Circolazione stradale: omissione di soccorso (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 6 dicembre 2017, n. 54809).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Presidente –

Dott. MENICHETTI Carla – Consigliere –

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. CENCI Daniele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.N., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 17/01/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EUGENIA SERRAO;

udito il Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa GIUSEPPINA CASELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udito il difensore Avv. AMALIA VALENTINI del foro di FERRARA in difesa di C.N., che insiste per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe, ha riformato limitatamente alla misura della sanzione amministrativa la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Ferrara nei confronti di C.N. in relazione ai reati di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 189, commi 1, 6 e 7, per non aver ottemperato all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alla persona ferita N.H. a seguito di incidente stradale avvenuto in (OMISSIS).

2. Il fatto era così ricostruito dal giudice di primo grado in base alle risultanze istruttorie: l’imputato, mentre percorreva in automobile una zona centrale della città, aveva urtato contro il motociclo condotto da M.M., a bordo del quale era trasportata N.H.; sebbene quest’ultima avesse riportato a seguito dello scontro lesioni giudicate guaribili in 10 giorni, l’imputato si era allontanato omettendo di prestare soccorso; era stato immediatamente inseguito dal Maresciallo dei Carabinieri S. ed era stato costretto ad arrestare la marcia.

La Corte di Appello ha, quindi, integrato tale motivazione rimarcando che l’imputato si era fermato solo perchè era stato raggiunto da un carabiniere che lo aveva inseguito con la volante, azionando i lampeggiatori dell’auto di servizio; che era inverosimile che l’imputato avesse proseguito la marcia perchè cercava un luogo dove fermarsi a causa del traffico intenso, posto che dalla deposizione del carabiniere e dalle fotografie in atti era ben visibile l’assenza di traffico ed emergeva la presenza di uno spazio antistante la caserma; che l’eventualità che vi fossero persone ferite era desumibile dall’urlo lanciato dalla persona trasportata sullo scooter al momento dell’urto.

3. Ricorre per cassazione C.N., a mezzo di difensore, censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

a) violazione di legge e vizio di motivazione perchè nella sentenza impugnata si è fondata la conferma della condanna sull’asserito contrasto tra le dichiarazioni del Maresciallo S. e la versione dell’imputato, negando che vi fosse traffico sulla base di considerazioni prive di fondamento probatorio e contrastanti con la prova dichiarativa; si è descritto un inseguimento sebbene il realtà il C. si fosse fermato spontaneamente pochi metri dopo il luogo dell’urto; si è ritenuto sussistente l’elemento psicologico del reato di omissione di soccorso sebbene il C. non si sia reso conto che vi fossero persone bisognose di assistenza e, del resto, la prognosi di dieci giorni valutata per la trasportata dimostra che non vi fosse necessità di soccorso; l’urlo della trasportata non era univocamente significativo del dolore; il teste S. ha fornito un’errata informazione al giudice circa la possibilità per il C. di arrestarsi nei pressi del sinistro. Il ricorrente ritiene lesivo del diritto di difesa il diniego della rinnovazione istruttoria e lamenta che la Corte territoriale non abbia spiegato per quale ragione gli argomenti difensivi andassero disattesi;

b) violazione ed erronea applicazione dell’art. 131 bis c.p. per non avere la Corte considerato gli elementi sopra indicati dalla difesa per ritenere il fatto di particolare tenuità;

c) violazione ed erronea applicazione dell’art. 62 bis c.p., art. 189 C.d.S., commi 6 e 7 e art. 133 c.p. per avere la Corte territoriale errato nel non considerare adeguatamente che l’imputato era incensurato, si era comportato bene sia come conducente sia nei rapporti con l’autorità, in tal modo negando le attenuanti generiche, applicando una pena esagerata e riducendo in maniera modesta la sanzione amministrativa accessoria.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

1.1. Si sono riproposte le tesi difensive in punto di elemento soggettivo dei reati, che sono state disattese da entrambi i giudici di merito e che non possono in questa sede essere riproposte sotto il mantello della violazione di norma processuale o del vizio di motivazione (laddove si sottolinea che la Corte territoriale ha trascurato di esaminare talune emergenze istruttorie o travisato la prova), avendo in particolare il giudice di appello opportunamente chiarito che le condotte contestate nel capo d’imputazione hanno trovato ampio riscontro nelle dichiarazioni di un teste che ha dovuto inseguire il C. onde impedirne la fuga e che ha percepito l’urlo lanciato dalla persona trasportata sullo scooter.

La Corte territoriale ha, altresì, ricostruito il fatto sottolineando che lo stesso teste aveva indicato l’area in cui l’imputato avrebbe potuto fermarsi, ritenendo pertanto non credibile, con motivazione esente da manifesta illogicità, la versione resa dal C.

1.2. A tali conclusioni i giudici dei due gradi di merito sono giunti sulla base dell’esame di tutte le prove acquisite, ivi comprese le dichiarazioni dell’imputato. Di tale ampio materiale probatorio hanno dato puntuale e diffuso resoconto entrambe le sentenze. Entrambi i giudici hanno fornito le ragioni del loro convincimento.

