CIRCOLAZIONE STRADALE: guida sotto l’effetto di alcool e sostanze stupefacenti – impugnazione (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 5 ottobre 2017, n. 45847).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –

Dott. CAPPELLO Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere –

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.G.G.V., n. (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1541/17 del 28 marzo 2017 della CORTE d’APPELLO di PALERMO;

visti gli atti;

fatta la relazione dal Cons. dott. Gabriella CAPPELLO;

sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. BALSAMO Antonio, il quale ha concluso per inammissibilità;

udito l’Avv. Tranchida Diego del foro di Marsala per D.G., il quale si è riportato ai motivi.

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Marsala, appellata da D.G.G.V., condannato in abbreviato per il reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) e art. 186 C.d.S., comma 2 sexies.

Secondo la ricostruzione della vicenda esposta in sentenza, il D.G. era stato controllato verso le ore 04,40 circa da una pattuglia dei Carabinieri del NORM di Marsala alla guida di un’autovettura, con i sintomi di un’alterazione da ebbrezza alcolica (forte alito vinoso, equilibrio precario e occhi lucidi), confermati dall’esame spedito per Alcolblow (test preliminare con precursore) e, quindi, dall’esito dell’alcoltest mediante etilometro (dal quale era emerso un tasso di concentrazione alcoolica pari a 1,95 g/l alle ore 05:13 e 1,95 g/l alle ore 05:27).

  1. L’imputato ha proposto ricorso a mezzo di difensore, formulando quattro motivi.

Con il primo, ha dedotto inosservanza di norme processuali ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c) e vizio della motivazione, con riferimento alla tempestività dell’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p., assumendo che lo stesso sarebbe stato dato solo dopo la misurazione mediante etilometro, altresì rilevando l’incertezza in ordine al tempus commissi delicti, risultando nella sentenza che il fatto era stato commesso il (OMISSIS), mentre l’avviso era contenuto in un verbale datato 26/02/2012.

Con il secondo motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione, con riferimento alla consumazione del termine di prescrizione del reato, assumendo la lacunosità della relativa motivazione, non avendo la Corte territoriale precisato le ragioni della computata sospensione del predetto termine.

Con il terzo, ha dedotto vizio della motivazione con riferimento alla verifica del regolare funzionamento dell’apparecchio etilometro, avendo lo stesso giudice d’appello affermato che lo stesso indicava un orario sfasato in avanti di 20 minuti.

Analogo vizio ha dedotto, infine, con il quarto motivo, con riferimento al diniego di riconoscimento della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., ritenendo la non pertinenza del dato valorizzato dal giudice d’appello (elevato tasso alcolemico).

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. La Corte palermitana ha preliminarmente ritenuto non prescritto il reato, tenendo conto del periodo di sospensione pari a giorni 88 e respinto quindi l’eccezione, tempestivamente dedotta, di nullità dell’atto di accertamento urgente per asserito mancato avviso della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia ai sensi dell’art. 114 disp. att. c.p.p., rilevando che l’avvertimento era stato regolarmente dato, come risultava dal verbale del 26/02/2012, sottoscritto dal trasgressore che aveva dichiarato di non volersi avvalere di tale facoltà.

Quanto alla rilevata discrasia nell’orario registrato dall’apparecchio etilometro, la Corte siciliana ha ritenuto detta circostanza del tutto irrilevante rispetto alla possibile, ma indimostrata avaria nel sistema di rilevazione della percentuale di concentrazione del tasso alcolemico, affermando che la non corretta regolazione del meccanismo di misurazione dell’ora dello strumento (quella esatta essendo stata peraltro indicata dall’organo accertatore) non poteva incidere sui meccanismi di verifica dell’alcool nell’aria alveolare espirata, essendo emerso – proprio dallo scontrino rilasciato dall’apparecchio – il suo regolare funzionamento e non avendo, in ogni caso, la difesa dimostrato una eventuale avaria dello strumento o chiesto la verifica di tale evenienza, accedendo invece al rito abbreviato semplice.

Infine, alla luce dell’elevatissimo tasso di concentrazione alcolica riscontrato e del conseguente pericolo per la circolazione stradale e l’incolumità propria ed altrui, la Corte di merito ha ritenuto il fatto sì grave da giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche e da escludere un marginale disvalore, giustificativo del riconoscimento della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..

3. Il primo e il terzo motivo sono manifestamente infondati e possono essere trattati congiuntamente afferendo alla regolarità dell’accertamento urgente sulla scorta del quale è stata affermata la colpevolezza dell’imputato, avuto riguardo al duplice profilo della procedura seguita dall’organo accertatore e del funzionamento dell’apparecchiatura utilizzata.

