Le questioni giurisdizionali sulle quote latte chi le decide? Il giudice ordinario o il giudice amministrativo?

(Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 12 aprile 2016, n. 7113)

Svolgimento del processo

U.P. , titolare di un’azienda agricola, nell’anno 1995 acquisiva a mezzo di due contratti di compravendita e di affitto di azienda, trasmessi ai sensi dell’art. 10 della L. n. 468/1992 all’AIMA e alla Regione Emilia Romagna, quote latte che le venivano riconosciute dalla Regione per complessivi Kg. 86.500 per le campagne lattiere 1995/1996, 1996/1997, 1997/1998 e, in base a dette quote, provvedeva al conferimento del prodotto al Caseificio Santa Vittoria s.c.a.r.l..

Senonché in data 8 luglio 1999 l’AIMA (oggi AGEA) comunicava alla U. che le sue quote latte, relativamente alle campagne 1995/1996 e 1996/1997 erano state azzerate con effetto retroattivo e le richiedeva a titolo di superprelievo sulle consegne, per la campagna 1996/1997 (che qui rileva), il pagamento di L. 63.045.220 e di L. 5.736.580 per la campagna 1995/1996: ciò in quanto la Commissione del Riesame di Piacenza, con provvedimento del 18.07.1998, aveva ritenuto la natura fittizia dei citati contratti di affitto e di acquisto di quote latte.

L’U. proponeva, dunque, ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. innanzi al Tribunale di Bologna, chiedendo e ottenendo che venisse ordinato al Caseificio Santa Vittoria di non pagare il superprelievo.

Nel successivo giudizio di merito promosso dalla stessa U. nei confronti del Caseificio e dell’AGEA, si costituiva solo quest’ultima, sollevando eccezione di difetto di giurisdizione; quindi, con sentenza n. 5337 in data 25.08.2003, il Tribunale rigettava le domande di parte attrice, per la considerazione che il superprelievo dipendeva da una revoca della quota latte effettuata dalla Commissione regionale del riesame, nell’esercizio di un potere amministrativo discrezionale, non sindacabile dall’AGO.

La decisione, gravata da impugnazione della U. , nella persistente contumacia del Caseificio Santa Vittoria, era parzialmente riformata dalla Corte di appello di Bologna, la quale con sentenza in data 16.02.2014, n.415 così provvedeva: dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda proposta dall’appellante U.P. relativa al superprelievo sulle consegne di latte vaccino per l’annata 1996/1997; dichiarava che U.P. era titolare di una quota latte di kg 10.000 per l’annata 1996/1997; condannava la U. al pagamento delle spese del doppio grado.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione U.P. , svolgendo tre motivi.

Ha resistito l’AGEA, depositando controricorso.

Nessuna attività difensiva è stata svolta del Caseificio Santa Vittoria.

Motivi della decisione

1. La decisione impugnata si basa sulle seguenti argomentazioni:

le domande proposte dalla U. con l’atto introduttivo del giudizio erano due: una prima domanda, diretta a far dichiarare illegittimo e non dovuto il superprelievo sulle consegne del latte vaccino per l’annata lattiera 1996/1997, preteso dall’AIMA (poi AGEA) in ragione di L. 63.045.220, con conseguente definitivo ordine al Caseificio Santa Vittoria di non provvedere al pagamento del superprelievo per la stessa annata;

una seconda domanda autonoma di accertamento che essa U.P. era titolare per la campagna 1996/1997 di una quota latte “A” per consegne pari a kg 86.500; inoltre tra le due domande vi era un evidente rapporto di pregiudizialità, posto che l’applicazione del superprelievo era per la gran parte conseguente della disposta revoca e azzeramento con effetto retroattivo della quota latte precedentemente riconosciuta per kg 85.500; infatti la U. aveva avuto una produzione di latte di kg. 89.642 a fronte della revoca della precedente assegnazione di quota latte di kg 85.500;

era fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata da AGEA relativamente alla domanda avente ad oggetto il superprelievo; ciò in quanto la cognizione della controversia relativa all’applicazione del prelievo supplementare sul latte conferito in eccedenza rispetto alla quota assegnata a ciascun produttore caseario non ha natura di sanzione amministrativa, con la conseguenza che non trova applicazione alle controversie concernenti detti prelievi la legge n. 689/81, la quale attribuisce al giudice ordinario la cognizione sull’opposizione alle sanzioni amministrative, dovendosi al contrario ritenere sussistente, riguardo ad esse, la giurisdizione amministrativa; e nel caso di specie, l’esubero era stato ritenuto in forza di un provvedimento, seppure emesso successivamente e con effetto retroattivo, avente ad oggetto la revoca e l’azzeramento della quota latte precedentemente attribuita;

