stesso la necessità che i tempi di conclusione dei lavori della task force e le conseguenti determinazioni dell’Autorità rumena fossero coerenti con l’urgenza del caso e con il dovere dell’IVASS di intervenire con misure immediate a protezione degli assicurati italiani. Pertanto, l’IVASS, ravvisando nel caso di specie motivi di urgenza, ha preannunciato che, qualora l’Autorità rumena non avesse adottato entro 30 giorni un provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa della Onix Asigurari, avrebbe dovuto adottare nei confronti dell’impresa, a protezione degli assicurati italiani, il divieto di assunzione di nuovi affari in Italia;

d) il 9 dicembre 2013 si è svolta una riunione a Roma tra le due Autorità, durante la quale quella rumena ha fatto presente di non poter adottare, in base alla propria legislazione, un provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa di Onix anche perché i criteri previsti dalle Linee guida CEIOPS/CEB/CESR 18 luglio 2008 per la valutazione della reputazione degli azionisti non sono stati incorporati nell’ordinamento interno e non sono quindi vincolanti; l’Autorità rumena ha fatto comunque presente che avrebbe avviato un processo di modifica della legislazione rumena.”

Nel delineato contesto, l’IVASS, a sostegno del provvedimento adottato, richiama:

-l’art. 40, paragrafo 6, della Direttiva 92/49/CE, in base al quale “i paragrafi 3, 4 e 5 lasciano impregiudicato il potere degli Stati membri interessati di prendere, in caso di urgenza, misure appropriate per prevenire le infrazioni commesse sul loro territorio. Ciò implica la possibilità di impedire ad un’impresa di assicurazione la stipulazione di nuovi contratti di assicurazione nel loro territorio”;

-l’art. 193, comma 4, del CAP, il quale stabilisce che l’IVASS ha il potere di intervenire nei confronti delle imprese di assicurazione con sede legale in un altro Stato membro della UE, quando manchino o risultino inadeguati i provvedimenti dell’Autorità dello Stato di origine ovvero sussistano ragioni di urgenza a protezione degli interessi degli assicurati italiani e di altri aventi diritto a prestazioni assicurative sul territorio della Repubblica italiana, con misure che comprendono il divieto di assunzione di nuovi affari in Italia;”

-“ il dovere di IVASS di intervenire con urgenza a protezione degli assicurati italiani, attuali e potenziali, prevenendo irregolarità da parte della società ONIX Asigurari S. A. , sulla base del mandato conferito dal Direttorio intergrato con delibera n. 235 del 17 dicembre 2013.

Tutto quanto sopra premesso e considerato, l’IVASS ha disposto, ai sensi dell’art. 193, comma 4, del CAP, attuativo dell’art. 40 della Direttiva 92/49/CE, il provvedimento di divieto di assunzione di nuovi affari in Italia nei confronti di Onix Asigurari, con gli effetti di cui all’art. 167 dello stesso Codice” (omettendo l’avviso di avvio del procedimento ex art. 7 della l. n. 241/1990 visto il carattere cautelare e urgente del provvedimento).

2.1. Il ricorso e i motivi aggiunti proposti da Onix, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, contro il sopra trascritto divieto in via di urgenza di assumere nuovi affari in Italia, sono stati respinti dalla seconda sezione ter del Tar di Roma con la sentenza in epigrafe.

2.2. Nel ricorso di primo grado, Onix Asigurari aveva sostenuto che l’IVASS, in assenza di qualsivoglia qualificato elemento di urgenza, non avrebbe il potere di adottare provvedimenti, come il divieto impugnato, per ragioni che non riguardano “irregolarità operative” o violazioni normative compiute nel concreto svolgersi dell’attività assicurativa. Infatti, le valutazioni sul possesso e sul mantenimento dei requisiti soggettivi –tra i quali quello relativo alla reputazione- per l’autorizzazione a esercitare l’attività assicurativa e per evitare la revoca dell’autorizzazione stessa, sono rimesse in via esclusiva all’autorità dello Stato d’origine della società (principio dell’home country control –controllo del Paese d’origine). Al fine dell’esercizio di poteri inibitori eccezionali e d’urgenza da parte dell’Autorità di vigilanza di un Paese diverso da quello comunitario di origine, non possono assumere rilievo valutazioni sulla “reputazione” dei soci di riferimento, dato che si tratta di un “connotato” che riguarda i requisiti soggettivi per avere l’autorizzazione. L’apprezzamento sull’esistenza e sulla permanenza dei requisiti soggettivi autorizzativi, con particolare riferimento alla reputazione, spetta come detto in via esclusiva all’autorità del Paese d’origine.

Fermo il potere dell’autorità dello Stato ospitante di vietare all’impresa l’assunzione di nuovi affari sul proprio territorio qualora ravvisi irregolarità o violazioni normative nell’esercizio dell’attività assicurativa, nella specie non risulta emersa alcuna criticità nell’esplicazione dell’attività in Italia da parte di Onix. Inoltre non risulta configurabile alcun arbitraggio regolamentare. Non sussisterebbe, e comunque non sarebbe stata comprovata, l’urgenza qualificata necessaria per poter adottare le misure indispensabili, compreso il “divieto di stipulare nuovi contratti”, a tutela degli interessi degli assicurati. Risultano illegittimamente omesse le necessarie garanzie procedimentali. In particolare, non sarebbe stato comunicato l’avvio del procedimento, benché lo stesso sia stato avviato il 16 settembre 2013 e concluso molto più tardi, il 20 dicembre 2013.

2.3. La sentenza, dopo avere riepilogato i riferimenti normativi rilevanti in materia (v. in particolare l’art. 193 del CAP e l’art. 40 della direttiva 1992/49/CE, abrogata dall’art. 310 della direttiva 2009/138/CE, peraltro con la decorrenza indicata dal medesimo art. 310, e successivamente prorogata), ha affermato che, in base a un’interpretazione dell’art. 193, comma 4, del CAP, coerente con la normativa europea derogatoria del principio dell’home country control, costituisce ragione d’urgenza, idonea a legittimare l’intervento inibitorio dell’IVASS, autorità di vigilanza dello Stato membro ospitante, in deroga al principio anzidetto, l’accertata constatazione che l’azionista di riferimento della società in libera prestazione di servizi non abbia i requisiti di reputazione per poter esercitare l’attività assicurativa sul territorio nazionale.

