Cassazione: se il danno alla persona è incompatibile con l’incidente scatta la condanna al danno punitivo.

La Cassazione fa un giro di vite sugli incidenti falsi, pratica troppo diffusa nel nostro ordinamento e assolutamente da combattere.

L’ultima stretta giurisprudenziale arriva con l’ordinanza numero 3376/2016 depositata dai giudici di piazza Cavour il 22 febbraio.

In tale occasione la Corte ha infatti sancito che se il ricorso di legittimità è proposto almeno con colpa grave va disposta d’ufficio la condanna del ricorrente a pagare alla parte intimata non solo le spese di lite ma anche un’ulteriore somma, da determinarsi equitativamente tenendo conto del valore delle prime. 

Infatti, continuano i giudici, nel caso in cui il giudice del merito ha esaminato il fatto “asseritamente rappresentato dal sinistro stradale” escludendone l’effettiva sussistenza, il ricorso di legittimità rappresenta un abuso del processo.

Del resto, deve considerarsi superato l’orientamento in base al quale non sarebbe possibile individuare un’ipotesi di responsabilità aggravata ex articolo 96 c.p.c. nella mera infondatezza in diritto delle tesi che vengono prospettate in sede di legittimità.

Peraltro, nel caso di specie, il ricorrente aveva proposto ricorso avverso la sentenza d’appello con la quale era stato negato il suo diritto al risarcimento sostenendone l’erroneità per aver questa dato rilevanza ad alcune prove piuttosto che ad altre, confliggendo così con un pluriennale orientamento della Corte di Cassazione in base al quale non può ritenersi possibile una valutazione delle prove in sede di legittimità ulteriore e diversa rispetto a quella già compiuta dal giudice del merito.

Nella sentenza si legge inoltre che il giudice di merito aveva motivato la propria decisione “ritenendo non dimostrato che le lesioni patite dall’attore fossero state causate dal sinistro stradale come descritto nell’atto di citazione“.

Le doglianze del ricorrente sono state respinte e alla condanna alle spese si è aggiunta quella al pagamento di euro 5000.

NB: La Corte di Cassazione nel disporre tale condanna fa riferimento al quarto comma dell’art. 385 c.p.c..
E’ bene però precisare che tale comma è stato abrogato dall’art. 46, comma 20, della legge 69/2009 e che la Corte lo ha applicato applicabile “ratione temporis” al giudizio. Il testo disponeva quanto segue: “Quando pronuncia sulle spese, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 375, la Corte, anche d’ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave“.