Lettera Aperta sul caso Stefano Cucchi scritto dal medico del Pertini Flaminia Bruno.

Ho deciso di scrivere questa lettera dopo lunga riflessione. Cio che mi ha finalmente motivato è l’indignazione rispetto alla falsità ed ipocrisia con cui il caso del povero Stefano Cucchi continua ad essere orchestrato.

Un giovane che probabilmente ha subito soprusi per tutta la vita, anche dopo la morte è stato usato per costruire un teorema orribile fondato sulle menzogne: sei medici e tre infermieri si sarebbero accordati per volontariamente lasciar morire un giovane tossicodipendente per coprire il fatto che tre agenti di polizia penitenziaria gli avrebbero inferto delle lesioni. TERRIBILE.

Finora ho confidato nel fatto che la magistratura prendesse atto dell’assurdità di queste accuse e che avendo i giornalisti presenziato tutte le udienze preliminari venisse riportato quanto era emerso in fase preprocessuale ovvero che sia le perizie che le accuse rivolte ai medici fossero prive di fondamento o quanto meno discutibili. Non un giornalista che fosse uno ha riportato quanto emergeva giorno dopo giorno nel corso delle udienze preliminari. PERCHE’?

Ciò non è avvenuto e con estrema diciamo “serenità d’animo” siamo stati tutti rinviati a giudizio con le medesime orrende accuse basate su presupposti inesistenti (l’incapacità di intendere e di volere del ragazzo, l’intenzione di voler lasciare privo di assistenza un paziente, l’intenzione di voler fuorviare le indagini per nascondere l’accaduto). Grazie poi al fatto che non siamo stati accusati di negligenza ma di abbandono di incapace (poco importa che il ragazzo non fosse incapace e noi non lo avessimo mai abbandonato) si è riusciti a far finire il processo in CORTE D’ASSISE, composta prevalentemente da giudici popolari ovvero comuni cittadini. In un caso mediatico di tal fatta, costruito a tavolino giorno per giorno ciò è quantomeno diabolico poiché grazie alla stampa l’opinione pubblica ha oramai già deciso che noi medici siamo i colpevoli.

Ho quindi deciso di uscire da questa omertà e portare alla luce alcuni semplici elementi che fa tanto comodo tenere nascosti.

Le foto del giovane.

Le foto di Stefano Cucchi pubblicate su internet, sono le foto effettuate dopo l’autopsia ovvero a distanza di 24 ore dalla morte (intervallo di tempo obbligatorio stabilito dalla legge), dopo che e’ il suo corpo è stato aperto e sezionato, gli organi interni prelevati per essere esaminati.

Le macchie sulla schiena non sono lividi ma macchie ipostatiche ovvero la colorazione blu delle zone declivi del corpo che avviene naturalmente a partire da 30 minuti dopo la morte. Le visite mediche né al Pertini né al Fatebenefratelli hanno mai trovato simili lividi sulla schiena: è descritto solo un piccolo livido perigluteo. L’autopsia parla di “piccole escoriazioni al livello lombare para sacrale e del gluteo-desto”.

Potrebbe sembrare una precisazione accademica alla luce del fatto che le fratture vertebrali testimoniano che il trama sia avvenuto (trauma che al personale medico il ragazzo ha dichiarato risalisse a circa 20 giorni prima, a seguito di una caduta accidentale dalle scale). Quindi perché far credere che la sua schiena fosse anche cosi’ visibilmente martoriata? Forse perché’ in tal modo ancora una volta si e’ potuto far passare il messaggio, che ora e’ convinzione assoluta, che i medici avrebbero ignorato i segni cosi drammaticamente evidenti di un pestaggio.

Possibile poi che chi ha diffuso le foto non sapesse tutto questo? E’ cosi’ difficile capire che a 24 ore dalla morte e dopo un’autopsia, un corpo appare irriconoscibile?

Non sta a me stabilire come e quando abbia riportato il trauma delle vertebra lombare e coccigea ma non sopporto più che si continui ad affermare il falso facendo passare delle macchie ipostatiche come dei lividi.

In funzione del fatto che il ragazzo presentava tale frattura vertebrale abbiamo invece agito di conseguenza richiedendo una visita ortopedica urgente, radiografia vertebrale, instaurato terapia antalgica e disposto il riposo a letto per stabilizzare la frattura secondo quanto indicato dallo specialista ortopedico.

Il ragazzo presentava delle ecchimosi attorno agli occhi, per cui abbiamo richiesto una visita oculistica (l’oculista è venuto in sede affinché il ragazzo non venisse mobilizzato ponendo a rischio la stabilità della frattura vertebrale). Ebbene il ragazzo purtroppo cacciò via i medici e non volle farsi visitare. Così come rifiutò di sottoporsi a TAC cranio richiesta per escludere un sanguinamento intracranico.