2.4. In particolare la sentenza:

-nel richiamare Cons. Stato, sez. VI, n. 840/2014, ha premesso che con il comma 4 dell’art. 193 del CAP è stata unificata la disciplina delle fattispecie relative alle misure da prendere, nei casi di urgenza e non, disciplina che nei commi 5 e 6 dell’art. 40 della direttiva 92/49/CEE è tenuta distinta;

-ha rilevato che i presupposti per l’esercizio del potere d’intervento dello Stato ospitante in base a quanto prevede l’art. 193, comma 4 del CAP (mancanza o inadeguatezza dei provvedimenti dell’autorità dello Stato d’origine; commissione di irregolarità che possono pregiudicare interessi generali; urgenza di provvedere per la tutela degli interessi degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative) sono alternativi e non cumulativi;

-ha osservato che il divieto di assunzione di nuovi affari sul territorio dello Stato ospitante è una misura inibitoria che ha carattere d’urgenza e può essere adottata, dall’autorità di vigilanza dello Stato membro, ricorrendone i presupposti, valutabili nell’esercizio di un potere caratterizzato da discrezionalità tecnica, a tutela d’interessi sensibili quali quelli degli assicurati e degli aventi diritto a prestazioni assicurative;

-ha evidenziato che nelle situazioni in cui “manchino o risultino inadeguati i provvedimenti dell’autorità dello Stato d’origine”, oppure “le irregolarità commesse possano pregiudicare interessi generali”, l’assenza dell’urgenza di provvedere non consente di derogare alle regole poste a garanzia del contraddittorio con l’impresa destinataria del provvedimento finale. Viceversa, nei casi di urgenza di provvedere a tutela degli interessi degli assicurati, l’autorità di vigilanza dello Stato membro (l’IVASS) ha il potere d’intervenire, vietando la stipula di nuovi contratti in Italia, anche in assenza di un preventivo contraddittorio con l’impresa destinataria del divieto e omettendo, dunque, la comunicazione dell’avvio del procedimento. In tal senso depone l’art. 40, paragrafo 6, della direttiva 92/49/CEE che, per i casi d’urgenza, fa “prevalere l’esigenza di tutela immediata di interessi pubblici sensibili (quelli degli assicurati italiani e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative) sia sull’interesse del soggetto inciso dal provvedimento ad avere conoscenza dell’inizio del procedimento (interesse tutelato…dall’art. 7, comma 1, della l. n. 241/1990), sia sull’interesse dell’autorità di vigilanza dello Stato d’origine a vigilare sulle proprie imprese anche se operanti sul territorio di altro Stato membro…e a ricevere (dall’autorità di vigilanza dello Stato ospitante) una preventiva informazione” circa l’adozione della misura inibitoria;

-ha verificato in modo positivo l’esistenza dei presupposti di fatto, idonei a giustificare l’esercizio del potere inibitorio in via d’urgenza, riconducibili: all’assenza della reputazione, come definita dal quadro normativo europeo vigente (v. art. 15 ter della direttiva 92/49/CEE, ottavo considerando della direttiva 2007/44/CE e linee guida del 18 luglio 2008), in capo all’azionista di riferimento della Onix Asigurari, reputazione necessaria a garantire la sana e prudente gestione dell’impresa.

A giudizio del Tribunale amministrativo, la carenza della reputazione è stata valutata in modo plausibile dall’IVASS come legata a “significativi precedenti penali e di vigilanza” (più in dettaglio si leggano le pagine 18, 20 e 21 della sentenza); all’emersione di un “grave caso di arbitraggio regolamentare in quanto un soggetto espulso dal mercato italiano dei finanziamenti e delle cauzioni (a seguito di provvedimenti di rigore delle autorità competenti) e destinatario di una sentenza penale di condanna, al quale – in base alla normativa italiana di recepimento della direttiva 92/49/CEE – non sarebbe consentito di accedere al mercato assicurativo italiano, si è stabilito in un altro Paese dell’Unione Europea per tornare a svolgere in Italia analoga attività nel settore dell’assicurazione cauzioni” (se Onix “fosse stata un’impresa italiana non avrebbe avuto l’autorizzazione…ovvero, ove l’assenza di reputazione fosse emersa in un momento successivo, sarebbe stata destinataria della revoca dell’autorizzazione”); e (come si ricava dall’esame del provvedimento impugnato in primo grado –v. pag. 4; cfr. sopra, p. 1. e cfr. anche pag. 22 sent.) all’impossibilità, segnalata dall’autorità di vigilanza dello Stato d’origine (l’ASF rumena) all’autorità dello Stato ospitante (l’IVASS), al termine di un’interlocuzione durata mesi, di adottare, in base alla propria legislazione, un provvedimento di revoca dell’autorizzazione anche perché i criteri previsti dalle Linee guida non sono stati incorporati nell’ordinamento interno e non sono quindi vincolanti;

-ha considerato che la presenza degli elementi di fatto sopra descritti implica –come ritenuto dall’IVASS in modo plausibile- una valutazione di assenza del requisito della reputazione tale da integrare quell’urgenza che legittima l’adozione di misure inibitorie da parte dell’autorità di vigilanza dello Stato membro ospitante, in deroga al principio dell’home country control. L’art. 193, comma 4, del CAP, interpretato in modo conforme alla disciplina di cui all’art. 40, paragrafo 6, della direttiva 92/49/CEE, conferma che l’urgenza di provvedere, se documentata in modo adeguato, giustifica la deroga alla “regola del paese d’origine”, con conseguente rigetto del motivo basato sull’omesso avviso di avvio del procedimento;

-ha rimarcato come, nelle condizioni date, nessun’altra misura, se non quella del divieto di assunzione di nuovi affari in Italia, “sarebbe stata adottabile”, sicchè la misura presa è, “anche sotto il profilo della proporzionalità, una misura non illogica”, in quanto inibisce l’esercizio dell’attività assicurativa esclusivamente in Italia senza incidere sulla prosecuzione dell’attività negli altri Stati dell’UE. Infine, la motivazione che regge il divieto impugnato si dimostra ragionevole e coerente, e le valutazioni compiute non superano i limiti di opinabilità e di plausibilità che contraddistinguono l’esercizio dell’attività amministrativa caratterizzata da discrezionalità tecnica.

3.1. Con il ricorso in appello, articolato in diversi profili, Onix ha contestato argomentazioni e statuizioni della sentenza impugnata, nei termini che seguono.

3.2. In primo luogo non rientra nel potere dell’autorità di vigilanza dello Stato che ospita un operatore assicurativo in libera prestazione di servizi, nemmeno in via d’urgenza, vietare all’operatore medesimo, in deroga al principio del controllo del Paese d’origine, la stipulazione di nuovi contratti sul territorio dello Stato medesimo, e ciò non in presenza di irregolarità operative o di violazioni commesse nello svolgimento dell’attività assicurativa, ma per la ritenuta carenza –secondo la disciplina applicabile nello Stato ospitante- della reputazione, requisito soggettivo necessario per avere l’autorizzazione, la valutazione del quale è riservata in via esclusiva all’autorità di vigilanza dello Stato d’origine.

