Patteggiamento: l’illegalità della pena comporta l’esclusione della validità dell’accordo siglato fra le parti del processo e ratificato dal giudice.

(Corte di Cassazione penale, sez. V, sentenza 28 giugno 2016, n. 26888)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAVANI Piero – Presidente –
Dott. MORELLI Francesca – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Edoardo – Consigliere –
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –
Dott. AMATORE Rober – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore Generale presso la Corte d’ Appello di Firenze;

nei confronti di:

C.A., nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto del 21.11.2015;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AMATORE Roberto;

lette le conclusioni della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, che ha richiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Grosseto.

Ritenuto in fatto. 

1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Grosseto, accogliendo la richiesta delle parti di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., ha applicato al predetto imputato la pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 240 di multa per i reati di cui agli artt. 81 cpv e 56 c.p. e D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9, (capo A) e di cui all’art. 624 c.p. e art. 625 c.p., n. 7 (capo B).

Avverso la predetta sentenza ricorre il P.g., affidando la sua impugnativa ad una unica ragione di doglianza.

1.1 Denunzia la parte ricorrente violazione di legge in relazione all’art. 624 c.p., art. 625 c.p., n. 7 e art. 99 c.p., comma 4.

Osserva il Pg che il primo giudice aveva determinato la pena base, già aumentata per la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, in un anno e mesi sei di reclusione ed Euro 300 di multa;

che tuttavia, comportando la recidiva qualificata un aumento di due terzi della pena base, la pena risultante non poteva essere inferiore nella sua componente detentiva ad 1 anno e mesi otto di reclusione;

che conseguentemente l’entità dell’aumento per la continuazione non poteva essere inferiore ad un terzo della pena base già aumentata per la recidiva e dunque a mesi 6 e giorni 20 di reclusione;

che, al contrario, tale aumento era stato fissato in mesi 6 di reclusione;

che, pertanto, la pena finale era illegale perchè inferiore al limite minino prescritto.

Considerato in diritto.

2. Il ricorso è fondato.

2.1 Osserva la Corte che il primo giudice aveva determinato la pena base, già aumentata per la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, in un anno e mesi sei di reclusione ed Euro 300 di multa.

Tuttavia, va precisato che, comportando la recidiva qualificata un aumento di due terzi della pena base, la pena risultante non può essere inferiore, nella sua componente detentiva, ad un anno e mesi otto di reclusione e che, conseguentemente, l’entità dell’aumento per la continuazione non può essere inferiore ad un terzo della pena base già aumentata per la recidiva e dunque a mesi 6 e giorni 20 di reclusione.

Va aggiunto che, al contrario, tale aumento era stato fissato in mesi 6 di reclusione e che, pertanto, la pena finale deve considerarsi illegale perchè inferiore al limite minimo prescritto. 2.2 Occorre procedere pertanto all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Grosseto per la celebrazione del giudizio.

2.3. Sul punto, risulta utile ricordare che l’illegalità della pena applicata all’esito del patteggiamento rende invalido l’accordo su di essa concluso tra le parti e ratificato dal giudice, comportando l’annullamento senza rinvio della sentenza che l’abbia recepito con esclusione della procedura di rettificazione dell’errore materiale (Sez. 3, n. 1883 del 22 settembre 2011 – dep. 18 gennaio 2012, Pg in proc. La Sala, Rv. 251796).

In realtà, non è possibile un intervento rettificativo ex art. 619 c.p.p. da parte di questa Corte, tenuto conto che l’accordo processuale formatosi tra le parti prevedeva una determinata entità della pena che, se oggetto di una eventuale variazione dovuta anche ad errore non materiale, dovrà essere risottoposta alla valutazione concordata tra le due parti originane (Cass. Sez. 25.10.205 n. 46790, P.GG. in proc. Gnfantini, Rv. 233033).

Coerentemente a tale soluzione, ritiene questa Corte di accedere all’orientamento assolutamente maggioritario, dal quale non vi è ragione di discostarsi, secondo cui la illegalità della pena comporta l’esclusione della validità dell’accordo siglato fra le parti del processo e ratificato dal giudice.

L’annullamento peraltro deve avvenire senza rinvio in quanto le parti del processo potranno o meno rinegoziare l’accordo su altre basi e nel caso contrario il procedimento dovrà proseguire con il rito ordinario. Si tratta di una conclusione che assolutamente rispettosa della volontà negoziale delle parti, (conforme Cass. Sez. 5, 22.9.2006 n. 1411, P.G. in proc. Braidich e altro, Rv. 236033, nello stesso senso, Cass. Sez. 1 7.4.2010 n. 16766, P.G. in proc. Ndiaye, Rv. 246930) appare preferibile rispetto al minoritario di questa stessa Corte che opta invece per l’annullamento con rinvio (in termini Cass. Sez. 3, 14.6.2007, n. 34302, P.G. in proc. Catuogno, Rv. 237124).

Va pertanto disposto l’annullamento della sentenza senza rinvio come precisato nel dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Grosseto per il giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2016.