Danni erariali: la confisca penale non rileva ai fini del calcolo del danno erariale (Corte dei Conti Lombardia, Sezione Giurisdizionale, Sentenza 23 febbraio 2018, n. 34).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE LOMBARDIA

composta dai Magistrati:

Silvano DI SALVO – Presidente

Luisa MOTOLESE – Giudice

Vito TENORE – Giudice rel.

ha pronunciato il seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità, ad istanza della Procura Regionale, iscritto al numero 28751 del registro di segreteria, nei confronti di:

F.A., nt. a V. (P.) il (…), cf. (…), rappresentato e difeso dall’avvi. Giuseppina Regina e presso la stessa elettivamente domiciliato in Piazza Grandi 4, Milano;

D.A., nt. a M. il (…), cf. (…), residente in M., via G. P. 24.

letta la citazione in giudizio ed esaminati gli altri atti e documenti fascicolati;

ascoltata, nella camera di consiglio del 24.1.2018, la relazione del Magistrato designato prof. Vito Tenore e uditi gli interventi del Pubblico Ministero nella persona del sostituto Procuratore Generale Antonino Grasso e degli avv. per i convenuti;

viste le L. 14 gennaio 1994, n. 19 e L. 20 dicembre 1996, n. 639;

visto il c.g.c., e, in particolare, l’art.130 di detto codice;

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione depositato il 6.6.2017, la Procura regionale citava in giudizio i sigg. A.F. e A.D., rispettivamente dirigente e funzionario dell’Azienda lombarda edilizia residenziale (A.), chiarendo quanto segue:

2. a) che con nota 25.11.2009 l’Azienda A. aveva segnalato alla Procura il coinvolgimento dei due funzionari in fatti di corruzione in danno dell’ente;

3. b) che con D.P. 2 marzo 2017 era stato autorizzato il sequestro conservativo a favore dell’Erario nei confronti degli invitati A.F. e A.D., fino alla concorrenza di Euro 3.000.000,00, oltre rivalutazione e interessi e che con ordinanza n. 52 del 16.5.2017 il GD aveva confermato pressoché integralmente la misura cautelare;

4. c) che non erano pervenute deduzioni da parte degli invitati;

5. d) che, in merito ai fatti storici contestati, nel proc. pen. n. 7117/2008 RGNR la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza in data 10.3.2009 aveva richiesto il rinvio a giudizio, tra gli altri, dei funzionari A.F., D. e A.G. per i seguenti capi di imputazione:

d.1) P.L., P.F., F.A., D.A. e A.G.

artt. 110, 81, 319-321 c.p., in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso,

P.L. in qualità di amministratore di fatto delle seguenti società “L.E. S.c.r.l.. (C.)”, C. S. E. S.c.r.l.”, “P. S.p.A” e in qualità di consulente della C. S.r.l.;

P.F. in qualità di amministratore unico della C. S.r.l. (limitatamente al fatto di cui al capo J);

F.A., pubblico ufficiale, in qualità di dirigente A. responsabile dei procedimenti relativi ai sotto indicati contratti di appalto;

D.A. e A.G., pubblici ufficiali in qualità di funzionari A. rispettivamente-direttore-dei lavori e direttore operativo in relazione ai sotto indicati contratti di appalto;

concordavano il pagamento del 2%(percento) (1%(percento) da corrispondersi al F. e 0,5%(percento) da corrispondersi a D. e A.) sul totale dei pagamenti effettuati dall’ente pubblico A., oltre altre somme, anche ingenti, non quantificabili esattamente, per la redazione di perizie di variante, affinché i pubblici ufficiali incaricati di seguire contratti di appalto compiessero atti contrari ai propri doveri d’ufficio certificando l’esecuzione di lavori non eseguiti o non ancora eseguiti o eseguiti non a regola d’arte al fine di ottenere il pagamento degli stati avanzamento lavori come falsamente certificati dai pubblici funzionari, in relazione ai seguenti contratti di appalto, con un danno per A. stimato attorno ad Euro 7.136.204,47 (per gli appalti sotto indicati A,B,C,D,E,F,G,H,I,K,L,M e attorno ad Euro 1.0000 -per l’appalto sotto indicato alla lettera J-corrispondente a pagamenti dell’ente a fronte di lavori mai eseguiti:

3. A) Appalto n. 55/2005 A.P. SPA, importo complessivo pagato dall’A. di Milano 3.244,070,84; importo corrisposto a F.A. Euro 32.440,71 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 16.220,35 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 16.220,35 (0,5%(percento) S.A.L.);

4. B) Appalto n. 56/2005 A.P. SPA, importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.615.237,83; importo corrisposto a F.A. Euro 16.152,38 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 8.076,19 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 8.076,19 (0,5%(percento) S.A.L.);

5. C) Appalto n. 79/2005 A.C. Scarl, importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.626.584,86; importo corrisposto a F.A. Euro 16.255,85 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 8,127,92 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 8.127,92 (0,5%(percento) SAL.);

6. D) Appalto n. 80/2005 A.C. Scarl, importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.347.955,01; importo corrisposto a F.A. Euro13.479,55 (1%(percento)A.L,); importo corrisposto a D.A. Euro 6.739,78 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 6.739,78 (0,5%(percento) S.A.L.);

7. E) Appalto a 81/2005 A.C. Scarl, importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 596.133,97; importo corrisposto a F.A. Euro 5.961,34 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 2.980,67 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. E 2.980,67 (0,5%(percento) S.A.L.);

8. F) Appalto n, 77/2007 A.C. Scarl, importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 200.097,54; importo corrisposto a F.A. Euro 2.000,98 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 1.000,49 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 1.000,49 (0,5%(percento) S.A.L.);

