L’imputato si difende sostenendo l’idea di un complotto ordito a suo carico, in quanto funzionario puntiglioso e diligente nell’espletamento dei suoi compiti di Capo Tecnico dell’Ufficio Gestione Commesse e Capo Settore Naviglio Minore dell’Arsenale Militare.

(Corte di Cassazione penale, sez. VI, sentenza 9 giugno 2016, n. 24081)

…, omissis …

Sentenza

sul ricorso proposto da:

T.C., n. (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 550/2015 della Corte d’Appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto del 04/05/2015;

esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;

udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, dott. Orlando Villoni;

sentito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore del ricorrente, avv. Anna Vittoria Vadino, che riportandosi ai motivi del ricorso, ne ha chiesto l’accoglimento.

Fatto

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto ha parzialmente riformato quella emessa dal locale Tribunale in data 28/05/2016, affermando la responsabilità di T.C. in ordine al reato di tentata concussione (artt. 56 e 317 cod. pen.) ai danni di Greco Domenico, così diversamente qualificata l’originaria imputazione di concussione consumata e conseguentemente rideterminato la pena nella misura finale di un anno e otto mesi di reclusione, subordinata al beneficio della sospensione condizionale.

La Corte territoriale ha, inoltre, dichiarato non doversi procedere riguardo ad un ulteriore episodio di tentata concussione perchè estinto per sopravvenuta prescrizione.

I giudici d’appello hanno preliminarmente affrontato alcune questioni di carattere procedurale poste dalla difesa dell’appellante, tra cui quelle inerenti la dedotta nullità di alcune ordinanze nonchè rigettato un’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante espletamento di perizia fonica.

Hanno, quindi, passato in rassegna i plurimi elementi costitutivi del vasto compendio probatorio, molti dei quali rappresentati da fonti testimoniali indotte dalle parti, per giungere a rigettare la tesi sostenuta dall’appellante che le accuse sarebbero state formulate nel contesto di un complotto ordito a suo carico, in quanto funzionario puntiglioso e diligente nell’espletamento dei suoi compiti di Capo Tecnico dell’Ufficio Gestione Commesse e Capo Settore Naviglio Minore dell’Arsenale Militare di (OMISSIS).

2. Avverso la sentenza ha proposto impugnazione l’imputato, il quale deduce plurime censure, di seguito riportate:

violazione di legge in relazione all’art. 500 c.p.p., comma 2 ed alla utilizzazione delle contestazioni effettuate a fini di prova del teste d’accusa G.D. e falsa applicazione dell’art. 192 c.p.p. per manifesta illogicità, mancanza e contraddittorietà della motivazione riguardo alla ritenuta attendibilità del teste d’accusa, accompagnata da travisamento della prova e da omissione di adeguata, congrua e ragionevole motivazione in risposta agli ignorati motivi d’appello (punti 1.1, 1.2, 1.3, 1.5 del ricorso);

vizio di motivazione in ordine alla ritenuta piena utilizzabilità delle registrazione di colloqui fra presenti eseguite dal teste D. G. ed alla certa attribuzione dell’identità dei vari protagonisti dei colloqui, tra cui lo stesso ricorrente (punto 1.4 ricorso);

violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla viziata analisi della prova documentale accusatoria, concernente i contratti in contestazione e la ritenuta anomalia dei tempi di definizione dei medesimi (punto 2 ricorso);

erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 43, 56 e 317 c.p. in riferimento alle attribuzioni e alle responsabilità dell’imputato nella attività illecita contestata e violazione dell’art. 192 c.p.p. per illogicità, mancanza e contraddittorietà della motivazione su prove decisive nonchè in relazione alla valutazione delle prove testimoniali (punto 3 ricorso);

vizio di motivazione riguardo al ritenuto carattere non pertinente e superfluo dei documenti offerti dalla difesa e violazione dell’art. 192 c.p.p. per omissione e travisamento della prova documentale dedotta nonchè omissione di adeguata, congrua e ragionevole motivazione circa i criteri logici seguiti in risposta agli specifici motivi d’impugnazione relativa (punto 4 ricorso);

vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 192 c.p.p. riguardo alla ritenuta attendibilità dei testi I. e D. G. (punti 5 e 6 del ricorso);

violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 121 c.p.p. per omessa valutazione delle memorie difensive depositate all’udienza del 18 maggio 2012 e vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle prove difensive prodotte alla medesima udienza nonchè a quella precedente del 21 gennaio 2011 (punto 7 ricorso);

travisamento della prova riguardo alla ritenuta attendibilità del teste P. e violazione di legge in relazione all’art. 195 c.p.p., comma 4 e vizio di motivazione in ordine alla deposizione del teste Masi (punto 8 ricorso);

violazione di legge con riferimento agli artt. 43, 56 e 317 c.p. e vizio di motivazione sull’elemento tanto oggettivo quanto soggettivo del reato in relazione alla prova in atti del difetto di qualsivoglia condotta abusiva, costrittiva o induttiva nonchè violazione dell’art. 192 c.p.p. riguardo all’omessa analisi e valutazione della prova a discarico proveniente dall’esame dell’imputato e dalle sue dichiarazioni spontanee (punto 9 ricorso).

Considerato in diritto

1. Come la stessa sua articolazione immediatamente suggerisce, il ricorso è basato quasi completamente su motivi concernenti la valutazione degli elementi e delle fonti probatorie che il ricorrente intende rimettere in discussione asserendone l’erroneità, la superficialità o il contrasto con altre risultanze processuali.

1.1. Quando, infatti, non viene direttamente censurato l’apprezzamento che delle dichiarazioni rese da testimoni d’accusa (punti 1.2, 1.3, 1.5, 5, 8 e 9) o dallo stesso imputato (punto 7) ha fornito la corte d’appello, le doglianze si appuntano sull’utilizzo, asseritamente viziato, dello strumento processuale con cui quegli elementi di prova sono stati acquisiti al compendio probatorio (punto 1.1 con riferimento all’art. 500 c.p.p. e punto 7 riguardo alle memorie difensive ex art. 121 c.p.p.).

1.2. Altre volte è il contenuto delle fonti probatorie documentali (punto 2) a costituire oggetto di doglianza; in altri casi (punti 2, 3, 4), invece, si contesta in maniera dichiarata il risultato del giudizio espresso, mediante l’insistito richiamo all’art. 192 c.p.p. che altro non significa che il giudice avrebbe potuto (e chiaramente dovuto secondo il ricorrente) determinarsi altrimenti su quella o quell’altra specifica questione oggetto di verifica processuale.

1.3. Lo scopo perseguito è, tuttavia, il medesimo: conseguire da questa Corte di Cassazione una completa rivalutazione degli apprezzamenti compiuti nei precedenti gradi di giudizio sul tema dell’accusa, che il ricorrente evidentemente non condivide, ma che non per questo lo abilitano a trasformare il giudizio di legittimità in una revisio prioris istantiae di puro merito.

1.4. A tale panorama fa parziale eccezione il motivo di ricorso sub 1.4, relativo alla mancata audizione di una audio cassetta ed all’omesso espletamento di una perizia fonica asseritamente necessaria per attribuire l’identità dei conversanti.

1.5. La doglianza era stata già posta all’attenzione del giudice di primo grado e quindi della Corte d’Appello, che l’aveva respinta, rilevando l’inutilità della perizia in quanto volta ad attribuire le voci a determinati soggetti che avevano ammesso di essere gli interlocutori ed a verificare la genuinità della registrazione i cui contenuti sono stati parimenti riconosciuti come autentici da chi ha partecipato al dialogo (pag. 4 sentenza).

1.6. Rispetto alle argomentazioni svolte dalla Corte territoriale, che hanno ribadito le determinazioni del primo giudice, il ricorso non introduce alcun aspetto di novità, talchè deve dichiararsene, riguardo a tale punto della decisione, la genericità sub specie di aspecificità dovuta a mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione censurata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (ex pluribus v. Sez. 6, sent. n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, Rv. 259456; Sez. 2, sent. n. 36406 del 27/06/2012, Livrieri, Rv. 253893; Sez. 5, sent. 28011/13; Sez. 6, sent. n. 22445/09; Sez. 5, sent. n. 11933/05, Giagnorio, Rv. 231708; Sez. 4, sent. 15497/02; Sez. 5, sent. n. 2896/99).

2. Alla dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in Euro 1.500,00 (millecinquecento).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 (millecinquecento) in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016.