Carabinieri: Vice Brigadiere condannato in primo grado per disobbedienza aggravata, ricorre in Cassazione. Trasmissione degli atti alla Corte di Appello.

(Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 15 novembre 2017, n. 57626)

…, omissis …

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale Militare di Napoli dichiarava non doversi procedere nei confronti di L.I. per il reato di disobbedienza aggravata, trattandosi di persona non punibile per la particolare tenuità del fatto.

2. Secondo l’imputazione, L.I. aveva disobbedito all’ordine impartitogli dal luogotenente (OMISSIS) di indossare l’uniforme prevista da Ordine Pubblico nel momento in cui i militari appartenenti al (OMISSIS), di rientro da un servizio di ordine pubblico effettuato a Roma, si erano fermati con i mezzi in dotazione all’Area di Servizio di (OMISSIS).

Secondo il Tribunale, la condotta di disobbedienza non aveva attinto la sicurezza o la funzionalità del reparto o altre attività o esigenze di servizio, ma aveva riguardato soltanto il rispetto della disciplina; si trattava, quindi, di offesa particolarmente tenue e la disobbedienza era stata occasionale e in mancanza delle ulteriori aggravanti previste dall’art. 131 bis cod. pen..

3. Ricorre direttamente per cassazione il difensore di L.I., deducendo erronea e/o falsa applicazione dell’art. 173 cod. pen. mil . pace.

3.1. Doveva essere escluso che il Luogotenente avesse impartito un preciso ordine al Vice Brigadiere L.I., al contrario, aveva espresso un “invito” e un “richiamo”, evocando la disposizione generale impartita dal Comandante del Battaglione affissa nella bacheca della caserma. Di conseguenza, la condotta poteva essere al più qualificata come violata consegna ai sensi dell’art. 120 cod. pen. mil . Pace.

3.2. Inoltre era carente anche l’elemento soggettivo del reato contestato: non solo l’imputato non aveva ben compreso le parole rivoltegli dal Luogotenente N., ma tale invito non rispondeva ad alcuna necessità funzionale, atteso che i Carabinieri, di ritorno da Roma, non erano in servizio attivo, ciò induceva a ritenere che l’imputato avesse agito nella convinzione di trovarsi in presenza di un ordine privo di rilevanza funzionale.

3.3. Il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione sul punto, ut supra.

4. In un secondo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e della regola di giudizio della colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”, nonché vizio della decisione per mancanza di motivazione.

Il Giudice aveva operato una valutazione parziale e non unitaria delle fonti di prova, omettendo di argomentare su circostanze di assoluto rilievo quale quella della mancata comprensione dell’ordine impartito dal superiore da parte dell’imputato.

Il ricorrente ripercorre il quadro probatorio emerso dal dibattimento, sottolineando che, nonostante la pluralità delle fonti, il Tribunale si era limitato a prendere in considerazione le dichiarazioni del Luogotenente N., fondando su di esse l’affermazione di responsabilità dell’imputato.

5. Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Ai sensi dell’art. 569, comma 3, cod. proc. pen. il ricorso immediato per cassazione non può essere proposto nei casi previsti dall’art. 606, comma 1, lett. d) ed e) cod. proc. pen. e, se proposto, si converte in appello.

Di conseguenza, qualora l’impugnazione proposta non sia quella ordinaria ma quella eccezionale del ricorso per saltum, la Corte di cassazione deve interpretare la volontà della parte, per stabilire di quale mezzo abbia realmente inteso avvalersi ed, in caso di dubbio, privilegiare il tipo ordinario di gravame, talché, ove vi sia una formale denuncia di difetto e manifesta illogicità della motivazione ed il contenuto delle censure, che letteralmente deducono anche violazione di legge, le riveli, invece, come dirette avverso la valutazione delle prove in ordine ad una questione di mero fatto, il ricorso andrà convertito in appello (Sez. 2, n. 1848 del 17/12/2013 – dep. 17/01/2014, P.G. in proc. Di Rubba, Rv. 258193; Sez. 4, n. 4264 del 05/04/1996 – dep. 23/04/1996, P.G. in proc. Lucifora, Rv. 204447).

Si tratta proprio dell’ipotesi in esame: in effetti, benché entrambi i motivi denuncino la violazione di legge, essi contestano la motivazione della sentenza impugnata, sotto il profilo della sua insufficienza, logicità ed esattezza.

Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, si ha violazione di legge, con riferimento alla motivazione di una sentenza, solo se essa manca del tutto ovvero è apparente; in caso contrario, la motivazione può essere aggredita ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen..

2. Nel caso in esame, deve escludersi che la motivazione manchi o sia meramente apparente: le censure mosse dal ricorrente, in realtà, propongono una rivalutazione nel merito della vicenda oggetto dell’imputazione, che non può che essere eseguita dal giudice di appello.

3. Il ricorso deve essere pertanto qualificato come appello e gli atti devono essere trasmessi alla Corte militare d’appello.

P.Q.M. 

Qualificato il ricorso come appello, dispone la trasmissione degli atti alla Corte Militare di appello. 

Così deciso il 29 settembre 2017

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2017.