Le sevizie avvenute al Pertini

Un giorno al telegiornale nazionale hanno fatto vedere le mani del Cucchi che presentavano ulteriori segni di decomposizione post mortem e quei segni fatti passare per bruciature che gli sarebbero state procurate magari proprio al Pertini. Si è parlato di atroci torture cui lo avremmo sottoposto. Ovviamente non era vero e la perizia medico legale ha ampiamente escluso che si trattasse di ustioni da sigaretta , quanto piuttosto anche questa volta di fenomeni post mortem. Anche in questo caso nessun giornalista ha poi smentito la notizia a seguito del risultato dell’autopsia.

COSA C’E’ DIETRO TUTTA QUESTA OSTINAZIONE A MENTIRE?

Ma i medici non hanno fatto proprio niente?

Noi siamo riusciti a sottoporlo a visita ortopedica, effettuare la radiografia alla schiena, i prelievi ematici, somministrare gli anti-dolorici e farmaci per l’epilessia; il ragazzo ha sistematicamente rifiutato ogni altro nostro trattamento e indagine proposta: ECG, TAC cranio, ecografia addominale, reidratazione per via endovenosa, visita internistica quotidiana, visita oculistica. È chiaro che in questo modo un medico ha le mani legate.

Abbiamo insistito ripetutamente ad ogni occasione che lui mangiasse e bevesse, gli abbiamo procurato un vitto personalizzato per celiaci in quanto lui dichiarava di essere celiaco. Ora al fine di non riconoscere che al personale medico non è stato possibile operare per prevenire un evento che comunque non era atteso e le cui cause restano tuttora sconosciute si è detto che il ragazzo era incapace (di intendere e di volere) per cui i suoi rifiuti non dovevano essere presi in considerazione.

La legge Italiana infatti non consente che siano praticati trattamenti medici di alcun tipo senza il consenso del paziente ammesso che questo sia appunto in grado di intendere e di volere.

Se il giudizio clinico di tutti i medici che hanno avuto in cura il ragazzo e che lo hanno giudicato nel pieno delle proprie facolta’ mentali non conta, come pare di capire dalle accuse, forse allora puo’ avere maggiore valore scientifico la registrazione del suo arresto messa in rete ed accessibile a tutti , in cui il giovane risulta assolutamente vigile, lucido ed orientato, risponde correttamente e congruamente a tutte le domande del giudice. Il giorno prima del decesso scrive una breve ma assolutamente lucida e composta lettera alla comunita’ di recupero cui apparteneva. Perchè nessuno si ribella di fronte a questo ulteriore affronto alla memoria di Stefano che strumentalmente viene definito incapace di intendere e di volere senza alcuna evidenza.

Ma perché rifiutava?

La sera prima di morire il ragazzo chiede di parlare con l’avvocato ed afferma che questa è la condizione perché accetti di essere curato. Il medico di turno si adopera immediatamente per far si che Stefano compili una richiesta formale di colloquio con l’avvocato. Ma perché al ragazzo, processato per direttissima una settimana prima ancora non era stato fissato un colloquio con l’avvocato? Da chi dipendeva che il fatto che l’avvocato si recasse a far visita al suo assistito? Questa domanda mi ossessiona, così come il perché la famiglia non sia riuscita ad avere accesso alla struttura. Perché non le è stato rilasciata l’autorizzazione?

Anche questa da chi dipendeva? Forse in questo modo si sarebbe potuto far leva sul ragazzo e convincerlo a farsi curare? Non è forse un punto centrale questo? Perché l’inchiesta non se ne è intenzionalmente preoccupata?

Purtroppo devo aggiungere che sono molti i pazienti che nel reparto penitenziario del Pertini rifiutano i trattamenti allo scopo di ottenere che la macchina della giustizia si muova. Questo rende il lavoro dei medici difficilissimo, trovandosi per cosi dire tra l’incudine ed il martello, da un lato la necessita’ di curare, dall’altra la legislazione che ripeto non consente al medico di praticare trattamenti senza il consenso del paziente in grado di intendere e di volere.

Ma perché il ragazzo è morto?

Il ragazzo muore in maniera inaspettata ed incomprensibile durante la notte. La perizia non è in grado di identificare la causa della morte. Non ravvede nelle lesioni traumatiche la causa della morte. Parla di un cucchiaino di zucchero, che gli avrebbe salvato la vita. La frase si commenta da sé, mi preme precisare: – il ragazzo beveva succhi di frutta che notoriamente contengono zucchero ed anche se non regolarmente si alimentava. Davvero qualcuno crede che 5 giorni di scarsa alimentazione provochino la morte?

Il ragazzo non ha mai presentato segni di ipoglicemia la quale peraltro passa attraverso una precisa sequenza di eventi che vanno dall’agitazione psicomotoria al coma.

Al contrario l’esame degli organi interni, in particolare del cuore ha rivelato un organismo fortemente e cronicamente debilitato.

Certo in questo paese è politicamente scorretto affermare che il consumo di sostanze stupefacenti tipi eroina e cocaina, nonché l’alcol facciano male alla salute.

Pertanto la lunga storia di tossicodipendenza non può aver avuto un ruolo nel deperimento organico del ragazzo. La interminabile letteratura che parla del rischio cardiovascolare, in particolare di morte improvvisa dovuta a fibrillazione ventricolare nei giovani che presentano abuso di cocaina ed altri stupefacenti è qualcosa di estraneo evidentemente alla cultura dei consulenti della procura.

Il certificato di morte falso.

Bene di fronte alla morte improvvisa ed inattesa del giovane il medico di turno aveva le seguenti informazioni per stilare il certificato di morte: paziente tossicodipendente da circa 20 anni, ricoverato a seguito di trauma vertebrale per il quale veniva richiesto solo riposo a letto, trauma che il giovane riferiva di aver riportato a seguito di una caduta accidentale avvenuta il giorno del suo compleanno quindi circa 20 giorni prima. Alterazioni della sodiemia, dell’azoto ureico, lievi alterazioni delle transaminasi, un emocromo stabile.

Assolutamente un rebus, pertanto il medico scrive sul certificato “presunta morte naturale” (faccio notare che il termine presunta, che denota dubbio non viene riportato nella perizia) ed IMMEDIATAMENTE RICHIEDE IL RISCONTRO AUTOPTICO, perché per primo vuole vederci chiaro sulla morte del ragazzo.

Il mattino presto assieme al Primario chiama il magistrato per informarlo dell’accaduto e per avere direttive su come comportarsi. Lo stesso magistrato che avendo sottomano la richiesta di riscontro autoptico e consapevole di essere stato informato direttamente dai medici della morte del ragazzo accusa il medico di aver redatto un certificato falso allo scopo di nascondere l’accaduto. L’accusa di falso è quanto di più infamante si possa rivolgere ad una persona onesta.

La perizia arriva alla conclusione che i traumi non hanno procurato la morte. Per morte violenta si intende suicidio, impiccagione, morte in seguito a trauma di varia natura (da arma, colluttazione etc). Quali elementi aveva il medico per affermare che la morte fosse stata violenta?

Io posso accettare che l’operato di un medico possa essere messo in discussione. La morte di paziente è sempre un terribile fallimento per un medico: non si dorme la notte pensando che una parola in più, un esame in più avrebbe potuto cambiare le cose, un tarlo che fa sanguinare la coscienza di qualsiasi dottore che perde un paziente sia esso giovane o anziano, bianco, nero, che abbia commesso più o meno errori nella vita.

Ma l’assurdità delle accuse che ci vengono rivolte, la distorsione della verità operata più livelli, l’ossessione di additare come unici responsabili i medici dell’Ospedale Pertini, il coinvolgimento di parti politiche che a vario titolo emettono sentenze contro i MOSTRI DI TURNO, mi fa disperare e temere che dietro ci sia l’intenzione di dis-orientare la ricerca di quanto sia davvero avvenuto a Stefano Cucchi.

Spero che questa lettera abbia fatto riflettere.

Flaminia Bruno.

Fonte

3 thoughts on “Lettera Aperta sul caso Stefano Cucchi scritto dal medico del Pertini Flaminia Bruno.”

  1. Caro dottor Bruno…. dopo aver letto il tuo commento ho capito una cosa… Tu saresti stato un detective formidabile, un magistrato scrupoloso. .. e sicuramente un giudice salomonico… Mi lascia perplesso, pero, il tuo essere un medico…. come si suol dire….: ” non è che hai sbagliato mestiere…???”. La magistratura poteva rivolgersi a te e il caso in poche settimane sarebbe stato risolto. Bravo… complimenti!!!

  2. Una lettera che certamente fa meditare, ma su una cosa: sicuramente di parte, o per principio o per forzatura. Mi scusi caro dottore, ma faccio davvero fatica a credere ha quanto da lei dichiarato. Ho assistito a molti casi di vero pestaggio e abuso di potere da parte di alcuni appartenenti di FFPP. Spesso mi sono contrapposto litigando con colleghi. Certo è che ci sono casi in cui è necessario usare la forza, ma in molti casi, pur di ricavare chissà quale confessione o collaborazione si usa la forza gratuita o minacce nei confronti di poveracci. In carcere è meglio non parlare quello che accade, sia tra detenuti che tra detenuti e guardie, con il consenso dei medesimi. Questa non è fantasia o raccontare una storia, ma realtà quotidiana. Credo che il suo tentativo di discolparsi sia vano e cmq sono argomenti che vanno trattati in aula di Tribunale con la speranza che i giudici siano giusti.
    Una preghiera per Curci.

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