3.3. I poteri d’intervento di carattere inibitorio dell’autorità dello Stato ospitante, con riferimento in particolare al divieto di stipulare nuovi contratti sul territorio dello Stato medesimo, devono considerarsi circoscritti all’accertata sussistenza d’irregolarità operative o di violazioni (sicuramente assenti nel caso di specie) che riguardano il concreto esercizio dell’attività assicurativa nell’ambito del territorio dello Stato ospitante, ossia la disciplina operativa su conclusione ed esecuzione dei contratti di assicurazione, e ciò anche nel caso di urgenza, dato che in quella ipotesi operano solamente deroghe al procedimento ordinario che prevedono il previo interpello dell’autorità competente dello Stato d’origine e il contraddittorio con l’impresa interessata.

3.4. L’appellante sostiene che diversamente opinando, ossia ammettendo –come hanno fatto l’IVASS e il Tar- che lo Stato ospitante nei casi d’urgenza possa vietare la stipulazione di nuovi contratti sul proprio territorio per la ritenuta insussistenza di un “requisito soggettivo autorizzativo”, di discrezionale apprezzamento come la reputazione, requisito che l’autorità di origine, nell’accordare l’autorizzazione, ha considerato senz’altro esistente, si avrebbe un “policentrismo autorizzativo” di ciascuno Stato, che pertanto cesserebbe di essere “ospitante”, in contrasto col principio di armonizzazione in materia assicurativa e di reciproco riconoscimento delle autorizzazioni tra i diversi Stati membri.

3.5. La ricostruzione interpetativa dell’IVASS, avallata dal Tar, risulta smentita dall’art. 40, paragrafo 6, della direttiva, in base al quale l’autorità dello Stato ospitante può intervenire in caso d’urgenza solo per “infrazioni commesse” sul proprio territorio, vale a dire in relazione a violazioni compiute dall’impresa nell’esercizio dell’attività assicurativa (conf. p. 3 della comunicazione interpretativa della Commissione 2000/C/43/03, su “libera prestazione dei servizi e interesse generale nel settore delle assicurazioni”, in cui sono elencati in via esemplificativa i punti che formano oggetto delle normative d’interesse generale).

3.6. L’intervento inibitorio dell’autorità dello Stato ospitante, nei casi d’urgenza e in quelli ordinari, non può invece riguardare il differente àmbito dei “requisiti autorizzativi”, il quale nulla ha a che fare con violazioni commesse nell’esercizio dell’attività assicurativa. 3.7. Valutazioni e controlli sulle condizioni armonizzate per il rilascio dell’autorizzazione unica competono in via esclusiva all’autorità del Paese d’origine.

3.8. Nei casi d’urgenza e non, l’autorità dello Stato ospitante è legittimata a contestare non l’esistenza dei requisiti soggettivi autorizzativi ma soltanto la violazione di norme che riguardano l’esercizio dell’attività assicurativa.

3.9. La differenza tra la disciplina dei casi d’urgenza e di quelli ordinari consiste nel fatto che nei primi, l’autorità dello Stato ospitante può intervenire in via diretta, anche senza interpellare l’autorità dello Stato d’origine e senza attendere che sia essa a prendere le misure appropriate, e anche in assenza di contraddittorio con l’impresa interessata, mentre quando non vi è urgenza, l’autorità dello Stato ospitante deve previamente informare l’autorità di origine sollecitandone l’intervento, ed è tenuta a garantire il contraddittorio con l’impresa.

3.10. L’appellante aggiunge che al punto 5. della comunicazione interpretativa della Commissione 2000/C/43/03 si enuncia che “la Commissione ritiene che le disposizioni delle direttive sulle assicurazioni vietino allo Stato membro ospitante di esercitare un controllo mirante a verificare se un’impresa di assicurazione che ha intenzione di operare sul suo territorio in regime di libera prestazione di servizi o tramite una succursale rispetti le condizioni armonizzate alle quali l’autorizzazione unica le è stata rilasciata dallo Stato membro d’origine. Tale controllo spetta infatti unicamente allo Stato membro d’origine. È sotto la responsabilità di quest’ultimo che è rilasciata l’autorizzazione unica e lo Stato membro ospitante non può rimetterla in discussione…”.

3.11. Qualora vi siano dubbi sul rispetto delle suddette condizioni per ottenere l’autorizzazione, lo Stato ospitante potrebbe tutt’al più sollecitare la Commissione ad attivare una procedura d’infrazione contro lo Stato d’origine, ma non potrebbe rimettere in discussione l’autorizzazione unica rilasciata da quest’ultimo: il che è invece proprio quello che è accaduto nel caso in esame, dopo che l’IVASS ha preso atto che l’ASF non riteneva di poter adottare un provvedimento di revoca dell’autorizzazione.

3.12. In via subordinata, ove il giudice di ultima istanza interpellato non ritenga sussistente la lamentata violazione del diritto comunitario e non consideri illegittimo in radice, per le ragioni indicate sopra, il provvedimento impugnato in primo grado, l’appellante richiede che sia presentata alla CGUE domanda di pronuncia pregiudiziale nei termini che seguono: “se il diritto comunitario e in particolare l’art. 40 della direttiva 92/49/CEE, la comunicazione interpretativa 2000/C/43/03 e il principio comunitario dell’home country control ostino a un’interpretazione nel senso che l’autorità di vigilanza di uno Stato ospitante un operatore in libera prestazioni di servizi possa assumere provvedimenti inibitori fondati sulla ritenuta insussistenza discrezionalmente valutata di un requisito autorizzativo peraltro aggiuntivo a quelli richiesti dalla disciplina comunitaria armonizzata”.

3.13. Nell’appello (v. da pag. 19) sono stati formulati motivi “logicamente subordinati” ed è stato in particolare evidenziato che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza:

-non può considerarsi integrata la fattispecie del c. d. arbitraggio regolamentare;

-la carenza del requisito dell’autorizzazione non integra di per sé il requisito dell’urgenza; in ogni caso non sussiste alcuna urgenza qualificata e neppure risulta adeguatamente documentata o comprovata l’urgenza rilevata dall’IVASS;

-la misura inibitoria adottata risulta sproporzionata, anche considerando la mancanza di un termine di scadenza della stessa;

-l’IVASS ha compiuto un apprezzamento, sulla carenza del requisito della reputazione, in violazione degli articoli 42 e 43 della direttiva 2009/137/CE, secondo i quali la reputazione costituisce, insieme all’integrità, il requisito della “onorabilità”, requisito che deve ritenersi assicurato attraverso la presentazione di un estratto del casellario giudiziale (dal quale, con riferimento all’azionista di riferimento di Onix, risulta “nulla”);

-gli elementi di fatto addotti dall’IVASS e le valutazioni formulate dall’autorità di vigilanza a sostegno del divieto impugnato sarebbero errati, privi di fondamento e illegittimi (v. in particolare da pag. 25 a pag. 31 del ricorso in appello).

3.14. Onix Asigurari ha concluso chiedendo a questo Consiglio di voler riformare la sentenza appellata e, per l’effetto, di accogliere il ricorso di primo grado annullando il provvedimento impugnato, previa eventuale rimessione della questione pregiudiziale alla CGUE. Vinte le spese del doppio grado di giudizio.

