La reazione a una provocazione non può mai essere sproporzionata (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 21 giugno 2018, n. 28710).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L – rel. Consigliere

Dott. MORELLI Francesca – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 17/02/2017 della CORTE APPELLO di PERUGIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. LIGNOLA FERDINANDO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’;

udito il difensore, avv. (OMISSIS), del Foro di Rimini, che si riporta ai motivi e chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Perugia con sentenza del 17/2/2017 ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Perugia del 19/11/2009, appellata dall’imputato (OMISSIS), che l’aveva ritenuto responsabile del reato di lesioni gravissime ex articolo 582 c.p., articolo 583 c.p., comma 1, n. 1 e comma 2, n. 4, per aver cagionato lesioni personali a (OMISSIS) mediante percosse, pugni e un morso all’orecchio, provocando una malattia superiore a 40 giorni e lo sfregio permanente del viso.

La Corte di appello ha concesso all’imputato le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, ha ridotto la pena inflitta a mesi 9 e giorni 10 di reclusione, ha revocato le statuizioni civili, in conseguenza della revoca della costituzione della parte civile, ritenutasi adeguatamente risarcita, e ha confermato nel resto la pronuncia di primo grado.

2. Ha proposto ricorso l’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia dell’imputato, svolgendo tre motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’articolo 62 c.p., n. 2, quanto all’esclusione dell’attenuante della provocazione.

La Corte territoriale ha proceduto ad una preliminare ricognizione dei lineamenti dell’istituto, puntualizzando che esso richiedeva lo stato d’ira dell’agente, il fatto ingiusto altrui e la relazione di causalita’ psicologica fra offesa e reazione, e ha quindi escluso la sussistenza dell’attenuante, pur in presenza di un comportamento precedente del (OMISSIS), che aveva messo in cattiva luce il (OMISSIS) presso terze persone, per l’assoluta eccessivita’ della reazione, talmente inadeguata da escludere ogni nesso causale fra di essa e la precedente offesa.

La ricostruzione del fatto era pero’ stata basata dalla Corte di appello integralmente su quella contenuta nella sentenza di primo grado; era stata cosi’ attribuita all’imputato l’iniziativa di andare a cercare il (OMISSIS) ed era stato escluso che la persona offesa lo avesse previamente insultato come infame, bollando, in modo superficiale, come inattendibili le dichiarazioni dell’imputato e della sua fidanzata, la teste (OMISSIS).

Non era stato dato seguito alla richiesta di giudizio abbreviato condizionato all’escussione della predetta teste (OMISSIS) in ordine ad un precedente episodio, emergente anche dall’annotazione di polizia giudiziaria del 26/6/2008, relativo ad un tentato investimento in moto da parte della persona offesa che aveva fatto cadere con pericolosa manovra la motocicletta su cui si trovavano l’imputato e la (OMISSIS).

Dalla testimonianza del teste (OMISSIS) risultava poi che effettivamente la lite era scaturita dal fatto che il (OMISSIS) aveva parlato male dell’imputato; tant’e’ che tale spiegazione del diverbio era stata indicata dal (OMISSIS) stesso al teste (OMISSIS), che si era preoccupato di rassicurare la persona offesa di non aver riferito in precedenza all’imputato nessuna dichiarazione sul suo conto da parte del (OMISSIS).

La circostanza dell’origine della lite risultava anche dalla deposizione del teste (OMISSIS) e dalla stessa querela proposta dalla persona offesa.

La condotta delittuosa dell’imputato trovava quindi origine nell’aver appreso delle dichiarazioni offensive del (OMISSIS), oltre che nella lite avvenuta qualche giorno prima e descritta dagli agenti di polizia.

Il tutto doveva trovare inquadramento nell’ambiente degradato culturalmente in cui vivevano i giovani coinvolti e alla luce della personalita’ della persona offesa, accertata in sentenza e risultante da informazioni di polizia agli atti.

2.2. Con il secondo motivo, proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il ricorrente lamenta carenza e contraddittorieta’ della motivazione, nonche’ travisamento della prova, quanto alle dichiarazioni rese e alle condotte poste in essere dalla parte civile.

