Immigrato espulso ritorna nello Stato: sì al carcere (Corte di Giustizia UE, sez. IV, sentenza 01.10.2015 n° C-290/14).

Corte di Giustizia Europea

Sezione Quarta

Sentenza 1° ottobre 2015 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2008/115/CE – Rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Decisione di rimpatrio corredata di un divieto d’ingresso per un periodo di tre anni – Violazione del divieto di ingresso – Cittadino di un paese terzo allontanato in precedenza – Pena detentiva in caso di reingresso illecito nel territorio nazionale – Compatibilità»

Nella causa C‑290/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Firenze (Italia), con decisione del 22 maggio 2014, pervenuta in cancelleria il 12 giugno 2014, nel procedimento penale a carico di

Skerdjan Celaj,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen (relatore), presidente di sezione, K. Jürimäe, J. Malenovský, M. Safjan e A. Prechal, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. D’Ascia, avvocato dello Stato;

– per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

– per il governo tedesco, da T. Henze, in qualità di agente;

– per il governo ellenico, da M. Michelogiannaki, in qualità di agente;

– per il governo norvegese, da E. Widsteen e K. Moen, in qualità di agenti;

– per il governo svizzero, da E. Bichet, in qualità di agente;

– per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e A. Aresu, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 aprile 2015,

ha pronunciato la seguente
 
Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348, pag. 98).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico del sig. Celaj, cittadino albanese, a seguito del suo ingresso nel territorio italiano in violazione di un divieto di ingresso in detto territorio per un periodo di tre anni.

Contesto normativo

La Convenzione relativa allo status dei rifugiati

3 La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata completata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967, entrato a sua volta in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra»).

4 L’articolo 31, paragrafo 1, della convenzione di Ginevra è così formulato:

«Gli Stati contraenti non applicheranno sanzioni penali per ingresso o soggiorno irregolare a quei rifugiati che, provenienti direttamente dal territorio in cui la loro vita o la loro libertà era minacciata nel senso previsto dall’articolo 1, entrano o si trovano sul loro territorio senza autorizzazione, purché si presentino senza indugio alle autorità ed espongano ragioni ritenute valide per il loro ingresso o il loro soggiorno irregolare».

La direttiva 2008/115

5 I considerando 1, 4, 14 e 23 della direttiva 2008/115 così recitano:

«(1) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha istituito un approccio coerente in materia di migrazione e asilo, finalizzato alla creazione di un regime comune in materia di asilo e di una politica per l’immigrazione legale nonché alla lotta contro l’immigrazione clandestina.

(…)

(4) Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d’immigrazione correttamente gestita.

(…)

(14) Occorre conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio istituendo un divieto d’ingresso che proibisca l’ingresso e il soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri. (…)

(…)

(23) L’applicazione della presente direttiva non pregiudica gli obblighi derivanti dalla convenzione di Ginevra (…)».

6 L’articolo 1 di tale direttiva, rubricato «Oggetto», così prevede:

«La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».

7 Ai sensi del successivo articolo 8, intitolato «Allontanamento»:

«1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7.

2. Qualora uno Stato membro abbia concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, la decisione di rimpatrio può essere eseguita unicamente alla scadenza di tale periodo, a meno che nel periodo in questione non sorga uno dei rischi di cui all’articolo 7, paragrafo 4.

3. Gli Stati membri possono adottare una decisione o un atto amministrativo o giudiziario distinto che ordini l’allontanamento.

4. Ove gli Stati membri ricorrano – in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non ecced[o]no un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell’integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato.

5. Nell’effettuare l’allontanamento per via aerea gli Stati membri tengono conto degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza applicabili all’allontanamento congiunto per via aerea allegati alla decisione 2004/573/CE.

6. Gli Stati membri prevedono un sistema di monitoraggio efficace dei rimpatri forzati».

8 L’articolo 11 della stessa direttiva è formulato nei seguenti termini:

«1. Le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto d’ingresso:

a) qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, oppure

b) qualora non sia stato ottemperato all’obbligo di rimpatrio.

In altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d’ingresso.

(…)».

Il diritto italiano

9 L’articolo 13, comma 13, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (supplemento ordinario alla GURI del 18 agosto 1998, n. 191; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 286/1998»), è così formulato:

«Lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera. (…)».

10 L’articolo 13, comma 13ter, del decreto legislativo n. 286/1998 così dispone:

«Per i reati previsti dai commi 13 e 13-bis è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

11 Il sig. Celaj è stato arrestato il 26 agosto 2011 nel territorio italiano dalle forze dell’ordine di Pontassieve (Italia) per tentativo di furto con strappo. Per tale reato è stato condannato ad una pena detentiva e al pagamento di una multa con sentenza passata in giudicato il 15 marzo 2012, fruendo comunque di una sospensione.

