Carabiniere scelto condannato per allontanamento illecito aggravato simulazione di infermità aggravata, truffa militare aggravata. Il Tribunale di Napoli lo assolve dall’accusa di diserzione e lo condanna per il resto a 10 mesi di reclusione.

(Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Sicilia, sentenza 2 ottobre 2017, n. 577)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

composta dai seguenti magistrati:

Dott.ssa Luciana Savagnone – Presidente

Dott.ssa Giuseppa Cernigliaro – giudice

Dott.ssa Adriana Parlato – giudice relatore

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 63886 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti del signor P.V. , nato a S. ….. il ……., residente a ….., in corso B.B.i n. …;

Esaminati gli atti e documenti di causa;

Uditi, nella pubblica udienza del 21 giugno 2017, il relatore, dottoressa Adriana Parlato e il pubblico ministero, dottoressa Maria Licastro;

Premesso in fatto

La Procura Militare di Napoli, con nota del 19 maggio 2014, sensi dell’art. 129 comma 3 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale, trasmetteva al P.M. contabile la richiesta di rinvio a giudizio emessa a carico del carabiniere scelto V.P., all’epoca in servizio presso la Stazione dei Carabinieri (OMISSIS), avente ad oggetto i reati di allontanamento illecito aggravato, diserzione aggravata, simulazione di infermità aggravata, truffa militare aggravata.

Inviava, poi, la sentenza del Tribunale militare di Napoli, emessa in data 18 novembre 2014 e divenuta irrevocabile il 21 febbraio 2015, con cui l’interessato veniva assolto dai reati di diserzione aggravata e, invece, dichiarato responsabile dei reati di allontanamento illecito aggravato, simulazione di infermità aggravata, truffa militare aggravata e condannato alla pena di mesi dieci di reclusione.

Il P.M. presso questa Sezione, con invito a dedurre ritualmente notificato, contestava al P. di aver arrecato al Ministero della Difesa un danno complessivo di euro 7.612,06, di cui 6.612,06 euro pari alle retribuzioni percepite tra l’aprile 2011 e l’aprile 2013, nei periodi in cui, simulando attraverso la produzione di certificati medici contraffatti di essere afflitto da infermità in realtà non esistenti, si era ingiustificatamente assentato dal servizio e 1.000 euro, quale ristoro del danno all’immagine subito dall’amministrazione, senza che il presunto responsabile si avvalesse della facoltà di difesa preprocessuali.

Il procuratore, quindi, promuoveva il presente giudizio, ribadendo le medesime contestazioni ed evidenziando, per gli effetti di cui all’art. 651 c.p.p., che con sentenza penale di condanna era stato definitivamente accertato che il convenuto aveva prodotto certificati medici contraffatti che avevano indotto in errore l’amministrazione militare circa la sussistenza di stato di malattia incompatibile con lo svolgimento del servizio ed aveva così conseguito l’ingiusto profitto corrispondente ai corrispettivi delle prestazioni lavorative da cui si era ingiustificatamente astenuto; l’attore pubblico, inoltre, imputava al P. di aver cagionato all’amministrazione di appartenenza, oltre al danno patrimoniale, anche un danno all’immagine.

La fattispecie sopra delineata, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbe ricaduta nell’ambito di disciplina dell’art. 55 quinquies del D.lgs. 165/2001, inserito dall’art. 69, comma 1, del D.Lgs. 150/2009, precisando che non avrebbe rivestito alcun rilievo, al fine di escludere l’applicazione della disposizione richiamata, l’appartenenza del convenuto ad un corpo militare, soggetto ad uno specifico ordinamento, trattandosi di un intervento normativo di portata generale, finalizzato al contrasto dell’ “assenteismo fraudolento”, fenomeno comune all’intero comparto del pubblico impiego.

In merito al contestato danno all’immagine, quantificato equitativamente in euro 1.000, il procuratore evidenziava come il legislatore, tipizzando la figura in questione, avesse inteso rafforzare la tutela apprestata alle pubbliche amministrazioni e affermava che, anche in mancanza della diffusione della notizia in via mediatica, l’immagine dell’Arma dei Carabinieri aveva subito il pregiudizio derivante dell’eco, nel contesto del piccolo centro agrigentino, della sanzione disciplinare della “perdita del grado per rimozione” inflitta al P. e dal disagio patito dai colleghi del militare destituito, costretti a prendere le distanze dalla riprovevole condotta posta in essere da un soggetto appartenente all’Arma.

All’udienza del 21 giugno 2017, dopo che il Presidente, ai sensi dell’art. 93 del D.Lgs. n. 174/2016, ha dichiarato la contumacia del convenuto, il P.M. ha ribadito le richieste formulate nell’atto di citazione.

Considerato in diritto

1. L’odierno giudizio è finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno derivante da condotte di “assenteismo fraudolento” poste in essere dal convenuto.

2. In primo luogo, per gli effetti di cui all’art. 651 c.p.p., deve evidenziarsi che i fatti contestati sono stati definitivamente accertati con sentenza emessa dal Tribunale Militare di Napoli il 18 novembre 2014, di condanna dell’imputato, riconosciuto responsabile dei reati di allontanamento illecito aggravato, simulazione di infermità aggravata e truffa militare aggravata e condannato a mesi 10 di reclusione.

3. Il caso prospettato rientra nell’ambito di applicazione del secondo comma dell’art. 55 -quinquies del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (introdotto dall’art. 69 del D. Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150), riferibile anche ratione temporis ai comportamenti già sanzionati in sede penale tutti realizzati dopo il 15 novembre 2009, data di entrata in vigore della norma, la quale (nel testo previgente le modifiche apportate dall’art. 16, comma 1, lett. a), D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, che comunque non incidono sulla risoluzione della controversia) stabilisce che il dipendente di una pubblica amministrazione che abbia giustificato l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia “è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione”.