Nella querela del 26/6/2008 il (OMISSIS) evidenziava solamente le lesioni subite, sottacendo la propria condotta aggressiva che aveva pur sempre cagionato al (OMISSIS) delle lesioni, non perseguite penalmente, regolarmente certificate dal Pronto Soccorso dell’Ospedale di (OMISSIS).

L’aggressione del (OMISSIS) era confermata dalla deposizione della teste (OMISSIS); anche il teste (OMISSIS) aveva visto il (OMISSIS) colpire un paio di volte l’imputato; il teste (OMISSIS) aveva descritto una aggressione reciproca che aveva fatto cadere a terra i due contendenti.

In siffatto contesto, anche alla luce del coinvolgimento del (OMISSIS) in attivita’ criminose, le dichiarazioni rese dalla parte civile, all’esito del necessario rigoroso scrutinio a cui dovevano essere sottoposte, non potevano essere considerate pienamente attendibili, visto l’interesse personale all’esito del processo.

2.3. Con il terzo motivo, proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il ricorrente lamenta mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione della motivazione, nonche’ travisamento della prova quanto alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 583, comma 1, n. 1 e comma 2, n. 4.

La Corte aveva ritenuto che dalle certificazioni mediche e dalle foto disponibili risultasse confermata l’asportazione parziale del padiglione auricolare dell’orecchio destro della persona offesa, dopo che il Giudice aveva respinto la richiesta di giudizio abbreviato condizionato anche all’esperimento di perizia medico legale.

Il certificato medico dell’Ospedale di (OMISSIS) indicava una prognosi di giorni 20, con la conseguente erroneita’ della contestazione dell’aggravante di cui all’articolo 583 c.p., n. 1, in difetto di una malattia superiore ai 40 giorni.

Non era dimostrato neppure lo sfregio permanente alla luce del certificato 15/7/2008 del dott. (OMISSIS) che riservava ogni giudizio sull’esito dell’attecchimento della complessa ricostruzione eseguita, pur segnalando il raggiungimento di un ottimo risultato estetico forse, ma non certamente, bisognoso di ulteriori ritocchi.

La stessa parte civile aveva accettato a totale tacitazione dei danni la somma di Euro 6.000,000, rimettendo conseguentemente la querela in data 17/2/2017.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’articolo 62 c.p., n. 2, quanto all’esclusione dell’attenuante della provocazione.

1.1. La Corte territoriale si e’ conformata alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale ai fini della configurabilita’ dell’attenuante della provocazione occorrono:

a) lo “stato d’ira”, costituito da un’alterazione emotiva che puo’ anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il “fatto ingiusto altrui”;

b) il “fatto ingiusto altrui”, che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarieta’ a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettivita’ in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilita’ personale;

c) un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta (ex multis: Sez. 1, n. 47840 del 14/11/2013, Saieva ed altri, Rv. 258454).

1.2. La Corte territoriale ha tuttavia preteso l’esistenza di un fattore scatenante che giustificasse l’esplosione dell’agente, comunque in qualche misura proporzionata e adeguata all’offesa, tale quindi da giustificare un nesso causale fra offesa e reazione.

Tale opinione e’ perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale al fine della sussistenza dell’attenuante della provocazione, sebbene non occorra una vera e propria proporzione tra offesa e reazione, e’ comunque necessario che la risposta sia adeguata alla gravita’ del fatto ingiusto, in quanto avvinta allo stesso da un nesso causale, che deve escludersi in presenza di un’evidente sproporzione (Sez. 1, n. 52766 del 13/06/2017, M C, Rv. 271799; Sez. 1, n. 1214 del 06/11/2008 – dep. 2009, Sanchez Sanchez, Rv. 242622; Sez. 1, n. 701 del 03/11/1997 – dep. 1998, Caruso L, Rv. 209402; Sez. 1, n. 11185 del 06/07/1994, Marchetti, Rv. 199609; Sez. 1, n. 1305 del 15/11/1993 – dep. 1994, Marras, Rv. 197245).

Infatti occorre tener conto del criterio dell’adeguatezza come parametro utile alla valutazione dello stato d’animo del reo che, nel caso di evidente sproporzione, tradisce sentimenti e stati psicologici diversi dallo stato d’ira (Sez. 5, n. 24693 del 02/03/2004, Vannozzi, Rv. 228861).