le controversie che hanno ad oggetto la quota di riserva attribuita sulla base dei criteri posti (o ricavabili) dalla legge e senza l’esercizio di poteri autoritativi discrezionali, appartengono al G.O., mentre sono riservate al G.A. allorquando sia contestato l’esercizio dei poteri autoritativi della P.A.; nel caso di specie la U. faceva valere l’interesse al mantenimento della quota latte, per cui si applicava il principio affermato da Sez. Unite n. 20929/2011 e n.2635/2009 che riconosceva la giurisdizione ordinaria nelle controversie in cui si discute della spettanza delle quote di riserva, potendo il giudice disapplicare il provvedimento amministrativo laddove ritenuto illegittimo; sotto questo profilo il Tribunale aveva errato a ritenere non sindacabile da parte del G.O. il provvedimento della Commissione regionale del riesame di Piacenza in data 18.07.1998, non avendo correttamente valutato la natura della posizione giuridica fatta valere dalla U. e del potere esercitato dall’autorità amministrativa;

la Commissione regionale di riesame di Piacenza aveva revocato le quote latte in precedenza attribuite alla U. , ritenendo che i contratti di compravendita e di affitto dalla stessa stipulati fossero fittizi; si trattava, dunque, di valutazione dei documenti contrattuali effettuati dalla P.A. senza l’esercizio di poteri autoritativi; senonché la documentazione prodotta smentiva la valutazione della Commissione in ordine alla mancata giustificazione della reale conduziontdei terreni, anche se – relativamente al contratto di acquisto del 24.11.1995 – le parti avevano concordato che la validità del contratto era “subordinato all’esito positivo dei controlli che la Regione Emilia Romagna e l’E.I.M.A. sono tenuti ex lege ad esercitare” (art.5) e che “nel caso in cui il presente contratto non fosse ritenuto valido dagli Enti indicati dal punto precedente lo stesso decadrà automaticamente” (art. 6).

Sulla base di tale ultimo rilievo e della considerazione che risultava essersi verificata la condizione cui era subordinata la risoluzione della cessione della quota di Kg.76.500, la Corte di appello ha, quindi, limitato l’affermazione della titolarità della quota latte da parte della U. all’importo di kg 10.000, con parziale disapplicazione del provvedimento amministrativo, ritenuto per questa parte illegittimo.

1.1. Il primo motivo di ricorso è attinente alla giurisdizione ai sensi dell’art. 360 n. 1 cod. proc. civ..

Al riguardo parte ricorrente deduce che – in base a principi affermati da questo giudice di legittimità (Sez. unite n. 2635 del 2009; 20929 e 20930 del 2009) che la Corte territoriale ha mostrato di conoscere e di ritenere applicabili alla specie – la giurisdizione apparteneva al G.O., per cui vi sarebbe un contrasto tra motivazione e dispositivo della sentenza “così netto da far addirittura pensare ad un errore materiale nella stesura della stessa”; e ciò in quanto nel dispositivo la Corte di appello declina la giurisdizione in ordine al superprelievo, peraltro procedendo poi a pronunciarsi nel merito; rileva, altresì, che, come peraltro affermato anche dalla Corte di appello, tra la domanda volta ad accertare la titolarità delle quote e quella volta ad ottenere la disapplicazione del provvedimento AIMA, vi era un evidente rapporto di pregiudizialità; risultando una conseguenza dell’altra; in sostanza la Corte di appello non doveva decidere direttamente sulla legittimità del provvedimento, ma disapplicarlo.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) in particolare in relazione agli artt. 1453, 1361, 1421 cod. civ. 99.100,101, 102, 112, 329, 342, 345 e 346 cod. proc. civ. Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia sollevato di ufficio un’eccezione in ordine alla condizione risolutiva del contratto di affitto che poteva essere fatta valere solo dalle parti contraenti e che non era stata oggetto di domanda o di eccezione nel corso del giudizio, né di domanda stragiudiziale e che neppure poteva ritenersi verificata una volta che era stata accertata l’illegittimità della decisione della Commissione provinciale del riesame, anche perché del tutto impropriamente nella clausola si faceva riferimento alla validità piuttosto che all’efficacia.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia nullità della sentenza e del procedimento (ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.. Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello non si sia pronunciata sulla domanda volta a ordinare al Caseificio Santa Vittoria di non provvedere al pagamento del superprelievo; e ciò neppure per la quota di kg 10.000 di cui è stata riconosciuta titolare e sebbene detta domanda costituisse il vero interesse della ricorrente.