9. G) Appalto n 115/2005 A.C. (impresa esecutrice C.S.E.), importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.654,884,60; importo corrisposto a F.A. Euro 16.548,85 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 8.274,42 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 8.274,42 (0,5%(percento) S.A.L.);

10. H) Appalto n. 116/2005 A.C. (impresa esecutrice C.S.E.), importo complessivo pagato dall’ALER di Milano Euro 825.784,61; importo corrisposto a F.A. Euro 8.257,85 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 4.128,92 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 4.128,92 (0,5%(percento) S.A.L.);

11. I) Appalto n. 35/2008 A.C. (impresa esecutrice C.S.E.), importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 298.996,20; importo corrisposto a ¬(euro)A. Euro 2989,96 (1%(percento) importo S.A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 1.494,98 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 1.494,98 (0,5%(percento) S.A.L.);

12. J) Appalto n. 41/2007 A.C. S.r.l., importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.703.670,39; importo corrisposto a F.A. Euro 17,036,70 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 8.518,35 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 8.518,35 (0,5%(percento) S.A.L.);

13. K) Appalto n. 44/2007 A.C. (impresa esecutrice C.S.E.), importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 859,465,82; importo corrisposto a F.A. Euro 8.594,66 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 4.297,33 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 4.297,33 (0,5%(percento) S.A.L.);

14. L) Appalto n. 4/2004 A.C. appalto in relazione al quale è stata approvata perizia di variante per to smaltimento di amianto per l’importo di Euro 589.436,40, importo complessivo pagato dall’ALER di Milano Euro 4.008.631,68; importo corrisposto a F.A. Euro 40.086,32 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 20.043,16 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 20.043,16 (0,5%(percento) S.A.L.);

15. M) Appalto n. 14/2007 A.E., importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.449.472,33; importo corrisposto a F.A. Euro 14.494,72 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 7.247,36 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 7.247,36 (0,5%(percento) S.A.L.).

In Cinisello Balsamo, Milano e altrove, dal 2004 fino a marzo 2008.

d.2) P.L., P.F., F.A., D.A. e A.G.

artt. 110, 81, 356 c.p., in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nelle qualità e con le condotte contestate al precedente capo di imputazione, in relazione ai contratti di appalto sotto indicati commettevano frode nell’esecuzione dei contratti stessi eseguendo solo in parte e non a regola d’arte le prestazioni richieste dal contratto:

3. A) Appalto n. 55/2005 A.P. SPA, importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 3.244.070,84; importo corrisposto a F.A. Euro 32.440,71 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 16.220,35 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 16.220,35 (0,5%(percento) S.A.L.);

4. B) Appalto n. 56/2005 A.P. SPA, importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.615.237,83; importo corrisposto a F.A. Euro 16.152,38 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 8.076,19 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 8.076,19 (0,5%(percento) S.A.L.);

5. C) Appalto n. 79/2005 A.C., importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.626.584,86; importo corrisposto a F.A. Euro 16,255,85 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 8.127,92 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 8.127,92 (0,5%(percento) S.A.L.);

6. D) Appalto n. 80/2005 A.C., importo complessivo pagato dall’ A. di Milano Euro 1.347.955,01; importo corrisposto a F.A. E 13.479,55 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 6.739,78 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 6.739,78 (0,5%(percento) S.A.L,);

7. E) Appalto n. 81/2005 A.C., importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 596.133,97; importo corrisposto a FRONTI-Alessandro Euro 5.961,34 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 2.980,67 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 2.980,67 (0,5%(percento) S.A.L.);

8. F) Appalto n. 77/2007 A.C., importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 200.097,54; importo corrisposto a F.A. Euro 2.000,98 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 1.000,49 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 1.000,49 (0,5%(percento) S.A.L.);

9. G) Appalto a. 115/2005 A.C. (impresa esecutrice C.S.E.), importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.654.884,60; importo corrisposto a F.A. Euro 16.548,85 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 8.274,42 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 8.274,42 (0,5%(percento) S.A.L.);

10. H) Appalto n. 116/2005 A.C. (impresa esecutrice C.S.E.), importo complessivo pagato dall’A. di Milano. Euro 825.784,61; importo corrisposto a F.A. Euro 8.257,85 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 4.128,92 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 4.128,92 (0,5%(percento) S.A.L.);

11. I) Appalto n. 35/2008 A.C. (impresa esecutrice C.S.E.), importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 298.996,20; importo corrisposto a F.A. Euro 2.989,96 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 1.494,98 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 1.494,98 (0,5%(percento) S.A.L.);

12. J) Appalto n. 41/2007 A.C. SRL., importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.703.670,39; importo corrisposto a F.A. Euro 17.036,70 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 8.518,35 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 8.518,35 (0,5%(percento) S.A.L.);

13. K) Appalto n. 44/2007 A.C. (impresa esecutrice C.S.E.), importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 859.465,82; importo corrisposto a F.A. Euro 8.594,66 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 4.297,33 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 4.297,33 (0,5%(percento) S.A.L.);

14. L) Appalto n. 4/2004 A.C. – appalto in relazione al quale è stata approvata perizia di variante per lo smaltimento di amianto per l’importo di Euro 589.436,40, importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 4.008.631,68; importo corrisposto a F.A. Euro 40.086,32 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 20.043,16 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 20.043,16 (0,5%(percento) S.A.L.);

15. M) Appalto n. 14/2007 A.E., importo complessivo pagato dall’A. di Milano Euro 1.449.472,33; importo corrisposto a F.A. Euro 14.494,72 (1%(percento)A.L.); importo corrisposto a D.A. Euro 7.247,36 (0,5%(percento) S.A.L.); importo corrisposto a A.G. Euro 7.247,36 (0,5%(percento) S.A.L.).

