Le Sezioni Unite della Cassazione respingono la competenza del giudice contabile nei confronti degli organi di una Fondazione (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sentenza 2 febbraio 2018, n. 2584).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente di Sez. –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6172/2015 proposto da:

N.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 154, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SPARANO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FILIPPO BENELLI e PIETRO MILAZZO;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

– controricorrente –

e contro

G.P., T.U., P.F., V.G., A.F.G.M., FONDAZIONE FESTIVAL PUCCINIANO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 494/2014 della CORTE DEI CONTI – 3^ SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 15/09/2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2017 dal Consigliere Dott. BRUNO BIANCHINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Pietro Milazzo.

Svolgimento del processo

La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Toscana, con sentenza 357/2000, condannò, tra gli altri, N.M., già presidente della Fondazione Festival Pucciniano in Viareggio, al pagamento della somma di Euro 85.092,65, rappresentante il pregiudizio economico cagionato alla Fondazione creata dal Comune viareggino con propri fondi – dall’affidamento di un incarico professionale di consulenza all’architetto I.I., finalizzato all’approntamento delle documentazione necessaria per la presentazione di una domanda di contributo alla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, per la realizzazione del progetto denominato “(OMISSIS)”.

In particolare era stato imputato al N. (assieme ad altri soggetti, del pari sottoposti all’azione contabile): di aver conferito all’ I. tre incarichi, di cui l’ultimo avrebbe costituito, per il suo oggetto, una sostanziale sovrapposizione dei precedenti; di non aver adottato la procedura dell’evidenza pubblica dalla quale sarebbe potuto derivare un ribasso compreso tra il 20 ed il 25%(percento) che si sarebbe riflesso anche sull’ammontare del compenso al professionista; di aver affidato l’incarico di responsabile unico del procedimento, al fine dell’attuazione e della gestione del “(OMISSIS)”, in successione, a due soggetti: di cui uno, privo di adeguato titolo tecnico di studio e il secondo, in conflitto di interessi in quanto appartenente alla Fondazione.

La terza Sezione giurisdizionale di Appello della Corte dei Conti, pur riducendo l’importo della condanna al N. in Euro 81.000, ne confermò la responsabilità per danno erariale, respingendo in particolare l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’appellante, in ragione della ritenuta configurabilità della fondazione quale società (o, più in generale: ente) in house, con la conseguente assoggettabilità alla responsabilità contabile.

Il N. ha proposto ricorso per motivi di giurisdizione, sostenendo la insussistenza di quella contabile; dei soggetti intimati il solo Procuratore Generale presso la Corte dei Conti ha svolto difese, notificando un controricorso; il ricorrente ha altresì depositato memoria.

Motivi della decisione

1 – Viene dedotta una carenza assoluta di giurisdizione in capo alla Corte dei Conti, sostenendosi l’avvenuta violazione dell’art. 103 Cost., comma 2 e art. 111 Cost. – che costituiscono il referente costituzionale della giurisdizione contabile-; dell’art. 362 c.p.c.; R.D. n. 1214 del 1934, artt. 52 e 53 e della L. n. 20 del 1994, art. 1 – che delineano i limiti soggettivi della responsabilità anzidetta.

2 – Viene contestato innanzi tutto che il patrimonio della Fondazione fosse integralmente pubblico, sostenendosi al contrario che esso si sarebbe alimentato, nel corso della esistenza dell’associazione, anche con contribuzioni private e che non sarebbe stato precluso statutariamente l’accesso a privati; si afferma poi che, proprio per tale potenziale partecipazione di privati alla gestione dell’ente, sarebbe da escludere il c.d. controllo analogo a quello che l’ente pubblico esercita sui soggetti ad esso vincolati da un rapporto di servizio; si sostiene altresì la mancanza del requisito dell’attività esclusiva o comunque prevalente svolta in favore dei soggetti pubblici, in quanto sarebbe stata prevista, per statuto, un’attività in favore di terzi.

3 – Il ricorso è fondato in ragione delle considerazioni di seguito esposte.

3 bis – In termini generali, il contenuto e i limiti della giurisdizione della Corte dei Conti in tema di responsabilità sono stati in origine delineati nel R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 che, all’art 13, statuiva che la Corte giudica sulla responsabilità per danni arrecati all’Erario da pubblici funzionari nell’esercizio delle loro funzioni; successivamente tale previsione è stata ampliata dalla L. 14 gennaio 1994, n. 20 che con l’art. 1, comma 4, ha statuito che il giudizio della Corte dei Conti è esteso alla responsabilità di amministratori e dipendenti pubblici anche per danni cagionati ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza.

