Esercito: esercitazioni – elicottero – omicidio colposo (T.A.R. Friuli Venezia Giulia – Trieste, Sezione I, Sentenza 27 marzo 2019, n. 146).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

con l’intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente

Manuela Sinigoi, Consigliere

Lorenzo Stevanato, Consigliere, Estensore

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 71 del 2019, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Enrico Antonio Cleopazzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;

per l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento del Ministero della Difesa prot. (…) del 29.11.2018 notificato al ricorrente il 14.12.2018, con cui è stata disposta la sua sospensione disciplinare dal servizio per mesi 6;

Visti tutti gli atti annessi, connessi, presupposto e consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2019 il dott. Lorenzo Stevanato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente è un ufficiale superiore dell’Esercito con la specializzazione di pilota di elicotteri militari, in servizio presso il -OMISSIS-

Il 16 dicembre 2008, allorché era in servizio presso il -OMISSIS-, gli venne ordinato di pilotare, presso il locale aeroporto, un elicottero A129 “M.” in una esercitazione, combinata con altri elicotteri, consistente nel sorvolo a bassa quota di una colonna di automezzi e nell’arresto della medesima, mediante il posizionamento dell’elicottero davanti al primo automezzo della colonna.

L’esercitazione ebbe un esito drammatico: a causa dell’elevata inclinazione assunta dal velivolo pilotato dal ricorrente e della quota troppo bassa, le pale del rotore principale impattarono col parabrezza del secondo automezzo causando la morte del capo macchina, -OMISSIS- che sedeva a fianco del conducente.

Per tale fatto vennero avviati due procedimenti penali, presso il -OMISSIS-.

Il procedimento militare fu definito con l’archiviazione del GIP, su conforme richiesta del Procuratore Militare che aveva proceduto per il reato di “investimento di un aeromobile colposo, aggravato” di cui agli artt. 107 e 47 c.p.m.p..

Avanti al Tribunale Ordinario, invece, il ricorrente venne condannato per omicidio colposo alla pena di mesi 4 di reclusione. La sentenza è stata confermata dalla-OMISSIS-.

Da ultimo, però, la Corte di Cassazione, investita del giudizio, ha emesso sentenza di annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza per essere il reato estinto per prescrizione.

Concluso il procedimento penale, è stato avviato quello disciplinare all’esito del quale è stata inflitta al ricorrente la sospensione dal servizio per sei mesi.

Avverso tale provvedimento il ricorrente deduce più censure di violazione di legge e di eccesso di potere.

L’Amministrazione, costituita in giudizio, ha controdedotto puntualmente.

Col primo motivo si deduce la tardività della conclusione del procedimento penale, oltre il termine di legge di 270 giorni, tenuto conto della natura recettizia del provvedimento finale.

La censura è infondata.

Invero, secondo la giurisprudenza più recente e maggioritaria, in particolare del Consiglio di Stato, cui il Collegio aderisce, il termine di 270 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare è rispettato in caso di tempestiva adozione del provvedimento disciplinare, senza che ciò obblighi l’amministrazione a notificarlo entro il termine citato (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 15 settembre 2015, n. 4298; id., sez. IV, 1 giugno 2018, n. 3318).

Col secondo motivo si deduce che l’esito del procedimento disciplinare non è sorretto da autonome valutazioni rispetto al giudizio penale di merito, ma che l’Autorità militare si è appiattita sulle conclusioni cui sono pervenuti i giudici penali, nel primo e secondo grado di giudizio.

Il motivo investe la questione dei poteri di apprezzamento che l’amministrazione detiene nei confronti di comportamenti che, pur accertati in sede penale, non abbiano dato luogo a condanna, in ragione dell’intervenuta prescrizione del reato.

