Impresa. Accordi di ristrutturazione – fallimento (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 18 gennaio 2018, n. 1182).

…, omissis …

… TRIBUNALE di VERONA, depositato il 16/02/2015; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/10/2017 dal cons. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i motivi nei limiti della somma pretesa con l’accordo;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato Emanuele Cavanna, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Alberto Rinaldi che ha chiesto il rigetto.

Fatti di causa

Gli avvocati Lamberto Lambertini, Michele Croce e Manuel Padrini chiesero di essere ammessi al passivo del fallimento di UCF s.p.a., in prededuzione, per il compenso vantato in relazione a prestazioni di assistenza e consulenza giudiziale e stragiudiziale funzionali all’omologazione di un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis legge fall.

Col decreto di esecutività dello stato passivo, il credito venne ammesso in privilegio, ai sensi dell’art. 2751-bis, n. 2, cod. civ.

Il tribunale di Verona, adito ai sensi dell’art. 98 legge fall., ha respinto l’opposizione ritenendo la fattispecie ex art. 182-bis legge fall. estranea, per il carattere privatistico, alla disciplina delle procedure concorsuali.

Ha poi affermato che in ogni caso l’accordo di ristrutturazione, pur omologato, non aveva apportato alcuna utilità alla massa dei creditori, essendo stato dichiarato il fallimento a distanza di poco tempo dall’omologa: segnatamente il 26-7-2013 a fronte della data di omologazione del 16-3-2012.

Per la cassazione del decreto del tribunale di Verona, depositato il 16-2-2015 e comunicato via Pec in pari data, i predetti avvocati hanno proposto ricorso affidato a due motivi.

La curatela ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato una memoria.

Ragioni della decisione

1. Nelle memorie depositate ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., le parti hanno rappresentato di aver raggiunto un accordo per comporre bonariamente la controversia.

L’accordo prevede l’ammissione dei ricorrenti al passivo fallimentare in prededuzione, secondo l’ammontare per ciascuno indicato – euro 10.000,00 quanto all’avv. Lambertini ed euro 5.000,00 ciascuno quanto agli altri.

Come tale postula un provvedimento di modifica dello stato passivo.

Per giungere a un tale epilogo il collegio reputa di esaminare il fondamento dei motivi di ricorso onde fissare i principi di diritto rilevanti in materia, visto che la questione sottostante, relativa al particolare atteggiarsi del rapporto tra l’art. 111 legge fall. e l’istituto dell’accordo di ristrutturazione, non ha precedenti nella giurisprudenza della Corte.

2. Può dunque osservarsi che col primo mezzo i ricorrenti, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 182-bis legge fall., ascrivono al tribunale di avere erroneamente escluso che l’accordo di ristrutturazione dovesse rientrare tra le procedure concorsuali.

La tesi sostenuta dai ricorrenti è fondata.

Per quanto suscettibile di venir in considerazione come ipotesi intermedia tra le forme di composizione stragiudiziale e le soluzioni concordatarie della crisi dell’impresa, e per quanto oggetto di annosi dibattiti dottrinali, l’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore; disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall’altro, (v. l’art. 182-bis legge fall., nei suoi vari commi, e l’art. 67, terzo comma, lett. e), legge fall.) suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali.

L’ appartenenza al diritto concorsuale può del resto considerarsi implicitamente contrassegnata dalle decisione nelle quali questa Corte ha accostato l’accordo al concordato preventivo, quale istituto affine nell’ottica delle procedure alternative al fallimento (v. per spunti Cass. n. 2311-14; n. 16950-16).

3. Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 111 legge fall., i ricorrenti ascrivono al tribunale di Verona di aver erroneamente escluso la prededuzione in base al mero fatto della successiva dichiarazione di fallimento, quando invece nessun addebito era stato mosso, o sarebbe stato possibile muovere, a essi ricorrenti in relazione alla presunta carenza di fattibilità dell’accordo raggiunto e, poi, omologato.

4. Anche il secondo motivo pone una critica fondata. Giova premettere che in ordine al concordato preventivo questa Corte ha affermato che il credito del professionista (nella specie, un avvocato) che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda, rientra de plano tra i crediti sorti “in funzione” della procedura e, come tale, a norma dell’art. 111, secondo comma, legge fall., va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti (v. Cass. n. 22450-15).

La ragione specifica di tale affermazione va rinvenuta nell’essere l’ammissione al concordato in sé sintomatica della funzionalità delle attività di assistenza e consulenza connesse alla presentazione della domanda e alle eventualmente successive sue integrazioni, giacché la norma detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, ha introdotto un’eccezione al principio della par condicio (v. pure Cass. n. 8533-13 e n. 8958-14).

La spiegazione rileva anche a proposito delle prestazioni funzionali all’accordo di ristrutturazione, nel senso che, avutasi l’omologazione, non è necessario verificare la definitiva tenuta del “risultato” delle prestazioni medesime (il risultato ultimo). Invero le prestazioni vanno correlate al segno della funzionalità di accesso alla procedura minore per la quale sono state svolte.

L’utilità concreta per la massa dei creditori, ove poi consegua il fallimento, non è richiesta, atteso che i concetti – di funzionalità e di utilità concreta – non possono essere sovrapposti, e men che meno confusi tra loro.

In particolare la norma di cui all’art. 111, secondo comma legge fall., come è stato osservato per il concordato preventivo (appunto da Cass. n. 22450-15), risulterebbe priva di senso e non potrebbe mai ricevere applicazione nel fallimento consecutivo se la funzionalità delle prestazioni svolte allo scopo di ottenere l’ammissione alla procedura alternativa dovesse essere nuovamente valutata ex post con riguardo al fallimento che sia stato infine comunque dichiarato.

Ciò sta a significare che non può escludersi la funzionalità della prestazione, per gli effetti di cui all’art. 111 legge fall., per il semplice fatto che all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione sia conseguito il fallimento.

Mentre è possibile che l’opera intellettuale prestata dal difensore sia valutata di nessuna utilità per la massa dei creditori poiché prestata in condizioni che sin dall’inizio non consentivano nessun salvataggio dell’impresa.

5. Il decreto del tribunale di Verona va dunque cassato previa fissazione dei suddetti principi di diritto.

L’accordo raggiunto inter partes rende ovviamente non necessari ulteriori accertamenti di fatto, sicché la Corte può decidere la causa anche nel merito, ammettendo i crediti in prededuzione al passivo del fallimento di UCF s.p.a. nella misura per ciascun creditore indicata e ordinando in tal senso al curatore di effettuare le opportune variazioni dello stato passivo. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ammette in prededuzione allo stato passivo del fallimento di UCF s.p.a. l’avv. Lambertini, per l’importo di euro 10.000,00, e gli avv. Croce e Padrini per l’importo di curo 5.000,00 Ciascuno; ordina la variazione dello stato passivo del fallimento medesimo; compensa le spese dell’intero giudizio.