In Cinisello Balsamo, Milano e altrove, dal 2004 fino al marzo 2008;

1. e) che l’amministrazione si era costituita parte civile nei confronti dei propri dipendenti infedeli;

2. f) che con Provv. 22 novembre 2008 il GIP presso il Tribunale di Monza aveva applicato, tra gli altri, a FRONTI, DEOLA e A., in ordine ai reati di cui agli 110, 81, 319-321 c.p., la misura cautelare della custodia in carcere, nonché la misura del sequestro preventivo -ai fini della successiva confisca- di somme e beni riconducibili agli indagati: F.A.: Euro 194.196,4; D.A.: Euro 97.098,20; A.G.: Euro 97.098,20;

3. g) che, con sentenza n. 56 del 26.1.2010, irrevocabile dal 6.6.2010, il GIP presso il Tribunale di Monza aveva applicato, ex 444 c.p.p., a A.G. la pena di anni uno e mesi nove di reclusione e 1.000 Euro di multa e che con sentenza n. 9477 del 27.12.2012 il Tribunale di Milano aveva condannato F.A. alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione e D.A. alla pena di anni due e mesi sette di reclusione, dichiarandoli interdetti dai pubblici uffici, il primo, per anni due mesi sei giorni quindici e, il secondo, per anni due giorni quattro; nonché incapaci di contrattare con la PA, il primo, per anni due mesi sei giorni quindici e, il secondo, per anni due giorni quattro; oltre alla confisca per equivalente dei beni nella disponibilità di F. fino alla concorrenza di Euro 179.815,15 e di D. fino alla concorrenza della somma di Euro 89.907,57;

4. h) che, quanto alle statuizioni civili, il Tribunale aveva condannato i predetti al risarcimento dei danni a favore delle parti civili A. e Regione Lombardia, da liquidarsi in separata sede, con una provvisionale di Euro 3 milioni in favore di A., di cui 2.950.000,00 a carico di F. e D., Euro 50.000,00 a carico di F., D. e P., in solido; in favore della Regione Lombardia della somma di Euro 200.000,00, di cui 190.000,00 a carico di F. e D., Euro 10.000,00 a carico di F., D. e P., in solido;

5. i) che con sentenza n. 9097 del 22.12.2014 la Corte di appello di Milano aveva confermato la predetta condanna comminata dal Tribunale di Milano e che il ricorso in Cassazione era stato rigettato con sentenza n. 39542 del 2016, con conseguente passaggio in giudicato delle pronunce di merito;

6. j) che il contenzioso civile tra l’amministrazione e le imprese appaltatrici era stato interrotto causa fallimento di queste ultime, con richiesta di insinuazione che, stante l’entità delle poste attive e passive, risultava con ogni probabilità insuscettibile di soddisfacimento;

7. k) che i convenuti F. e D., oltre all’A., in relazione ai fatti emersi in sede penale erano stati licenziati dall’A. e le impugnazioni interposte dagli interessati avanti la competente autorità giudiziaria erano state rigettate;

8. l) che i fatti contestati hanno avuto ampia risonanza mediatica (all.8 istanza sequestro Procura);

9. m) che in sede penale A.G. aveva ammesso di aver ricevuto circa 40 mila in contanti da P. per mano di D., che aveva diviso con lui al 50 per cento; aveva ammesso che le dazioni si riferivano alle modalità di gestione della contabilizzazione dei lavori, secondo un “sistema” corruttivo cui partecipavano il F., con un ruolo di primazia, e il predetto D.;

10. n) che tale sistema corruttivo era stato ammesso da D.A., il quale nell’ambito del procedimento penale aveva riconosciuto di aver ricevuto da P. circa 40 mila Euro in contanti e che anche F.A. aveva ammesso il pagamento mediante contabilizzazioni in quantità provvisoria di opere non eseguite, seppur a compensazione di lavori non previsti e necessari;

11. o) che il suddetto compendio probatorio formatosi in sede penale, civile e giuscontabile evidenziava in modo sicuro la sussistenza dei fatti, la rilevanza penale degli stessi e la loro riferibilità agli odierni citati: v. la sentenza n. 9477/12, resa dal Tribunale di Milano; la sentenza ex 444 c.p.p. n. 56/10, resa dal GIP presso il Tribunale di Monza; l’ordinanza cautelare resa in data 22.11.2008 dal GIP presso il Tribunale di Monza; la sentenza n. 9097 del 22.12.2014 resa dalla Corte di appello di Milano; la sentenza n. 39542/2016 resa dalla Cassazione; le sentenze n. 3483/2010, 420/2012, 206/2011, 2679/2011 e 372/2013 rese dal giudice del lavoro di Milano; la sentenza n. 79/2016 della Sezione Lombardia della Corte infraprecisata (all.9 istanza sequestro);

12. p) che, relativamente a A.G., l’azione di responsabilità amministrativa esercitata dalla attrice Procura era stata già scrutinata da questa Sezione che, con sentenza n. 79/2016, aveva condannato il convenuto al risarcimento del danno patito dall’amministrazione di appartenenza;