12 Il 17 aprile 2012, il sig. Celaj è stato oggetto di un decreto di espulsione del Prefetto di Firenze (Italia) e di un ordine di allontanamento del Questore di Firenze, corredati di un divieto di reingresso per un periodo di tre anni.

13 Nel suo provvedimento il Prefetto di Firenze ha precisato che si doveva escludere la possibilità di accordare al sig. Celaj un termine per la partenza volontaria, non avendo l’interessato fatto domanda in tal senso e per l’esistenza di un rischio di fuga. Tuttavia, per ragioni tecniche, l’accompagnamento coattivo alla frontiera non è avvenuto. Le autorità italiane competenti hanno pertanto ordinato all’interessato di lasciare immediatamente il territorio nazionale, con l’avvertimento che, in caso di inottemperanza, gli sarebbero state applicate le sanzioni previste dalla legge. Nondimeno, l’interessato ha continuato a soggiornare nel territorio italiano ove la sua presenza è stata accertata dalle autorità italiane il 27 luglio, il 1° agosto e il 30 agosto 2012.

14 Il 4 settembre 2012 il sig. Celaj si è presentato spontaneamente all’Ufficio di polizia di frontiera di Brindisi (Italia) e ha lasciato il territorio italiano.

15 Successivamente, il sig. Celaj è rientrato nel territorio italiano e il 14 febbraio 2014 è stato identificato presso la stazione ferroviaria di San Piero a Sieve (Italia) dalle forze dell’ordine. Queste ultime hanno proceduto al suo arresto per violazione dell’articolo 13, comma 13, del decreto legislativo n. 286/1998.

16 Il pubblico ministero ha quindi avviato, dinanzi al Tribunale di Firenze, un procedimento penale nei confronti del sig. Celaj, chiedendone la condanna alla pena di otto mesi di reclusione a norma dell’articolo 13, del decreto legislativo n. 286/1998.

17 Il difensore dell’interessato ha chiesto l’assoluzione sostenendo che la direttiva 2008/115 si oppone a tale normativa nazionale e dunque i fatti non costituiscono più reato.

18 In tale contesto, il Tribunale di Firenze ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni della direttiva 2008/115 ostino all’esistenza di norme nazionali degli Stati membri che prevedano la pena della reclusione sino a quattro anni per un cittadino di un paese terzo che, dopo essere stato rimpatriato non a titolo di sanzione penale né in conseguenza di una sanzione penale, abbia fatto nuovamente ingresso nel territorio dello Stato in violazione di un legittimo divieto di reingresso, senza che tale cittadino sia stato previamente sottoposto alle misure coercitive previste dall’articolo 8 della direttiva 2008/115 ai fini del suo pronto ed efficace allontanamento».

Sulla questione pregiudiziale

19 Con la sua questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2008/115 debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro che prevede l’irrogazione di una pena detentiva al cittadino di un paese terzo, il cui soggiorno è irregolare, che, dopo essere ritornato nel proprio paese d’origine nel quadro di una procedura di rimpatrio anteriore, rientri irregolarmente nel territorio del suddetto Stato trasgredendo un divieto di ingresso.

20 Si deve anzitutto ricordare che la direttiva 2008/115 disciplina unicamente il rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare e, pertanto, non si prefigge l’obiettivo di armonizzare integralmente le norme degli Stati membri sul soggiorno degli stranieri. Tale direttiva, quindi, non vieta, in linea di principio, che il diritto di uno Stato membro qualifichi come reato il reingresso illegale di un cittadino di un paese terzo in violazione di un divieto di ingresso e preveda sanzioni penali per scoraggiare e reprimere la commissione di siffatta infrazione (v., per analogia, sentenze Achughbabian, C‑329/11, EU:C:2011:807, punto 28, e Sagor, C‑430/11, EU:C:2012:777, punto 31).

21 Secondo costante giurisprudenza, uno Stato membro non può applicare una disciplina penale idonea a compromettere il conseguimento delle finalità perseguite dalla suddetta direttiva, privando così quest’ultima del suo effetto utile (sentenza Sagor, C‑430/11, EU:C:2012:777, punto 32 e giurisprudenza citata).

22 A tal proposito, si deve rilevare che la direttiva 2008/115 è stata adottata sul fondamento dell’articolo 63, primo comma, punto 3, lettera b), CE, divenuto articolo 79, paragrafo 2, lettera c), TFUE, il quale prevede l’adozione di misure nel settore dell’immigrazione clandestina e del soggiorno irregolare.

23 Come risulta dai considerando 1 e 4 della direttiva 2008/115, letti alla luce dell’articolo 79 TFUE, l’attuazione di una politica in materia di rimpatri è parte integrante dello sviluppo, da parte dell’Unione europea, di una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in particolare, la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale.