4. L’addebito al convenuto del danno patrimoniale diretto appare palesemente fondato: infatti, dal momento che è stata definitivamente accertata la falsità dei certificati che ne comprovavano lo stato di malattia, non vi è dubbio che lo stesso non ha svolto l’attività lavorativa che avrebbe dovuto svolgere in assenza delle condizioni che avrebbero giustificato la sua astensione dal servizio.

Le retribuzioni percepite a fronte dei periodi di assenza arbitraria, in considerazione dell’alterazione del nesso sinallagmatico fra le prestazioni corrispettive, quindi, devono essere restituite nella misura contestata di 6.612,16, secondo quanto risulta indicata dall’analitico prospetto elaborato dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – Centro Nazionale amministrativo – Servizio Trattamento Economico – Ufficio Trattamento economico di Attività (cfr. l’aff. 86 all’atto di citazione).

5. L’ulteriore posta di danno di cui il procurare pretende il risarcimento da parte del convenuto riguarda il pregiudizio arrecato del convenuto all’immagine amministrazione della Difesa.

Sotto quest’ultimo profilo si rammenta che il richiamato art. 55 comma quinquies costituisce, insieme all’art. 46, comma 1 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, una delle fattispecie specifiche di danno all’immagine che si affiancano a quella di carattere generale contenuta dall’art. 17 comma 30 ter, del d.l. n. 78 del 2009, convertito nella legge n. 102 del 2009, nel testo oggi vigente a seguito delle modifiche apportate dall’art. 4, comma 1, lettere g) ed h), dell’allegato 3 del D.lgs. n.174/2016, recante il Codice della Giustizia Contabile (cfr. la sentenza della Sezione Campania n.512/2014, che individua la ratio legis nella frequenza del richiamato fenomeno e nella sua capacità di incrinare fortemente il senso di fiducia dei cittadini nei confronti delle Amministrazioni pubbliche).

Ciò premesso il collegio ritiene che, secondo quanto emerge incontrovertibilmente dagli atti di causa, ricorrono i presupposti normativamente prescritti perché, anche sotto tale profilo, sia affermata la responsabilità del convenuto.

In merito al quantum della lesione patita dall’amministrazione deve necessariamente farsi ricorso a valutazioni equitative, non valendo il criterio presuntivo dettato dall’art. 1-sexies della legge n. 20 del 1994, introdotto dall’art. 1, comma 62, legge n. 190 del 2012.

Infatti, anche a voler ritenere la presunzione relativa “esportabile” dalla disciplina dettata in via generale all’ipotesi speciale del danno all’immagine connesso all’assenteismo fraudolento, la natura sostanziale della disposizione ne impedirebbe, comunque, l’efficacia retroattiva, con conseguente inapplicabilità al caso di specie poiché le condotte all’origine del preteso danno sono state realizzate nel 2010, cioè prima della sua entrata in vigore (cfr. sul punto, la sentenza della locale Sezione d’Appello n. 132/2013).

Soccorrono al riguardo i criteri indicati dalle Sezioni Riunite di questa Corte nella sentenza n. 10/QM/2003 e ripresi dalla giurisprudenza successiva, sulla scorta dei quali il Collegio, valorizzando, in particolare, la sostanziale unitarietà degli episodi contestati al convenuto, del quale non risultano precedenti illeciti disciplinari, e la limitata risonanza dei fatti, verosimilmente circoscritta, in assenza di diffusione mediatica della notizia, all’ambito territoriale in cui operava il militare e tenuto conto della dimensione “interna” del danno, con particolare riferimento ai colleghi del P. in servizio presso la Stazione di (OMISSIS), stima equo quantificare il pregiudizio che lo stesso deve risarcire alla propria amministrazione di appartenenza in euro 500,00 (cfr. la decisione della Sezione Lombardia n. 37/2014).

6. In conclusione, ritenuta meritevole di parziale accoglimento la domanda formulata dal Pubblico ministero, il signor Pagano deve essere condannato al pagamento in favore del Ministero della Difesa, della somma di euro 6.612,16, da maggiorarsi della rivalutazione monetaria, da calcolarsi secondo l’indice dei prezzi ISTAT, dalla data della percezione dei singoli emolumenti alla data di pubblicazione della presente sentenza, e degli interessi legali sull’importo rivalutato, decorrenti dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo e, a titolo di risarcimento del danno all’immagine, della somma di 500,00 euro, comprensiva di rivalutazione, e degli interessi legali su tale importo, decorrenti dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo.

7. Le spese di causa seguono la soccombenza e vengono liquidate a favore dello Stato, come in dispositivo.

P.Q.M. 

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità n. 63886, accogliendo parzialmente la domanda del procuratore, condanna il signor P. V. al pagamento in favore del Ministero della Difesa, della somma di euro 6.612,16, da maggiorarsi della rivalutazione monetaria, da calcolarsi secondo l’indice dei prezzi ISTAT, dalla data della percezione dei singoli emolumenti alla data di pubblicazione della presente sentenza, e degli interessi legali sull’importo rivalutato, decorrenti dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo;

condanna P.V., a titolo di risarcimento del danno all’immagine, della somma di 500,00 euro, comprensiva di rivalutazione, e degli interessi legali su tale importo, decorrenti dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo, nonché al pagamento, in favore dello Stato, delle spese di giustizia liquidate in euro 214,16 (duecentoquattordici/16). 

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 21 giugno 2017.

L’estensore Il Presidente

F.to Adriana Parlato F.to Luciana Savagnone

Depositata oggi in segreteria, nei modi di legge, in data 2 ottobre 2017.

Il Direttore della Segreteria

F.to Dott.ssa Rita Casamichele

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