Cassazione: leccare il naso contro la volontà altrui non è reato! L’azione ha rilevanza penale solo se riducono le capacità di autodeterminarsi del soggetto passivo e si limita la libertà di movimento.

Stringere il viso di una donna per ottenere un bacio forzato o anche solo per leccarle il naso non integra di certo violenza sessuale, né tanto meno il reato di violenza privata.
L’obiettività giuridica di tale reato consiste, infatti, nella tutela della libertà psichica e morale contro le costrizioni a fare, tollerare od omettere qualche cosa: per attingere la soglia del penalmente rilevante, la minaccia deve determinare una perdita o riduzione sensibile, da parte del soggetto passivo, della capacità di determinarsi e agire secondo la propria volontà.
A chiarirlo è la Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 9854/2016, accogliendo parzialmente il ricorso di un medico condannato in primo grado per il reato di violenza sessuale, riqualificato in violenza privata dalla Corte d’Appello con contestuale rideterminazione della pena, per aver bloccato una paziente sul lettino delle visite in ambulatorio, afferrandole il viso e leccandole il naso. 
Per gli Ermellini, non ogni forma di violenza o minaccia è riconducibile alla fattispecie dell’art 610 c.p., ma solo quella idonea, in base alla circostanze concrete, a limitare la libertà di movimento della vittima o a influenzare significativamente il processo di formazione della volontà, incidendo su interessi sensibili del soggetto vittima di coartazione.
Tale interpretazione, prosegue il collegio, si impone sia alla luce del principio di offensività, sia dell’esigenza di confinare nel “giuridicamente indifferente” i comportamenti costituenti violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali, inidonei, pur tuttavia, a rappresentare un reale elemento di turbamento per il soggetto passivo.
I giudici di legittimità ritengono lacunosa la motivazione della Corte d’Appello che, pur ritenendo configurabile il delitto di cui all’art. 610 c.p., in quanto l’imputato aveva costretto la donna a subire la sua condotta esercitando una vis nei confronti della persona offesa, al tempo stesso finisce per definire le modalità dell’azione come “assai fugaci“.
Pertanto, si rende necessario un nuovo esame della vicenda.