2. Il primo motivo di ricorso, attinente alla questione di giurisdizione, (in tesi) trattata in maniera talmente contraddittoria da dare adito al sospetto di errore materiale, va esaminato unitamente al terzo, per la stretta connessione delle problematiche proposte; ed invero la Corte territoriale non ha omesso di pronunciarsi sulla domanda relativa al superprelievo, ma ha ritenuto che essa esulasse dalla propria giurisdizione.

2.1. Va premesso che – come emerge dalla decisione impugnata, oltre che dalle allegazioni delle parti – si tratta di controversia introdotta innanzi al Tribunale di Bologna nell’anno 1999, in dipendenza dell’”azzeramento” (revoca con effetti retroattivi) intervenuto nel luglio di quello stesso anno delle quote latte, in precedenza riconosciute alla U. , con conseguente applicazione del superprelievo.

Ciò posto e avuto riguardo alla data di proposizione del giudizio, vanno qui ribaditi principi da tempo consolidati nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. Unite 14 ottobre 2004, n. 20254; Sez. Unite, 18 novembre 2005, n. 23355; Sez. Unite, ord. 11 agosto 2009, n. 18199), secondo cui la questione di giurisdizione deve trovare risoluzione alla stregua dell’ordinario criterio di riparto derivante dalla natura della situazione – di interesse legittimo ovvero di diritto soggettivo – dedotta in giudizio. In particolare, nessun rilievo può ascriversi all’art. 1, comma 551 della legge n. 311 del 2004 il quale, nel disporre che “i provvedimenti amministrativi relativi alle misure comunitarie sono impugnabili con i rimedi previsti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689” e, quindi, nell’attribuire a tali provvedimenti natura sanzionatoria, dettò (per il limitato periodo in cui rimase in vigore) una norma di natura esclusivamente sostanziale ed ininfluente sulla giurisdizione, destinata come tale a regolare soltanto i provvedimenti emessi successivamente alla sua entrata in vigore e non anche quelli deliberati anteriormente. Invero i diritti di prelievo supplementare sul latte vaccino e sui suoi derivati (prodotti lattiero-caseari), introdotti dal regolarmente CE n. 856/1984 (successivamente modificato e integrato da Reg. n. 3950/1992) al fine di riequilibrare tale settore di mercato, appartengono agli strumenti regolatori del mercato agricolo che non hanno natura sanzionatoria, così come ha stabilito la Corte di Giustizia con sentenze del 25 marzo 2004 pronunciate in via pregiudiziale, sull’interpretazione degli atti compiuti dalla CE, ai sensi dell’art. 234 (già art. 177) del Trattato.

Analogamente nessuna incidenza ha l’ulteriore ius superveniens rappresentato dall’art. 2-sexies, comma primo, del d.l. n. 63 del 2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 109 del 2005 (il cui comma 2, ha abrogato il suddetto art. 1, comma 551) e attributivo, a decorrere dalla data dell’entrata in vigore della legge di conversione (cioè dal 26 giugno 2005), alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative all’applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari; e ciò, giusta i criteri individuati dalla Corte costituzionale (vedi sentenza n. 204 del 2004), per la considerazione che nella materia si apprezzano non solo situazioni giuridiche aventi la consistenza del diritto soggettivo, ma anche situazioni di interessi legittimi correlati a profili autoritativi dell’azione amministrativa.

In tale prospettiva e nel rispetto del principio di cui all’art. 5 cod. proc. civ. la disposizione del comma 3 dello stesso art. 2-sexies, nel prevedere che “restano devoluti alla competenza dei giudici ordinari” i giudizi in tale materia introdotti prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, dev’essere interpretata nel senso che – non sussistendo una precedente giurisdizione esclusiva dell’A.G.O. e operando il criterio di riparto imperniato sulla natura della situazione giuridica soggettiva – la giurisdizione del giudice ordinario deve ritenersi confermata esclusivamente per il caso che la stessa sussistesse in base a detto criterio e, dunque, qualora la controversia inerisse a diritti soggettivi, mentre compete all’A.G.A. per il caso che riguardasse interessi legittimi.