La circostanza attenuante della provocazione di cui all’articolo 62 c.p., n. 2 non ricorre pertanto ogniqualvolta la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere lo stato d’ira ovvero il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira, pur non essendo il concetto di adeguatezza e proporzione connotato della circostanza attenuante medesima (Sez. 1, n. 30469 del 15/07/2010, Luciano’, Rv. 248375).

1.3. La Corte territoriale ha ritenuto che le condotte attribuite dal (OMISSIS) al (OMISSIS), secondo cui la vittima dell’aggressione avrebbe in precedenza parlato male di lui, definendolo infame e spione, erano state riferite in modo inattendibile e generico ed erano comunque risalenti, difettando quindi una relazione causale fra offesa e reazione.

Per altro verso, e’ stato accertato, in modo conforme dalle due sentenze di merito, che quella sera non era occorso alcun preventivo contrasto fra (OMISSIS) e (OMISSIS) e che era stato il (OMISSIS) ad andare a cercare la vittima e ad aggredirla con violenza.

Il fatto poi che il (OMISSIS) avesse parlato male del (OMISSIS) era stato smentito anche dal teste (OMISSIS), ossia dalla persona che, secondo l’imputato, gli aveva riferito le male parole del (OMISSIS).

In altri e piu’ chiari termini, la Corte di appello ha ritenuto che la preventiva offesa da parte del (OMISSIS) non fosse stata adeguatamente dimostrata e, quand’anche esistente, fosse comunque separata da un consistente intermezzo temporale, si’ che la violenta aggressione perpetrata dall’imputato non potesse trovare spiegazione causale adeguata in tale comportamento attribuito alla vittima.

1.4. Il ricorrente contesta la ricostruzione del fatto storico effettuata dalla Corte di appello e l’esclusione che la persona offesa avesse previamente insultato il (OMISSIS) come infame, reputando inattendibili in modo superficiale le dichiarazioni dell’imputato e della sua fidanzata, la teste (OMISSIS).

Tali recriminazioni del ricorrente mirano a sollecitare inammissibilmente dalla Corte di Cassazione una non consentita rivalutazione del fatto motivatamente ricostruito dal Giudice del merito, senza passare, come impone l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), attraverso la dimostrazione di vizi logici intrinseci della motivazione (mancanza, contraddittorieta’, illogicita’ manifesta) o denunciarne in modo puntuale e specifico la contraddittorieta’ estrinseca con “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”.

I limiti che presenta nel giudizio di legittimità il sindacato sulla motivazione, si riflettono anche sul controllo in ordine alla valutazione della prova, giacche’ altrimenti anziché verificare la correttezza del percorso decisionale adottato dai Giudici del merito, alla Corte di Cassazione sarebbe riservato un compito di rivalutazione delle acquisizioni probatorie, sostituendo, in ipotesi, all’apprezzamento motivatamente svolto nella sentenza impugnata, una nuova e alternativa valutazione delle risultanze processuali che ineluttabilmente sconfinerebbe in un eccentrico terzo grado di giudizio. Da qui, il ripetuto e costante insegnamento (Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 5, n. 44914 del 06/10/2009, Basile e altri, Rv. 245103) in forza del quale, alla luce dei precisi confini che circoscrivono, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il controllo del vizio di motivazione, la Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare, sulla base del testo del provvedimento impugnato, se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.

Non e’ quindi sindacabile in sede di legittimita’, salvo il controllo sulla congruita’ e logicita’ della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilita’ delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D’Ippedico e altro, Rv. 271623; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Cammarata e altro, Rv. 270519).

Il Collegio in materia di vizio di motivazione ribadisce che il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima:

a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia “manifestamente illogica”, perche’ sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilita’ logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Non sono quindi deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria.

1.5. Il ricorrente lamenta che non sia stato dato seguito alla richiesta di giudizio abbreviato condizionato all’escussione della teste (OMISSIS) in ordine ad un precedente episodio, emergente anche dall’annotazione di polizia giudiziaria del 26/6/2008, relativo ad un tentato investimento in moto da parte della persona offesa che aveva fatto cadere con pericolosa manovra la moto su cui si trovavano l’imputato e la (OMISSIS).

