Differenza tra trasferimento d’ufficio e quello a domanda del personale delle Forze armate.

(T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA – Trieste, Sezione 1, sentenza 9 febbraio 2016, n. 22)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

Sezione Prima

ha pronunciato la presente

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 87 del 2014, proposto da:

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Luca De Pauli, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza (omissis);

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza (omissis);

4° Battaglione Veneto, Comando Cc Salute;

per il risarcimento del danno da illegittimo trasferimento, come accertato e dichiarato dalla sentenza del TAR FVG n. 168/2008, resa nel ricorso n. 525/2006 dd. 26 marzo 2008, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI°, 8 nov. 2013, n. 5350/2012, nel giudizio di appello n. 4964/RGR, previo l’accertamento della declaratoria della illegittimità e/o illiceità della condotta dell’Amministrazione;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2016 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Fatto

Il ricorrente, militare dei Carabinieri, agisce in giudizio per il risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo trasferimento, dichiarato tale dal TAR con sentenza n 168 del 2008, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n 5350 del 2013.

Ricostruita la vicenda fattuale e giudiziaria, il ricorrente afferma di aver subito un danno grave dal 17 agosto 2007 al 18 agosto 2008 essendo trasferito a (omissis) in un contesto diverso, con gravi ripercussioni psicologiche e familiari.

Dal punto di vista economico egli quotidianamente ha dovuto sobbarcarsi una trasferta dalla provincia di (omissis) a (omissis). I danni documentati per pedaggi e benzina ammontano a euro 8.081,00, oltre alle spese di vitto e al danno morale e psicologico, per un totale di euro 137.581,00.

Quanto alla responsabilità dell’amministrazione, essa deriva dal fatto che essa è incorsa in un doppio errore, ritenendo che il ricorrente fosse soggetto a rinvio a giudizio non sussistente e a procedimento disciplinare mai instaurato.

Ci sono quindi i presupposti per il risarcimento dei danni.

Resiste in giudizio l’amministrazione che rileva come essa avesse effettuato il trasferimento per incompatibilità ambientale e come dalle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato emerga l’assenza di sua colpa o dolo.

In successiva memoria di replica depositata il 5 gennaio 2016 il ricorrente insiste sull’elemento di colpa dell’amministrazione.

Infine, nella pubblica udienza del 27 gennaio 2016 la causa è stata introitata per la decisione.

Diritto

Viene all’esame il ricorso per il risarcimento del danno patito dal ricorrente a seguito di un comportamento illegittimo dell’amministrazione, sanzionato dalla citata sentenza di questo Tribunale amministrativo confermata dal Consiglio di Stato.

Non essendovi dubbi sull’illegittimità del comportamento è necessario accertare il dolo o la colpa dell’amministrazione in relazione alla presente vicenda.

Costituisce oramai approdo consolidato in giurisprudenza la sussunzione della responsabilità della pubblica Amministrazione per atto amministrativo illegittimo al paradigma della responsabilità extracontrattuale (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III^, sentenza n. 11808/2014).

Questo significa che, in applicazione delle regole di cui all’articolo 2697 Cod. civ., spetta a colui che si assume danneggiato dall’azione della Amministrazione provare tutti gli elementi costituitivi dell’illecito aquiliano (cfr., tra le altre, T.A.R. Piemonte, Sez. I^, sentenza n. 411/2014), ovverosia il danno ingiusto, l’elemento soggettivo in capo all’assunto danneggiante, il nesso di causalità tra la condotta e il nocumento (cfr., C.d.S., Sez. III^, sentenza n. 3707/2015).

Con specifico riferimento all’elemento soggettivo, non può concordarsi con la tesi che lo ritiene non essenziale ai fini dell’insorgere dell’obbligazione risarcitoria in capo all’Amministrazione, o, comunque assorbito dall’illegittimità per vizi sostanziali dell’atto amministrativo produttivo del danno. Fatta eccezione per le procedure di affidamento dei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture assoggettati alla disciplina eurounitaria, in tutte le altre ipotesi il danno da atto amministrativo presuppone che l’Amministrazione abbia agito con dolo o colpa (cfr., C.d.S., Sez. VI^, sentenza n. 1099/2015).

In particolare, occorre stabilire se l’adozione e l’esecuzione dell’atto amministrativo che si assume lesivo sia avvenuta in violazione delle regole d’imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, dovendosi affermare la responsabilità della pubblica Amministrazione solo quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tali da palesare la negligenza e l’imperizia nell’assunzione del provvedimento viziato, e dovendosi, di contro, escludere la suddetta responsabilità quando sussiste un’ipotesi di errore scusabile per via di un contrasto giurisprudenziale, della complessità della vicenda fattuale, per l’incertezza o la novità della normativa da applicarsi (cfr., C.d.S., Sez. III^, sentenza n. 1272/2015).

Venendo alla vicenda che ne occupa, il ricorrente impugnava il trasferimento d’autorità, ma il TAR sospendeva il provvedimento con provvedimento presidenziale n 211 del 2006. Il TAR con ordinanza n 1 del 2007 confermava la sospensione, ma il Consiglio di Stato con ordinanza 2831 del 2007 accoglieva l’appello.

Il TAR con sentenza n. 168 del 2008 accoglieva il ricorso nel merito per omissione dell’avviso di avvio del procedimento e conseguente carenza istruttoria, pur ammettendo la possibilità di trasferimento per incompatibilità ambientale anche in assenza di responsabilità penali dell’interessato. Tale sentenza del TAR veniva confermata dal Consiglio di Stato n 5350 del 2013.

Va innanzi tutto rilevato come l’amministrazione abbia errato ritenendo che l’interessato fosse stato rinviato a giudizio mentre era stato solo richiesto il rinvio, poi seguito in tempi brevi da una sentenza di non luogo a procedere.

Altro errore dell’amministrazione, risultante dai documenti di causa, riguarda l’apertura di un procedimenti disciplinare, che invece era stato differito all’esito del procedimento penale.

Dal comportamento dell’amministrazione si deduce almeno una grave negligenza in una vicenda delicata.

Risulta poi che il ricorrente sia stato sostanzialmente demansionato rispetto all’attività svolta in precedenza.

Esaminando quindi il contesto globale della vicenda, sia in fase cautelare che meritale, pare a questo Collegio che si possa individuare nel comportamento dell’amministrazione un elemento di colpa.

Ne consegue la fondatezza della domanda risarcitoria e del ricorso.

Sulla quantificazione del danno, va osservato come a parte le modeste spese di autostrada e benzina, e ad alcuni danni non riconoscibili (quelli riguardanti la vicenda matrimoniale del ricorrente) si tratta di valutazioni sostanzialmente equitative, per cui questo Collegio ritiene equo quantificare il totale – tutto compreso – da risarcire al ricorrente in euro 25.000.

Di contro, poiché la liquidazione giudiziale determina la trasformazione dell’originario debito di valore in un debito di valuta, sulla predetta somma decorrono, ai sensi dell’articolo 1282, I^ comma, Cod. civ., gli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza a quella del soddisfo effettivo del creditore.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione.

Condanna l’amministrazione al pagamento a favore del ricorrente delle spese e onorari di giudizio che liquida in euro 2.000 oltre agli oneri accessori e oltre al contributo unificato che va rimborsato nella misura versata.

Manda alla Segreteria la trasmissione della presente sentenza, nonché di tutti gli atti di causa, alla Procura regionale della Corte dei Conti per il Friuli Venezia Giulia per le valutazioni di competenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi – Presidente, Estensore

Manuela Sinigoi – Primo Referendario

Alessandra Tagliasacchi – Referendario

Depositata in Segreteria il 09 febbraio 2016.