13. q) che tali condotte illecite avevano prodotto in capo all’A. un danno riconducibile a quattro voci:

q1) un danno diretto derivante sia dai suddetti fatti di corruzione tradottisi nella certificazione della esecuzione di lavori non eseguiti o non ancora eseguiti o eseguiti non a regola d’arte al fine di ottenere il pagamento degli stati avanzamento lavori come falsamente certificati dal pubblico funzionario, sia dai cennati fatti di frode nell’esecuzione di contratti, risoltisi nell’esecuzione solo in parte e non a regola d’arte delle prestazioni richieste dai contratti medesimi. L’A. aveva pertanto provveduto ad affidare a professionisti esterni la predisposizione di perizie tese a verificare, per ciascuno degli appalti oggetto del procedimento penale, la differenza tra le opere indicate nei vari SAL (comprese le perizie di variante) e quelle effettivamente realizzate, così emergendo uno scostamento tra i predetti agglomerati pari ad Euro 9.713.637,87, in danno dell’amministrazione e, dedotta la somma che aveva formato oggetto di condanna nel precedente giudizio di responsabilità per un concorrente (sentenza della Sezione Lombardia n. 79/2016), residuava un importo di Euro 9.616.488,00 per danno diretto da imputare ai convenuti;

q.2) un danno da disservizio per gli oneri finanziari e i costi interni suppletivi sopportati dall’Amministrazione per rimediare alle condotte delittuose dei predetti funzionari infedeli tradottisi nell’attività che l’amministrazione aveva dovuto svolgere per l’accertamento delle conseguenze degli illeciti perpetrati e il ripristino della legalità violata: in base ad una valutazione equitativa, il danno in questione era da determinare in Euro 19.233,00, corrispondente allo 0.2%(percento) del danno diretto sub q.1);

q.3) un danno all’immagine dell’A., quantificato assumendo come parametro l’entità delle utilità illecite percepite e che hanno formato oggetto di confisca, nel doppio del loro valore, e pertanto Euro 359.630,00 per F.A., ed Euro 179.814,00 per D.A.;

q.4) un danno da mancato impiego economico delle 54 unità immobiliari oggetto degli appalti rep. n. (…), pari ad Euro 789.750,00, ridotti a 709.000,00 Euro sulla base di documentazione dell’A. prodotta dalla Procura in udienza, in quanto le predette unità immobiliari sarebbero dovute essere destinate a locazioni a favore di giovani coppie e studenti, con il correlato introito connesso alla pattuizione di un canone concordato in forza dell’accordo locale del 1999 e delle disposizioni normative della L. n. 431 del 1998.

Tutto ciò premesso, la Procura attrice chiedeva la condanna dei convenuti in via solidale al pagamento, in favore dell’Azienda lombarda edilizia residenziale (A.), Milano, della complessiva somma di Euro 10.425.471,00, a titolo di danno diretto, danno da disservizio e danno da mancato utilizzo dei beni, nonché, a titolo di danno all’immagine, di Euro 359.630,00 per F.A. ed Euro 179.814,00 per D.A., oltre a rivalutazione, interessi e spese, con declaratoria di conversione del sequestro conservativo in pignoramento ai sensi dell’art. 80 del CGC.

Il convenuto D., ritualmente evocato, restava contumace, mentre il convenuto F. si costituiva solo in udienza 24.1.2018 tramite l’avv. Regina, che depositava snella memoria che si limitava ad una generica formulazione di una non argomentata eccezione di inammissibilità, improcedibilità e infondatezza nel merito.

2. In data 16.1.2018 il convenuto F. depositava memoria, con allegati, a propria firma, senza ulteriore sottoscrizione da parte di un avvocato e, comunque, senza aver conferito mandato difensivo ad un procuratore ex art. 90, comma 1, c.g.c..

3. All’udienza del 24.1.2018, udita la relazione del Magistrato designato, la Procura, deducendo preliminarmente la contumacia del convenuto D., nonché la tardività della costituzione in giudizio del convenuto F. con conseguente decadenza relativamente alle eccezioni non rilevabili d’ufficio, sviluppava i propri argomenti, riducendo a 702.000,00 Euro la richiesta di condanna per la quarta voce di danno indicata sub (…)), alla luce della comunicazione dell’Amministrazione datata 20 luglio 2017, ritualmente versata in atti, mentre l’avv. Regina eccepiva, in chiave dubitativa, la mancata ricezione dell’invito a dedurre da parte del F..

Detto difensore eccepiva, inoltre, la mancanza di dichiarazioni confessorie del proprio assistito in sede penale e la estraneità di quest’ultimo alle attestazioni cartacee del sig. P. circa le erogazioni tangentizie oggetto di causa ed alle certificazioni dei SAL che competevano al D. e agli uffici contabili A., pur non negando la percezione di denaro, ma non correlata ai lavori oggetto di condanna penale. In via istruttoria, la difesa chiedeva che il Collegio disponesse una verifica sulla esattezza degli importi reclamati dalla Procura circa le opere non realizzate e sulla riconducibilità dei danni al F.. Quindi la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. La questione al vaglio della Sezione è già stata affrontata, per altro dipendente A. coinvolto nei medesimi fatti (A.G.), nella sentenza 21.4.2016 n.79, ai cui argomenti motivazionali, pienamente condivisibili, la Sezione intende integralmente riportarsi, essendo i fatti storici qui in esame, se non per alcune ulteriori voci di danno solo in questa sede azionate, gli stessi oggetto del cennato pregresso pronunciamento. Anzi, gli accertamenti penali dei fatti a supporto della sentenza n. 79 del 2016 di questa Sezione (provvedimento del 22 novembre 2008 del GIP Tribunale di Monza; sentenza n. 56/10, depositata il 26 gennaio 2010 del GIP presso il Tribunale di Monza; sentenza n. 9477/12 depositata il 27.12.2012 del Tribunale di Milano) hanno ricevuto successiva ed ulteriore conferma per i convenuti dalle sopravvenute sentenze penali configuranti giudicato non vagliate dalla menzionata pronuncia della Sezione n.79/2016 cit. (sentenza n. 9097 del 22.12.2014 della Corte di appello di Milano che ha confermato la predetta condanna n. 9477/12 comminata dal Tribunale di Milano e sentenza della Corte di cassazione n. 39542 del 2016, che ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso quest’ultima sentenza).

