Indagati per concorso nel reato: l’impugnazione di uno può giovare anche agli altri. Nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato l’impugnazione proposta da uno degli indagati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche ai coindagati.

(Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 giugno 2017, n. 29149)

…, omissis …

Ritenuto in fatto

1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Napoli, sezione specializzata per il riesame, ha confermato l’ordinanza impugnata, con la quale il Gip del Tribunale di Napoli Nord ha applicato nei confronti di D.N.L. e G.A. la misura della divieto di dimora nel comune di Arzano in relazione al reato di cui agli artt. 110, 112 n. 2 e 375, comma primo lett. b), cod. pen., per avere, su istigazione di M.R. (indagata per i reati di violenza e minaccia al fine di commettere un reato e di istigazione alla corruzione), quali pubblici ufficiali – in quanto vigili urbani della polizia locale del comune di Arzano – reso dichiarazioni concordate e false al pubblico ministero al fine di suffragare la versione dei fatti resa dalla M. e di confutare le dichiarazioni rese dal teste d’accusa D.G. , così da sviare le indagini in corso; sino al 19 settembre 2016.

1.1. Il Collegio ha preliminarmente riportato il contenuto dell’ordinanza emessa dallo stesso Tribunale a seguito del ricorso per riesame proposto dalle coindagate M.R. e D.R.S. , nella quale si è dato atto sintetizzando – sia del contrasto fra le dichiarazioni rese da D.N. e G. al P.M. rispetto a quanto dichiarato dal teste D.G. a carico di M.R. ; sia, e soprattutto, del contenuto della intercettazioni ambientale, eseguita d’urgenza il 19 settembre 2016 nella sala d’attesa della Procura prima che D.N. , G. e D.R. fossero sentiti dal pubblico ministero, da cui emergono gli accordi fra i tre indagati nel senso di rendere dichiarazioni concordate per favorire la M. .

1.2. A specifica risposta delle deduzioni mosse nel ricorso per riesame, il Tribunale ha argomentato in merito alla qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio degli indagati, avendo essi agito su istigazione e di concerto con la coindagata M. , vedendo sentiti – quali persone informate sui fatti in relazione a vicende accadute mentre prestavano il loro servizio di vigili urbani.

Il Collegio ha dunque ribadito la falsità delle informazioni rilasciate al pubblico ministero e dunque l’integrazione sotto il profilo oggettivo e soggettivo della fattispecie contestata di cui all’art. 375 cod. pen., giusta il preordinato accordo al fine di rendere all’inquirente una falsa versione dei fatti; ha evidenziato, quanto alla dedotta sussistenza di motivi di rancore del D. , che quest’ultimo non ha sottaciuto il clima generale di ostilità e di ostruzionismo nei suoi confronti, il che rafforza la sua credibilità; ha risposto alle ulteriori obiezioni concernenti l’attendibilità di quest’ultimo; ha infine escluso l’eccepita inutilizzabilità degli esiti dell’intercettazione ambientale in quanto ritualmente autorizzata d’urgenza dal pubblico ministero e convalidata dal Gip, a nulla rilevando che, in un diverso procedimento, il provvedimento non sia stato convalidato.

1.3. Il Tribunale ha, infine, ritenuto sussistenti attuali e concrete esigenze cautelari connesse ai pericoli di inquinamento probatorio e di reiterazione criminosa, stimando la disposta misura del divieto di dimora nel comune di Arzano adeguata a farvi fronte.

2. Avverso il provvedimento hanno presentato ricorso D.N.L. e G.A. , a mezzo del loro difensore di fiducia Avv. Giovanni Abbate, e ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

2.1. vizio di motivazione in ordine alla ricostruzione in fatto, alle qualificazione giuridica del reato ed alla sussistenza di specifiche esigenze cautelari, evidenziando come l’inattendibilità del narrato del D. sia dimostrata dalle specifiche circostanze obbiettive riportate nel ricorso;

2.2. violazione di legge in relazione all’art. 375 cod. pen., per difetto della qualifica di pubblico ufficiale e mancanza della condotta tipica;

2.3. violazione di legge processuale e conseguente inutilizzabilità degli esiti dell’intercettazioni ambientale del 19 settembre 2016;

2.4. violazione di legge processuale in relazione all’art. 192, comma 2, cod. pen..

3. Nei motivi nuovi depositati in cancelleria, il difensore dei due ricorrenti ha eccepito la violazione degli artt. 273 e 274 cod. proc. pen. ed ha evidenziato che, con sentenza del 31 marzo 2017, questa Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza emessa nei confronti delle coindagate M.R. e D.R.S. , aventi una posizione processuale identica a quella delle ricorrenti.

Considerato in diritto

1. Come documentato dalla difesa dei due ricorrenti, nelle more della trattazione del presente ricorso, questa Corte ha deciso l’impugnazione ex art. 311 cod. proc. pen. proposta dalle indagate M.R. e D.R.S. , concorrenti nello stesso reato di cui all’art. 375 cod. pen. contestato in via provvisoria a D.N. e G. , ed ha annullato senza rinvio l’ordinanza applicativa della misura cautelare ritenendo insussistenti i presupposti di tale delitto, per difetto – in capo agli indagati – della qualifica soggettiva richiesta dall’incriminazione.

A prescindere da qualunque diversa valutazione del Collegio al riguardo, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio anche nei confronti di D.N.L. e di G.A. in applicazione della regola dell’art. 587 cod. proc. pen., secondo cui “nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l’impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati”.

2. È, invero, pacifico che l’art. 587 sia applicabile anche nel procedimento de libertate, là dove, essendo codificata nel Titolo I del Libro IX, che detta le “disposizioni generali” in tema di “impugnazioni”, ha carattere generale e vale, pertanto, per tutte le impugnazioni, fra queste incluse anche quelle in materia cautelare.

2.1. Tale conclusione trova solido conforto nell’insegnamento di questa Corte, espresso anche dalle Sezioni Unite che, nel ritenere applicabile la disposizione anche in materia cautelare, hanno nondimeno rimarcato come essa presupponga che l’impugnazione non sia fondata su motivi personali del ricorrente e che il procedimento stesso sia sorto e si sia svolto in modo unitario e cumulativo (pronuncia in tema di misura cautelare reale; Sez. U, n. 19046 del 29/03/2012, Peroni e altri, Rv. 252529). Ancora, si è ribadito che la frammentazione del procedimento, derivante dalla diversità dei mezzi di impugnazione proposti, non preclude l’estensione degli effetti favorevoli della decisione ai sensi dell’art. 587 cod. proc. pen., allorché il vizio del provvedimento cautelare sia così radicale da essere necessariamente comune a tutti i coindagati (Sez. 5, n. 21641 del 24/03/2004, Monteforte, Rv. 229193).

Situazione processuale che certamente si riscontra nel caso di specie, là dove l’annullamento senza rinvio del provvedimento coercitivo nei confronti delle concorrenti si fonda sul motivo di diritto concernente l’ambito soggettivo di applicabilità della fattispecie di cui all’art. 375 cod. pen., di necessità comune a tutti i concorrenti nel delitto.

P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché l’ordinanza del Gip del Tribunale di Napoli Nord del 28 ottobre 2016 di D.N.L. e G.A. e, per l’effetto, dichiara cessata la misura cautelare loro applicata.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.