4.1. L’IVASS si è costituito per resistere.

4.2. Nelle 71 pagine di memoria l’Istituto appellato, in sintesi estrema:

-ha in maniera documentata ripercorso l’attività istruttoria e procedimentale compiuta in vista dell’assunzione della misura inibitoria (v. da pag. 6 a pag. 14);

-ha specificato in via preliminare (v. da pag. 15 a pag. 21) come le sopraggiunte decisioni dell’ASF, adottate nel 2014, di revoca dell’autorizzazione, all’azionista di riferimento di Onix, a rivestire la qualifica di presidente del Consiglio di amministrazione e di direttore generale della società, e di cessazione, in capo allo stesso soggetto, della qualifica di amministratore della s.r.l. Egadi, società che possiede il 99,9 della azioni della Onix, non configurino sopravvenienze rilevanti ai fini della modifica, in senso favorevole all’appellante, del provvedimento di divieto di assunzione di nuovi affari in Italia;

-ha ritenuto condivisibili le argomentazioni della sentenza sulla ricorrenza dei presupposti per l’intervento inibitorio in via d’urgenza (v. da pag. 25 a pag. 44);

-ha considerato incongruo ed erroneo il richiamo dell’appellante alle disposizioni di cui agli articoli 42 e 43 della direttiva 2009/138/CEE (da pag. 44 a pag. 46);

-ha ritenuto inammissibile per carenza dei presupposti e comunque non accoglibile, per diverse ragioni, la richiesta dell’appellante di disporre rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia (da pag. 48 a pag. 50);

-ha controbattuto le restanti tesi dell’appellante, insistendo sull’inesistenza dell’arbitraggio regolamentare, sull’assenza del requisito dell’urgenza, sulla proporzionalità della misura inibitoria e sulla legittimità della valutazione discrezionale compiuta dall’Istituto (da pag. 51 in poi), concludendo per il rigetto dell’appello e della richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE e per la conseguente conferma della legittimità della misura impugnata in primo grado.

5.1. Appellante ed appellato hanno illustrato le rispettive posizioni con memorie conclusive e, all’udienza del 22 settembre 2015, il ricorso è stato discusso e quindi trattenuto in decisione.

 
Considerazioni in diritto

6.1. Assume rilievo prioritario il vaglio, alla luce del quadro normativo di riferimento, sia interno, sia euro unitario, nel settore assicurativo, della tesi di fondo dell’appellante. Secondo l’appellante, infatti, l’autorità di vigilanza dello Stato ospitante non ha il potere, in deroga al principio del controllo del Paese d’origine, di vietare, all’operatore assicurativo in regime di libera prestazione di servizi, in via d’urgenza (e non), l’assunzione di nuovi affari sul territorio dello Stato medesimo, per la ritenuta carenza, originaria o sopravvenuta, della reputazione; tesi che è stata esposta sopra al p. 3.2. e seguenti, ai quali si può dunque fare rinvio.

6.2. Il Collegio ritiene che, diversamente da ciò che sostiene l’appellante –e fatto salvo però quanto sarà precisato più avanti, al p. 7.1. ss. , sulla domanda di pronuncia pregiudiziale dinanzi alla CGUE-, rientri nelle attribuzioni dell’IVASS, in caso d’urgenza, una volta verificata la carenza del requisito della reputazione in capo all’azionista di riferimento dell’impresa di assicurazione appellante, con sede in Bucarest, abilitata ad operare in Italia in regime di libera prestazione di servizi, vietare all’impresa medesima, a scopo di tutela degli interessi degli assicurati italiani e degli altri aventi diritto, ossia per garantire una gestione sana e prudente dell’impresa, la stipulazione di nuovi contratti di assicurazione sul territorio dello Stato italiano, con gli effetti di cui all’art. 167 del codice delle assicurazioni private, di cui al d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, e ciò sulla base della “clausola di salvaguardia” di cui all’art. 193, comma 4, del CAP.

6.3. Per quanto riguarda il quadro normativo di riferimento va rammentato in via preliminare che il principio semplificatore dell’autorizzazione e della vigilanza unica (c.d. home country control), di cui alla direttiva n. 92/49/CEE per l’assicurazione non vita (direttiva abrogata dall’art. 310 della direttiva n. 2009/138/CE, c. d. Solvency (solvibilità) II, con la decorrenza indicata nel medesimo art. 310, e successivamente prorogata; attuata in Italia con il d. lgs. n. 74 del 2015, il quale avrà efficacia a partire dal 1° gennaio 2016), stabilisce che un’impresa di assicurazioni avente sede in un Paese membro può svolgere la propria attività nell’intero Spazio economico europeo, senza necessità di dover richiedere alcuna autorizzazione aggiuntiva alle autorità di vigilanza degli Stati in cui intende operare, posto che la stessa sarà sempre sottoposta al controllo delle autorità del proprio Paese di origine.

6.4. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività è infatti rilasciata dall’autorità di vigilanza dello Stato membro d’origine e sarà valida per l’intera Comunità per il compimento di operazioni in regime di libera prestazione di servizi (cfr. quinto e sesto considerando della direttiva 92/49/CEE : (V considerando) l’impostazione adottata attua le forme di armonizzazione essenziali, necessarie e sufficienti ad ottenere il reciproco riconoscimento delle autorizzazioni e dei sistemi di controllo prudenziale, così da rendere possibile il rilascio di un’autorizzazione unica valida in tutta la Comunità e l’applicazione del principio del controllo da parte dello Stato membro d’origine; (VI considerando) di conseguenza, l’accesso all’attività assicurativa e l’esercizio della stessa saranno d’ora in poi subordinati alla concessione di un’autorizzazione amministrativa unica, rilasciata dalle autorità dello Stato membro in cui l’impresa di assicurazione ha la propria sede sociale; … grazie a tale autorizzazione l’impresa può svolgere le proprie attività ovunque nella Comunità, sia in regime di libero stabilimento, sia in regime di libera prestazione di servizi; … lo Stato membro della succursale o della libera prestazione di servizi non potrà più richiedere una nuova autorizzazione alle imprese di assicurazione che intendono esercitarvi le proprie attività assicurative e che sono già autorizzate nello Stato membro d’origine;… è pertanto opportuno modificare in tal senso le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE).

6.5. In particolare, in tema di rifiuto e di revoca dell’attività assicurativa, “le autorità competenti rifiutano l’autorizzazione se, tenuto conto della necessità di garantire una gestione sana e prudente dell’impresa di assicurazione, non sono soddisfatte della qualità degli azionisti o soci (v. art. 8, paragrafo 2, della direttiva). All’art. 14, lett. b), è previsto che l’autorizzazione accordata all’impresa di assicurazione dall’autorità competente dello Stato membro di origine può essere revocata da questa autorità quando l’impresa, per quanto qui più interessa, “non soddisfa più le condizioni di accesso”.