I reiterati fatti storici, illeciti e dannosi per l’erario, posti in essere dai convenuti sono dunque certi e inequivoci, in quanto acclarati con sentenze penali in giudicato. E la stessa contumacia del convenuto D. – che va qui dichiarata – al pari della minimale e generica difesa del F., che non ha affatto utilmente confutato i fatti contestati e accertati definitivamente in sede penale, confermano – unitamente alle dichiarazioni confessorie rese in sede penale e richiamate in fatto ed alle risultanze disciplinari confluite nel duplice licenziamento (confermato all’esito di contenzioso lavoristico) – la inconfutabilità storica dei plurimi episodi di illegalità posti in essere dagli infedeli funzionari dell’A. di M.F. e D. analiticamente sopra indicati.

Nessuna istruttoria va dunque espletata, come richiesto dall’avv. Regina, stante la genericità della richiesta stessa e la inidoneità e l’ultroneità di qualsiasi verifica (tra l’altro non chiarita in ordine all’oggetto) a confutare risultanze fattuali definitivamente accertate in sede penale, che vedono il F. pieno compartecipe del riparto di denaro erogato da imprese appaltatrici di lavori A..

2. Ciò premesso, va preliminarmente respinta l’eccezione di violazione del contraddittorio formulata in udienza (anche se in chiave ipotetica-dubitativa) dalla difesa del F., in quanto l’invito a dedurre risulta notificato al predetto convenuto, unitamente ad istanza di sequestro conservativo, ex art. 140 c.p.c., in data 14 marzo 2017, con adempimento delle prescritte formalità, senza che l’eccezione difensiva al riguardo risulti assistita da alcun contrastante riscontro.

Sempre preliminarmente va statuita l’inammissibilità della memoria 18.1.2018 depositata dal convenuto F. con allegati, essendo la stessa vergata esclusivamente dal convenuto, senza ulteriore sottoscrizione da parte di un avvocato e senza, comunque, che risulti conferito a quest’ultimo il prescritto mandato.

Tale autodifesa viola il disposto dell’art. 90 cod. proc. cont. (D.Lgs. n. 174 de 2016) e dell’art. 82 c.p.c., che impongono una difesa tecnica tramite avvocato, a differenza del previgente regime, normato dall’art. 79, comma 2 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 (espressamente abrogato dall’art. 4, lett. b, delle disposizioni transitorie del D.Lgs. n. 174 del 2016 cit.), che consentiva di costituirsi personalmente, pur non potendo il convenuto comparire alla pubblica udienza senza l’assistenza di un avvocato (sul diverso regime processuale sul punto e sul regime intertemporale a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 174 del 2016, cfr. C. conti, sez. giur. Campania, 19 gennaio 2017, n.34).

Il nuovo art. 90 comma 1, sancisce, invero, che il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, mentre può costituirsi personalmente nei soli casi consentiti dalla legge. Le ipotesi di costituzione personale sono divenute eccezionali e sono contemplate anche dall’art. 28 del c.g.c.: tra queste, non rientra la fattispecie in esame. Ne consegue l’inammissibilità della costituzione personale del F..

In ogni caso, anche a voler qualificare l’atto depositato dallo stesso quale (mera) dichiarazione spontanea di parte, da valutare prudentemente in giudizio alla stregua di possibile elemento probatorio, le affermazioni personali del F. contenute in detta memoria del 18.1.2018 non smentiscono i fatti acclarati in sede penale, limitandosi ad una generica contestazione della discrasia tra contabilità ed opere eseguite, senza smentire in nessun modo la percezione tangentizia oggetto di condanna penale definitiva.

La successiva costituzione del F., in data 24.1.2018, tramite l’avv. Regina, con relativa e distinta memoria vergata dal difensore, oltre a comportare, per tardività, le decadenze di cui all’art. 90, comma 3, del c.g.c., ha portato comunque il Collegio a valutare, disattendendoli, gli ulteriori argomenti difensivi dispiegati per il convenuto – peraltro sviluppati e chiariti esclusivamente in udienza – in quanto contrastanti con risultanze penali definitive.

3. Venendo ai riflessi in punto di danno erariale, va in primo luogo vagliata la prima voce reclamata dalla Procura istante, ovvero il danno diretto derivante sia dai suddetti fatti di corruzione tradottisi nella certificazione della esecuzione di lavori non eseguiti o non ancora eseguiti o eseguiti non a regola d’arte al fine di ottenere da A. il pagamento degli stati avanzamento lavori come falsamente certificati dal pubblico funzionario, sia dai cennati fatti di frode nell’esecuzione di contratti, risoltisi nell’esecuzione solo in parte e non a regola d’arte delle prestazioni richieste dai contratti medesimi.

L’A., soggetto pubblico, come tale terzo e imparziale, ha provveduto ad affidare a professionisti esterni (v. perizia ing. M.G. in allegati 2-6 alla nota del G.G. di A. pervenuta alla Procura attrice il 24.11.2009 in doc.1 allegato all’istanza di sequestro) la predisposizione di perizie tese a verificare, per ciascuno degli appalti oggetto del procedimento penale, la differenza tra le opere indicate nei vari SAL (comprese le perizie di variante) e quelle effettivamente realizzate, così emergendo uno scostamento complessivo tra i predetti agglomerati pari ad Euro 9.713.637,87, in danno dell’amministrazione.

Tale danno è stato documentato con detto elaborato peritale in sede penale, ben scandagliato anche nella sentenza n.79/2016 di questa Sezione, da intendere qui recepita, e posto alla base del disposto sequestro conservativo in questa sede senza contestazione alcuna dei convenuti.