A seguito di ciò si è assistito all’affidamento a soggetti privati della realizzazione di finalità una volta ritenute di pertinenza esclusiva degli organi pubblici: ciò ha influenzato anche l’approccio interpretativo di queste Sezioni Unite che, per evitare il rischio di un sostanziale svuotamento – o almeno di un grave indebolimento – della giurisdizione della Corte contabile in punto di responsabilità, hanno teso a privilegiare un approccio più “sostanzialistico”, sostituendo ad un criterio eminentemente soggettivo, che identificava l’elemento fondante della giurisdizione della Corte dei Conti nella condizione giuridica pubblica dell’agente, uno oggettivo, facente leva sulla natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie a tal fine adoperate.

Si è perciò affermato che, quando si discute del riparto della giurisdizione tra Corte dei Conti e giudice ordinario, occorre aver riguardo al rapporto di servizio tra l’agente e la pubblica amministrazione, ma che per tale può intendersi anche una relazione con la pubblica amministrazione caratterizzata dal fatto di investire un soggetto, altrimenti estraneo all’amministrazione medesima, del compito di porre in essere in sua vece un’attività, senza che rilevi nè la natura giuridica dell’atto di investitura nè quella del soggetto che la riceve, sia essa una persona giuridica o fisica, privata o pubblica (Sez. Un. 3 luglio 2009, n. 15599; 31 gennaio 2008, n. 2289; 22 febbraio 2007, n. 4112; 20 ottobre 2006, n. 22513; 5 giugno 2000, n. 400; Sez. un., 30 marzo 1990, n. 2611).

E’ stato ricompreso nella giurisdizione contabile anche l’accertamento della responsabilità erariale conseguente all’illecito o indebito utilizzo, da parte di una società privata, di finanziamenti pubblici (Sez. Un 25 gennaio 2013, n. 1774; 9 gennaio 2013, n. 295, 5 giugno 2008, n. 14825) o per la responsabilità in cui può incorrere il concessionario privato di un pubblico servizio o di un’opera pubblica, quando la concessione investa il privato dell’esercizio di funzioni obiettivamente pubbliche, attribuendogli la qualifica di organo indiretto dell’amministrazione, onde egli agisce per le finalità proprie di quest’ultima (Sez. Un., n. 4112/07, cit.).

Nella medesima ottica, a partire dal 2003, le Sezioni Unite hanno ritenuto spettare alla Corte dei conti, dopo l’entrata in vigore della L. n. 20 del 1994 art. 1, u.c., la giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto la responsabilità di privati funzionari di enti pubblici economici (quali, ad esempio, i consorzi per la gestione di opere) anche per i danni conseguenti allo svolgimento dell’ordinaria attività imprenditoriale e non soltanto per quelli cagionati nell’espletamento di funzioni pubbliche o comunque di poteri pubblicistici (Sez. Un., 22 dicembre 2003, n. 19667).

Si è sottolineato che si esercita attività amministrativa non solo quando si svolgono pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall’ordinamento, si perseguono le finalità istituzionali proprie dell’amministrazione pubblica mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato; con la conseguenza si è precisato – che, nell’attuale assetto normativo, il dato essenziale che radica la giurisdizione della corte contabile è rappresentato dall’evento dannoso verificatosi a carico di una pubblica amministrazione e non più dal quadro di riferimento – pubblico o privato – nel quale si colloca la condotta produttiva del danno (Sez. Un., 25 maggio 2005, n. 10973; 20 giugno 2006, n. 14101; 1 marzo 2006, n. 4511; Cass. 15 febbraio 2007, n. 3367).

Se quanto appena osservato vale certamente per gli enti pubblici economici, i quali restano nell’alveo della pubblica amministrazione pur quando eventualmente operino imprenditorialmente con strumenti privatistici, occorre stabilire entro quali limiti alla medesima conclusione si debba pervenire anche nel diverso caso della responsabilità di amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico, le quali non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico.

La giurisprudenza ha chiarito che la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta.

Dall’identità dei diritti e degli obblighi facenti capo ai componenti degli organi sociali di una società a partecipazione pubblica, pur quando direttamente designati dal socio pubblico, logicamente discende la responsabilità di detti organi nei confronti della società, dei soci, dei creditori e dei terzi in genere, nei medesimi termini – contemplati dagli artt. 2392 c.c. e segg. – in cui tali diverse possibili proiezioni della responsabilità sono configurabili per gli amministratori e per gli organi di controllo di qualsivoglia altra società privata.

Tuttavia non resta esclusa in via definitiva anche la proponibilità dell’azione del procuratore contabile, tesa a far valere la responsabilità dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico quando questo sia stato direttamente danneggiato dall’azione illegittima.