6.6. Su rilascio e revoca dell’autorizzazione, sul versante del diritto interno, si vedano gli articoli 14, 68, comma 5, 77 e 242, comma 1, lett. b) del d. lgs. n. 209/2005.

6.7. Va poi menzionato l’art. 15 ter, paragrafo 1, della direttiva 92/49/CEE, come inserito con art. 1 della direttiva 2007/44 .

Articolo 15 ter. “1.Nell’esaminare la notifica di cui all’articolo 15, paragrafo 1, e le informazioni di cui all’articolo 15 bis, paragrafo 2, le autorità competenti valutano, al fine di garantire la gestione sana e prudente dell’impresa di assicurazione cui si riferisce il progetto di acquisizione e tenendo conto della probabile influenza del candidato acquirente sull’impresa di assicurazione, la qualità del candidato acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione sulla base di tutti i criteri seguenti:

a) la reputazione del candidato acquirente; b) la reputazione e l’esperienza di tutte le persone che, in esito al progetto di acquisizione, determineranno l’orientamento dell’attività dell’impresa di assicurazione…”

(cfr. l’ottavo considerando della direttiva 2007/44/CE, che modifica, tra le altre, la direttiva 92/49: “per quanto riguarda la valutazione prudenziale, il criterio relativo alla «reputazione del candidato acquirente» presuppone la verifica dell’esistenza di eventuali dubbi sull’integrità e sulla competenza professionale del candidato acquirente, e della loro fondatezza; i dubbi possono essere dovuti, ad esempio, alla sua condotta professionale passata. La valutazione della reputazione è di particolare importanza se il candidato acquirente è un soggetto non regolamentato, ma dovrebbe essere agevolata qualora l’acquirente sia autorizzato e sottoposto a vigilanza all’interno dell’Unione europea…”).

Inoltre, le linee guida CEIOPS/CESR/CEBS dell’11 -18 luglio 2008, nel richiamare il considerando 8 della direttiva 2007/44/CE, allo scopo di definire in dettaglio gli elementi da acquisire in sede di valutazione della buona reputazione dell’azionista di riferimento, prevede che debbano essere considerati, tra l’altro:

-le condanne, anche non definitive, per talune tipologie di reati, fra cui quelli fiscali, finanziari e, in generale, di frode;

-le indagini in corso, anche nel passato, presso le competenti autorità giudiziarie;

-le indagini e/o i provvedimenti adottati dalle autorità competenti per violazione della normativa in materia bancaria, finanziaria, assicurativa e in materia d’investimenti;

-ogni altro elemento rilevante ai fini della correttezza nella gestione di attività imprenditoriali passate.

6.8. L’art. 42 della direttiva 2009/138/CEE -requisiti di competenza e di onorabilità per le persone che dirigono effettivamente l’impresa o rivestono altre funzioni fondamentali, stabilisce, al paragrafo 1, lettera b), che le persone che dirigono effettivamente l’impresa o rivestono altre funzioni fondamentali godano di buona reputazione e integrità (onorabilità). L’articolo 43 -Prova di onorabilità, dispone a sua volta che “lo Stato membro che esige dai propri cittadini la prova di onorabilità … accetta come prova sufficiente, per i cittadini degli altri Stati membri, la presentazione di un estratto del casellario giudiziale o, in mancanza di esso, l’esibizione di un documento equipollente, rilasciato dalla competente autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato membro d’origine o di provenienza del cittadino straniero, dal quale risulti che tali requisiti sono soddisfatti”. Si è già detto peraltro che la direttiva Solvency II è stata attuata in Italia con il d. lgs. n. 74 del 2015, il quale avrà efficacia a partire dal 1° gennaio 2016.

6.9. Per quanto più interessa in questa sede, l’art. 40 della direttiva 1992/49/CE (abrogato dall’art. 310 della direttiva 2009/138/CE, con la decorrenza indicata nel medesimo art. 310 e successivamente prorogata) dispone che “un’impresa che effettua operazioni in regime di libero stabilimento o in regime di libera prestazione di servizi deve presentare alle autorità competenti dello Stato membro della succursale e/o dello Stato membro di prestazione di servizi tutti i documenti ad essa richiesti ai fini dell’applicazione del presente articolo, sempreché tale obbligo incomba anche alle imprese aventi la sede sociale in detti Stati membri” (comma 2); “se le autorità competenti di uno Stato membro constatano che un’impresa che ha una succursale od opera in regime di libera prestazione di servizi nel territorio di detto Stato non ne rispetta le norme di diritto ad essa applicabili, invitano l’impresa interessata a porre fine a tale situazione irregolare” (comma 3); “se l’impresa in questione omette di conformarsi, le autorità competenti dello Stato membro interessato informano le autorità competenti dello Stato membro di origine.
Queste prendono senza indugi tutte le misure appropriate affinché l’impresa interessata ponga fine a tale situazione irregolare. La natura delle misure viene comunicata alle autorità competenti dello Stato membro interessato” (comma 4); “se, nonostante le misure prese dallo Stato membro di origine – o per l’insufficienza di tali misure o in mancanza delle misure stesse nello Stato interessato – l’impresa persiste nel violare le norme di legge vigenti nello Stato membro interessato, quest’ultimo, dopo averne informato le autorità competenti dello Stato membro di origine, può prendere le misure appropriate per evitare o reprimere nuove irregolarità e, se strettamente necessario, impedire anche l’ulteriore stipulazione di contratti di assicurazione da parte dell’impresa nel suo territorio. Gli Stati membri provvedono affinché sia possibile effettuare sul proprio territorio le notifiche alle imprese di assicurazione” (comma 5); “i paragrafi 3, 4 e 5 lasciano impregiudicato il potere degli Stati membri interessati di prendere, in caso di urgenza, misure appropriate per prevenire le infrazioni commesse sul loro territorio. Ciò implica la possibilità di impedire ad un’impresa di assicurazione la stipulazione di nuovi contratti di assicurazione nel loro territorio” (comma 6).

6.10. Tale disciplina è stata trasposta nell’ordinamento italiano con l’art. 193 del d. lgs. n. 209 del 2005 -codice delle assicurazioni private (CAP), relativo alla vigilanza sulle imprese di assicurazione di altri Stati membri che operano sul territorio della Repubblica italiana, il quale, per quanto qui più rileva, dispone che: “le imprese di assicurazione che hanno la sede legale in altri Stati membri sono soggette alla vigilanza prudenziale dell’autorità dello Stato membro d’origine anche per l’attività svolta, in regime di stabilimento od in regime di libertà di prestazione di servizi, nel territorio della Repubblica” (comma 1); “fermo quanto disposto al comma 1, l’ISVAP, qualora accerti che l’impresa di assicurazione non rispetta le disposizioni della legge italiana che è tenuta ad osservare, ne contesta la violazione e le ordina di conformarsi alle norme di legge e di attuazione” (comma 2); “qualora l’impresa non si conformi alle norme di legge e di attuazione, l’ISVAP ne informa l’autorità di vigilanza dello Stato membro di origine, chiedendo che vengano adottate le misure necessarie a far cessare le violazioni” (comma 3); “quando manchino o risultino inadeguati i provvedimenti dell’autorità dello Stato di origine, quando le irregolarità commesse possano pregiudicare interessi generali, ovvero nei casi di urgenza per la tutela degli interessi degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative, l’ISVAP può adottare nei confronti dell’impresa di assicurazione, dopo averne informato l’autorità di vigilanza dello Stato membro di origine, le misure necessarie, compreso il divieto di stipulare nuovi contratti in regime di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi con gli effetti di cui all’articolo 167” (comma 4).