La difesa del F. in udienza, ha verbalmente, ma senza alcun argomento, criticato tali risultanze, chiedendo – peraltro invertendo, in parte qua l’onere della prova – un generico supplemento di istruttoria, senza produrre alcuna utile critica alla accurata perizia A., fondata su riscontri fattuali sulle opere realizzate e i costi sostenuti.

A fronte dell’assoluto silenzio (o delle generiche critiche della difesa del F., prive di qualsiasi supporto argomentativo) sul piano difensivo dei convenuti anche in questa sede di merito a fronte di tale accertamento di rilevante voce di danno, e dedotta dal correlato importo la somma che ha formato oggetto di condanna nel precedente giudizio di responsabilità per un concorrente (sentenza della Sezione Lombardia n. 79/2016 cit., con condanna del convenuto A., a tale titolo, ad Euro 97,149,92), residua un importo di Euro 9.616.488,00 per danno diretto, da imputare solidalmente ai convenuti quale prima voce di danno erariale, in accoglimento, in parte qua, della domanda attrice.

4. Venendo alla seconda voce di danno azionata, afferente al danno da disservizio per gli oneri finanziari e i costi interni suppletivi sopportati dall’Amministrazione per rimediare alle condotte delittuose dei predetti funzionari infedeli tradottosi nell”attività che l’amministrazione aveva dovuto svolgere per l’accertamento delle conseguenze degli illeciti perpetrati e il ripristino della legalità violata, va osservato che, in base ad una valutazione equitativa, il danno in questione viene prospettato dalla istante Procura in Euro 19.233,00, corrispondente allo 0.2%(percento) del danno diretto.

Tuttavia parte attrice non fornisce alcuna prova di tale danno, meramente presunto, così non assolvendo al suo basilare onere della prova. La liquidazione in via equitativa del danno, invero, postula, in primo luogo, il concreto accertamento dell’ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato (ex multis, cfr. Corte di cassazione, Sez. VI civ., 22/2/2017, n. 4534 ord.). La domanda sul punto va dunque respinta.

5. Passando al reclamato danno all’immagine, il giudicante non intende ripercorrere i profili ricostruttivi del danno all’immagine (v., da ultimo, sentenze 17.11.2017 n.161 e 12.7.2017 n.113 di questa Sezione; sent.19 marzo 2015 n.8 delle sezioni riunite e sentenza 4 dicembre 2013 n. 781 della III sezione di appello di questa Corte), né valutare in questa sede l’incidenza sulla perseguibilità del danno all’immagine ai sensi dell’art.17, co.30-ter, D.L. n. 78 del 2009 conv.to in L. n. 102 del 2009 (c.d. lodo Bernardo), anche a fronte di reati diversi da quelli contro la P.A. alla luce all’art.4, lett. h) dell’allegato 3 (norme transitorie e abrogazioni) del Codice di Giustizia Contabile (D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174 entrato in vigore il 7 ottobre 2016), tema, quest’ultimo, lambito dalla pronuncia n. 145/2017 della Corte costituzionale e affrontato dalla Sezione con recente sentenza 1.12.2016 n.201 e da id., sez.app.Sicilia n.200 del 2016 (oltre che da Sez. Emilia-Romagna, con sentenza 24/11/2017 n. 229; da II Sez. centr. d’appello, con sentenza 23/10/2017 n. 745; e da id., n. 735/2017), essendo palese che nel caso qui in esame i fatti oggetto di condanna nei confronti dei convenuti siano reati contro la p.a.

Occorre solo incidentalmente ribadire in questa sede (come già rimarcato con sentenza 12.7.2017 n.113 della Sezione), in punto di quantificazione di tale danno all’immagine, quale sia la portata applicativa del sopravvenuto art. 1, co. 1-sexies, L. n. 20 del 1994 (introdotto dall’art. 1, co. 62, L. n. 190 del 2012), che prevede che “Nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”.

Tale presunzione normativa, la cui portata sostanziale (e non processuale), innovativa e dunque operante ex nunc, è stata prevalentemente rimarcata da questa Corte (v. C.conti, sez. Lombardia 31.7.2015 n.138 riprese da sez. Lombardia 25.5.2016 n.113; id., sez. Lombardia, 24.2.2016 n.32; id., sez. Lombardia 13.10.2016 n.171; id., sez. Lombardia 1.12.2016 n.201; id., sez. Piemonte, 12.7.2016 n.237; id., sez. I App., 26.5.2015, n. 333 e id., sez.III app., n.335/15; id., sez. II Appello, sentenza n. 489/2013; id., sez. Abruzzo 26/2015; sez. Friuli n. 7/2015; sez. Abruzzo, 68/2014; sez. Campania 31/2014; sez. Sardegna n. 173/2014; sez. Veneto n. 196/2014; sez. Marche n. 21 e 16/2014; sez. Lazio n. 395/2014; sez. Sicilia n. 132/2014), non consente una applicabilità a fatti storici delittuosi posti in essere, come nella specie, dal 2004 al 2008, ovvero anteriormente alla novella della L. n. 190 del 2012, ancorché il giudicato di condanna sia successivo a tale legge.

Difatti, configurando la presunzione legislativa sul “raddoppio tangentizio”, quale criterio quantificatorio del danno, un parametro certamente peggiorativo della posizione dei convenuti e come tale irretroattivo, e operando testualmente e logicamente la modifica apportata dalla L. n. 190 del 2012 su fatti storici successivi alla sua entrata in vigore, nessun rilievo assume la circostanza che il giudicato penale nei confronti dei convenuti sia intervenuto dopo la novella, non assumendo tale evenienza temporale alcuna incidenza sul dato a cui va ancorata l’operatività della modifica suddetta, ovvero la condotta attorea illecita e, come tale, foriera di danno all’immagine.