E tuttavia e’ stato l’imputato a optare comunque per il giudizio abbreviato non condizionato, rinunciando al rito ordinario dibattimentale e alla relativa ampia facolta’ di prova; per altro verso, le circostanze esposte, comunque indimostrate, si riferiscono un fatto modesto e risalente, del tutto inidoneo a correlarsi causalmente con la reazione aggressiva violenta per cui e’ processo, tanto piu’ che il ricorrente stesso ne individua altrimenti le ragioni.

1.6. Non e’ poi vero che dalla testimonianza del teste (OMISSIS) risultasse poi che effettivamente la lite era scaturita dal fatto che il (OMISSIS) aveva parlato male dell’imputato; secondo il (OMISSIS), l’imputato lo aveva accusato di aver parlato male di lui, ma la vittima non ha affatto confermato tale circostanza e il teste (OMISSIS) ha rassicurato la persona offesa, negando di averla accusata di aver sparlato dell’imputato.

Il ricorrente poi, invocando la deposizione del teste (OMISSIS) e la stessa querela proposta dalla persona offesa, confonde l’origine della lite, cosi’ come da lui scatenata effettivamente lamentando una presunta offesa da parte del (OMISSIS), e la prova del comportamento ingiusto precedente della vittima, invece processualmente carente; del pari, non vi e’ alcuna prova neppure che al (OMISSIS) fosse stata riferita falsamente l’offesa arrecatagli dal (OMISSIS), visto che il teste (OMISSIS), presunto relatore, ha sconfessato tale versione dei fatti.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta carenza e contraddittorieta’ della motivazione, nonche’ travisamento della prova quanto alle dichiarazioni rese e alle condotte poste in essere dalla parte civile.

Il ricorrente sottolinea che nella querela del 26/6/2008 il (OMISSIS) aveva evidenziato solamente le lesioni subite, sottacendo la propria condotta aggressiva, che aveva pur sempre cagionato al (OMISSIS) delle lesioni, non perseguite penalmente, regolarmente certificate dal Pronto Soccorso dell’Ospedale di (OMISSIS).

L’aggressione del (OMISSIS) era confermata dalla deposizione della teste (OMISSIS); anche il teste (OMISSIS) aveva visto il (OMISSIS) colpire un paio di volte l’imputato; il teste (OMISSIS) aveva descritto una aggressione reciproca che aveva fatto cadere a terra i due contendenti.

In siffatto contesto anche alla luce del coinvolgimento del (OMISSIS) in attivita’ criminose, le dichiarazioni rese dalla parte civile, all’esito del necessario rigoroso scrutinio a cui dovevano essere sottoposte, non potrebbero essere considerate pienamente attendibili, visto l’interesse personale all’esito del processo.

Il motivo tende a richiedere alla Corte di Cassazione inammissibilmente una diversa e alternativa ricostruzione del fatto e non si confronta comunque adeguatamente con il contenuto della motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza, infatti, sulla base delle convergenti dichiarazioni dei testi, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) aveva chiarito che era stato il (OMISSIS) a scagliarsi contro il (OMISSIS), accusandolo di aver parlato male di lui e a colpirlo ripetutamente;

che vi era stata anche una reazione del (OMISSIS) che aveva cercato di ripararsi e era riuscito a colpire al viso l’aggressore (particolare riferito dal teste (OMISSIS));

che i due erano rotolati a terra nella colluttazione e che in quel frangente il (OMISSIS) aveva morso l’orecchio del (OMISSIS), amputandogli parzialmente il padiglione auricolare destro.

Manca quindi un approccio critico pertinente rispetto alla decisione impugnata che non ha affatto escluso che anche (OMISSIS), sia pure solo in occasione e nel contesto della propria reazione difensiva, abbia colpito il (OMISSIS).

3. Con il terzo motivo, proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il ricorrente lamenta mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione della motivazione, nonche’ travisamento della prova quanto alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 583, comma 1, n. 1 e comma 2, n. 4.

