Oltraggio a pubblico ufficiale. Il reato c’è se avviene in presenza di più persone.

Come noto, il nostro ordinamento penale sanziona l’oltraggio a pubblico ufficiale, ovverosia il comportamento posto in essere da chi offende l’onore e il prestigio di tale soggetto mentre compie un atto di ufficio e a causa o nell’esercizio delle sue funzioni.

Affinché il reato di configuri, inoltre, è necessario che il comportamento censurato sia posto in essere in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone.

A prevederlo, in particolare, è l’articolo 341-bis del codice penale.

Se tuttavia quanto disposto dalla norma non dovesse essere chiaro a tutti, basta guardare alla giurisprudenza per comprendere gli esatti confini della disciplina sanzionatoria.

Ed è proprio degli ultimi giorni una pronuncia con la quale i giudici di legittimità hanno chiarito che, come da orientamento ormai consolidato, ai fini della configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale è sufficiente che gli i presenti abbiano la possibilità di udire le parole oltraggiose, non essendo invece necessario che gli stessi le sentano effettivamente.

Ci si riferisce, in particolare, alla sentenza numero 15440/2016, depositata il 13 aprile 2016 (qui sotto allegata), con la quale la sesta sezione penale della Corte di cassazione ha sancito che, considerando che il bene giuridico fondamentale che l’articolo 341-bis del codice penale tutela è il buon andamento della pubblica amministrazione, già solo il fatto che le parole possano essere udite dai presenti rappresenta un aggravio psicologico idoneo a compromettere la prestazione del pubblico ufficiale e, di conseguenza, integra l’ipotesi delittuosa.

Esse, infatti, disturbano comunque la vittima mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse per lui e per l’amministrazione della quale fa parte e ulteriori rispetto a quelle ordinarie.

Così nel caso di specie la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un uomo condannato per il reato di cui all’articolo 341-bis c.p. per aver rivolto invettive contro un appuntato della guardia di finanza: data la presenza di più persone al momento del fatto, a nulla rileva che le stesse abbiano effettivamente udito le frasi pronunciate dall’imputato.

È sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale «possano essere udite dai presenti» perché scatti il reato di oltraggio.

Infatti, il bene giuridico fondamentale tutelato dall’articolo 341-bis del codice penale è il buon andamento della pubblica amministrazione, per cui «già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo – mentre compie un atto del suo ufficio – perché gli fa avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazione della quale fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie».

La vicenda

L’uomo di origine marocchina aveva aggredito verbalmente un appuntato della Guardia di Finanza che, dopo essersi qualificato, lo aveva invitato a smettere di molestare le persone che sostavano fuori dal bar da cui era stato fatto uscire per le invettive rivolte contro il titolare che si rifiutava di fornirgli altri alcolici.

Proposto ricorso, la Suprema corte ha bocciato tutti i motivi presentati dall’imputato, confermando la condanna per «minaccia grave» e «oltraggio» ai danni di un agente da parte dell’extracomunitario.

Quanto alla questione di costituzionalità, i giudici di Piazza Cavour, richiamando una sentenza della Consulta (341/1994), hanno ricordato che «la plurioffensività del reato di oltraggio rende certamente ragionevole un trattamento sanzionatorio più grave di quello riservato all’ingiuria, in relazione alla protezione di un interesse che supera quello della persona fisica e in veste il prestigio e quindi il buon andamento della pubblica amministrazione».

Il reato di oltraggio

Con riguardo all’oltraggio, prosegue la Corte, «è sufficiente a integrare il reato la semplice possibilità che le espressioni lesive possano essere udite dai presenti, perché già la potenzialità può compromettere la prestazione del pubblico ufficiale, disturbato mentre compie un atto del suo ufficio – dall’avvertire condizioni potenzialmente lesive per lui e per la pubblica amministrazione della quale fa parte».

In quest’ottica, prosegue la sentenza, «non è necessario che gli astanti sentano effettivamente le parole oltraggiose, bastando che abbiano la possibilità di udirle o, comunque, di rendersi conto del comportamento oltraggioso», in quanto «la presenza di astanti è condizione atta a rendere più impegnativa la prestazione del pubblico ufficiale».

Neppure è stato accolto l’ulteriore motivo sollevato dall’imputato secondo cui le espressioni offensive sarebbero state rivolte all’agente «non in quanto pubblico ufficiale ma in quanto persona, non contenendo riferimenti alla sua qualifica». Per i giudici infatti si tratta di «una artificiosa distinzione concettuale» che trascura il fatto che «le espressioni aggressive conseguirono all’intervento del finanziere nella sua veste di pubblico ufficiale già palesata all’imputato».

La minaccia

Infine, con riguardo alla qualificazione della minaccia come «grave», la Cassazione ha affermato che «non è necessario che la minaccia di morte sia circostanziata perché rilevano l’insieme delle condizioni concrete nelle quali è espressa». E che la minaccia di morte rivolta all’appuntato ed ai suoi familiari, proveniva da un soggetto che aveva «reiterato i suoi comportamenti aggressivi nonostante l’intervento del pubblico ufficiale e che potenziò la sua minaccia evidenziando che l’entità della pena che poteva derivargliene non lo dissuadeva».

Inoltre, chiarisce ancora la sentenza, «l’apprezzamento della gravità della minaccia non necessariamente deve collegarsi allo specifico evento prefigurato (nella fattispecie la morte) ma è sufficiente che allarmi il soggetto passivo anche in vista di danni minori eppure gravi».

Infine, conclude la Corte, «il fatto che il soggetto passivo sia in qualche misura esposto per la sua professione a condotte minatorie non lo rende impermeabile agli effetti psicologici delle stesse».