Ancorare la efficacia della novella normativa sostanziale sul “raddoppio tangentizio” alla data del giudicato che statuisce la valenza di reato dei fatti, urterebbe con basilari principi sulla non retroattività di norme “afflittive” (non solo penali) sanciti dall’art.11 delle disposizioni sulla legge in generale, dall’art.2, comma 1, cod. pen., dall’art.25, comma 2, Cost., dall’art.14 delle disposizioni sulla legge in generale, e dall’art.7 CEDU, ovvero dei principi sull’applicazione della legge in generale. Come è ius receptum, tali principi generali dispongono che tutte le norme e, in particolare, quelle afflittive-sanzionatorie, ovvero quelle penali, amministrative, deontologiche, civili, disciplinari etc. hanno efficacia ex nunc e possiedono non portata retroattiva, salvo il caso di promulgazione di norme sanzionatorie più favorevoli di quelle previgenti.

È questa una regola di basilare civiltà giuridica: i cittadini, infatti, nel determinare la propria condotta, tengono conto delle leggi vigenti in quel momento e sulla base di queste – e non di quelle sconosciute successive – devono essere giudicate le controversie che da quella condotta si originano.

Tale principio è considerato condicio sine qua non della certezza del diritto (Corte Cost., sentenza n. 194 del 1976), elemento essenziale di civiltà giuridica (Corte Cost., sentenza n. 108 del 1981) e principio generale dell’ordinamento (Corte Cost., sent. n. 91 del 1982).

Dunque, il criterio del raddoppio tangentizio di cui alla legge 190 cit., pur rappresentando astrattamente un possibile ragionevole criterio (ma non vincolante) di valutazione del danno all’immagine anche con riferimento a fatti verificatisi prima della sua entrata in vigore, non è automaticamente e doverosamente applicabile, nella sua coartante portata presuntiva, ai fatti sub iudice, in quanto le condotte materiali all’origine del danno all’immagine arrecato alla p.a. sono anteriori alla L. n. 190 del 2012 che ha introdotto il novello parametro.

Di tale approdo interpretativo è ben cosciente la Procura attrice, che si è ispirata all’art. 1226 c.c. per proporre un criterio determinativo del danno all’immagine, innegabilmente sussistente per il chiaro discredito patito dall’A. per le incresciose vicende sopra sunteggiate, e per l’obiettiva, conseguente risonanza mediatica.

Stante dunque l’inapplicabilità del sopravvenuto parametro legale presuntivo (c.d. “doppio della tangente o del vantaggio conseguito”), la quantificazione del danno all’immagine va, quindi, determinata nel caso sub iudice senza automatismi di legge, ma valutando il caso specifico.

Orbene, come ben statuito da questa Sezione con la pluririchiamata sentenza 79/2016, la reiterata condotta illecita dei due dipendenti non minimali dell’A. convenuti ed il clamor derivatone (v. articoli in allegato 8 alla istanza di sequestro) costituiscono indubbi presupposti del sensibile danno recato all’immagine, prestigio e credibilità dell’Azienda regionale.

Circa la rilevanza del ruolo sociale e pubblico dei protagonisti e l’entità del discredito proiettato verso l’esterno per effetto dei mezzi di informazione – parametri più volte affermati dalla Suprema Corte (cfr. Cass., SS.UU. penali, 25 febbraio – 21 aprile 2010, n. 15208), il Collegio deve rilevare il protrarsi lungo un arco temporale di alcuni anni dei comportamenti illeciti di che trattasi e l’avere detti comportamenti inciso direttamente, con immediate e gravi conseguenze nella percezione della collettività, sulla qualità dei servizi che l’ente doveva fornire ai cittadini, trattandosi di appalti per la ristrutturazione di alloggi da destinare all’edilizia residenziale pubblica.

Circa la quantificazione che la Procura contabile ha chiesto nella misura sostanzialmente pari al doppio delle utilità percepite, osserva il Collegio, in sintonia con la predetta sentenza 79/2016 della Sezione, che tale importo sia invece più correttamente ancorabile, in via equitativa, alle tangenti percepite, ovvero Euro 179.815,00 per il F., ed Euro 89.907,00 per il D., senza alcun automatico raddoppio.

6. Circa infine il danno, per lucro cessante, da mancato impiego economico delle 54 unità immobiliari (recupero sottotetto di immobili A. da parte dell’impresa P. spa poi fallita: v. contratto 22.6.2006 in atti) oggetto degli appalti A.P. spa rep. n. (…), pari ad Euro 789.750,00 (riquantificati in Euro 702.000,00), secondo la Procura le predette unità immobiliari, consegnate con ritardo per “tardiva ultimazione dei lavori in relazione alle scadenze inizialmente previste, non rispettate a causa dei fatti delittuosi prima descritti” (p.21 citaz.) sarebbero dovute essere destinate a locazioni a favore di giovani coppie e studenti, con il correlato introito connesso alla pattuizione di un canone concordato in forza dell’accordo locale del 1999 e delle disposizioni normative della L. n. 431 del 1998.

Tuttavia di tale danno, meramente presunto sulla base della nota 20.7.2017 A. in atti, la Procura non fornisce alcuna prova, con conseguente rigetto della domanda. Difatti non è stato minimamente provato il legame causale tra le condotte penalmente rilevanti dei due convenuti sopra analizzate (che riguardano vari appalti e non solo quello per i sottotetti che originerebbe il danno de quo) e la tardiva realizzazione degli alloggi da parte della impresa P. spa., formale inadempiente all’obbligo di tempestiva consegna. Parimenti non vi è alcuna prova in atti circa l’imputabilità in altro modo ad A. della tardiva consegna dei lavori da parte della P. spa, poi fallita.

