Ordinamento militare – Limitazioni all’esercizio del diritto di associazione e divieto di sciopero – Divieto per i militari di costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali (Corte Costituzionale, Ordinanza 29 marzo 2019, n. 69).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici:

Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo’ ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO’, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), promosso dal Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice del lavoro, nel giudizio vertente tra la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) – Funzione Pubblica di Torino e il Ministero della difesa, con ordinanza del 12 dicembre 2017, iscritta al n. 104 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di costituzione della CGIL –  Funzione  Pubblica  di Torino;

udito nella camera di consiglio del 23 gennaio  2019 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio.

Ritenuto

che il Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 12 dicembre 2017, iscritta  al n. 104 del reg. ord. 2018, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), per contrasto con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione sia all’art. 11 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e alle sentenze emesse in data 2 ottobre 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, Matelly contro Francia e Association de Defense des Droits des Militaires (ADefDroMil) contro Francia; sia all’art. 5, paragrafo unico, terzo periodo, della Parte II e all’art. G della Parte V della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30;

che, secondo quanto il rimettente premette in fatto:

–  la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) – Funzione Pubblica di Torino agisce ai sensi dell’art. 28 della  legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta’ e  dignita’ dei lavoratori, della liberta’ sindacale e dell’attivita’ sindacale nei luoghi  di  lavoro e norme sul collocamento), convenendo in giudizio il Ministero della difesa;

–  la  CGIL – Funzione Pubblica di Torino sospetta di illegittimita’ costituzionale la norma censurata e lamenta la privazione dei diritti sindacali dei lavoratori passati nell’Arma dei carabinieri – ruolo forestale, a seguito della soppressione del Corpo forestale dello Stato, in quanto agli stessi, in ragione dell’assunzione dello stato giuridico di militare, sono divenute applicabili le limitazioni previste dall’art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010;

–  la stessa CGIL chiede, quindi, che sia accertata l’antisindacalita’ del comportamento tenuto dal Ministero della difesa e che sia consentito lo svolgimento di un’assemblea sindacale, nonche’ l’adesione dei lavoratori interessati ad essa  organizzazione sindacale;

che il giudice a quo ritiene rilevante la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010, per contrasto con i parametri sopra richiamati, in quanto tale disposizione osterebbe all’adozione di misure  idonee  volte  ad inibire comportamenti asseritamente antisindacali posti in essere dal datore di lavoro, che trovano giustificazione e fondamento proprio nella norma della cui conformita’ al dettato costituzionale si dubita;

che sussisterebbe il requisito della non manifesta infondatezza, in quanto:

– l’art. 11 della CEDU consente restrizioni dell’esercizio dei diritti sindacali dei militari, purche’ non si risolvano in una sostanziale privazione del diritto generale alla libertà di associazione per la difesa dei loro interessi professionali e morali, e il tenore degli artt. 5 e G della Carta sociale europea esclude la possibilità di prevedere una radicale privazione della libertà sindacale in capo ai componenti dei corpi militari;

– le citate sentenze della Corte EDU hanno chiarito che la legislazione nazionale non puo’ mettere in discussione l’essenza stessa del diritto alla libertà sindacale, incidendo sui suoi elementi fondamentali, senza i quali il contenuto di tale libertà sarebbe vuotato della sua sostanza, e che fra detti elementi va ricompreso il diritto di formare un sindacato e di aderirvi;

– il Comitato europeo dei diritti sociali, in data 4 luglio 2016, su un reclamo collettivo proposto da un sindacato francese di appartenenti alla Gendarmerie nationale (reclamo n. 101/2013, Conseil Europeen des Syndicats de Police – CESP – contro Francia), ha dichiarato la violazione degli artt. 5 e G della Carta sociale europea;

– l’art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66 del  2010,  vietando  ai militari  di  «costituire  associazioni  professionali a carattere sindacale», nonche’ di «aderire ad altre associazioni sindacali», sarebbe disallineato rispetto al principio di diritto  sancito  dalla CEDU, nonche’ all’art. 5, terzo periodo, e all’art. G della Carta sociale europea, benche’ ispirato all’irrinunciabile esigenza (pur essa di rilevanza costituzionale) di assicurare la coesione interna, la neutralita’ e la prontezza delle Forze armate, per non pregiudicare la difesa militare dello Stato (art. 52 Cost.);

che, con atto depositato il 6 settembre 2018, si e’ costituita la CGIL – Funzione Pubblica di Torino, parte del giudizio principale, aderendo alla richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale e chiedendo che, poiché nella pendenza del giudizio incidentale e’ intervenuta la sentenza di questa Corte n. 120 del 2018, sia consentita la partecipazione del personale già appartenente al Corpo forestale dello Stato alle assemblee, escluse le materie di cui all’art. 1478, comma 7, del d.lgs. n. 66 del 2010, indette dalle associazioni sindacali attualmente esistenti;

che, in data 19 dicembre 2018, la CGIL – Funzione Pubblica di Torino ha depositato memoria con cui ha insistito in tale ultima richiesta.

Considerato che, preliminarmente, va rilevato che la domanda proposta dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) – Funzione Pubblica di Torino, e’ inammissibile in quanto amplia il thema decidendum delimitato dall’ordinanza di rimessione (ex  multis, sentenze n. 120 del 2018, n. 276 e n. 203 del 2016);

che oggetto di censura dell’ordinanza e’ l’art.  1475,  comma  2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), nella formulazione anteriore  alla  sentenza  n.  120  del 2018, secondo cui «I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali» invece di prevedere che «I  militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge; non possono aderire ad altre associazioni sindacali»;

che la disposizione presa in considerazione nell’ordinanza è stata integralmente sostituita nei termini sopra indicati;

che pertanto la questione proposta risulta, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, ormai priva di oggetto (ex plurimis, ordinanze n. 26 del 2016 e n. 129 del 2015), con la conseguente manifesta inammissibilità della stessa.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

                                per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento  militare), per contrasto con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione sia all’art. 11 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e alle sentenze emesse in data 2 ottobre 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, Matelly contro Francia e Association de Defense  des  Droits  des  Militaires (ADefDroMil) contro Francia; sia all’art. 5, paragrafo unico, terzo periodo, della Parte II, e all’art. G, della Parte V, della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30, sollevata dal Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Cosi’ deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2019.

 F.to:

 Giorgio LATTANZI, Presidente

 Giancarlo CORAGGIO, Redattore

 Roberto MILANA, Cancelliere

 Depositata in Cancelleria il 29 marzo 2019.

                Il Direttore della Cancelleria

                     F.to: Roberto MILANA

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