Notifica dell’appello effettuata al difensore cancellato dall’albo. Validità? Questione rimessa alle Sezioni Unite.

(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza interlocutoria 9 ottobre 2015 – 28 gennaio 2016, n. 1611)

Fatto e diritto

Rilevato che:

1. E.F. ha convenuto davanti al Tribunale di Macerata B.G. assumendo di essere creditore di varie somme nei suoi confronti in forza del contratto di società stipulato nel dicembre 1994 e avente ad oggetto l’attività di agenzia di assicurazioni Lloyd Adriatico di (OMISSIS) . In particolare ha affermato di essere creditore per lire 1.000.000.000 per il pagamento di utili arretrati e della liquidazione della quota Lloyd da determinarsi con CTU contabile, per lire 250.000.000 a titolo di risarcimento danni per inadempimento e anticipata risoluzione del rapporto, per L. 900.000.000 a titolo di liquidazione della quota sociale.

2. Si è costituito B.G. il quale ha eccepito l’inesistenza di una società trattandosi nella specie di una associazione in partecipazione intercorsa con E.F. e con il fratello E.L. di cui ha chiesto e effettuato la chiamata in causa.

Ha dedotto il B. che gli E. erano stati associati solo agli utili rimanendo escluso l’esercizio in comune dell’attività di impresa che doveva rimanere di sua esclusiva competenza e altresì che era stata esclusa l’assunzione da parte degli E. del rischio d’impresa. Di qui l’infondatezza della richiesta di scioglimento della società e di liquidazione della quota.

Inoltre, essendo stati regolarmente attribuiti gli utili agli associati, il B. ha contestato la sussistenza di qualsiasi inadempimento contrattuale del contratto di associazione in partecipazione rilevando comunque la competenza a decidere in merito da parte del giudice del lavoro ex art. 409 c.p.c.. Per l’ipotesi di accertamento dell’esistenza di una società il B. ha chiesto che ne fosse dichiarata la sussistenza anche nei confronti di E.L. o in subordine che fosse accertato nei confronti di quest’ultimo l’avvenuto pagamento delle provvigioni dovutegli e eventualmente fosse pronunciata la sua condanna alla ripetizione delle somme percepite in eccesso. Ha chiesto infine la dichiarazione di scioglimento della società ex art. 2272 c.c. e il rigetto della domanda attrice.

3. Il Tribunale di Macerata, con sentenza n. 300/2006, ha qualificato come associazione in partecipazione il rapporto intercorso fra E.F. e B.G. e ha respinto le domande proposte dal primo.

4. Contro la decisione di primo grado ha interposto appello E.F. . Sono rimasti contumaci B.G. e E.L. .

5. La Corte di appello di Ancona, con sentenza non definitiva n. 255/2012, ha accolto il gravame proposto da E.F. e in conseguenza ha dichiarato che il rapporto intercorso fra le parti va qualificato come societario e pertanto l’E. ha diritto a percepire il pagamento del 50% degli utili arretrati prodotti dalla società, l’eventuale liquidazione del rapporto agenziale B. – Lloyd Adriatico, la liquidazione della quota societaria, il risarcimento del danno per l’anticipata risoluzione del rapporto provocata dal B. .

6. Ricorre contro la decisione della Corte distrettuale anconetana B.G. che si affida a cinque motivi di impugnazione.

7. Non svolgono difese E.F. e L. .

8. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.).

Nullità della sentenza non definitiva impugnata per nullità della notifica dell’atto di citazione in appello, eseguita, in violazione dell’art. 330 c.p.c. nei confronti dell’avv. Ba.Sa. , quale procuratore alla lite dell’appellato B., ancorché in precedenza cancellato dall’albo degli avvocati per l’accertamento dell’inammissibilità dell’impugnazione, ai fini della conseguente declaratoria del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

9. Con il secondo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza impugnata per vizio ex art. 158 c.p.c., afferente la costituzione del giudice che ha emesso la sentenza di secondo grado (art. 360 n. 4 c.p.c.).

10. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. e. e, sull’interpretazione del contratto (art.360 n. 3 c.p.c.). Illogica e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.).

La censura si incentra sull’insussistenza di quel carattere univoco che la Corte di appello ha voluto attribuire al tenore letterale della scrittura privata intercorsa fra le parti al fine di qualificarla come costitutiva di una società di fatto. Ritiene infatti il ricorrente che tale interpretazione viola i canoni ermeneutici basandosi su una lettura meramente formalistica del testo contrattuale.

11. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. cc, (art. 360 n. 3 c.p.c.). Omessa, insufficiente e comunque contraddittoria motivazione circa il fatto controverso che attiene alla costituzione di un contratto societario derivante dalla volontà dei contraenti la scrittura privata in atti (art. 360 n. 5 c.p.c.).