6.11. A conclusione della descrizione del quadro normativo di riferimento in materia va ricordato, “sul versante giurisprudenziale”, che questa Sezione, con la sentenza n. 840 del 2015, ha avuto occasione di osservare che con il comma 4 dell’art. 193 del codice delle assicurazioni private è stata unificata la disciplina delle fattispecie relative agli interventi di non urgenza e di urgenza che nei commi 5 e 6 dell’art. 40 della Direttiva 92/49/CE è tenuta distinta (“l’art. 193,quarto comma, “ingloba” in sè i casi (di urgenza e di non urgenza) contemplati dall’art. 40 direttiva…”), con la conseguenza che, ai sensi del comma 4 in esame, l’Isvap (ora, IVASS) può adottare “le misure necessarie”, incluso “il divieto di stipulare nuovi contratti”, sul solo presupposto dell’urgenza “per la tutela degli interessi degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative”, essendo nel comma 4 tale ipotesi individuata disgiuntivamente (“ovvero”), “dopo averne informato l’autorità di vigilanza dello Stato membro di origine”; ciò che non appare peraltro in contrasto con la Direttiva il cui comma 6 dell’art. 40 prevede, come visto, il potere di intervento degli Stati membri che resta “impregiudicato” sul presupposto del “caso di urgenza”.

Peraltro, la fattispecie esaminata da questa Sezione con la sentenza n. 840/2015 è solo apparentemente analoga a quella qui in esame. Infatti, nella controversia definita con la decisione n. 840/2015 l’urgenza qualificata era stata ravvisata in molteplici presupposti, sintetizzabili nella inadeguatezza del capitale della ricorrente rispetto ai rischi assunti; nell’evidenza di un’articolazione operativa tale da configurare una governance solo formale in Romania e sostanziale in Italia (risultante dagli accertamenti ispettivi presso il rappresentante fiscale della ricorrente nonché presso gli intermediari di cui essa si è avvalsa); nell’entità della raccolta premi in Italia, pari al 90% degli affari della ricorrente negli anni 2009/2010 e 2011, citandosi anche l’elevata esposizione creditoria della ricorrente verso gli intermediari; nella totale autonomia della governance insediata in Italia rispetto a quella insediata in Romania che non è risultata in grado di conoscere e controllare l’attività e l’esposizione complessiva della Compagnia sul territorio italiano; nell’attribuzione di elevatissime percentuali provvigionali agli intermediari insieme con il trasferimento di ingenti somme derivanti dai premi a favore di soggetti vicini ai membri della “governance sostanziale”; e nei mancati versamenti all’erario di imposte sui premi incassati insieme con la mancata registrazione, da parte del rappresentante fiscale, di due sinistri nel registro dei contratti.

La fattispecie vagliata allora, si diceva, risulta solo apparentemente simile poiché, ferma l’applicazione del divieto d’urgenza di stipulazione di nuovi contratti in base al citato art. 193, comma 4, come –condivisibilmente- interpretato dalla Sezione, nella controversia decisa con la sentenza n. 840/2015 sembra venire in discussione un intervento d’urgenza giustificato da violazioni compiute dall’impresa nell’esercizio dell’attività e non –come nel caso odierno- dalla carenza di un requisito soggettivo per l’autorizzazione.

6.12. Nel riprendere il filo dell’argomentazione (su cui v. sopra, p. 6.2.) sul potere, in capo all’IVASS, nei casi d’urgenza a tutela degli interessi degli assicurati italiani e, più in generale, in presenza delle condizioni di cui all’art. 193, comma 4, del CAP, di vietare la stipulazione di nuovi contratti sul territorio nazionale, il Collegio ritiene che nei casi come quello qui in esame non venga in rilievo una (ri)valutazione “autonoma”, da parte dell’autorità dello Stato ospitante, del “requisito soggettivo autorizzativo” della reputazione, di per sé considerato; una rimessa in discussione di uno dei “requisiti soggettivi autorizzativi” già vagliati dall’autorità competente dello Stato d’origine.

Neppure viene in risalto il riesercizio (indebito), da parte dell’IVASS, quale autorità di vigilanza di Stato membro, di un potere diretto a verificare e a controllare il possesso e il mantenimento dei requisiti soggettivi per l’autorizzazione, potere valutativo riservato in via esclusiva all’autorità dello Stato d’origine. Se così fosse, in queste ipotesi si avrebbe un’azione dello Stato ospitante che, considerata “di suo”, si concretizzerebbe in una interferenza, in un’indebita sovrapposizione di valutazioni nei confronti dell’autorità competente dello Stato d’origine, con conseguente violazione del principio euro unitario del riconoscimento delle autorizzazioni tra i diversi Stati membri.

6.13. Nella specie va invece posto l’accento sulla norma di cui al citato art. 193, comma 4, del CAP.

A questo riguardo, occorre tenere distinte le situazioni nelle quali “le irregolarità commesse possano pregiudicare interessi generali” (prima parte dell’art. 193, comma 4), da quelle caratterizzate dall’urgenza di provvedere “per la tutela degli interessi degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative” (seconda parte dell’art. 193, comma 4).

Nella specie si rientra, come detto, nella norma di cui al secondo periodo.

Si tratta di una “valvola di sicurezza sotto forma di clausola di salvaguardia” e di corretto funzionamento del sistema, allo scopo di evitare abusi nell’esercizio delle libertà comunitarie, attuativa dell’art. 40 della direttiva 92/49/CEE, con la quale, nell’individuare i presupposti per l’esercizio del potere d’intervento dello Stato ospitante in via alternativa e non cumulativa, si consente all’IVASS, per ciò che qui più rileva, di prendere le misure necessarie, nei casi d’urgenza e in parziale temperamento al principio del controllo dello Stato d’origine, a tutela degli interessi degli assicurati.

Tra queste misure vi è quella con cui s’impedisce all’impresa interessata di dare inizio a nuove operazioni, sul territorio dello Stato membro, in regime di libera prestazione di servizi. La ritenuta carenza del requisito della reputazione acquista rilievo, per giustificare il divieto di assunzione di nuovi affari in Italia, quale elemento costitutivo della fattispecie dell’urgenza, a protezione degli interessi degli assicurati, al fine cioè di salvaguardare, in via preventiva, una gestione sana e prudente dell’impresa, principio che potrebbe essere messo a repentaglio da condotte passate dell’azionista di riferimento, valutate in base a parametri elastici riservati all’IVASS alla luce di fatti e situazioni eterogenei, penali e di vigilanza, in modo coerente con la “finalità della vigilanza” di cui all’art. 3 del CAP, anche in assenza di un preventivo contraddittorio con l’impresa destinataria del provvedimento (v. sentenza impugnata).

6.14. L’appellante, allo scopo di corroborare la tesi per cui l’intervento d’urgenza presuppone irregolarità operative o violazioni compiute nell’esercizio dell’attività assicurativa, pone in risalto il riferimento, contenuto nell’art. 40, paragrafo 6, della direttiva, alle “infrazioni commesse sul … territorio”.

In realtà, l’appellante enfatizza un segmento del primo periodo del § 6 dell’art. 40. L’art. 40/6 della direttiva, letto nel suo insieme, riconosce agli Stati membri il potere di prendere, in caso d’urgenza, “misure appropriate”, tra le quali il divieto in questione, “per prevenire infrazioni commesse sul loro territorio” (nel testo in inglese pubblicato nella GUCE : “…to take appropriate measures to prevent irregularities within –ossia, “entro”- their territories”). Allo scopo di giustificare l’intervento d’urgenza ex art. 40 non occorre che un pregiudizio si sia già verificato. E’ sufficiente il pericolo ch’esso possa concretizzarsi. Viene in discorso una “previsione d’urgenza in prevenzione”, correlata a infrazioni gestionali, che, come si dirà anche più sotto, al p. 6.16. ss. , può concretizzarsi anche soltanto ove si accerti l’assenza della reputazione.

6.15. Esiste una correlazione assai stretta, anche sul piano normativo, tra la correttezza e la trasparenza del comportamento degli operatori, la sana e prudente gestione dell’impresa, “a tutela degli interessi degli assicurati” e il divieto di stipula di nuovi contratti, sul territorio nazionale, misura applicabile -come accade in questo caso- in presenza di accertati, significativi precedenti, penali e di vigilanza, tali da riflettersi in maniera negativa sulla reputazione (in mancanza, come detto, di un intervento tempestivo –richiesto dall’IVASS- di revoca dell’autorizzazione da parta dell’ASF rumena).

6.16. La carenza della reputazione inerisce strettamente alla concreta situazione d’urgenza venutasi a creare (oltre che come detto alla mancata, pronta adozione di provvedimenti appropriati da parte dello Stato d’origine, nonostante l’esplicita richiesta avanzata in questo senso dall’autorità di vigilanza dello Stato ospitante.

6.17. Poiché viene in questione in capo all’IVASS un’attribuzione precauzionale e d’urgenza, “a protezione degli assicurati italiani, attuali e potenziali” (v. pag. 4 del provvedimento impugnato in primo grado), al fine di prevenire infrazioni gestionali sul territorio dello Stato ospitante, e di evitare danni agli utenti del servizio assicurativo, rientra tra i poteri conferiti in via eccezionale all’IVASS dall’art. 193, comma 4, citato, l’imposizione di un divieto di stipulare nuovi contratti in regime di libera prestazione di servizi, misura che può essere presa anche in ragione dell’accertata carenza della reputazione in capo all’azionista di riferimento dell’impresa assicuratrice.

6.18. Rientra cioè nel “raggio d’azione” del potere d’intervento d’urgenza ex art. 193, comma 4, cit. anche la verifica in ordine all’assenza del requisito della reputazione in quanto correlata all’inosservanza di norme poste a presidio dell’interesse degli assicurati. Detto altrimenti, viene in questione un intervento tempestivo e in deroga al principio del controllo del Paese d’origine, compiuto a protezione, anticipata e comunque immediata, degli interessi degli assicurati italiani.

6.19. E’ dunque l’urgenza a fondare, sul piano normativo, il potere dell’IVASS, quale autorità dello Stato ospitante, di vietare all’impresa, che operi in regime di libera prestazione di servizi, l’assunzione di nuovi affari sul territorio della Repubblica, allo scopo d’impedire che gli interessi degli assicurati “nazionali” non siano pregiudicati.

6.20. Del resto, rivolgendo lo sguardo ai commi 2 e 3 del citato art. 193, risulta evidente come in quelle norme si faccia riferimento, in modo assai ampio, all’inosservanza di disposizioni di legge. Viene impiegato un sintagma generico che non condiziona l’emissione delle misure necessarie, tra le quali il divieto di stipulare nuovi contratti in Italia, all’accertamento di violazioni riguardanti l’esercizio concreto dell’attività assicurativa sul territorio nazionale.

6.21. Nessun “policentrismo autorizzativo”, dunque, di ciascuno Stato membro, in contrasto con i princìpi comunitari di armonizzazione e di reciproco riconoscimento delle autorizzazioni tra i diversi Stati. Nessuna prevaricazione, da parte dell’IVASS, nei riguardi dell’ASF, autorità di vigilanza rumena. Né si può dire con fondamento che venga in rilievo un’indebita contestazione –o una rimessa in discussione- di requisiti soggettivi a fini autorizzativi.

6.22. Per le ragioni su esposte non può trovare accoglimento la tesi di Onix Asigurari per la quale il divieto di stipulare nuovi contratti sul territorio italiano, imposto dall’IVASS, per essere legittimo doveva presupporre esclusivamente l’accertamento di violazioni attinenti all’esercizio concreto dell’attività assicurativa “commesse” sul territorio nazionale.

6.23. Ad avviso del Collegio l’art. 193, comma 4, del CAP appare conforme allo spirito della legislazione europea. In particolare, sembra compatibile con l’art. 40, paragrafo 6, della direttiva 92/49/CEE il quale, nella parte in cui prevede che in caso d’urgenza resta impregiudicato il potere dello Stato ospitante di adottare misure appropriate, tra le quali il ripetuto “divieto di stipulare”, per prevenire infrazioni commesse sul territorio dello Stato medesimo, non sembra che vada letto nel senso che per integrare l’urgenza e imporre in modo legittimo il divieto occorra che l’impresa assicuratrice compia una violazione nell’esercizio dell’attività assicurativa; non sembra che debba essere interpretato nel senso di consentire all’Autorità di vigilanza di adottare il divieto per l’impresa di assumere nuovi affari sul territorio dello Stato ospitante solo sulla base di violazioni del concreto esercizio dell’attività assicurativa e non anche per la mancanza o il venire meno dei requisiti previsti per l’autorizzazione. Ciò, quanto meno, nei casi in cui –come nella specie- risulti accertato che l’Autorità del Paese di origine non sia in grado di poter intervenire sull’autorizzazione.

