Locazione nulla: sì al risarcimento per l’indebita occupazione.

(Tribunale, Taranto, sez. II civile, sentenza 12.11.2015, n. 3546)

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5628/2014 promossa da:

X. Y. – rappresentata e difesa dall’avv. Gemma Dione;

contro

J. K. – rappresentata e difesa dall’avv. Rosario Orlando;

Oggetto: Occupazione senza titolo di immobile;

Conclusioni: Le parti rassegnavano quelle in atti riportate e qui da intendersi richiamate;

MOTIVI DELLA DECISIONE

IL FONDAMENTO DELLA DOMANDA

La sig.ra X. Y., con ricorso depositato in data 11-07-2014, affermava di aver concesso in locazione alla sig.ra J. K., con contratto scritto stipulato in data 10-07-2005, il proprio immobile ubicato in Taranto, alla via OMISSIS.

L’istante aggiungeva che non era seguito il suo rilascio, sebbene fosse stata inoltrata disdetta per la scadenza del 10-07-2013.

Non solo, ma la conduttrice cessava di pagare il corrispettivo dall’agosto del 2012.

In ogni caso, ricordava la ricorrente, il contratto non era stato registrato e quindi doveva ritenersi nullo.

Da qui la domanda tesa ad ottenere l’immediato rilascio del bene, da ritenersi detenuto sine titulo, con conseguente condanna della sua detentrice al pagamento di un’indennità, da commisurare al canone pattuito, pari ad euro 240,00 mensili, a decorrere dall’agosto del 2012.

LA DIFESA CONVENUTA

La conduttrice, costituitasi tardivamente, sosteneva che il contratto non registrato doveva considerarsi nullo e quindi non applicabile la disciplina sulla occupazione abusiva; con la conseguenza che doveva considerarsi inammissibile la domanda di risarcimento del danno.

L’ISTRUTTORIA

All’udienza del 11-11-2015 la causa veniva discussa e decisa, dandosi lettura del dispositivo.

LA PACIFICA NULLITA’ DEL CONTRATTO

La locazione è pacificamente nulla, per la mancata registrazione prescritta ad substantiam dalla legge( ex art. 3 comma 8 e 9 d.lg. 23/2011), e per la quale ipotesi non si poneva neanche la diversa questione della ammissibilità della sanatoria con la successiva registrazione, non essendo questa mai intervenuta.

LA TESTI SECONDO CUI IL CONTRATTO NULLO NON PUO’ COMPORTARE UN DANNO IN RE IPSA E GENERARE COSI’ IL DIRITTO ALL’INDENNITA’ DI OCCUPAZIONE

E’ generalmente ammesso che spetti al proprietario il risarcimento per occupazione di un immobile senza titolo e che il danno configurabile sia per così dire in re ipsa.

Occorre tuttavia distinguere le diverse ipotesi che si possono dare.

Può accadere che il contratto, regolarmente stipulato, si risolva( o più in generale divenga inefficace); in tal caso, anche dopo la cessazione dei suoi effetti, l’obbligazione di pagamento del canone – o meglio dell’indennità di occupazione, mancando un titolo – permane in virtù dell’espresso disposto ex art. 1591 c.c.( “Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”).

In secondo luogo può verificarsi il caso in cui la detenzione dell’immobile sia sin dall’origine senza titolo, ossia non esista proprio un contratto( c.d. contratto inesistente); anche in tal caso al proprietario del bene occupato senza il suo consenso – ossia usurpato – spetta il risarcimento del danno, ossia l’indennità di occupazione.

Ci si deve allora chiedere se siffatta tutela risarcitoria possa estendersi anche al caso in cui l’occupazione derivi da un contratto di locazione nullo, per inosservanza delle forme prescritte dalla legge ad substantiam: ad esempio contratto di locazione stipulato senza la forma scritta o anche solo privo della registrazione, come nel caso in esame( si veda in materia S.C. a S.U. N. 18214 DEL 2015).

Si potrebbe infatti sostenere – come fa la difesa resistente – che in questo caso la nullità colpisca il contratto sin dal suo sorgere e la sanzione sia quella della inefficacia assoluta; con la conseguenza che non potrebbe prodursi l’effetto della nascita dell’obbligazione del pagamento del canone, e qualora sia stato pagato, il solvens abbia finanche il diritto alla sua restituzione, così come il proprietario ha diritto nella stessa ipotesi al rilascio del bene.

In questo caso infatti anche il proprietario, non osservando la norma imperativa sulla forma, finiva con il porsi consapevolmente nella situazione di illegalità; ed ammettere in siffatta ipotesi di illegalità un effetto equivalente – ossia il pagamento di un corrispettivo della occupazione pari al canone locativo – a quello che si sarebbe potuto avere solo in caso di contratto validamente stipulato, potrebbe suonare come una contraddizione in termini.

