Dipendente di Autostrade per l’Italia si addormenta durante l’orario di servizio. Per la Cassazione è legittimo il licenziamento.

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 7 giugno 2017, n. 14192)

…, omissis …

Esposizione del fatto

1. La sentenza attualmente impugnata (depositata il 16 ottobre 2014), in accoglimento dell’appello di E.D. avverso la sentenza n. 173/2013 del Tribunale di Teramo, riforma tale sentenza e dichiara l’illegittimità del licenziamento intimato all’appellante.

Per l’effetto, condanna AUTOSTRADE per l’ITALIA s.p.a. a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e a corrispondergli l’importo delle retribuzioni dalla data del licenziamento fino all’effettiva reintegra, oltre agli accessori di legge.

La Corte d’appello dell’Aquila, per quel che qui interessa, precisa che:

a) deve essere sottolineato che l’E. , nella sua audizione, ha ammesso gli addebiti e se ne è scusato;

b) detto questo, l’atto d’appello è fondato perché in effetti l’unico fatto contestabile risulta essere quello di aver dormito per una parte del turno di servizio, mentre tutti gli altri fatti non sono che conseguenze della suddetta unica condotta, sicché la tesi secondo cui i fatti ulteriori rispetto all’addormentamento sarebbero da configurare come autonome contestazioni – tesi seguita anche dal Tribunale – non è altro che il frutto di una erronea interpretazione della lettera di contestazione disciplinare;

c) non è quindi condivisibile l’assunto del primo giudice circa il carattere plurioffensivo della condotta e, di conseguenza, il licenziamento non appare proporzionato alla condotta stessa, eventualmente meritevole di una sola sanzione conservativa (multa) come previsto, in linea generale, dal CCNL, con una disposizione che non eccettua gli ausiliari del traffico;

d) non può, del resto, ritenersi che i comportamenti per i quali le Parti sociali abbiano previsto solo una sanzione conservativa abbiano carattere meramente esemplificativo.

2. Il ricorso di AUTOSTRADE per l’ITALIA s.p.a., illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; resiste, con controricorso, E.D. .

Ragioni della decisione

I – Sintesi dei motivi di ricorso.

1. Il ricorso è articolato in tre motivi.

1.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., sostenendosi che la statuizione della Corte aquilana secondo cui l’unico fatto contestabile sarebbe quello di aver dormito per una parte del turno di servizio, essendo tutti gli altri fatti solo conseguenze di tale condotta, sarebbe il frutto di una erronea interpretazione della lettera di contestazione disciplinare.

Il tenore letterale di tale lettera – riprodotta nel ricorso – non lascia, infatti, dubbi sull’avvenuta contestazione dell’inadempimento, nel corso dell’intero turno di lavoro, rispetto alla specifica attività assegnata dal superiore gerarchico.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970 e dell’art. 2106 cod. civ., “in ordine al preteso principio di insuperabilità delle previsioni del CCNL in ordine alle sanzioni irrogabili”.

Si ribadisce che la contestazione disciplinare ha avuto una portata molto più ampia di quanto ritenuto dalla Corte territoriale e si contesta altresì la conclusione cui è pervenuto il Giudice di appello di considerare il licenziamento sproporzionato rispetto agli addebiti, considerati tutt’al più meritevoli di una sanzione conservativa, aggiungendo che la proporzionalità del licenziamento andrebbe valutata alla luce delle indicazioni contenute nella contrattazione collettiva.

Si rileva che date le mansioni dell’E. – tenuto a sorvegliare e pattugliare una tratta autostradale per ragioni di sicurezza degli utenti, nella qualità di ausiliario della viabilità anche il solo addormentamento “organizzato”, quale è quello di cui si tratta, sarebbe stato sufficiente a giustificare il licenziamento per giusta causa, senza che abbia alcun rilievo in contrario la mancata previsione di tale situazione tra quelle che in base al CCNL di comparto possono consentire tale sanzione espulsiva, dovendosi tenere conto anche dell’elemento intenzionale ed essendo comunque l’elencazione del CCNL meramente esemplificativa.

Pertanto, è anche ininfluente la mancanza di preventiva affissione del codice disciplinare, visto che il comportamento contestato è all’evidenza contrario ai principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale tenuto conto del c.d. aliunde perceptum.

II – Esame delle censure.

2. I primi due motivi di ricorso – da esaminare insieme, data la loro intima connessione sono da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.

2.1. Deve essere ricordato che, per costanti e condivisi indirizzi di questa Corte:

a) il giudizio di proporzione della sanzione disciplinare rispetto al fatto illecito addebitato integra un giudizio di diritto ossia di sussunzione dello stesso fatto sotto la previsione legale degli artt. 1 della legge 15 luglio 1966, n. 604 oppure 2119 cod. civ.,

b) in questo ambito, la giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici (vedi, tra le tante: Cass. 26 aprile 2012, n. 6498; Cass. 9 dicembre 2013, n. 27440);

c) in particolare, il legislatore prevede con norme elastiche, clausole generali quando ritiene che si tratti di nozioni che vanno adeguate, di volta in volta, ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (vedi, al riguardo: Cass. SU 22 febbraio 2012, n. 2572; Cass. 13 maggio 2005, n. 10058; Cass. 6 aprile 2006, n. 8017; Cass. 17 agosto 2004, n. 16037; Cass. 10 febbraio 2014, n. 2883; e Cass. 9 dicembre 2013, n. 27440 cit.);

d) la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare; quale evento “che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto” (vedi tra le molte: Cass. 18 settembre 2012, n. 15654).

2.2.Quanto ai compiti propri dell’ausiliario della viabilità autostradale – mansione svolta dall’E. al momento del licenziamento – va osservato che dal CCNL (art. 19) allegato risulta che, fra l’altro, essi comprendono:

1) la capacità di eseguire le operazioni di vigilanza e controllo delle zone di propria competenza, di redazione dei rapporti relativi all’attività svolta e di segnalazione delle anomalie riscontrate;

2) la capacità di intervenire con la massima tempestività in tutte le situazioni anomale legate al traffico e alla viabilità e segnalare all’utenza le turbative al fine di prevenire il verificarsi di altri eventi negativi conseguenti;

3) la capacità di mettere in atto, secondo le vigenti procedure aziendali, tutto quanto necessario al ripristino della turbativa (posa in opera di segnaletica di emergenza, rimozione di materiali dalla carreggiata, ecc.) e di garantire l’efficienza delle strutture autostradali e le loro pertinenze con piccoli lavori di manutenzione in emergenza (riempimento buche, ripristino recinzione, ecc.).

Come si può notare, si tratta di mansioni di grande rilievo per la sicurezza stradale, tanto che è stabilito che vengano svolte da una squadra composta di due dipendenti e 7 giorni su 7 su lunghe fasce orarie (che possono anche arrivare alle 24 ore al giorno).

2.3. Nella specie il fatto contestato e incontroverso – riconosciuto dallo stesso lavoratore – è rappresentato dall’essere stato trovato, nel corso di un controllo, a dormire in auto (per circa due ore) mentre era adibito a pattugliamento notturno nel tratto di autostrada da (…) a (omissis) .

È anche emerso che, benché il pattugliamento dovesse essere compiuto da una coppia di dipendenti con un unico veicolo di servizio (sì da consentire interventi operativi pericolosi, come l’asportazione di ingombri derivanti da residui di collisioni), nell’occasione i due dipendenti (uno dei quali era l’E. ) si erano serviti di due veicoli diversi, entrambi utilizzati per trascorrere dormendo alcune ore di servizio, senza fornire alcuna informazione in proposito alla centrale operativa, così da rendere edotti gli addetti al coordinamento per la prevenzione e la sicurezza.

Ne deriva che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, si tratta di una condotta certamente contraria ai doveri contrattualmente posti a carico dei dipendenti in genere dall’art. 35 CCNL e, in particolare, ai doveri incombenti sugli ausiliari della viabilità autostradale.

È anche una condotta che sicuramente non richiedeva la preventiva affissione del codice disciplinare, data la sua evidente contrarietà ai doveri fondamentali del lavoratore – e, in particolare, dell’ausiliare della viabilità autostradale – rientranti nel cd. minimo etico e, in considerazione, altresì della violazione, in essa insita, dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro.

Si tratta anche di una condotta senz’altro plurioffensiva, in quanto ciascuno dei fatti contestati in aggiunta all’addormentamento non è – come afferma la Corte territoriale – una “semplice conseguenza” della suddetta condotta principale, ma rappresenta di per sé una violazione dei doveri di un servizio di essenziale rilevanza e dimostra, altresì, come minimo una grande leggerezza da parte del dipendente nella relativa esecuzione.

2.4. In questa situazione, risultando erronea la premessa da cui muove la Corte aquilana – che è quella di escludere il carattere plurioffensivo del comportamento posto in essere dal lavoratore, affermato invece dal primo giudice – di conseguenza non è neppure da condividere la conclusione della Corte d’appello, secondo cui la sanzione espulsiva sarebbe del tutto sproporzionata rispetto alla condotta addebitata all’E. .

Peraltro a tale conclusione la Corte territoriale perviene discostandosi dai consolidati principi affermati da questa Corte in merito alle modalità di valutazione della giusta causa e della proporzione della sanzione espulsiva rispetto alla condotta addebitata.

Dalla sentenza impugnata risulta, infatti, che la valutazione della gravità dei fatti addebitati al lavoratore, nella loro portata oggettiva e soggettiva, e delle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale che ha portato la Corte stessa ad escludere che la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia stata in concreto tale da giustificare la massima sanzione disciplinare è stata effettuata senza dare il dovuto peso alla delicatezza dei compiti che il lavoratore avrebbe dovuto svolgere e alla gravità della interruzione del servizio determinatasi a causa di un addormentamento, oltretutto neppure dovuto a causa improvvisa e imprevista, ma “organizzato” con l’altro lavoratore della squadra.

2.5. In sintesi, risulta che la Corte territoriale non abbia dato il dovuto peso ai seguenti elementi, evidenziati da questa Corte in casi analoghi a quello oggetto del presente giudizio (vedi, per tutte: Cass. 20 gennaio 2011, n. 1274; Cass. 10 maggio 2016, n. 9486; Cass. 9 febbraio 2017, n. 3473):

a) la finalità del pattugliamento notturno in oggetto era quella di controllare la percorribilità dell’autostrada, onde poter intervenire in caso di necessità o pericolo;

b) l’arresto del veicolo di servizio durante il tempo destinato al pattugliamento costituiva inadempimento totale della prestazione lavorativa, la quale inerisce alla tutela del traffico, alla riduzione del pericolo, alla prevenzione dei danni e si inserisce in un sistema complesso, che prevede la suddivisione in tratti dell’autostrada e in turni di pattugliamento;

c) il solo arresto, in mancanza di informazione della centrale operativa, integra di per sé inadempimento grave, atto a incidere sull’affidamento circa l’adempimento della prestazione;

d) infine, come si è detto, la trasgressione era stata organizzata insieme con il collega della squadra attraverso l’utilizzo di due veicoli della società, sui cui sedili anteriori entrambi i dipendenti sono stati trovati addormentati.

III – Conclusioni.

3. Per tutte le esposte ragioni i primi due motivi di ricorso vanno accolti, con conseguente assorbimento del terzo motivo.

La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. nei termini di cui alla pronuncia di primo grado.

Le contrastanti soluzioni assunte dai giudici dei due gradi di merito giustificano la compensazione, tra le parti, delle relative spese processuali.

Invece, le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo motivo.

Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnativa del licenziamento.

Compensa integralmente, tra le parti, le spese dei due gradi di merito del giudizio. Condanna E.D. a rimborsare alla società attuale ricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 (cento/00) per esborsi, Euro 3000,00 (tremila/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge.