In tema di infortuni sul lavoro, la norma tutela il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 28 giugno 2018, n. 29514).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMU Giacomo – Presidente

Dott. FERRANTI Donatella – rel. Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 29/06/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DONATELLA FERRANTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. ANIELLO ROBERTO che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso di (OMISSIS) e per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS).

E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di VENEZIA difensore di (OMISSIS), che chiede l’accoglimento del ricorso.

E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di PADOVA in difesa di (OMISSIS), che associandosi alle richieste del coodifensore, insiste per l’accoglimento del ricorso.

E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di VENEZIA in difesa di (OMISSIS), che chiede l’accoglimento del ricorso.

E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di TRANI in difesa di (OMISSIS), che insiste per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26.06.2017 la Corte di appello di Venezia, confermava la sentenza di primo grado, del Tribunale di Venezia che,concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti,aveva condannato alla pena di mesi due di reclusione con i benefici di legge, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in ordine al reato di cui all’articolo 40 c.p., articolo 590 c.p., commi 1, 2 e 3 di lesioni colpose gravi, causate per colpa da negligenza, imprudenza ed imperizia, nonche’ violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, all’operaio (OMISSIS), elettricista,dipendente della ditta (OMISSIS), a seguito di una caduta da un’altezza di tre metri nel cantiere, sito in (OMISSIS).

1.1 Le imputazioni sono cosi’ articolate:

– (OMISSIS), datore di lavoro del (OMISSIS), e’ imputato per non aver fatto nel POS una adeguata e puntuale e specifica valutazione dei rischi relativi ai lavori da eseguire nel cantiere suddetto, con particolare riferimento alle cautele da adottare per l’esecuzione di lavori elettrici in prossimita’ del foro del vano scale e per non aver valutato la conformita’ del parapetto, gia’ ivi istallato dalla ditta (OMISSIS), privo delle prescritte caratteristiche di robustezza (Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 96, comma 2 e articolo 126);

– (OMISSIS), in qualita’ di coordinatrice per la sicurezza, in violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 92, comma 1, lettera a), perche’ in fase di esecuzione non aveva verificato l’applicazione da parte delle ditte esecutrici delle disposizioni di loro pertinenza e, nello specifico, per non aver verificato la non corretta realizzazione del parapetto lungo il bordo del foro vano scala;

– (OMISSIS), titolare dell’impresa edile, perche’ in violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 146, comma 1, nell’apertura del vano scala, installava, in attesa del definitivo, un parapetto provvisorio, non idoneo per robustezza, montato in difformita’ a quanto previsto dal manuale d’uso.

L’infortunio secondo la ricostruzione della Corte territoriale avveniva secondo le seguenti modalita’: presso il cantiere di (OMISSIS), nell’edificio di una Banca, stavano operando con propri dipendenti la Ditta (OMISSIS), cui era stati affidati i lavori di elettricita’ e la Ditta (OMISSIS) che eseguiva il lavori edili.

L’operaio elettricista (OMISSIS), che si trovava al primo piano, dovendo portare un cavo fino alla terrazza limitrofa per effettuare dei lavori di impianto elettrico,decideva di far passare la prolunga di m. 25, lanciandola dal ballatoio del vano scale, attraverso un finestra che dava sulla terrazza medesima e nel far cio’ perdeva l’equilibrio,si afferrava al parapetto di protezione anticaduta in legno,che non reggeva, si spezzava e precipitava di sotto.

A seguito della caduta riportava la frattura di due vertebre,trauma cranico commotivo, contusioni polmonari e una percentuali di invalidità permanente del 6/8 %.

La Corte territoriale riprendendo ed integrando le argomentazioni dei giudici di primo grado riteneva la responsabilita’ degli imputati sulla base delle seguenti condotte di colpa generica e specifica: risultava accertato che il parapetto costruito dalla ditta (OMISSIS), in via provvisoria,sul vuoto scale non rispondeva alle prescrizioni di montaggio del manuale d’uso, era contrario alle norme di sicurezza e pertanto era inidoneo a prevenire il rischio specifico di caduta;il (OMISSIS) legale rappresentante e responsabile della sicurezza della ditta appaltatrice dei lavori elettrici,datore di lavoro del (OMISSIS), non ha valutato la non conformità del parapetto in questione alle norme di sicurezza, venendo meno ai doveri di controllo di un manufatto visibilmente non rispondente alle caratteristiche di prevenzione del rischio specifico, in relazione alla conformazione generale del cantiere (tavole legate con filo di ferro e parapetto privo del montante centrale); la (OMISSIS), quale coordinatore della sicurezza durante l’esecuzione dei lavori, incaricata di coadiuvare personalmente il committente e di vigilare in concreto sull’attuazione del piano di sicurezza che tra l’altro prevedeva: “lungo il perimetro del foro realizzato per la scala dovrà essere sistemato un solido parapetto di protezione fino all’arrivo della scala definitiva”.

Risultava invece che durante il sopralluogo effettuato il (OMISSIS), pochi giorni prima dell’incidente, l’imputata attestava che il foro scala era protetto da un parapetto, omettendo di segnalare le manifeste irregolarita’ e carenze che il parapetto concretamente presentava ai fini della sicurezza.

La Corte, infine, escludeva sulla base della ricostruzione dei fatti che la condotta imprudente del (OMISSIS), che aveva ritenuto di lanciare il cavo di 25 metri attraverso la finestra che dava direttamente sulla terrazza, anziché farlo passare per le altre stanze attigue, fino ad arrivare alla terrazza stessa, avesse interrotto il nesso causale tra le condotte colpose poste in essere dagli imputati e l’evento infortunio.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati.

2.1 (OMISSIS) ha lamentato violazione di legge e illogicita’ della motivazione In particolare con il primo motivo ha dedotto che il ruolo di coordinatore per l’esecuzione non puo’ essere confuso con quello di vigilanza assidua che invece spetta al datore di lavoro,trattandosi di c.d. alta vigilanza che riguarda la parte generale della organizzazione delle lavorazioni e la valutazione del rischio generico e non il puntuale e concreto controllo,connesso con l’evolversi dei lavori.

Tanto che nel PSC aveva specificatamente previsto a pag. 18: “Lungo il perimetro del foro realizzato per la scala dovrà essere sistemato un solido parapetto di protezione fino all’arrivo della scala definitiva che avrà idonea balaustra e parapetto “e il 29.04.2011 nel sopralluogo redigeva verbale in cui dava atto “che il foro scala e’ protetto con parapetto e si sta attendendo la scala definitiva”.

Con il secondo motivo ha rappresentato come la condotta imprudente della vittima si configuri come causa sopravvenuta idonea a interrompere il nesso causale,avendo assunto il carattere dell’abnormita’.

2.2 Per (OMISSIS) il difensore (OMISSIS) ha dedotto con due motivi vizi di contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione.

In particolare ha lamentato il travisamento delle risultanze probatorie emerse dalla consulenza tecnica di parte dell’Ing. (OMISSIS), secondo cui il parapetto era perfettamente conforme alle norme della classe (A) di appartenenza in relazione allo stato dei luoghi e dei lavori;poteva infatti sostenere un’azione di caduta fino a trenta kg di peso; non certo una forza di impatto di Kg centocinque che si e’ realizzata mediante la condotta posta in essere con imprudenza dall’operaio che, in forza della manovra di lancio dei cavi, aveva preso un slancio di tre metri al secondo.

Ha rappresentato inoltre che l’operaio doveva far passare il cavo per terra attraverso il vano attiguo al vano scala per giungere al terrazzo e che quindi il piano di sicurezza e in particolare il parapetto aveva l’unica funzione di delimitare il vano scala.

Il comportamento del tutto anomalo imprevisto e imprevedibile del lavoratore ha interrotto il nesso di causa tra la condotta del datore di lavoro e l’accaduto.

2.3 Sempre per la posizione di (OMISSIS) il difensore (OMISSIS) ha con tre motivi dedotto: violazione di legge con riferimento alla posizione di garanzia individuata in capo al datore di lavoro dell’impresa affidataria, da ritenersi limitata in relazione all’oggetto dei lavori che, nel caso di specie, consistevano nell’esecuzione di impianti elettrici e speciali dello stabile “e alcuna lavorazione doveva essere effettuata dalla sua impresa presso il vano scale”, non essendo nemmeno luogo di passaggio per effettuare i lavori elettrici nella terrazza, il cui tragitto per raggiungerla si sviluppava attraverso una stanza laterale.

Sul punto la Corte Territoriale avrebbe omesso di motivare circa la fonte dell’obbligo per il (OMISSIS) di valutare l’idoneita’ del parapetto in questione: nessun omissione colposa in ordine alla valutazione del rischio o al controllo dell’idoneità del parapetto sul vano scala si porrebbe con riferimento al (OMISSIS), trattandosi di parte del cantiere del tutto estranea all’oggetto del contratto.

Infine la Corte avrebbe omesso di motivare e di argomentare se una diversa valutazione del rischio da parte del (OMISSIS) avrebbe evitato l’evento, addebitabile secondo il ricorrente a un quoziente di fortuita’ che avrebbe inficiato qualsiasi cautela comportamentale di sicurezza.

2.4 Per (OMISSIS) gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) deducono vizio della motivazione per contraddittorieta’ e illogicita’.

2.4.1 In particolare con il primo motivo ripercorrono le risultanze dibattimentali delle dichiarazioni del teste persona offesa (OMISSIS) e del consulente tecnico di parte (OMISSIS) oltre che del tecnico SPISAL, per sostenere che l’infortunio si e’ verificato unicamente a causa del comportamento abnorme del (OMISSIS) che si sarebbe “slanciato” e non meramente appoggiato sul parapetto per far passare il cavo dalla finestra.

Deducevano infine che la presunta violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 146, comma 1 non poteva essere considerata causa colposa indipendente ma eventualmente doveva essere contestata a titolo di cooperazione colposa alla (OMISSIS) coordinatrice per la sicurezza in fase di esecuzione.

3. Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso per (OMISSIS) e per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. I ricorsi sono manifestamente infondati.

1.1. I motivi possono essere in trattati congiuntamente con riferimento ai punti di comune prospettazione.

2. Tutti i ricorrenti hanno dedotto la interruzione del nesso di condizionamento a causa del comportamento imprudente del lavoratore (OMISSIS) che, anziche’ far passare il cavo elettrico di una prolunga di circa 25 metri attraverso le stanze attigue alla terrazza, lo avrebbe lanciato attraverso il ballatoio del vano scale, per farlo passare da una finestra che si affacciava sulla terrazza medesima.

Ampio spazio e’ stato riservato da tutti i ricorrenti al tema della condotta altrui quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, non solo al fine di separare e distinguere le varie figure di “garanti”, correlandole al rischio da ciascuno gestito, al fine di separare le responsabilita’ (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, in motivazione; Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, Sorrentino, Rv. 264365) ma soprattutto si e’ cercato di enucleare un criterio di valutazione della condotta del lavoratore idonea ad interrompere il nesso di condizionamento tra il comportamento datoriale e l’infortunio.

Con riguardo a quest’ultimo profilo, sono note le sentenze di questa Sezione (Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison, Rv. 254094) e delle Sezioni Unite (Sez. U,n.38343 de124/04/2014, Espenhahn) nelle quali si e’ ritenuto che il comportamento del lavoratore avesse interrotto il nesso di causalita’ tra l’azione o l’omissione del datore di lavoro e l’evento, onde sara’ sufficiente un richiamo a dette pronunce per ribadire che va considerata interruttiva del nesso di condizionamento la condotta del lavoratore che si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento e’ “interruttivo” non perche’ “eccezionale” ma perche’ eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante e’ chiamato a governare.

In tema di rapporto di causalita’, ai sensi dell’articolo 41 c.p., comma 3, il nesso di causalita’ non resta escluso dal fatto altrui, cioe’ quando l’evento e’ dovuto anche all’imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiche’ il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch’esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali (Sez. 4, n. 31679 del 08/06/2010, Rigotti, Rv. 248113), a meno che tale comportamento non sia qualificabile come concausa qualificata, capace di assumere di per se’ rilievo dirimente nella spiegazione del processo causale e nella determinazione dell’evento.

La giurisprudenza di legittimita’ e’, infatti,ferma nel sostenere che non possa discutersi di responsabilita’ (o anche solo di corresponsabilita’) del lavoratore per l’infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticita’ (Sez. 4, n.22044 del 2/05/2012, Goracci, n.m.; Sez. 4, n. 16888, del 07/02/2012, Pugliese, Rv. 252373; Sez. 4, n. 21511, del 15/04/2010, De Vita, nm.).

Le disposizioni antinfortunistiche perseguono, infatti, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l’area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez. 4, n. 4114 del 13/01/2011, n. 4114, Galante, n.m.; Sez. F, n. 32357 del 12/08/2010, Mazzei, Rv. 2479962).

La Corte distrettuale ha fatto corretta e coerente applicazione dei principi giuridici sopra esposti ritenendo e argomentando (fol.10) che il comportamento del (OMISSIS), che aveva svolto le sue mansioni con una scelta ragionata,anche per evitare l’intralcio di un filo di circa 25 metri dispiegato attraverso le stanze attigue alla terrazza, non ha interrotto il nesso di causalita’ con l’evento lesivo,che e’ stato determinato dalle omissioni delle doverose misure di prevenzione,consistite nel caso di specie nella mancata realizzazione di un parapetto costruito a regola d’arte sul foro del vano scala.

3.1 Motivi dei ricorsi che attengono ai profili di responsabilita’ colposa attribuiti a ciascuno degli imputati, illustrati ai punti 2.2., 2.3, 2.4 della premessa, sono manifestamente infondati per le ragioni si seguito articolate.

3.2 Va premesso che il nuovo sistema di sicurezza aziendale di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008 si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica guida anche la gestione dei rischi in caso di affidamento dei lavori a piu’ imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno dell’azienda o di una singola unita’ produttiva della stessa, nonche’ nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, gravando sempre sul datore di lavoro, che sia anche committente l’obbligo di predisporre il documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attivita’ che si svolgono, in successione o contestualmente, all’interno di una stessa area e gravando, specularmente, su tutti i datori di lavoro ai quali siano stati appaltati segmenti dell’opera complessa, l’obbligo di collaborare all’attuazione del sistema prevenzionistico globalmente inteso, sia mediante la programmazione della prevenzione concernente i rischi specifici della singola attivita’, rispetto ai quali la posizione di garanzia permane a carico di ciascun datore di lavoro, sia mediante la cooperazione nella prevenzione dei rischi generici derivanti dall’interferenza tra le diverse attivita’, rispetto ai quali la posizione di garanzia si estende a tutti i datori di lavoro ai quali siano riferibili le plurime attivita’ coinvolte nel processo causale da cui ha tratto origine l’infortunio (Sez. 4, n. 5420 del 15/12/2011, Intrevado, n.m.; Sez.4, n.36605 del 5/05/2011, Giordano, n.m.; Sez.4, n.3211del 25/03/2011, D’Acquisto, n.m).).

Spetta al giudice di merito chiarire, preliminarmente, se una determinata attività abbia dato luogo ad un rischio interferenziale proprio per il contesto spaziale e lavorativo in cui si e’ verificato l’evento, in relazione alla convergenza delle attivita’ di lavoratori dipendenti dalle varie imprese presenti sul cantiere, che puo’ essere fonte di ulteriori rischi per i lavoratori di tutte le imprese coinvolte, non solo per il contatto rischioso tra lavoratori di imprese diverse che operano nel medesimo luogo di lavoro, ma anche per la coesistenza in un medesimo contesto di piu’ organizzazioni (Sez. 4, n. 30557, del 07/06/2016, Rv. 267687; Sez. 4, n. 44792 del 7/06/2015, Rv. 264957; Sez. 4, n. 36398 del 23/05/2013, Mungiguerra).

Gli obblighi di cooperazione e coordinamento gravanti a norma del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26 sui datori di lavoro cosi’ individuati rappresentano la cifra della loro posizione di garanzia e sono rilevanti anche per delimitare l’ambito della loro responsabilita’.

L’assolvimento di tali obblighi risponde, infatti, all’esigenza, avvertita come primaria dal legislatore comunitario, al quale si ispira l’attuale normativa antinfortunistica, di gestire preventivamente tale categoria di rischio.

Da ultimo con pronunce di questa Sezione e’ stato riaffermato il principio che nei luoghi di lavoro (Sez. 4, 45862 del 14.09.2017 rv 271026; sez. 4 25133 del 17.05.2018, Spinazzola ed altri) che prevedano il concorso di piu’ imprese esecutrici la definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilita’ discende da un lato dalla funzione di vigilanza generale che la legge demanda allo stesso committente dall’altra dallo specifico elenco originariamente contenuto nel Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5 attualmente trasfuso nel Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 92.

Il coordinatore per la sicurezza ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, datori di lavoro dirigenti preposti spettandogli compiti di realizzare un piano prevenzionistico tendente proprio a regolare il rischio interferenziale, anche in relazione al susseguirsi di lavorazioni affidate ad imprese che non operino contemporaneamente.

E’ chiaro che al coordinatore per l’esecuzione spettano compiti di “alta vigilanza”, che attiene alla generale configurazione delle lavorazioni e quindi non la puntuale e stringente vigilanza momento per momento demandata alle figure operative (da ultimo Sez. 4, 10544 del 25.01.2018, rv. 272240; sez. 4, 45853 del 13.09.2017, Lamberti e altri) ma il controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e consolidamento nonche’ nella scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumita’ dei lavoratori; nella verifica della idoneità del piano di sicurezza, nell’assicurazione della sua coerenza rispetto alla sicurezza e al coordinamento, nell’adeguamento rispetto all’andamento dei lavori e alle eventuali modiche intervenute, certificando che le imprese si adeguino ai P.O.S., provvedendo alla contestazione scritta delle inosservanze alle prescrizioni, fino a proporre la sospensione dei lavori e l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi in caso di pericolo grave direttamente riscontrato.

3.3 Cio’ premesso in punto di rischio interferenziale, va rilevato che nei motivi proposti, di cui ai paragrafi in premessa 2.2., 2.3, 2.4, i ricorrenti offrono la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

La giurisprudenza ha affermato che l’illogicita’ della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioe’ di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita’ al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche’ siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento(cfr. ex multis Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999,Spina, Rv. 214794).

Piu’ di recente e’ stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) il controllo di legittimita’ sulla motivazione non attiene ne’ alla ricostruzione dei fatti ne’ all’apprezzamento del giudice di merito, ma e’ circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:

a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

b) l’assenza di difetto o contraddittorieta’ della motivazione o di illogicita’ evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).

Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

Se questa, dunque, e’ la prospettiva ermeneutica cui e’ tenuta questa Suprema Corte, le censure che i ricorrenti rivolgono al provvedimento impugnato si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello alcuna illogicita’ che ne vulneri la tenuta complessiva.

4. I giudici del gravame di merito con motivazione specifica, coerente e logica hanno, infatti, dato conto, rispetto a ciascun profilo dei titolari delle posizioni di garanzia, delle gravi carenze rispetto alla normativa prevenzionale in materia di sicurezza del lavoro e di gestione del rischio

4.1 Prendendo le mosse dalle risultanze istruttorie e in particolare dai rilievi e dalle testimonianze del tecnico Spisal, intervenuto sul posto dell’infortunio nell’immediatezza dei fatti, gia’ esaminate dal giudice di primo grado,la Corte correttamente e coerentemente evidenzia i seguenti fatti:

– il Piano di sicurezza e coordinamento predisposto dal coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione nominato dal Committente, (OMISSIS), prevedeva “che lungo il perimetro del foro realizzato per la scala dovra’ essere sistemato un solido parapetto di protezione fino all’arrivo della scala definitiva con tavole su puntelli/cristi e o parapetti provvisori”;

– nel piano di sicurezza operativo della Ditta (OMISSIS) non era stato trattato come rischio specifico il vuoto del solaio per il vano scala che pure era un luogo strettamente contiguo a quello in cui si svolgevano i lavori di elettricita’, ma vi era solo un generico riferimento al caso di caduta dall’alto (sul punto in violazione di quanto previsto dall’articolo 126 del Testo Unico in materia di Sicurezza, specificatamente richiamato nella contestazione, in base al quale “gli impalcati, le passerelle, le andatoie che siano ad un’altezza maggiore di 2 metri devono essere provviste da tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in buono stato di conservazione);

– nel caso di specie il parapetto montato dalla Ditta (OMISSIS) aveva violato in modo macroscopico le disposizioni di sicurezza anche previste dal manuale d’uso in quanto le tavole corrimano non risultavano fissate sulle apposite staffe ma con il fil di ferro, mancava un montante centrale di ancoraggio, la tavola fermapiede non era perpendicolare dal lato del pavimento ma obliqua, i montanti erano stati montati ad una distanza di metri 4, anziche’ 1,40/1,50, previsti a copertura totale del bordo da proteggere;

– risultava che dopo l’incidente la tavola spezzata, prima che giungesse il tecnico dello Spisal, era stata sostituita, (fol 6) con acclarata manomissione dello stato dei luoghi e quindi non si era potuta sequestrare, ma le macroscopiche irregolarità erano comunque evidenti e tra l’altro il corrimano era spezzato e sfilacciato, con una serie visibile di nodi.

Non e’ superfluo evidenziare pertanto che non siamo di fronte ad obblighi in materia antinfortunistica che riguardano le precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, o l’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine (cosi’ la condivisibile Sez. 3, n. 12228 del 25/2/2015, Cicuta, Rv. 262757) ma dinanzi ad infortunio subito dal lavoratore che si collega causalmente ad una colpevole omissione, dei vari titolari delle posizioni di garanzia imputati, ciascuno in relazione al proprio ruolo, per la mancata adozione e assoluta l’inadeguatezza delle misura precauzionale richiesta dalle normative di sicurezza e tra l’altro immediatamente percepibile senza particolari indagini (cfr. Sez. 4, n. 10608 del 4/12/2012 dep. il 2013, Bracci, Rv. 255282,).

4.2 La Corte territoriale ha inoltre puntualmente preso in considerazione ed adeguatamente motivato la assoluta non fondatezza e astrattezza (fol 9) della tesi difensiva prospettata dal ricorrente (OMISSIS), basata su una diversa ricostruzione fattuale,secondo cui il parapetto costruito per far fronte ad un peso di trenta chili,in realta’ non aveva retto alla forza di urto abnorme che si sarebbe realizzata, allorche’ l’operaio aveva preso uno “slancio” di tre metri al secondo, imprimendo una forza d’impatto di centocinque chilogrammi.

La Corte rileva innanzitutto che secondo il manuale d’installazione il parapetto non solo doveva essere in grado di sostenere una persona che cammina appoggiandosi ma “di arrestare la persona che cada nella direzione di protezione” fol 9 (quindi certamente superiore a un peso 30 Kg).

Ha argomentato sulla base di quanto indicato anche nella sentenza di primo grado che la persona offesa “si era afferrata al parapetto nel momento in cui aveva perso l’equilibrio“, forse pestando la prolunga nel momento in cui lanciava il cavo elettrico dalla finestra che dava sul vuoto scala ad una distanza di circa un metro e mezzo dal parapetto (fol. 9) e che aggrappandosi al corrimano, con il peso del proprio corpo, il parapetto si era spezzato, proprio perché non era stato montato a regola d’arte e quindi era manifestamente inadeguato allo scopo di sicurezza.

4.3. La Corte ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui nei cantieri temporanei o mobili in cui sia prevista la presenza (anche se non contemporanea) di piu’ imprese esecutrici, il committente, nella fase preliminare di progettazione dell’opera, deve nominare il coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione e l’esecuzione dell’opera (CSP) e, nel caso di specie, ha valutato la posizione dell’architetto (OMISSIS), investita dell’obbligo di predisporre il PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento) secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 92, comma 1, lettera a) che realizza una funzione fondamentale per la corretta gestione prevenzionale e antinfortunistica di tutte le fasi lavorative, dato che i singoli POS, Piani Operativi di Sicurezza, sono piani complementari di dettaglio (Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 92, comma 1, lettera b).

La Corte territoriale ha ribadito che il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, oltre a controllare i POS, deve verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e coordinamento, e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro (cfr. ex multis questa Sez. 4, 27165 del 24/5/2016, Battisti, Rv. 267735).

Il C.S.E deve inoltre segnalare al committente, previa contestazione scritta all’impresa o ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni antinfortunistiche; e, nei casi di pericolo grave ed imminente, sospendere le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate.

Di indubbio rilievo e’ la puntualizzazione che il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni;essenziale e’ che alla previsione della cautela segua un’attivita’ di verifica della sua attuazione, della quale devono darsi cura le imprese esecutrici.

Attivita’ di verifica, tuttavia, non puo’ significare presenza diuturna nel cantiere ma,appunto, presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo.

L’alta vigilanza che richiama la difesa (OMISSIS) nei motivi di ricorso e della quale fa menzione in varie pronunce la giurisprudenza di questa Corte, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia indica piuttosto il modo in cui vanno adempiuti i doveri tipici.

Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto e’ vero che un potere-dovere di intervento diretto e’ previsto per tale figura solo quando constati direttamente gravi pericoli (Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 92, comma 1, lettera f).

Puo’ dirsi che il coordinatore per l’esecuzione,identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attivita’ che assicurino rispetto ad esse la attuazione dei piani “attraverso la mediazione dei datori esecutori”.

Non puo’ esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto; ma anche queste azioni di verifica non possono essere quotidiane ed hanno una periodicita’ significativa e non burocratica (cioe’ dettate dalle necessita’ che risultino idonee allo scopo e non routinarie).

4.4. Nel caso in esame, la Corte territoriale proprio sul punto, valutando il materiale istruttorio, ha esaminato gli specifici rilievi sollevati con motivi di appello e in particolare, con riferimento alla posizione della (OMISSIS), ha rilevato che nel sopralluogo del (OMISSIS), pochi giorni prima dell’infortunio, aveva attestato che il “foro scala era protetto da un parapetto” non evidenziando la mancanza di solidità, seppure prevista dal piano di sicurezza e di coordinamento, ne’ segnalando al committente le gravi ed evidenti anomalie di realizzazione in palese violazione delle norme di sicurezza e del manuale di installazione”.

5. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.