7.1. Poiché tuttavia possono residuare dubbi sulla correttezza dell’interpretazione sopra esposta questo Collegio si considera tenuto –e in ogni caso ritiene necessario-, allo scopo di risolvere la controversia, a sottoporre alla Corte di Giustizia domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE, nei termini specificati in appresso, con conseguente sospensione necessaria del processo ex art. 79 del cod. proc. amm. fino alla pronuncia della Corte.

7.2. In via preliminare va rammentato che, sul rinvio pregiudiziale, l’art. 267 del TFUE (ex articolo 234 del TCE) dispone che:

“La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale:

a) sull’interpretazione dei trattati;

b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione.

Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.

Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte….” .

7.3. In ordine alla portata dell’“obbligo” del giudice nazionale di ultima istanza di sollevare “pregiudiziale comunitaria” la CGUE ha chiarito che tale obbligo non sussiste se:

a) la questione di interpretazione di norme comunitarie non è pertinente al giudizio (vale a dire nel caso in cui la soluzione non possa in alcun modo influire sull’esito della lite);

b) la questione è materialmente identica ad altra già decisa dalla Corte o comunque il precedente risolve il punto di diritto controverso;

c) la corretta applicazione del diritto comunitario può imporsi con tale evidenza da non lasciar adito a nessun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata (C. giust. UE, 18 luglio 2013, n. 136/12, punti 26 ss.; conf. CGCE 6 ottobre 1982 C-283/81, Cilfit -c.d. atto chiaro).

7.4. Appare opportuno soggiungere che i requisiti formali del provvedimento di rinvio pregiudiziale e le modalità di formulazione dei quesiti sono indicati nella nota 2012/C -338/01, pubblicata in G.U.U.E. 6 novembre 2012, peraltro dichiaratamente di valore non vincolante.

7.5. Ciò posto, la questione pregiudiziale da sottoporre alla Corte di Giustizia, come sintetizzata sopra, al p. 3.12. , attiene all’interpretazione del’art. 40, § 6, della direttiva 92/49/CEE, in combinato disposto con il p. 5. della comunicazione interpretativa della Commissione 2000/C/43/03 e con il principio comunitario dell’home country control, e non consta, anzitutto, che, nei termini suggeriti dall’appellante, essa sia stata sottoposta alla CGUE.

7.6. Risulta innegabile l’attinenza, e la rilevanza, dell’interpretazione del diritto dell’UE richiesta –e comunque della domanda di pronuncia pregiudiziale come verrà formulata più sotto, al p. 7.7.- con l’oggetto, e l’esito, della controversia.

Qualora, infatti, il diritto comunitario ostasse a un’interpretazione della normativa nazionale –e, segnatamente, dell’art. 193, comma 4, del codice delle assicurazioni private –CAP, approvato con il d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, che consenta all’IVASS, quale autorità di vigilanza di uno Stato ospitante un operatore assicurativo in libera prestazione di servizi, di prendere in via d’urgenza misure di divieto di stipulazione di nuovi contratti sul territorio dello Stato medesimo, fondati sulla ritenuta carenza di un requisito soggettivo autorizzativo quale è la reputazione, il provvedimento impugnato in primo grado dovrebbe essere annullato.

La questione pregiudiziale ex art. 267 del TFUE appare dunque necessaria per decidere il primo motivo dell’appello.

Non può dirsi poi che non vi sia dubbio alcuno quanto alla corretta interpretazione del diritto della UE.

Inoltre, a confutazione del profilo d’inammissibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale introdotto dall’IVASS a pagina 50 della memoria 30 marzo 2015, va precisato che non viene in discussione l’ipotesi della “questione identica ad altra già decisa” per la semplice ragione che la decisione dell’EIOPA 14-267, richiamata dall’Istituto appellato, pur provenendo da un’Agenzia europea autonoma e indipendente, non ha valore giurisdizionale e non è in alcun modo equiparabile a un precedente del giudice comunitario. Le decisioni dell’EIOPA sono infatti ricorribili dinanzi all’apposita Commissione di ricorso (v. articoli 58 e 60 del regolamento istitutivo dell’EIOPA) e le decisioni della Commissione di ricorso sono impugnabili dinanzi alla CGUE ex art. 263 del TFUE (v. art. 61 del regolamento istitutivo), sicché, come correttamente rileva la società appellante, il “potere di rinvio” di questo Collegio non risulta pregiudicato.

7.7. Va perciò rimessa alla CGUE la seguente questione pregiudiziale: “se il diritto comunitario e in particolare l’art. 40, § 6, della direttiva 92/49/CEE, la comunicazione interpretativa della Commissione 2000/C/43/03 –punto 5. e il principio comunitario dell’home country control ostino a un orientamento interpretativo (quale quello relativo all’art. 193, comma 4, del codice delle assicurazioni private, approvato con il d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, condiviso da questo Giudice) secondo cui l’autorità di vigilanza di uno Stato ospitante un operatore assicurativo in libera prestazioni di servizi possa assumere in via d’urgenza e a tutela degli interessi degli assicurati e degli aventi diritto a prestazioni assicurative provvedimenti inibitori, con specifico riguardo al divieto di stipulazione di nuovi contratti sul territorio dello Stato ospitante, fondati sulla ritenuta carenza, originaria o sopravvenuta, discrezionalmente valutata, di un requisito soggettivo previsto ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa, e segnatamente della reputazione”.

7.8. Ai sensi della Raccomandazione n. 2012/C sulla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale si dispone che la segreteria di questo Consiglio trasmetta alla cancelleria della Corte, all’indirizzo di Rue du Fort Niedergrünewald, L-2925 Lussemburgo, mediante plico raccomandato in copia i seguenti atti, debitamente numerati e preceduti da indice, ritenuti necessari e sufficienti alla decisione della questione di rinvio pregiudiziale sopra indicata:

1) il provvedimento impugnato con il ricorso di primo grado;

2) il ricorso di primo grado;

3) la sentenza impugnata;

4) l’appello di Onix ASigurari;

5) tutte le memorie difensive depositate da tutte le parti nel giudizio di appello;

6) la presente ordinanza di rimessione.

7.9. Visto l’art. 79 cod. proc. amm. e il punto 29 delle raccomandazioni n. 2012/C, il presente giudizio viene sospeso nelle more della definizione del procedimento incidentale di rinvio, e ogni ulteriore decisione, in rito, nel merito e sulle spese, è riservata alla pronuncia definitiva, una volta ricevuta la notificazione della decisione emessa dalla CGUE (v. il punto 34 della Raccomandazione).

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), non definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così dispone:

1) a cura della Segreteria, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione, e con allegata la copia degli atti ivi indicati;

2) la sospensione del presente giudizio;

3) la riserva alla decisione definitiva di ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito ed in ordine ai complessivi oneri processuali.

Manda la segreteria per gli altri adempimenti di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22 settembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente