Disturbi psichici non rilevati dal medico …, il paziente si suicida: omicidio colposo? (Corte di Cassazione penale, Sez. IV, sentenza del 26.05.2015, n. 22042).

Il concorso colposo è configurabile anche rispetto al delitto doloso, sia nel caso in cui la condotta colposa concorra con quella dolosa alla causazione dell’evento secondo lo schema del concorso di cause indipendenti, sia in quello della cooperazione colposa purchè, in entrambi i casi, il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella sua condotta siano presenti gli elementi della colpa, in particolare la finalizzazione della regola cautelare violata alla prevenzione del rischio dell’atto doloso del terzo e la prevedibilità per l’agente dell’atto del terzo.

…omissis…

4. Il ricorso è fondato sotto entrambi i profili dedotti, impingenti l’esistenza, negata dal giudice a quo, di un nesso causale tra la condotta ascritta all’imputato e l’evento.

Tale nesso è stato escluso dalla Corte d’appello sia sul piano meramente materiale, in ragione del fatto che l’omicida ha utilizzato un’arma (un revolver) diversa da quella per cui era stato chiesto e ottenuto il rilascio di porto d’armi all’esito della procedura amministrativa nella quale si iscrive la condotta attribuita all’imputato; sia sul piano della c.d. causalità della colpa, per avere ritenuto ininfluente la certificazione anamnestica richiesta al medico generico (e nella specie rilasciata dall’imputato con il contenuto reticente sopra illustrato) rispetto al successivo sviluppo della procedura e, segnatamente, rispetto alle valutazioni e ai compiti attribuiti ai medici dell’ASL o militari chiamati a esprimere una valutazione definitiva sulla idoneità del richiedente.

Entrambe tali valutazioni si appalesano però manifestamente illogiche e violano i criteri legali di definizione del nesso causale dettati dagli artt. 40 e 41 c.p. , nonchè dei principi pure ricavabili dal sistema in tema di cooperazione colposa nel delitto doloso.

5. Sul piano della causalità materiale, non può anzitutto dubitarsi, diversamente da quanto opinato dalla Corte territoriale, che l’autorizzazione ottenuta all’esito della descritta procedura amministrativa di verifica dell’idoneità del richiedente, ancorchè riferita al porto di fucile per uso sportivo e non al porto d’armi per difesa personale, abbia comunque avuto incidenza causale sull’acquisto dell’arma di fatto utilizzata per il gesto omicidario- suicidiario dovendosi per converso escludere che l’omicida-suicida potesse, in difetto di quella autorizzazione, ugualmente procurarsi l’arma con le stesse modalità e con la stessa facilità.

Si consideri al riguardo che, ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 35, comma 5, è fatto divieto all’armaiolo di “vendere o in qualsiasi altro modo cedere armi a privati che non siano muniti di permesso di porto d’armi ovvero di nulla osta all’acquisto rilasciato dal questore”, non anche di sindacare la minore o maggiora idoneità dell’arma acquistata rispetto alle finalità per le quali il porto d’armi è stato chiesto e rilasciato, non potendosene comunque escludere la fungibilità e considerato anche che, per converso, anche il fucile per uso sportivo è arma da sparo dalle medesime se non maggiori potenzialità offensive.

Non risulta del resto nella specie nemmeno ipotizzato che l’acquisto dell’arma comune da sparo da parte del M. sia stato frutto di comportamento illecito di terzi (del commerciante o comunque del privato che gliel’ha ceduta) del tutto autonomo e sganciato dal possesso da parte dello stesso dell’autorizzazione al porto d’armi.

6. Sul piano poi della causalità della colpa, ossia dell’efficacia eziologica rispetto all’evento della violazione della regola cautelare da osservarsi da parte dell’imputato nel rilascio del certificato anamnestico, non può dubitarsi della rilevanza causale dell’omissione della segnalazione, nel certificato anamnestico rilasciato dall’imputato, quale medico curante, ai fini della richiesta di autorizzazione al rilascio di porto d’armi, nella successiva catena degli eventi, avuto riguardo alla funzione che, nella previsione normativa, riveste tale passaggio iniziale dell’iter amministrativo, che è quella di fornire una prima base informativa, appunto anamnestica, per le successive determinazioni dei medici dell’Asl e degli altri funzionari chiamati a valutare e attestare l’idoneità del richiedente.

Si parla, infatti, non di un certificato rilasciato per giustificare un’assenza di un giorno dalla scuola o dal lavoro ma di un documento propedeutico al rilascio del porto d’armi.

La procedura prevista dalla normativa vigente per il rilascio del porto d’armi è preordinata proprio ad evitare che la licenza venga ottenuta da persone prive di equilibrio psichico in considerazione dell’estrema pericolosità che la disponibilità di armi può comportare.

Questo obbligo, peraltro, deriva dal tenore del D.M. 28 aprile 1998, art. 1 (requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d’armi per l’esercizio dello sport del tiro al volo) che prevede espressamente, tra i requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia (non diversamente da quanto previsto dall’art. 2 per l’autorizzazione al porto d’armi per uso difesa personale), l'”assenza di disturbi mentali, di personalità o comportamentali”.

L’avere pertanto colposamente omesso da parte del medico curante proprio la segnalazione di disturbi di tal specie, a lui certamente noti, costituisce comportamento idoneo a creare una falsa apparenza di normalità psichica soprattutto a fronte della possibilità, certamente non remota, di un esame superficiale da parte del medico certificatore come puntualmente è poi avvenuto.

Per converso, la consapevolezza del fine in vista del quale era chiesto ed emesso il certificato anamnestico avrebbe richiesto una ben maggiore attenzione a non trascurare elementi di intuibile rilevanza ai fini delle successive determinazioni.

Tanto meno, alla luce di tali indicazioni sul contenuto e il fondamento della regola cautelare violata, potrebbero ravvisarsi nella condotta del M. i caratteri dell’abnormità ed atipicità tali da potersi la stessa ascrivere a causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, ai sensi dell’art. 41 c.p. , comma 2.

E’ bensì da rammentare che, secondo l’interpretazione in prevalenza accreditata e comunque preferibile di tale disposizione, deve trattarsi di un processo non completamente avulso dall’antecedente, di una concausa che deve essere, appunto, da sola “sufficiente” a determinare l’evento, senza però che tale sufficienza possa essere intesa come avulsa dal precedente percorso causale perchè, altrimenti, torneremmo al caso del processo causale del tutto autonomo per il quale il problema è già risolto dall’art. 41 c.p. , comma 1, (v. da ultimo Sez. 4, n. 36920 del 02/07/2014, Cicchese, non massimata): perchè si abbia interruzione del nesso causale deve pertanto trattarsi di sopravvenienza del tutto anomala o atipica rispetto alla serie causale di eventi ordinariamente rientranti nell’area di rischio considerata.

Tale atipicità non è, però, con evidenza predicabile nel caso di specie ove la valutazione di problemi psichiatrici è imposta proprio al fine di escludere dal possesso di armi da sparo soggetti in condizioni psichiche tali da non dare sicuro affidamento sul pieno equilibrio e autocontrollo;

Nè osta alla configurabilità di un rapporto causale nei sensi predetti la natura dolosa del comportamento che, nella descritta catena causale, si pone quale anello ultimo, oltre che ovviamente di maggior peso.

Varrà al riguardo rammentare che il concorso colposo è configurabile anche rispetto al delitto doloso, sia nel caso in cui la condotta colposa concorra con quella dolosa alla causazione dell’evento secondo lo schema del concorso di cause indipendenti, sia in quello della cooperazione colposa purchè, in entrambi i casi, il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella sua condotta siano presenti gli elementi della colpa, in particolare la finalizzazione della regola cautelare violata alla prevenzione del rischio dell’atto doloso del terzo e la prevedibilità per l’agente dell’atto del terzo (Sez. 4, n. 4107 del 12/11/2008, Calabrò, Rv. 242830: pronunciata in fattispecie assai simile a quella in esame nella quale la Corte ha ritenuto configurabile il concorso colposo dei medici che avevano consentito il rilascio del porto d’armi ad un paziente affetto da gravi problemi di ordine psichico, nei delitti dolosi di omicidio e lesioni personali commessi dal paziente il quale, dopo aver conseguito il porto d’armi, aveva con un’arma da fuoco colpito quattro passanti, ucciso la propria convivente ed una condomina, ed infine si era suicidato).

7. In ragione delle considerazioni che precedono deve in definitiva pervenirsi, ai sensi dell’art. 622 c.p.p. , all’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello, al quale va rimesso anche il regolamento delle spese del presente giudizio.

p.q.m.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al giudice civile competente per valore in grado d’appello cui rimette anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2015.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2015