La Corte aveva ritenuto che dalle certificazioni mediche e dalle foto disponibili risultasse confermata l’asportazione parziale del padiglione auricolare dell’orecchio destro della persona offesa, dopo che il Giudice aveva respinto la richiesta di giudizio abbreviato condizionato anche all’esperimento di perizia medico legale.

Il certificato medico dell’Ospedale di (OMISSIS) indicava una prognosi di giorni 20, con la conseguente erroneita’ della contestazione dell’aggravante di cui all’articolo 583 c.p., n. 1, in difetto di una malattia superiore ai 40 giorni.

Non era dimostrato neppure lo sfregio permanente alla luce del certificato 15/7/2008 del dott. (OMISSIS) che riservava ogni giudizio sull’esito dell’attecchimento della complessa ricostruzione eseguita, pur segnalando il raggiungimento di un ottimo risultato estetico forse, ma non certamente, bisognoso di ulteriori ritocchi.

La stessa parte civile aveva accettato a totale tacitazione dei danni la somma di Euro 6.000,000, rimettendo conseguentemente la querela in data 17/2/2017.

3.1. In primo luogo non sussiste l’interesse all’eliminazione delle aggravanti giudicate sub-valenti, in sede di bilanciamento con le attenuanti generiche in massima estensione, e pertanto prive di effetti sul trattamento sanzionatorio.

Appare infatti inammissibile, per carenza di interesse, l’impugnazione dell’imputato volta esclusivamente ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante, quando la stessa sia gia’ stata ritenuta sub-valente rispetto alle circostanze attenuanti concorrenti e non abbia prodotto alcun effetto di aggravamento sanzionatorio (Sez. 4, n. 27101 del 21/04/2016, Debilio, Rv. 267442; Sez. 2, n. 38697 del 24/06/2015, Ndiaye, Rv. 264803; Sez. 3, n. 3214 del 22/10/2014 – dep. 2015, A, Rv. 262022).

Ne’, per altro verso, il ricorrente allega e dimostra la sussistenza di un interesse, giuridicamente apprezzabile, concreto e attuale, all’eliminazione delle aggravanti sterilizzate sul piano sanzionatorio.

3.2. In ogni caso, la Corte territoriale ha ampiamente motivato circa la sussistenza dello sfregio permanente, facendo puntuale applicazione di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo cui, in tema di lesioni gravissime, integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la piu’ grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d’ilarita’, anche se non di ripugnanza, secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilita’ (Sez. 5, n. 32984 del 16/06/2014, Sangregorio e altro, Rv. 261653; Sez. 5, n. 21998 del 16/01/2012, Cipolla, Rv. 252952; Sez. 5, n. 26155 del 21/04/2010, Barbetta, Rv. 247892; Sez. 4, n. 12006 del 04/07/2000, Benuzzi e ed altro, Rv. 217897).

La valutazione in concreto della sussistenza del predetto turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso compete al giudice del merito, chiamato ad esprimere un giudizio che non richiede speciali competenze tecniche, proprio perche’ ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilita’ (nel caso formulato direttamente dal Giudice).

E’ quindi solo per completezza, che val la pena di rammentare che recentemente questa Corte ha avallato una decisione di merito che aveva ritenuto integrare lo sfregio permanente nel distacco, mediante morso, di una parte sensibilmente inferiore dell’orecchio, ossia di parte del lobo, rispetto al caso qui in esame (Sez. 5, n. 21998 del 16/01/2012, Cipolla, Rv. 252952).

3.3. La Corte ha inoltre richiamato esattamente l’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale rileva ad escludere il carattere permanente dello sfregio la possibilita’ di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale (Sez. 5, n. 26155 del 21/04/2010, Barbetta, Rv. 247892; Sez. 4, n. 3895 del 01/12/1972 – dep. 1973, Rastelli, Rv. 124106).

3.4. Quanto alla durata della malattia il ricorrente contrasta gli assunti della Corte di appello in modo del tutto generico, facendo leva sulla prima prognosi orientativa rilasciata dal pronto Soccorso dell’Ospedale di (OMISSIS) e smentita dalle certificazioni mediche successive, su cui ha fatto leva la sentenza impugnata.

4. Il ricorso va quindi rigettato; ne consegue la condanna del ricorrente ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.