Modi di costituzione della servitù.

L’inquadramento all’interno delle varie species di servitù incide potenzialmente fin dalla prima vicenda che coinvolge il diritto in esame: il momento acquisitivo.

La legge prevede, a proposito, modi di acquisto a titolo originario e a titolo derivativo, dedicando particolare rilievo alla distinzione tra servitù coattive e servitù volontarie.

Queste ultime costituibili in un numero aperto di fattispecie, in base all’autonomia contrattuale (nei limiti dello schema generale delle servitù), le prime costituenti dei tipi, un numerus clausus, le cui caratteristiche fondamentali sono predeterminate dalla legge, sicché non sono ammissibili altri tipi al di fuori di quelli espressamente previsti da una specifica norma per il soddisfacimento di necessità ritenute meritevoli di tutela (Cass. n. 17121/2006; Cass. n. 820/1992; Trib. Milano n. 4291/2012).

Contratto o testamento

Ex art. 1058 c.c., le servitù volontarie possono essere costituite per contratto o per testamento, negozi per i quali l’ordinamento impone la forma scritta ad substantiam (ossia a pena di nullità), nonché la trascrizione nei pubblici registri immobiliari (Cass. n. 9475/2011).

Il successivo art. 1063 c.c. sottolinea la peculiare importanza del titolo, ponendo il suo contenuto quale fonte preminente ai fini dell’individuazione tanto dell’estensione quanto delle modalità di esercizio della servitù.

La validità del titolo, del resto, è l’unica condizione da rispettare per la regolare costituzione del diritto, giacchè la trascrizione dell’atto costitutivo, è la forma di pubblicità che il codice prescrive non già per il perfezionamento della servitù medesima ma solo per la sua opponibilità ai terzi (Tar Piemonte, n. 1114/2015).

È pacifico in giurisprudenza che, nel caso di costituzione negoziale della servitù, il titolo debba contenere tutti gli elementi atti ad individuare il contenuto oggettivo del peso imposto sopra un fondo per l’utilità di altro fondo appartenente a diverso proprietario, con la specificazione dell’estensione e delle modalità di esercizio (Cass. n. 18349/2012; Cass. n. 1328/2004).

Pur non essendo necessario l’uso di formule sacramentali, si ritiene in ogni caso non sufficiente una c.d. “clausola di stile”, essendo indispensabile l’estrinsecazione della precisa volontà del proprietario del fondo servente diretta a costituire la servitù e la specifica determinazione nel titolo di tutti gli elementi atti ad individuarla (Cass. n. 9741/2002; Cass. n. 5699/2001; Cass. n. 11674/2000).

Usucapione e destinazione del padre di famiglia

Secondo l’art. 1031 c.c., le servitù possono essere costituite anche  “per usucapione o per destinazione del padre di famiglia”. Si ritiene che tali modi di costituzione riguardino esclusivamente le servitù volontarie e non anche quelle coattive (Cass. n. 10470/2001; Cass. n. 6063/1991), sebbene queste ultime possano costituirsi anche mediante atto negoziale (Cass. n. 5053/2013; Cass. n. 5740/1979).

Affinchè possa acquistarsi la servitù per usucapione o destinazione del padre di famiglia è necessario il requisito dell’apparenza (cfr. artt. 1061 c.c.),  che si configura come presenza di segni visibili di “opere permanenti” obiettivamente destinate al suo servizio e rivelanti in modo inequivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, ma di preciso onere a carattere stabile (Cass. n. 11825/2015; Cass. n. 8725/2015; Trib. Lucca n. 1258/2015).

In relazione all’acquisto per usucapione, la ratio della visibilità e permanenza delle opere va individuata nella possibilità per il proprietario del fondo, destinato a diventare servente, di reagire all’eventuale usurpazione del suo diritto (che culmina nell’acquisto della servitù in favore del possessore), escludendo la clandestinità del possesso, o la mera tolleranza e facendo presumere che il proprietario del fondo servente abbia contezza dell’obiettivo asservimento della proprietà avantaggio del fondo dominante (cfr. Cass. n. 24401/2014).

Così ad esempio, ai fini dell’acquisto per usucapione della servitù, non è ritenuta sufficiente l’esistenza di una strada o di un percorso idonei allo scopo, essendo viceversa “essenziale che essi mostrino di essere stati posti in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante, e, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù” (Cass. n. 1675/2015).

Quanto all’acquisto della servitù per destinazione del padre di famiglia, ex art. 1062, comma 1, c.c. questa ha luogo quando “consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù”.

La costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, secondo la giurisprudenza, postula dunque: – che l’originario unico proprietario di due fondi (o di due porzioni) di un fondo abbia eseguito opere permanenti (o durature), tali da rendere evidente l’oggettiva situazione di asservimento o servizio tra gli stessi, non essendo sufficienti opere amovibili o comunque temporanee a denotare l’esistenza del peso gravante sul fondo servente (Cass. n. 21087/2006); che tali opere siano apparenti, in modo da rendere certi e manifesti a chiunque, anche, quindi al titolare del fondo gravato, il contenuto e le modalità di esercizio del corrispondente diritto (Cass. n. 10425/2001; Cass. n. 277/1997); il requisito dell’asservimento non va ricercato nella volontà (intenzione negoziale) del proprietario ma nella natura dell’opera obiettivamente considerata, che, nel suo utilizzo normale, determina l’asservimento permanente di un fondo a favore dell’altro (Cass. n. 3399/1999; Cass. n. 592/1996).

La volontà diretta alla costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia è, dunque, irrilevante. Tuttavia, l’art. 1062, comma 2, c.c. dispone che “se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa s’intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati”, facendo posto, dunque, all’aspetto negoziale, in assenza del quale, nonostante lo stato dei luoghi induce a ritenere sussistenti gli estremi per costituire una simile servitù, questo non avviene.

La “disposizione relativa alla servitù” che ai sensi dell’art. 1062 potrà impedirne la nascita, nonostante lo stato di fatto preesistente, non è desumibile, però, per la giurisprudenza, da facta concludentia, dovendo risultare da una clausola espressa (Cass. n. 13534/2011).