Gli stessi, peraltro, costituiscono mera riproposizione delle doglianze esaminate dal giudice d’appello e, rispetto alla disarmante evidenza rappresentata dall’attestazione contenuta nel verbale di accertamento (la cui data è del tutto irrilevante rispetto al momento dell’accertamento medesimo), secondo cui l’interessato aveva scelto di non avvalersi della facoltà di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p., dato puntualmente richiamato dalla Corte palermitana, la parte ricorrente si è limitata a ribadire in questa sede che, nel caso di specie, non vi sarebbe la prova del momento in cui l’avviso è stato dato, anche alla luce della rilevata discrasia dell’orario riportato dall’apparecchio di misurazione, circostanza che in alcun modo può interferire, nè la parte ha indicato il contrario, con la circostanza che i militari dell’Arma avessero dato l’avviso della facoltà prevista dall’art. 114 disp. att. c.p.p., ciò emergendo infatti da un atto pubblico regolarmente sottoscritto dall’imputato.

Per le stesse ragioni sopra esposte, non è neppure pertinente la rilevata discrasia oraria dell’apparecchio, avendo il ricorrente omesso qualsiasi confronto con i motivi della decisione impugnata, a mezzo dei quali il giudice d’appello ha spiegato, in maniera del tutto congrua, logica e non contraddittoria, l’irrilevanza di tale circostanza rispetto al regolare funzionamento dei meccanismi di rilevazione del tasso alcolemico.

Le ragioni della decisione peraltro sono perfettamente coerenti con l’insegnamento costante di questa stessa sezione circa la validità della strumentazione utilizzata, essendosi più volte affermato che l’indicazione in sede normativa del metodo scientifico per la rilevazione del tasso alcolemico mediante il ricorso al cosiddetto alcoltest non introduce una prova legale ma si giustifica in relazione alla necessità di dotare il giudice di indici di valutazione caratterizzati dal minor grado possibile di soggettività ed arbitrarietà (cfr. sez. 4 n. 2195 del 10/12/2014 Ud. (dep. 16/01/2015), Rv. 261777) ed altresì precisato che l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza, ed è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento, dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata omologazione dell’apparecchio (cfr. sez. 4 n. 17463 del 24/03/2011, Rv. 250324 (in motivazione, la Corte ha precisato che l’art. 379 reg. esec. C.d.S. si limita ad indicare le verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere adoperati ed omologati, ma non prevede alcun divieto la cui violazione determini l’inutilizzabilità delle prove acquisite); nello stesso senso cfr. n. 42084 del 04/10/2011, Rv. 251117).

  1. Anche il quarto motivo è manifestamente infondato.

La Corte ha spiegato le ragioni per le quali non ha ritenuto l’esiguità del disvalore sociale del fatto, utilizzando parametri del tutto legittimi, sia con riferimento alle modalità della condotta, che avuto riguardo al pericolo che ne è derivato per la circolazione stradale e l’incolumità pubblica.

A fronte di tali argomenti, la relativa doglianza, lungi dal tradursi in una argomentata critica alla motivazione, costituisce null’altro che una contestazione della decisione di merito, preclusa in questa sede.

5. Il secondo motivo è manifestamente infondato, oltre che del tutto aspecifico, non avendo parte ricorrente indicato alcun elemento alla luce del quale ritenere che il computo del termine di sospensione sia stato illegittimamente calcolato dalla Corte di merito, rilevandosi, in ogni caso, che all’udienza del 15 marzo 2013 la difesa aveva richiesto un rinvio della trattazione, disposto dal giudice alla successiva udienza del 24 giugno 2013, il che giustifica ampiamente il computo del periodo di sospensione riconosciuto dalla Corte territoriale e la conclusione del mancato maturarsi del termine di prescrizione del reato.

6. L’inammissibilità del ricorso, precludendo l’instaurarsi di un valido rapporto processuale in questo grado di giudizio, non consente alla causa estintiva del reato (nel caso di specie, la prescrizione), verificatasi dopo la sentenza d’appello di operare e impedire il consolidarsi della pronuncia di condanna (cfr. Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266; n. 33542 del 27/06/2001, Rv. 219531; n. 23428 del 22/03/2005, Rv. 231164; sez. 6 n. 25807 del 14703/2014, Rv. 259202; sez. 1 n. 6693 del 20/01/2014, Rv. 259205).

7. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro2.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2017.

Depositata in Cancelleria il 5 ottobre 2017.