Giovane madre, dopo che ha partorito, abbandona la figlia. A distanza di anni, chiede di accedere agli atti per saperne l’identità. Negato (TAR – Toscana, Sezione I, Sentenza 8 ottobre 2018, n. 1269).

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

con l’intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente

Raffaello Gisondi, Consigliere, Estensore

Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 668 del 2018, proposto da:

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Donatella Pagliaccia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

contro

Comune di -OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Sardelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Azienda Ospedaliera -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Frignani, Nicoletta Silipo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento;

del provvedimento datato 17/4/2018 e ricevuto il 27/4/2018 di diniego all’istanza di accesso della ricorrente, del Comune di -OMISSIS- Direzione e affari generali, Servizio demografico Ufficio di Stato Civile;

del diniego tacito dell’Azienda Ospedaliera -OMISSIS-, policlinico “-OMISSIS-”, maturato nei termini di legge all’istanza di accesso del 14/2/2018 della ricorrente, istanza inviata a mezzo racc. r.r. e ricevuta dall’Azienda Ospedaliera -OMISSIS- il 22/03/2018;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di -OMISSIS- e di Azienda Ospedaliera -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2018 il consigliere Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente premesso di aver abbandonato la figlia in giovane età subito dopo il parto e che la stessa sarebbe stata presumibilmente affidata in adozione, volendo oggi conoscerne la identità ha formulato istanza di accesso agli atti all’Azienda ospedaliera -OMISSIS- di -OMISSIS- ove partorì, e all’Ufficio anagrafe dell’omonimo Comune, ricevendone diniego.

Entrambi gli enti destinatari dell’istanza hanno fatto valere il disposto dell’art. 28 comma 3 secondo cui l’ufficiale di stato civile, l’ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente pubblico o privato, autorità o pubblico ufficio debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria.

Avverso i provvedimenti negativi insorge l’istante osservando che il divieto di ostensione previsto dalla menzionata norma sarebbe stato reso meno rigido dalla Corte costituzionale nei confronti del figlio che voglia conoscere la identità dei genitori naturali e la stessa regola dovrebbe, quindi, valere anche nella situazione inversa.

Il ricorso è infondato.

Il diritto di accesso è escluso nei casi in cui la legge preveda un divieto di divulgazione dei dati contenuti nei documenti di cui si intenda ottenere l’ostensione (art. 24 comma 1 L. 241/90).

Nella specie il comma terzo dell’art. 28 della L. 184 del 1983 prevede appunto un divieto di divulgazione degli atti da cui possano ricavarsi notizie relative ad un rapporto di adozione che solo attraverso la autorizzazione della Autorità giudiziaria ordinaria può essere rimosso.

Le questioni afferenti la costituzionalità della norma non possono essere prese in considerazione in questa sede.

La menzionata norma infatti rimette al giudice ordinario in sede di volontaria giurisdizione la tutela della riservatezza dell’adottato.

E’ a tale plesso giurisdizionale che spetta pertanto sollevare la questione di costituzionalità della norma innanzi alla Consulta ancorché si pronunci come giudice della tutela (Corte Cost. 464/97) e/o in sede di volontaria giurisdizione (Corte Cost. n. 24/1958).

Operare una remissione in questa sede non sarebbe, invece, possibile per difetto di rilevanza della questione, posto che in ogni caso il giudice amministrativo non potrebbe ordinare l’ostensione degli atti in difetto di autorizzazione della a.g.o alla quale, peraltro, è già stata chiesta con esito negativo dalla interessata.

Il ricorso deve essere perciò respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui agli artt. 52 commi 1,2 e 5 e 22, comma 8 D.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare l’identità delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018.