Mantenimento: il padre disposto ad accogliere i figli non paga l’assegno.

Il collocamento prevalente della prole presso un genitore comporta, nell’ambito del mantenimento diretto, l’assunzione di una serie di spese che vanno ben oltre quelle di vitto e alloggio.
Risulta pertanto non accettabile la richiesta dell’altro genitore, non collocatario, di ottenere dall’ex un assegno perequativo da destinare ai figli solo in quanto sussiste tra loro una differenza reddituale.
Lo ha chiarito il Tribunale di Roma, sezione prima civile, in sentenza del 22 gennaio 2016, avente ad oggetto la cessazione effetti civili del matrimonio.
La principale questione oggetto di contesa tra i coniugi, da lungo tempo separati, è stata la collocazione residenziale della figlia: il collegio prende atto dell’accordo intercorso tra i genitori circa l’allocazione presso il padre, accordo questo che appare come una presa d’atto della già attuata modifica della situazione preesistente in quanto la ragazza si era trasferita dal genitore già dal 2014, dichiarando con assoluta fermezza di voler rimanere da lui tenuto conto della ben più strutturata organizzazione domestica paterna che le consentiva anche di svolgere attività extrascolastiche e di vedersi seguita negli studi, stante, a contrario, il poco tempo che la madre era in grado di dedicarle in ragione dei suoi impegni lavorativi.
Nonostante tale intesa che impone il mantenimento diretto della ragazza da parte del padre collocatario, la madre insiste nel richiedere un assegno di mantenimento per la figlia considerate le diverse condizioni finanziarie dei due genitori.
La donna chiedeva in subordine “porsi a carico di entrambi i genitori il mantenimento diretto della figlia ognuno nei giorni di sua spettanza ponendosi a carico di ognuno il 50% delle spese straordinarie preventivamente concordate”.
Ma il Tribunale spiega che non vi ragione di ricostruire la sua situazione reddituale dei coniugi se il padre si è dichiarato disponibile “a provvedere, quale collocatario, all’integrale mantenimento della minore, ovverosia comprensivo tanto delle spese ordinarie che di quelle straordinarie, senza richiesta di alcun contributo nei confronti della moglie”.
In ogni caso solo una reale condizione di difficoltà economica avrebbe consentito alla ex moglie di richiedere, quale genitore non collocatario, un contributo perequativo al coniuge per il mantenimento della prole.
Oltre al vitto e all’alloggio, chiariscono i giudici, le spese assunte dal genitore collocatario comprendono quelle per la gestione completa delle esigenze quotidiane del figlio, consistenti non solo nell’acquisto di beni durevoli (abbagliamento, libri scolastici, prodotti dell’igiene etc.), ma altresì una serie di voci accessorie che vanno dai costi di trasporto ai trattamenti estetici, dalla paghetta a tutte le esigenze della vita di relazione della figlia, quali feste, cinema, regali etc. che solo il genitore convivente è chiamato a soddisfare.