Docente spacciatore nella scuola dove insegnava. Condannato a 5 anni di reclusione e 25.000 euro di multa per il reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.

(Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 24 luglio 2017, n. 18164)

…, si omette …

Svolgimento del processo

Il sig. C.D. propone ricorso per difetto assoluto di giurisdizione in relazione alla sentenza Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale centrale di appello – 21/5/2014, di accoglimento del gravame interposto dalla Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Lombardia e conseguente riforma della pronunzia Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia – 13/6/2012, con condanna al pagamento di somma a titolo di risarcimento dei danni all’immagine subiti dal Ministero della Pubblica Istruzione e dall’Istituto scolastico presso il quale prestava la sua attività di docente, in conseguenza di sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 2942 del 2010, confermata da Cass., 24/5/2011, di condanna alla pena di anni 5 di reclusione ed Euro 25.000,00 di multa, per il reato p.p. all’art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope).

Resiste con controricorso la Procura Generale presso la Corte dei Conti.

L’altro intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con unico motivo il ricorrente denunzia “difetto assoluto di giurisdizione della Corte dei Conti in favore dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria”.

Lamenta che “la sentenza impugnata pone a fondamento della condanna un fatto specifico, mai accertato né in sede di giudizio contabile né in sede di giudizio penale, consistente nel preteso utilizzo da parte del Prof. C.D. , del laboratorio della scuola per l’analisi chimica di alcune partite di cocaina”.

Si duole non essersi considerato che il difetto di tale circostanza (stante il “mancato accertamento della circostanza che gli esami sulle partite di droga fosse stato effettuato all’interno della struttura scolastica”), costituente “presupposto su cui si radicherebbe la giurisdizione della Corte dei Conti”, esclude che la “condotta illecita addebitata nell’ambito del rapporto di servizio tra il convenuto e l’amministrazione di appartenenza” si ponga “in rapporto di occasionalità necessaria con il servizio prestato in favore dell’amministrazione medesima”, sicché, “in difetto di ogni e qualsiasi collegamento tra l’illecito commesso dal C. e il rapporto di servizio”, rimane nel caso esclusa la possibilità di ipotizzarsi “il danno all’immagine”, in quanto “la lesione del prestigio e della reputazione dell’ente pubblico postula l’immedesimazione organica tra quest’ultimo e l’autore della condotta”.

Il ricorso è inammissibile.

Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare in tema di responsabilità contabile, la norma dell’art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78 del 2009 (conv. in L. n. 102 del 2009) che ha circoscritto la possibilità del P.M. presso il giudice contabile di agire per il risarcimento del danno all’immagine di enti pubblici (pena la nullità degli atti processuali computi) ai soli fatti costituenti delitti contro la P.A., accertati con sentenza passata in giudicato, introduce una mera condizione di proponibilità dell’azione di responsabilità davanti al giudice contabile (incidente, dunque, sui soli limiti interni della giurisdizione di tale giudice) e non una questione di giurisdizione (v. Cass., Sez. Un., 7/6/2012, n. 9188), atteso che tale norma non pone una limitazione della giurisdizione contabile ma, nel disciplinare l’esercizio da parte delle Procure regionali della Corte dei Conti dell’azione per il risarcimento del danno all’immagine subito dall’Amministrazione, ha solo circoscritto i casi in cui è possibile esperirla nei confronti di un suo dipendente (v. Cass., Sez. Un., 23/11/2012, n. 20728).

Principio da questa Corte affermato con riferimento a questioni concernenti la sussistenza o meno del rapporto di servizio (v. Cass., Sez. Un., 7/6/2012, n. 9188), e che trova anche nella specie senz’altro applicazione.

Al merito, si è per altro verso posto in rilievo, afferisce invero ogni questione concernente la pretesa insussistenza di un danno risarcibile all’immagine della P.A..

Orbene, va al riguardo ribadito l’affermato principio in base al quale il ricorso per cassazione avverso le sentenze della Corte dei conti è ammesso solo per motivi attinenti alla giurisdizione, e non per censurare un “error in iudicando”, sicché è inammissibile il ricorso col quale come nella specie si assuma la carenza di giurisdizione in ragione dell’insussistenza di un danno risarcibile all’immagine della P.A., in quanto in tal caso la parte prospetta una questione di merito, attinente all’erronea sussistenza del danno, e non una questione relativa alla giurisdizione (v. Cass., Sez. Un., 7/12/2016, n. 25042; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28059).

Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese, stante la natura di parte soltanto in senso formale del controricorrente Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti.

P.Q.M. 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. 

Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.