Ma il danno inferto dagli organi della società al patrimonio sociale, che nel sistema del codice civile può dar vita all’azione sociale di responsabilità ed eventualmente a quella dei creditori sociali, non è idoneo a configurare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei Conti perché non implica alcun danno erariale, bensì unicamente un danno sofferto da un soggetto privato (appunto la società), riferibile al patrimonio appartenente soltanto a quel soggetto e non certo ai singoli soci – pubblici o privati – i quali sono unicamente titolari delle rispettive quote di partecipazione e i cui originari conferimenti restano confusi e assorbiti nell’unico patrimonio sociale.

L’esattezza di tale conclusione trova conferma anche nell’impossibilità di realizzare, altrimenti, un soddisfacente coordinamento sistematico tra l’ipotizzata azione di responsabilità dinanzi giudice contabile e l’esercizio delle azioni di responsabilità (sociale e dei creditori sociali) contemplate dal codice civile.

Come più volte messo in evidenza da questa Corte (vedi ex multis: Cass. Sez. Un. 2 settembre 2013 n. 20075), l’azione del procuratore contabile ha presupposti e caratteristiche completamente diverse dalle azioni di responsabilità sociale e dei creditori sociali contemplate dal codice civile: basta dire che l’una è obbligatoria, le altre discrezionali; l’una ha finalità essenzialmente sanzionatoria (onde non implica necessariamente il ristoro completo del pregiudizio subito dal patrimonio danneggiato dalla mala gestio dell’amministratore o dall’omesso controllo del vigilante), le altre hanno scopo ripristinatorio; l’una richiede il dolo o la colpa grave, e solo in determinati casi è esercitabile anche contro gli eredi del soggetto responsabile del danno; per le altre è sufficiente anche la colpa lieve ed il debito risarcitorio è pienamente trasmissibile agli eredi.

3 ter- In definitiva può affermarsi che – ai fini del reparto di giurisdizione – non è rilevante il carattere soggettivo, quanto piuttosto la natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie a tal fine adoperate (sul punto vedi Cas. Sez. Un. 20075/2013 cit.).

4 – Venendo alla fattispecie in esame è indubbio che la Fondazione Festival Pucciniano abbia natura di persona giuridica privata: essa ha, dunque, un proprio patrimonio, nel quale sono confluite anche risorse pubbliche, ma che ha assunto una propria autonomia – come nè è prova evidente il fatto che l’attività oggetto di censura era diretta a consentire di predisporre una richiesta per un mutuo, poi concesso dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena – costituente la parte più cospicua dell’apporto finanziario necessario per la realizzazione del progetto ” (OMISSIS)”.

4 bis – Ne deriva che il pregiudizio economico che la Corte contabile imputa alla censurata gestione del ricorrente ridondava sul patrimonio della Fondazione Festival Pucciniano e non già su quello del Comune che originariamente l’aveva creata, così facendo venir meno il principale criterio di collegamento tra la responsabilità ed il soggetto su cui incideva il pregiudizio patrimoniale.

5 – A fronte di ciò appare superata la necessità della verifica della necessaria compresenza (sulla necessità della quale vedi, ex multis: Cass. Sez. Un. 22 dicembre 2016 n. 26643) dei tre presupposti od indici sintomatici dell’in house providing, come individuati dalla elaborazione giurisprudenziale – vedi Cass. Sez. Un. 22 dicembre 2016 n. 26643 (costituiti: 1 – dall’integrale detenzione del capitale sociale – o del patrimonio dell’ente – da parte di uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e dal contestuale divieto statutario di cederne le partecipazioni a privati; 2 – dal fatto che la società – o l’ente – esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; 3- dall’assoggettamento statutario della gestione a forme di controllo analoghe a quelle esercitata dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità ed intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile), non senza omettere di sottolineare che la stessa Procura Generale contabile esclude che nel caso di specie sia rinvenibile il c.d. controllo analogo, secondo la configurazione che di esso ha elaborato la giurisprudenza di questa Corte, nella partecipazione di delegati del Comune o della Provincia al consiglio di amministrazione ed al Collegio dei revisori della Fondazione.

6 – Si aggiunga, in termini più generali, che la figura dell’affidamento in house trova la sua precipua collocazione nell’ambito di attività economiche da svolgersi con criteri imprenditoriali e che proprio in tale ambito può trovare spazio l’analisi dell’ente al fine di rinvenire un agire sul mercato in termini concorrenziali con altri soggetti economici: situazione questa che va del tutto esclusa, in ragione della statutaria previsione della Fondazione, di non perseguire fini di lucro.

7 – Va pertanto cassata la impugnata decisione e dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, trattandosi di controversia compresa nella giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria; va omessa la regolazione delle spese, in quanto la Procura Generale contro ricorrente è parte solo in senso formale.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa la impugnata sentenza, dichiarando il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2018.

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