Del resto ai sensi dell’art. 1227, II co., c.c., si potrebbe aggiungere, il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza; a fortiori nel caso in esame in cui il creditore contribuiva a determinare la nullità contrattuale e quindi il danno conseguentemente dallo stesso subito, per aver permesso all’altra parte l’occupazione del suo immobile senza osservare la forma prescrittaad substantiam.

… SUA INACCOGLIBILITA’ E QUALIFICAZIONE DEL DIRITTO ALL’INDENNITA’ DI OCCUPAZIONE COME UN EFFETTO RESTITUTORIO PER EQUIVALENTE CHE SEGUE ALLA NULLITA’ DEL CONTRATTO – RIPETIZIONE DELL’INDEBITO

Questa interpretazione, a ben vedere, non può essere accolta, dal momento che finirebbe per attribuire un vantaggio ad una delle parti del contatto nullo, il detentore del bene; vantaggio che sarebbe in contraddizione con la affermata inefficacia assoluta della locazione: il detentore conseguirebbe infatti il vantaggio di una detenzione gratuita a svantaggio del proprietario, il cui patrimonio subirebbe un correlativo impoverimento.

L’ostacolo alla tesi avversata risiede nel fatto che il proprietario, proprio per la nullità del contratto, ha anche diritto alla restituzione del godimento del bene concesso all’altra parte( e si veda la nozione dell’oggetto della locazione contenuta nell’art. 1571 c.c.); forma di restituzione che, non potendosi dare in natura, deve avvenire nella forma della restituzione del suo equivalente monetario.

In altri termini l’inefficacia assoluta, per la dedotta nullità contrattuale, comporta la nascita del diritto del proprietario alla restituzione del valore economico del godimento del bene concesso all’altra parte, ossia una indennità di occupazione.

Tale diritto quindi va qualificato come obbligo di restituzione per equivalente del godimento del bene e per questa ragione spetta al proprietario, pur avendo concorso con la sua condotta a cagionare l’invalidità del contratto: si tratta infatti di una forma di ripetizione di indebito e non di risarcimento da illecito( la cui disciplina è quindi esclusa, compreso l’art. 1227, II co., c.c. sopra ricordato).

Il diritto deriva insomma proprio per effetto della affermata nullità e per la necessità di reintegrare integralmente i patrimoni delle due parti del contratto nullo, come se questo non fosse mai venuto ad esistenza.

Si consideri infine che il semplice rilascio del bene costituisce uno degli effetti che sono derivati dal contratto nullo; l’altro è costituito appunto dalla concessione del godimento del bene per un periodo di tempo( c.d. contratto di durata), che pure va ristorato, pur se per equivalente monetario.

Solo dalla domanda di rilascio può ipotizzarsi poi un vero e proprio illecito a carico del detentore del bene, dal momento che in questo caso continuerebbe a detenerlo, quantunque non vi abbia diritto e sebbene sia stato diffidato a rilasciarlo.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO

Per la misura di questo credito, in assenza di diverse emergenze processuali, non può equiparasi l’indennità di occupazione al canone invalidamente pattuito;  quest’ultimo va quindi ridotto in modo da rappresentare l’indennità congrua.

Quest’ultima può equitativamente quantificarsi in euro 200,00 mensili, a decorrere da agosto del 2012, non avendo dimostrato il resistente l’asserito pagamento di ulteriori somme.

Sia la domanda di rilascio, sia quella risarcitoria in senso lato vanno dunque accolte nei termini precisati.

Le spese del giudizio seguono necessariamente la soccombenza del resistente e si liquidano come in dispositivo, tenuto anche conto della limitata attività svolta.

P.T.M.

Il Tribunale pronunziando sulla domanda proposta con ricorso del 11-07-2014 dalla sig.ra X. Y. nei confronti della sig.ra J. K., rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

Accoglie la domanda principale e condanna la resistente all’immediato rilascio, in favore della ricorrente, del suo immobile, ubicato in Taranto, alla via OMISSIS;

Accoglie in parte la domanda accessoria e condanna la resistente al pagamento in favore della ricorrente della somma di euro 200,00 mensili a far data dall’agosto del 2012 fino al rilascio;

Condanna la resistente al pagamento delle spese processuali sopportate dal ricorrente, che si liquidano in euro 1.500,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 133 del D.P.R. n. 115 del 2002, dispone che il pagamento sia effettuato in favore dello Stato.

Riserva giorni dieci per il deposito della sentenza.

Taranto, 12-11-2015

Il giudice – dott. Claudio Casarano