24 L’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 prevede la possibilità e, in talune ipotesi, l’obbligo per le autorità competenti degli Stati membri di corredare le decisioni di rimpatrio di un divieto d’ingresso, misura questa che, ai sensi del considerando 14 della direttiva summenzionata, è diretta a conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio.

25 Occorre rilevare che la direttiva 2008/115 deve essere interpretata nel senso che non osta, in linea di principio, alla facoltà, per gli Stati membri, di adottare una normativa che sanzioni penalmente il nuovo ingresso illegale di un cittadino di un paese terzo.

26 È ben vero che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, le norme e le procedure comuni sancite dalla direttiva 2008/115 sarebbero compromesse se lo Stato membro interessato, dopo aver accertato il soggiorno irregolare del cittadino di un paese terzo, anteponesse all’esecuzione della decisione di rimpatrio, o addirittura alla sua stessa adozione, un procedimento penale idoneo a condurre alla reclusione nel corso della procedura di rimpatrio, in quanto tale modo di procedere rischierebbe di ritardare l’allontanamento (v., in questo senso, sentenze El Dridi, C‑61/11 PPU, EU:C:2011:268, punto 59, Achughbabian, C‑329/11, EU:C:2011:807, punti da 37 a 39 e 45, nonché Sagor, C‑430/11, EU:C:2012:777, punto 33).

27 Ciononostante, il procedimento penale dinanzi al giudice del rinvio riguarda la situazione di un cittadino di un paese terzo, il cui soggiorno è irregolare, nei confronti del quale, per mettere fine al suo primo soggiorno irregolare nel territorio di uno Stato membro, sono state applicate le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva 2008/115 e che entra nuovamente in tale territorio trasgredendo un divieto d’ingresso.

28 Pertanto, le circostanze di cui al procedimento principale si distinguono nettamente da quelle oggetto delle cause conclusesi con le sentenze El Dridi (C‑61/11 PPU, EU:C:2011:268) e Achughbabian (C‑329/11, EU:C:2011:807), nelle quali i detti cittadini di paesi terzi, il cui soggiorno era irregolare, erano oggetto di un primo procedimento di rimpatrio nello Stato membro interessato.

29 Inoltre, la Corte ha già statuito che direttiva 2008/115 non osta all’irrogazione di sanzioni penali, ai sensi delle norme nazionali di procedura penale, a cittadini di paesi terzi cui sia stata applicata la procedura di rimpatrio prevista da tale direttiva e che soggiornino in modo irregolare nel territorio di uno Stato membro senza che esista un giustificato motivo che preclude il rimpatrio (sentenza Achughbabian, C‑329/11, EU:C:2011:807, punto 48).

30 Si deve dunque considerare, a fortiori, che la direttiva 2008/115 non preclude la facoltà per gli Stati membri di prevedere sanzioni penali a carico dei cittadini di paesi terzi, il cui soggiorno sia irregolare, per i quali l’applicazione della procedura istituita da tale direttiva ha condotto al rimpatrio e che entrano nuovamente nel territorio di uno Stato membro trasgredendo un divieto di ingresso.

31 Tuttavia, nella misura in cui la situazione del cittadino di paese terzo interessato, che ha dato luogo all’allontanamento che ha preceduto il nuovo ingresso irregolare nel territorio di uno Stato membro, rientrava nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/115, l’irrogazione di una sanzione penale, come quella controversa nel procedimento principale, è ammissibile solo a condizione che il divieto di ingresso dettato nei confronti del suddetto cittadino sia conforme all’articolo 11 di tale direttiva, circostanza che compete al giudice del rinvio accertare.

32 L’irrogazione di una sanzione penale siffatta è soggetta altresì al pieno rispetto tanto dei diritti fondamentali, in particolare di quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (v., in questo senso, sentenza Achughbabian, C‑329/11, EU:C:2011:807, punto 49), quanto, eventualmente, della Convenzione di Ginevra, e in particolare del suo articolo 31, paragrafo 1.

33 Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione posta dichiarando che la direttiva 2008/115 deve essere interpretata nel senso che non osta, in linea di principio, ad una normativa di uno Stato membro che prevede l’irrogazione di una pena detentiva ad un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare il quale, dopo essere ritornato nel proprio paese d’origine nel quadro di un’anteriore procedura di rimpatrio, rientri irregolarmente nel territorio del suddetto Stato trasgredendo un divieto di ingresso.

Sulle spese

34 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:


La direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, deve essere interpretata nel senso che non osta, in linea di principio, ad una normativa di uno Stato membro che prevede l’irrogazione di una pena detentiva ad un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare il quale, dopo essere ritornato nel proprio paese d’origine nel quadro di un’anteriore procedura di rimpatrio, rientri irregolarmente nel territorio del suddetto Stato trasgredendo un divieto di ingresso.

Firme

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