1.3. Con particolare riguardo alle condizioni del traffico, la testimonianza del Maresciallo S. riprodotta nel ricorso, a sostegno del travisamento della prova, non contraddice radicalmente quanto riportato nella sentenza laddove si noti che il traffico al quale allude il teste era incolonnato in una sola delle corsie di marcia. Giova, peraltro, ricordare che il vizio di travisamento della prova, nel caso in cui i giudici delle due fasi di merito siano pervenuti a decisione conforme, può essere dedotto solo nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013, dep.2014, Nicoli, Rv. 25843201) ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forme di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della persistente infedeltà delle motivazioni dettate in entrambe le decisioni di merito (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 25683701).

1.4. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, peraltro, l’elemento soggettivo del reato previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 7, è integrato anche in presenza del dolo eventuale, ravvisabile in capo all’utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall’incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all’obbligo di prestare la necessaria assistenza ai feriti. In altre parole, per la punibilità è necessario che ogni componente del fatto tipico (segnatamente il danno alle persone e l’esservi persone ferite, necessitanti di assistenza) sia conosciuta e voluta dall’agente.

A tal fine, è però sufficiente anche il dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio: ciò significa che, rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente collegato all’incidente, è sufficiente che, per le modalità di verificazione di questo e per le complessive circostanze della vicenda, l’agente si rappresenti la probabilità – o anche la semplice possibilità- che dall’incidente sia derivato un danno alle persone e che queste necessitino di assistenza e, pur tuttavia, accettandone il rischio, ometta di fermarsi (Sez. 4, n.6904 del 20/11/2013, dep. 2014, Richichi, n.m.; Sez. 4, n. 36270 del 24/05/2012, Bosco, n.m.; Sez. 4, n.33294 del 14/05/2008, Curia, Rv. 242113).

1.5. Inoltre, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha in più occasioni evidenziato la natura eccezionale dell’istituto della rinnovazione dibattimentale di cui all’art.603 cod. proc. pen. ritenendo, conseguentemente, che ad esso possa farsi ricorso, su richiesta di parte o d’ufficio, solamente quando il giudice lo ritenga indispensabile ai fini del decidere, non potendolo fare allo stato degli atti (Sez. 2, n.41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv. 25696801; Sez.2, n.3458 del 1/12/2005, dep. 2006, Di Gloria, Rv. 23339101) precisando, altresì, che, considerata tale natura, una motivazione specifica è richiesta solo nel caso in cui il giudice disponga la rinnovazione, poichè in tal caso deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, mentre in caso di rigetto è ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito, nella quale sia evidenziata la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep.2014, Coppola, Rv. 25989301; Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 25774101; Sez. 3, n.24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 24787201).

1.6. In tale situazione, ciò di cui in realtà si duole la difesa è che non sia stata accolta la tesi dalla medesima prospettata. Ma si tratta di una prospettiva non consentita in sede di legittimità. Nè il ricorrente può fondatamente dolersi della mancanza di una più approfondita disamina dei motivi di appello, atteso che, come già è stato chiarito (Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 25992901; Sez. 5, n. 3751 del 15/02/2000, Re Carlo, Rv. 21572201) è legittima la motivazione della sentenza di appello che, disattendendo le censure dell’appellante, si uniformi, sia per la ratio decidendi, sia per gli elementi di prova, ai medesimi argomenti valorizzati dal primo giudice, soprattutto se la consistenza probatoria di essi è così prevalente e assorbente da rendere superflua ogni ulteriore considerazione.

Nell’ipotesi in cui siano dedotte, come nella specie puntualmente ha rilevato la Corte di Appello, questioni già esaminate e risolte in primo grado, il giudice dell’impugnazione può motivare per relationem. Nel caso concreto, peraltro, il giudice di appello ha puntualmente replicato ad ogni censura.

2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

2.1. A sostegno del diniego di sussunzione del fatto nell’ipotesi disciplinata dall’art.131 bis cod. pen., i giudici di appello hanno escluso la particolare tenuità del fatto facendo riferimento all’agire dell’imputato nel contesto del sinistro come indicativo di intensità del dolo.

2.2. Secondo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, in motivazione), “la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.

Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente”.

A tali elementi il giudice di merito deve porre attenzione nel valutare la sussumibilità del fatto nell’ipotesi normativa.

2.3. La sentenza impugnata non ha tenuto conto dei concreti elementi riferibili alla realtà processuale ed alle emergenze istruttorie, dei quali il giudice di legittimità può tenere conto alla luce del novellato art. 620 c.p.p. , lett. i). In particolare, non è stato attribuito il dovuto rilievo alla natura delle minime lesioni riportate dalla persona trasportata sullo scooter, alla circostanza che quest’ultimo veicolo si fosse semplicemente inclinato a seguito dell’urto, alla mancata costituzione di parte civile. Elementi che inducono il Collegio a ritenere che il fatto sia sussumibile, senza necessità di ulteriori accertamenti, nella previsione dell’art. 131 bis c.p.

3. Il terzo motivo di ricorso è, conseguentemente, assorbito.

4. Conseguentemente, il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio per l’accoglimento dell’istanza di applicazione dell’art. 131 bis c.p..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato non è punibile per la particolare tenuità del fatto.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria, il 6 dicembre 2017.