L’omessa comunicazione, di cui all’art. 126bis del codice della strada, va intesa nel senso che il legislatore ha ritenuto sanzionare l’omissione della collaborazione che il cittadino ed, in particolare, il proprietario del veicolo in quanto titolare della disponibilità di esso e quindi responsabile dell’immissione dello stesso in circolazione, dovendosi tener conto che la violazione delle norme del CdS, può assumere rilevanza non solo amministrativa, ma anche penale (Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 17 giugno 2015, n. 12568).

Ordinanza

sul ricorso 5905-2012 proposto da:

(OMISSIS) ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2679/2011 del TRIBUNALE di BRESCIA del 21.6.2011, depositata il 22/08/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta agli scritti.

CONSIDERATO IN FATTO

Con sentenza n. 2679 del 2011 (depositata il 22 agosto 2011) il Tribunale di Brescia respingeva l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti del Ministero dell’interno avverso la sentenza n. 403 del 25.02.2010 del Giudice di pace di Brescia, confermando il rigetto dell’opposizione proposta Legge n. 689 del 1981, ex articolo 22 dall’appellante avverso il verbale di accertamento n. (OMISSIS) dagli agenti della Polizia Stradale di Brescia evocato, relativo alla violazione dell’articolo 126 bis C.d.S., per non avere ottemperato, senza giustificato motivo, all’invito di fornire le indicazioni sui dati personali e sulla patente di guida di colui che in data 02.05.2009 conduceva il veicolo targato (OMISSIS) di proprieta’ dell’intimato.

Il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 23.02.2012 e depositato il 13.03.2012) nei riguardi della predetta sentenza formulando un unico motivo, con il quale ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 126 bis C.d.S..

L’Amministrazione intimata ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’articolo 377 c.p.c. ha depositato la relazione di cui all’articolo 380 bis c.p.c. proponendo la reiezione del ricorso.

RITENUTO IN DIRITTO

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex articolo 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta: “L’unico motivo di ricorso, con il quale, denunciando violazione dell’articolo 126 bis C.d.S. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice del gravame ha dichiarato la responsabilita’ dell’intimato in assenza di invio dei dati personali e della patente del conducente al momento della commissione della violazione contestata, dal momento che egli aveva risposto all’invito rivoltogli riferendo che in quella data la sua vettura era stata utilizzata dalla coniuge e dal fratello in viaggio, i quali si erano alternati alla guida, senza che pero’ egli fosse presente, per cui non era in grado di effettuare una verifica al riguardo, appare non fondato. In tema di violazioni al codice della strada, integra l’ipotesi di illecito amministrativo previsto dal combinato disposto degli articoli 126 bis e 180 C.d.S. l’omessa collaborazione che il cittadino deve prestare all’autorita’ amministrativa al fine di consentirle l’attuazione dei necessari e previsti accertamenti per l’espletamento dei servizi di polizia stradale.

La vigente normativa di cui alla Legge n. 286 del 2006 (applicabile ratione temporis), sopravvenuta a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sent. 12 gennaio 2005 n. 27), dopo aver eliminato, al quarto periodo dell’articolo 126 bis C.d.S., comma 2 la previsione della riduzione dei punti-patente in danno del proprietario del veicolo, ha riaffermato a carico dello stesso l’onere della comunicazione dei dati del conducente, stabilendo il termine dei sessanta giorni dalla notificazione del verbale, ha, poi, anche ribadito, nella modificazione del sesto periodo, l’illiceita’ di per se stessa dell’omessa comunicazione, sanzionandola autonomamente con il pagamento d’una somma da euro 250,00 ad euro 1.000,00.

Al riguardo, questa corte ha ripetutamele evidenziato che, in tema di violazioni al codice della strada, l’ipotesi dell’illecito amministrativo previsto dal disposto dell’articolo 126 bis C.d.S., comma 2 (concetto che vale anche per la Legge n. 286 del 2006, articolo 164), va intesa nel senso che il legislatore ha ritenuto di sanzionare l’omissione della collaborazione che il cittadino – ed, in particolare, il proprietario del veicolo in quanto titolare della disponibilita’ di esso e quindi responsabile dell’immissione dello stesso nella circolazione – deve prestare all’autorita’ preposta alla vigilanza sulla circolazione stradale al fine di consentirle di procedere agli accertamenti necessari per l’espletamento dei servizi di polizia amministrativa e giudiziaria, dovendosi tener conto che la violazione delle norme del C.d.S. puo’ assumere rilevanza non solo amministrativa ma anche penale.