Anche questa forma di sentenza (estinzione per prescrizione) non si sottrae al principio, recato dagli artt. 653 e 654 c.p.p., di efficacia ai fini amministrativi della pronunzia di proscioglimento che contenga l’accertamento di fatti materiali, a quei fini rilevanti. Dunque, la sentenza di estinzione del reato per intervenuta prescrizione non può equipararsi ad una sentenza di piena assoluzione che escluda la commissione dei fatti in quella sede comunque emersi e, quindi, suscettibili di essere oggetto di apprezzamento da parte dell’amministrazione ai fini disciplinari.

Ciò posto, tuttavia, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo e costantemente affermato la piena autonomia del procedimento disciplinare dal processo penale, in quanto l’illiceità penale e quella disciplinare operano su piani differenti, per cui l’Amministrazione deve sempre esercitare il suo potere di autonoma valutazione dell’illecito nell’ambito del procedimento disciplinare (cfr., ad es.: Consiglio di Stato, sez. IV, 7/11/2012, n. 5669; id., 5/10/2004, n. 6490; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 3/7/2006 , n. 5367).

Ora, nella fattispecie all’esame le conclusioni dell’Ufficiale Inquirente all’esito dell’istruttoria disciplinare sono state nel senso della non fondatezza degli addebiti contestati all’incolpato.

L’ufficiale inquirente ha infatti osservato, nelle conclusioni della sua relazione, che “Gli addebiti contestati all’inquisito non sono risultati fondati per le seguenti ragioni:

– l’evento addestrativo “check point aeromobile” era stato organizzato con scarne disposizioni di coordinamento e di sicurezza la DE non aveva il collegamento diretto con gli aeromobili e doveva avvalersi della SOR (sala operativa) e in condizioni marginali per spazi ristretti, presenza di ostacoli e per visibilità “lattiginosa” invernale – difatti era stato chiesto alla torre di controllo uno “Special VFR” (doc. n. 15-All. Gl), autorizzazione che si chiede per volare sotto le minime procedurali, ma in contatto visivo col suolo e tuttavia gli equipaggi, che pure avevano fatto presente le difficoltà, avevano eseguito gli ordini;

– non si è evinta nessuna violazione delle disposizioni ricevute, delle norme di volo, dei parametri di sicurezza dell’aeromobile o del superamento dei limiti torsiometrici (della trasmissione) della macchina, né tantomeno un generico discostarsi dalle impostazioni teoriche della manovra caratterizzata da “audacia di concezione ed esecuzione” (stralcio del manuale TACSOP. doc. n. 17) per cui un suo svolgimento “prudente” sarebbe stato cassato dalla direzione di esercitazione;

– le fondamentali risultanze della Relazione d’investigazione di COMAVES (con membro AM) (doc. n. 15) della Commissione Interministeriale (doc. n. 16) e della Consulenza Tecnica del perito forense (doc. n. 18) escludono responsabilità del pilota.

A mero giudizio dello scrivente, come pilota ed ex comandante, è tuttavia rimproverabile il comportamento di un pilota esperto e veterano volto a eseguire comunque (e senza un fattivo commento) un ordine di volo che comporti tutti i rischi visti nell’evento specifico, fattispecie tuttavia diversa dalle imputazioni e sanzionabile con provvedimento di Corpo e non di Stato”.

Ebbene, nonostante gli esiti di tale istruttoria, contraddittoriamente da essi ma senza alcun diverso elemento istruttorio, con motivazione esclusivamente riferita alle “risultanze del procedimento giudiziario”, è stata affermata la responsabilità disciplinare dell’incolpato ed irrogata la sanzione di stato.

Tale determinazione incorre dunque nel vizio denunciato dal ricorrente col secondo mezzo di gravame, di violazione del principio di autonomia del procedimento disciplinare da quello penale.

Il ricorso va perciò accolto, con assorbimento di ogni altra censura dedotta.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, indicato in epigrafe.

Condanna l’Amministrazione a rifondere al ricorrente le spese del giudizio, che liquida in Euro 2000,00, oltre agli accessori di legge, nonché il contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 27 marzo 2019.