Né, infine, vi è prova in atti circa eventuali bandi e conseguenti richieste di assegnazione di alloggi da parte di terzi, non soddisfatte, che avrebbero portato ad un introito per A., né che vi siano state previe o successive locazioni di detti immobili, con ostensione dei relativi importi dei canoni.

7. In conclusione, i convenuti vanno in solido condannati, senza alcun esercizio del potere riduttivo a fronte di condotte dolose, al pagamento, a favore dell’A. di Milano, a titolo di danno diretto, della somma di Euro 9.616.488,00. I convenuti vanno altresì condannati al pagamento a favore dell’A. di Milano, a titolo di danno all’immagine, della somma di Euro 179.815,00, quanto al F., ed Euro 89.907,00, quanto al D..

Tali somme sono da intendere ad oggi già rivalutate, mentre vanno corrisposti interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo. Va dunque, entro tali limiti, disposta la conferma del sequestro intervenuto e la conversione di tale sequestro in pignoramento ex art.80, D.Lgs. n. 174 del 2016.

8. Nessuna incidenza ha sulla quantificazione del danno la provvisionale statuita a favore della parte civile in sede penale, avendo parte attrice chiarito (p.15 citaz.), senza smentita alcuna da parte dei convenuti, che la stessa non è stata corrisposta, con conseguente assenza di un eventuale effetto decurtante sul quantum acclarato in questa sede. In ogni caso, anche un eventuale (ma non intervenuto) pagamento, potrà essere fatto valere in sede esecutiva, senza alcuna incidenza sul presente giudizio.

Parimenti, nessun effetto riduttivo ha la confisca intervenuta in sede penale, non avendo tale istituto notoriamente alcun riflesso in sede giuscontabile.

Essa è da considerare una ‘pena accessoria’, che toglie definitivamente al condannato le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e le cose che ne sono il prodotto o il profitto.

Gli importi confiscati sono dunque ontologicamente e finalisticamente distinti dalle somme del danno subìto dall’Amministrazione in conseguenza delle condotte delittuose dei convenuti: difatti la confisca ha natura afflittiva e sanzionatoria, non certo risarcitoria.

Come evidenziato da questa Corte (cfr. sez. Piemonte, 1 ottobre 2012 n.141 e n. 1/2013), la misura di cui è causa tende, in generale, a prevenire la commissione di nuovi reati mediante l’espropriazione a favore dello Stato (non del danneggiato) di beni che “provenendo da fatti illeciti penali o in altra guisa collegandosi alla loro esecuzione manterrebbero viva l’idea e l’attrattiva del reato”.

Per la citata giurisprudenza, come condiviso da questa Sezione, la confisca “….non ha quindi una finalità risarcitoria, propria dell’azione di responsabilità amministrativa, per cui non si risolve in un beneficio per l’Amministrazione danneggiata che può essere dedotto dalla contestazione di danno (ex multis Sezione giurisdizionale Lazio, sentenza n. 1463 del 2004; Sezione giurisdizionale Umbria, sentenza n. 76 del 2008); del resto tutte le misure di sicurezza fanno parte del diritto penale, sia perché sono previste e disciplinate dal relativo Codice, sia perché, soprattutto, sono mezzi di lotta contro il reato, al pari delle pene, quali conseguenze giuridiche di fatti vietati dalla Legge penale, con il precipitato che l’avvenuta applicazione della confisca per equivalente all’esito del processo penale, a parere del Collegio, non può essere invocata nel diverso giudizio dinanzi al Giudice contabile ai fini della riduzione della condanna … anche perché siffatta peculiare misura di sicurezza patrimoniale ha una connotazione nella quale prevalgono i profili sanzionatori ed afflittivi, tanto che una parte della dottrina e della giurisprudenza la equipara ad una vera e propria pena in senso tecnico.

L’importo del risarcimento inerente al nocumento patrimoniale oggetto della pretesa di parte pubblica mira, invece, all’effettivo ed integrale ripristino del depauperamento subìto” (dall’amministrazione danneggiata, n.d.r.).

Anche questa Sezione, peraltro, con sentenze 28.5.2014 n.109 e n. 545 del 2011, ha statuito che la confisca “non ha natura risarcitoria, non essendo disposta a favore dell’amministrazione danneggiata, bensì introitata a favore del Ministero della Giustizia”.

Le spese di lite restano a carico dei convenuti e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Sezione giurisdizionale Lombardia, definitivamente pronunciando, dichiarata la contumacia di D.A., disattesa ogni contraria o ulteriore domanda, eccezione e deduzione, CONDANNA, in solido, F.A., nt. a V. (P.) il (…), cf. (…) e D.A., nt. a M. il (…), cf. (…), al pagamento, a favore dell’A. di Milano, a titolo di danno diretto, della somma di Euro 9.616.488,00.

CONDANNA inoltre i predetti al pagamento, a favore dell’A. di Milano, a titolo di danno all’immagine, della somma rispettivamente determinata in Euro 179.815,00 a carico di F.A. e in Euro 89.907,00 a carico di D.A..

Condanna altresì i convenuti a pagare su tali somme, ad oggi già rivalutate, gli interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo. Conferma, nei limiti della condanna, il sequestro conservativo disposto dalla Sezione con ordinanza n. 52 del 16.5.2017, con conversione di tale sequestro in pignoramento ex art.80 D.Lgs. n. 174 del 2016. Condanna altresì i convenuti, in misura paritetica, al pagamento delle spese di lite, che si liquidano complessivamente in Euro 2285,16 (duemiladuecentottantecinque/16).

Così provveduto in Milano nella camera di consiglio del 24 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria 23 febbraio 2018.

1 thought on “Danni erariali: la confisca penale non rileva ai fini del calcolo del danno erariale (Corte dei Conti Lombardia, Sezione Giurisdizionale, Sentenza 23 febbraio 2018, n. 34).”

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