Ingiuria: niente più querela, solo richiesta di risarcimento danni.

Nell’ampio calderone degli oltre 40 reati depenalizzati ieri in via definitiva dal Governo, rientra anche l’ingiuria.

Sparisce, quindi, con un colpo di spugna, la “tradizionale” ipotesi di cui all’art. 594 c.p. che prevede, oggi, la pena della reclusione fino a sei mesi o la multa fino a 516 euro per chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente, o tramite comunicazione telegrafica, telefonica, scritti o disegni diretti alla stessa.

Al suo posto, subentra un mero illecito civile punito però con una più elevata sanzione pecuniaria: da 100 a 8mila euro.

Analogamente, ad essere abrogati sono anche il secondo e il terzo comma, che prevedono la reclusione fino a un anno o la multa fino a 1.032 euro se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato e pene ancora aumentate se l’offesa è commessa in presenza di più persone.

In entrambi i casi, il nuovo illecito civile prevede una sanzione pecuniaria più alta: da 200 a 12mila euro.

Il travaso dal piano penale a quello civile non annulla ovviamente la possibilità per la persona offesa di essere ristorata per il danno subito, ma la competenza a decidere ricadrà sotto l’ombrello del giudice civile.

Ciò significa che tutte le ipotesi previste dall’ormai ex reato (si attende solo la pubblicazione in G.U. e la conseguente entrata in vigore dei decreti), non saranno più perseguibili a querela di parte, ma di fronte al giudice civile, cui la “vittima” dovrà rivolgersi (seguendo quindi le regole ordinarie del processo civile), per ottenere il risarcimento del danno.

Una volta accordato il relativo ristoro, il magistrato stabilirà (a sua discrezione e secondo i parametri sopra delineati) anche l’importo della sanzione civile, in sostituzione di quella penale.

La stessa, però, non è destinata a finire nelle tasche dell’offeso: si tratta, infatti, di una sanzione aggiuntiva rispetto al risarcimento, di natura pubblicistica che confluirà nella Cassa delle Ammende e quindi devoluta allo Stato.

In base al principio del favor rei, infine, le norme avranno portata retroattiva: si applicheranno cioè anche ai fatti commessi in passato ma non ancora definiti con provvedimento irrevocabile. In tal caso, per tutte le vicende “pendenti” dovrà avvenire il passaggio di consegne al giudice civile competente.