Il ricorrente lamenta la mancanza di qualsiasi valutazione sulla comune intenzione delle parti, anche alla luce del loro comportamento nel corso del rapporto, e la disattenta valutazione degli elementi di prova che conducono a escludere la costituzione di un fondo comune, l’attribuzione all’E. di un rischio di impresa, la cessione di una quota paritaria dell’agenzia, la partecipazione anche limitata alle perdite.

12. Con il quinto motivo si deduce omessa motivazione circa il fatto decisivo della controversia inerente l’analisi degli elementi dell’associazione in partecipazione alla luce delle risultanze probatorie acquisite (art. 360 n. 5 c.p.c.). Violazione e falsa applicazione dell’art. 2247 c.c..

Ritenuto che:

13. Sulla questione sollevata con il primo motivo di ricorso la giurisprudenza di legittimità ha assunto posizioni diverse, ritenendo la inesistenza, la nullità o anche la validità della notifica dell’atto di appello eseguita nei confronti del procuratore dell’appellato che risulti cancellato dall’albo al momento della notifica.

14. Le diverse statuizioni non hanno trovato una definitiva riconduzione a unità dopo gli ormai lontani interventi delle Sezioni Unite del 1968 (S.U. n. 935 del 26 marzo 1968) secondo cui “la portata del principio della perpetuatio dell’ufficio defensionale, sancito dagli artt. 85 e 301, comma secondo, cod. proc. civ., è limitata alle ipotesi di revoca della procura e di rinuncia al mandato.

A queste non possono essere parificate le altre cause di estinzione del rapporto che – come la cancellazione dall’albo (nella specie disposta, su domanda del professionista, per motivi di salute) – rendono illegittimo l’esercizio dello ius postulandi.

Pertanto, il rifiuto di ricevere la copia dell’atto, che all’ufficiale giudiziario procedente alla notificazione della sentenza di primo grado abbia opposto il procuratore che, nelle more, sia stato cancellato dall’albo, è legittimo e non può dar luogo alla cosiddetta notificazione virtuale” e del 1996 (S.U. n. 10284 del 21 novembre 1996) secondo cui “la cancellazione dall’albo determina la decadenza dall’ufficio di procuratore e di avvocato e, facendo venir meno lo ius postulandi, implica la mancanza di legittimazione di quel difensore a compiere e a ricevere atti processuali.

Pertanto, la notificazione della sentenza di primo grado, al fine della decorrenza del termine di impugnazione (art. 285 cod. proc. civ.), effettuato al procuratore cancellato dall’albo – qualunque sia la causa della cancellazione – è giuridicamente inesistente e, diversamente dalla notifica al procuratore nei casi di revoca o di rinuncia, non determina la decorrenza del termine “breve” per l’impugnazione (artt. 85 e 301, terzo comma, cod. proc. civ.); con la ulteriore conseguenza che la notificazione della sentenza deve essere eseguita alla parte personalmente anche agli effetti della decorrenza del predetto termine breve”.

15. La più recente pronuncia (Cass. civ. sezione III n. 10301 del 21 giugno 2012) si discosta dall’indirizzo prevalente che ritiene l’invalidità della notifica (in particolare, più recentemente la nullità della stessa cfr. Cass. civ. sezione III n. 9528 del 22 aprile 2009) e afferma la validità ed efficacia della notificazione dell’atto d’appello eseguita presso il difensore della parte costituita, anche quando questi si sia volontariamente cancellato dall’albo professionale, a nulla rilevando se la cancellazione sia avvenuta prima o dopo l’esaurimento della fase di primo grado, atteso che il difensore cancellatosi, ai sensi dell’art. 85 cod. proc. civ., mantiene la capacità di ricevere atti processuali della controparte e dell’ufficio.

16. Anche tale ultima decisione non sembra però risolvere i profili problematici che la questione pone a carico della parte il cui difensore si cancelli volontariamente dall’albo senza darne notizia e senza comunicare l’avvenuta notificazione dell’atto di appello.

Laddove la opinione che afferma la nullità della notifica sembra tutelare questa posizione senza gravare particolarmente la controparte che nel caso di mancata costituzione dell’appellato potrà verificare la permanenza dell’iscrizione all’albo del difensore cui ha notificato l’appello ed eventualmente chiedere la rinnovazione della notifica alla parte personalmente mentre nel caso di costituzione dell’appellato potrà avvalersi della sanatoria della notificazione invalida.

17. Al fine di evitare la perpetuazione del contrasto giurisprudenziale appare opportuno un nuovo intervento delle Sezioni Unite sulla questione che si ripresenta in termini di risolutività nel presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.