Privacy nei rapporti di consumo, chi decide sul trattamento illecito? (Corte di Cassazione Civile, Sez. VI, Ordinanza 7 marzo 2017 n. 5658)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Sesta Civile

Ordinanza 7 marzo 2017, n. 5658

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al n. R.G. 3015-2016 proposto da

F.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 212, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BRASCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONARDO BRASCA giusta procura speciale in calce al ricorso – ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA S.P.A. – SOCIETA’ COOPERATIVA, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA P. L. CATTOLICA 3, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO CIUFOLINI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CATERINA INZILLO giusta procura in calce alla memoria difensiva; – controricorrente –

e contro

CRIF S.P.A., AUTORITA’ GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI; – intimati –

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. Federico Sorrentino che, visto l’art. 380 ter c.p.c. chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, dichiari improcedibile o, in subordine, rigetti il ricorso, con le conseguenze di legge;

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA, depositata il 04/01/2016 – R.G. 553/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

è presente l’Avvocato Fabio Milano, per la ricorrente.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Francesco Antonio Genovese:

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Federico Sorrentino, il quale ha concluso per l’improcedibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso le la conferma della dichiarazione di difetto di competenza del Tribunale ordinario di Vibo Valentia, in favore, alternativamente, di quella del Tribunale di Modena (nel cui circondario era posta la sede della Banca Popolare dell’Emilia Romagna SpA) o di quella del Tribunale di Bologna (dove la sede di Crif SpA)).

FATTO E DIRITTO

Rilevato che la signora F.G., ha proposto istanza di regolamento di competenza, con atto notificato il 2 febbraio 2016. avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Vibo Valentia, in data 3-4 gennaio 2016. con la quale, decidendo dell’accertamento della responsabilità per danni della Banca Popolare dell’Emilia Romagna SpA e di Crif SpA (in relazione alla sua richiesta risarcitoria per i danni che le erano derivati a causa dell’errata segnalazione, nel sistema di informazione creditizia, della prestazione da parte della medesima di una garanzia personale per un altro mutuo concesso in favore di una società (tale srl Senza limiti), avendo Ella richiesto al Credito Emiliano SpA un mutuo a proprio favore che – per quella segnalazione non corretta – non le era stato concesso), si è dichiarato incompetente a conosce la controversia ritenendo competente, alternativamente, il Tribunale di Modena (nel cui circondario era posta la sede della Banca Popolare dell’Emilia Romagna SpA) o il Tribunale di Bologna (dove era la sede di Crif SpA);

che, secondo l’attrice, nella specie prevarrebbe il foro del consumatore, ai sensi del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2, lett. u), sul foro del titolare del trattamento di dati personali, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 10;

che, nelle sue conclusioni scritte, rese ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., il pubblico ministero – come detto – ha concluso per la improcedibilità del regolamento, non avendo la ricorrente dato la prova della comunicazione (in data 4 gennaio 2016) da parte della cancelleria, a mezzo della relata dell’ufficiale giudiziario, dell’ordinanza di dichiarazione della propria incompetenza essendo presente solo la dichiarazione di conformità da parte del difensore della parte, “secondo le modalità previste dal procedimento telematico, senza però alcuna altra attestazione relativa all’inoltro e alla ricezione dell’impugnato provvedimento, mediante pec o altro mezzo”.

Letta la memoria della ricorrente.

Considerato che il regolamento, oltre che ammissibile, è anche procedibile;

che, infatti, non può essere accolta l’eccezione di improcedibilità del regolamento di competenza, avanzata dal PG, per la mancata produzione, con la copia autentica del provvedimento, anche della relata di notifica della comunicazione del provvedimento impugnato da parte della cancelleria del giudice, atteso che il ricorso è tempestivo in quanto risulta notificato il 2 febbraio 2016 e cioè prima della scadenza del termine di trenta giorni, tenuto conto che l’ordinanza impugnata è stata pubblicata in data 4 gennaio 2016, risultando perciò irrilevante la problematica giuridica relativa al deposito della relata di notificazione:

che, nel merito, il ricorso appare infondato;

che, infatti, le parti litiganti concordano sulla individuazione dei principi elaborati da questa Corte con riferimento alla prevalenza del foro del consumatore rispetto a quello stabilito a tutela della persona per l’illecito trattamento dei dati personali;

che, sotto questo particolare profilo, deve accedersi alle conclusione del PG, il quale chiede l’inapplicabilità di tali principi al caso che ci occupa per l’estraneità dell’illecito ipotizzato rispetto al rapporto di consumo (intercorrente tra il consumatore e la Banca che, richiesta del finanziamento, non l’ha concesso in ragione dell’esistenza di dati, non veritieri, riguardanti la prestazione di una fideiussione in favore di altro debitore della Banca Popolare dell’Emilia Romagna SpA);

che, infatti, il principio di diritto (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20304 del 2015) secondo cui “quando la tutela contro il trattamento dei dati personali nei confronti del titolare del trattamento venga invocata nell’ambito di un rapporto di consumo, come tale soggetto al D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2, lett. u), il faro previsto da tale norma prevale su quello individuato dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152 (applicabile “ratione temporis”), in quanto la sopravvenienza della prima disposizione ha derogato alla seconda con riguardo alle controversie sul trattamento dei dati personali, la cui titolarità origini da rapporti di consumo” trova applicazione solo e soltanto quando il trattamento illecito dei dati si inserisca in modo qualificato all’interno del rapporto di consumo, di talchè l’illecito ipotizzato dal consumatore che lamenti un danno risulti connesso direttamente al contratto per una qualche forma di responsabilità diretta del professionista e non già quando – come nel caso di specie – il contratto sia stata solo l’occasione per far emergere un pregresso trattamento, da parte di terzi, oggetto di censura sicchè esso si è reso visibile solo in ragione della consultazione dell’apposita banca dati da parte della Banca contraente, che al trattamento sia rimasta estranea (non avendo segnalato il dato al gestore di essa), con la quale il consumatore ha intrapreso l’attività negoziale; che, pertanto, il ricorso va respinto in applicazione del principio di diritto secondo cui: “in tema di competenza, quando il loro previsto dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 10, in materia di trattamento dei dati personali nei confronti del titolare del trattamento, venga invocato nell’ambito di un rapporto di consumo, come tale soggetto al foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore, fissato dal D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. u), quest’ultimo prevale (in quanto stabilisce una competenza esclusiva, alla luce delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore) solo se il trattamento si inserisce in modo qualificato all’interno del rapporto di consumo, di talchè l’illecito ipotizzato dal consumatore che lamenti un danno risulti connesso direttamente al contratto per una qualche forma di responsabilità diretta del professionista e non già quando – come nel caso di specie – il contratto sia stata solo l’occasione per far emergere un pregresso trattamento, da parte di terzi, sicchè esso si sia reso visibile solo in ragione della consultazione dell’apposita banca dati da parte del professionista contraente (nella specie: una banca), che al trattamento sia rimasta estranea (non avendo segnalato il dato al gestore di essa), con la quale il consumatore abbia intrapreso l’attività negoziale”;

che nè può attribuirsi al professionista una responsabilità indiretta per l’accesso alla banca dati perchè comprendente anche clementi non corretti, in quanto la sua consultazione non costituisce attività soggetta ad alcuna responsabilità;

che, di conseguenza, il ricorso deve essere respinto;

che la novità della questione e, pertanto, dell’enunciato principio comporta la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e compensa le spese del giudizio tra le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2017.

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