Ne consegue che, in riferimento ad atti con i quali l’AIMA (cui è succeduta l’AGEA) aveva determinato l’ammontare dei diritti di prelievo supplementare a carico della parte privata, che aveva effettuato consegne di latte eccedenti la quota assegnatale, le controversie introdotte (come quella in oggetto) anteriormente alla legge n. 109 del 2005 (ed anche dell’ora abrogato art. 1, comma 551 legge n. 311 del 2004), in quanto censurino detti atti come espressione di poteri discrezionali della P.A. e non relativamente ad aspetti riguardo ai quali la legge definiva in modo compiuto e definitivo i contenuti dell’azione amministrativa, ineriscono a interessi legittimi e, pertanto, sono soggette alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo (cfr. Cass. Sez. Unite n.23355 del 2005 cit.); mentre la giurisdizione del giudice ordinario viene confermata per quelle controversie anteriori soltanto se già sussisteva in base alla natura delle posizioni soggettive e, cioè, se trattasi di controversia nelle quali il privato fa valere l’interesse al mantenimento della titolarità della quota latte, sulla base di criteri posti (o ricavabili) dalla legge e senza l’esercizio di discrezionalità amministrativa (cfr. Cass. Sez. Unite n. 12 dicembre 2006, n. 26421), come nel caso in cui si pone una questione relativa alla validità dei contratti intercorsi tra privati, rispetto alla quale l’amministrazione non esercita poteri autoritativi discrezionali diretti a valutare la compatibilità delle vicende contrattuali con interessi di ordine generale, ma ha esclusivamente poteri di accertamento dei fatti, in particolare di interpretazione dei documenti contrattuali e della loro qualificazione giuridica (cfr. Cass. Sez. Unite n. 20929 del 2011 cit.).

2.2. Tanto premesso e rilevato che la Corte territoriale ha ricostruito il tenore della citazione introduttiva del giudizio in termini non specificamente attinti da parte ricorrente, individuando (come evidenziato nella sintesi sub 1.) due distinte domande – di cui l’una, intesa a coinvolgere, in via principale, il momento applicativo del superprelievo e l’altra, la consistenza di una situazione di diritto soggettivo, qual è, per l’appunto, la titolarità della quota latte – non è dato ravvisare alcuna contraddizione tra la motivazione e il dispositivo, né alcuna incongruenza logico-giuridica, risultando la decisione impugnata conforme ai suesposti principi applicati alle distinte domande così enucleate. In tale prospettiva è stata, infatti, correttamente declinata la giurisdizione in favore del giudice amministrativo sulla prima domanda, siccome involgente l’esercizio di poteri autoritativi discrezionali con l’applicazione del superprelievo (peraltro per un quantitativo, di kg 86.642, sia pure di poco, superiore alle quote “azzerate”, pari a kg 86.500); mentre è stata affermata la giurisdizione ordinaria sull’altra domanda, con la quale si richiedeva l’accertamento della titolarità delle quote-latte, per la sua attinenza a posizione riconoscibile come diritto soggettivo.

Il primo e il terzo motivo vanno, dunque, rigettati.

3. È fondato, invece, il secondo motivo.

Invero la Corte territoriale – muovendo dal presupposto che le parti avessero condizionato “la risoluzione (art. 1353 cc.) del contratto di cessione di quote latte (…) all’eventuale esito negativo dei controlli in ordine alla validità dello stesso da parte dell’autorità amministrativa” – è incorsa in un duplice errore: e, precisamente, sotto il profilo processuale, per avere proceduto al rilievo di ufficio di una condizione individuata come risolutiva del rapporto, ancorché le eccezioni corrispondenti all’esercizio di un’azione costitutiva, come quella di risoluzione, costituiscano eccezioni in senso stretto, postulando la manifestazione di volontà della parte quale elemento integrativo della fattispecie (cfr. Cass. Sez. Unite, 27 luglio 2005, n. 15661); e sotto quello sostanziale, perché confondendo e sovrapponendo profili di validità e di efficacia del contratto di cessione di quote, ha finito per riconoscere efficacia risolutiva ad un accertamento amministrativo, pur ritenuto non vincolante quanto al rilievo della invalidità della cessione.

In conclusione vanno rigettati il primo e il terzo motivo di ricorso; mentre va accolto il secondo; ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e il terzo motivo di ricorso; accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.