Interpretazione che trova conferma anche nella lettura della richiamata sentenza n. 27/2005 della Corte Costituzionale, nella quale non va, infatti, confusa la valutatone della parte dell’articolo 126 bis C.d.S., comma 2 – come modificato dal Decreto Legge 27giugno 2003, n. 151 a sua volta modificato dalla Legge di conversione 1 agosto 2003, n. 214 – dichiarata incostituzionale, che era quella in cui veniva comminata la riduzione dei punti della patente a carico del proprietario del veicolo che non fosse stato anche responsabile dell’infrazione stradale, con la valutazione d’altra parte della stessa norma, che e’ quella rilevante nel presente giudizio, non solo non dichiarata incostituzionale, ma la legittimità della cui applicazione che e’ stata, anzi, espressamente affermata dal giudice delle leggi che, a conclusione della motivazione, si e’ testualmente espresso nel senso che: “l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale, per violazione del principio di ragionevolezza, rende, tuttavia, necessario precisare che nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all’articolo 180 C.d.S., comma 8″.

Nella specie il giudice del gravame ha fatto corretta applicazione della citata norma del codice della strada posta a base dell’infrazione contestata al ricorrente.

Il proprietario del veicolo, infatti, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, e’ tenuto sempre a conoscere l’identita’ dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacita’ di identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado d’adempiere al dovere di comunicare l’identita’ del conducente (in tal senso, v. Cass. 12 giugno 2007 n. 13748; Cass. 24 aprile 2008 n. 10786; Cass. 8 agosto 2007 n. 17348).

L’argomentazione di avere comunque ottemperato all’obbligo di comunicazione mediante la dichiarazione di non essere in grado di fornire il nominativo del reale conducente del suo veicolo al momento dell’accertamento e’ parimenti del tutto priva di pregio, basandosi su una lettura della norma incompatibile tanto con il suo tenore letterale, quanto con la sua chiara ratio giustificatrice, rappresentata dall’obiettivo di individuare e quindi sanzionare il reale trasgressore della violazione, da cui emerge chiaramente che l’obbligo in parola puo’ considerarsi assolto soltanto con la comunicazione completa delle informazioni richieste.

Per completezza si rileva che il (OMISSIS) non risulta avere contestato la legittimita’ dell’accertamento della contestazione dell’illecito presupposto ovvero il procedimento di irrogazione della relativa sanzione amministrativa, circostanza che concorre ad avvalorare la correttezza della decisione del giudice di merito che ha disatteso la giustificazione dell’omessa comunicazione dei dati relativi al conducente dedotta dal ricorrente.”.

Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi dal Collegio, non risultando in alcun modo contrastati dalle ulteriori considerazioni svolte da parte ricorrente nella memoria ex articolo 378 c.p.c., con la quale – nella sostanza – si insiste affinche’ vengano definiti i requisiti per ritenere assolto l’obbligo di collaborazione del cittadino, giacche non tiene conto che la responsabilita’ per violazione dell’obbligo della comunicazione di cui all’articolo 126 bis C.d.S. e’ definito dalla stessa legge, per cui non si pone un problema di esigibilita’. In altri termini, il proprietario del veicolo in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, e’ tenuto sempre a conoscere l’identita’ dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacita’ d’identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado d’adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente.

La questione non impinge, dunque, sui principi regolatori dell’obbligo, posto per il cittadino dall’articolo 180 C.d.S., di collaborare con l’autorita’ al fine di consentirle di effettuare i necessari e previsti accertamenti per l’espletamento dei servizi di polizia stradale. Il ricorso va, pertanto, respinto.

Le spese del giudizio di Cassazione, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione che liquida in complessivi euro 700,00, oltre a spese prenotate e prenotande a debito.