La denuncia dei vizi della cosa venduta può essere generica e non dettagliata.

La questione oggetto della sentenza in commento scaturisce da un ricorso per decreto ingiuntivo in cui una parte domandava il pagamento dei beni consegnati all’altra, la quale si opponeva eccependo i vizi della cosa venduta. L’opposizione veniva respinta e l’appello rigettato sul presupposto della estrema genericità della contestazione dei vizi.

Secondo la Suprema Corte, dagli articoli 1492 e 1495 c.c. non emerge la necessarietà di una dettagliata individuazione del vizio contestato.

La ratio sottesa alle citate disposizioni, infatti, consiste nell’avvisare il venditore delle intenzioni del compratore e consentirgli di verificare l’effettiva veridicità della doglianza.

Ne consegue che una denuncia, seppur generica, raggiunga il fine di rendere edotto il venditore sulla circostanza che la “res vendita” risulti inidonea all’uso al quale è destinata.

Inoltre, sotto il profilo probatorio, la dimostrazione della sussistenza dei vizi può essere espletata anche successivamente alla denuncia. Nel caso in esame, si è ritenuto che la prova potesse essere data in giudizio tramite una consulenza tecnica d’ufficio.

La Corte precisa, altresì, che la garanzia per vizi non va confusa con quella per corretto funzionamento (art. 1512 c.c.). La garanzia di cui all’art. 1490 c.c. pone il venditore in una situazione di soggezione e non già di obbligazione in ordine alle intenzioni del compratore, tese alternativamente alla caducazione del contratto (actio redhibitoria) od alla riduzione del prezzo (actio quanti minoris).

Il compratore, pertanto, non dispone di un’azione per l’esatto adempimento che, invece, gli compete in caso di garanzia per buon funzionamento.

Quest’ultima garanzia è invocabile solo allorché risulti espressamente convenuta tra le parti nel regolamento contrattuale. In tal caso, il compratore è tenuto solo a dimostrare il malfunzionamento, spetterà alla controparte escludere che esso dipenda dalla cosa.

Alla garanzia per vizi, per contro, il venditore è tenuto per legge ed essa «impone all’acquirente l’onere di provare il vizio che rende la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata pur presumendosi la colpa del venditore in relazione alla sua conoscenza del vizio».

Alla conclusione del suo percorso argomentativo, la Corte ribadisce la non necessità di una denuncia dettagliata dei vizi della cosa venduta, considerando sufficiente una indicazione generica degli stessi, cassa la sentenza e la rinvia alla Corte d’Appello.