Processo Bossetti al capolinea? Alcune riflessioni sull’inutilizzabilità delle prove.

Com’è noto nell’ordinanza cautelare emessa in data 19.6.2014 nel procedimento n. 605/2014 R.G. GIP (Delitto Yara Gambirasio), relativamente all’utilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine massimo di cui all’art. 407 c.p.p., il GIP Dr.ssa Maccora è pervenuta ad esprimere le seguenti argomentazioni (per ragioni di completezza, si riportano letteralmente come segue): “Sono pienamente utilizzabili tutti gli atti di indagini espletati, nell’ambito del procedimento n. 10915/2010 iscritto a carico di ignoti, dopo il decorso del termine massimo di cui all’art. 407 c.p.p. ed in particolare sia la relazione preliminare concernente le analisi genetico forensi su campioni di DNA di Arzuffi sia l’accertamento effettuato (prima del passaggio del procedimento a noti) dal Dipartimento di Sanità Pubblica di Pavia relativamente alla comparazione tra l’elemento biologico presente sul boccaglio per alcoltest utilizzato dall’indagato ed il profilo genetico denominati Ignoto 1, come tutti gli atti propedeutici a tale comparazione.
Al riguardo infatti occorre richiamare l’orientamento prevalente della giurisprudenza che evidenzia la ratiodella normativa dettata dall’art. 407 comma terzo c.p.p. che prevede che inutilizzabilità dì atti d’indagine per inosservanza dei termini non può riguardare i procedimenti iscritti a carico di ignoti.

In particolare evidenzia la Corte che la sanzione processuale di inutilizzabilità prevista dall’art. 407 c.p.p., comma 3, non è applicabile ai procedimenti a carico di ignoti. infittii si deve rilevare, innanzi tutto, che le Sezioni Unite con la sentenza 28/03/2006 n. 13040, – a seguito di un attento esame dei lavori parlamentari e delle pronunzie della Corte Costituzionale sul punto – hanno affermata che l’assoggettamento delle indagini a limiti cronologici, nel contesto di uno stretto e penetrante controllo da parte del giudice, risulta evidentemente funzionale all’efficace contrasto di un’eventuale inerzia del P.M., al fine dell’effettivo rispetto del canone di obbligatorietà dell’azione penale.

Orbene sembra assurdo ritenere che il legislatore da ma parte voglia – attraverso la modifica apportata all’art. 415 cp.p. nel 1999 – contrastare un’eventuale inerzia del P.M e tutelare il rispetto effettivo del canone di obbligatorietà dell’azione penale, e dall’altra sanzionare con l’inutilizzabilità, Il compimento di atti di investigazione dopo la scadenza del termine che però, consentendo l’identificazione degli autori dei reato, realizzano proprio lo scopo voluto dal Legislatore e cioè la tutela effettiva dell’obbligatorietà dell’azione pende.

D’altra parte il comportamento del P.M he alla scadenza del temine non chieda né l’archiviazione nè la proroga del termine, non viola alcun diritto essenziale tale da portare alla inutilizzabilità, proprio perché manca un soggetto indagato, portatore di uno specifico interesse alla sollecita chiusura dell’attività d’indagine. (Sez. 2, Sentenza n. 48104 del IVI1/2008 -dep. 24/12/2008- Rv. 243031 ).

In una prospettiva analitica, si puo’ dire che il GIP ritenga che, pur riconoscendosi l’intervenuta scadenza dei termini, gli accertamenti successivi a siffatta scadenza (in particolare sia la relazione preliminare concernente le analisi genetico forensi su campioni di DNA di Arzuffi sia l’accertamento effettuato (prima del passaggio del procedimento a noti) dal Dipartimento di Sanità Pubblica di Pavia relativamente alla comparazione tra l’elemento biologico presente sul boccaglio per alcoltest utilizzato dall’indagato ed il profilo genetico denominati Ignoto 1, come tutti gli atti propedeutici a tale comparazione) siano utilizzabili per le seguenti ragioni epistemico-processuali: i) le Sezioni Unite con la sentenza 28/03/2006 n. 13040, – a seguito di un attento esame dei lavori parlamentari e delle pronunzie della Corte Costituzionale sul punto – hanno affermata che l’assoggettamento delle indagini a limiti cronologici, nel contesto di uno stretto e penetrante controllo da parte del giudice, risulta evidentemente funzionale all’efficace contrasto di un’eventuale inerzia del P.M., al fine dell’effettivo rispetto del canone di obbligatorietà dell’azione penale; ii) sembra assurdo ritenere che il legislatore da una parte voglia – attraverso la modifica apportata all’art. 415 cp.p. dalla legge 479/1999 – contrastare un’eventuale inerzia del P.M e tutelare il rispetto effettivo del canone di obbligatorietà dell’azione penale, e dall’altra sanzionare con l’inutilizzabilità, il compimento di atti di investigazione dopo la scadenza del termine che però, consentendo l’identificazione degli autori dei reato, realizzano proprio lo scopo voluto dal Legislatore e cioè la tutela effettiva dell’obbligatorietà dell’azione pende; iii) la sanzione processuale di inutilizzabilità prevista dall’art. 407 c.p.p., comma 3, non è applicabile ai procedimenti a carico di ignoti.

Nodo preliminare da sciogliere, relativamente alla soluzione di tale problematica è quindi quello di analizzare l’intervento di cui alla novella versata nella legge 479/99 e di accertare se con essa novella il legislatore abbia inteso applicare al procedimento di indagine preliminare a carico di persone non individuate, le norme procedimentali previste dal codice di rito con riferimento ad indagini riguardanti persone “note”.

Con evidenza si comprende che ove al quesito venisse data risposta negativa, per quel che attiene l’interesse del nostro intervento, il pubblico ministero non avrebbe obbligo alcuno di chiedere al gip la concessione di proroga delle indagini da avanzare in epoca antecedente alla scadenza del termine decorrente dalla iscrizione della notizia di reato sul registro di cui all’art. 335 cpp.

Di conseguenza l’organo inquirente avrebbe facoltà di proseguire le indagini anche oltre il termine previsto dalla legge senza che il superamento dello stesso in assenza di autorizzazione del gip possa derivarne conseguenze caducatorie.

Diversamente accadrebbe ove l’interpretazione dell’art. 415 c.p.p. offrisse una risposta positiva. Anche nei procedimenti a carico di persone ignote il pubblico ministero è gravato dall’obbligo di chiedere al gip l’autorizzazione alla prosecuzio0ne delle indagini preliminari da presentare prima della scadenza del termine previsto dalla legge. In difetto, la conseguenza che ne deriverebbe sarebbe l’inutilizzabilità dell’elemento di prova acquisito in violazione di detta regola procedimentale.

La novella più volte richiamata, introduce un nuovo canone di valutazione del regime normativo da applicare alle indagini nei confronti di persone ignote. Il comma 3 dell’art. 415 cpp detta chiaramente: “Si osservano, in quanto applicabili, le altre disposizioni di cui al presente titolo.”

La proposizione utilizzata dal legislatore ha lasciato dubbi sui limiti di tale applicazione. In buona sostanza il primo quesito che l’interprete ha dovuto affrontare, ha riguardato la possibilità di applicare al procedimento di indagine nei confronti di persone ignote, l’intero titolo VIII del cpp, ivi comprese le norme disciplinanti la prosecuzione delle indagini oltre il termine previsto dalla legge.

Senza dubbio, alcuni limiti devono ritenersi insuperabili. Ad esempio, appare assai difficile applicare la disposizione di cui all’art. 406 co. 3 tenuto conto che la mancata individuazione della persona sottoposta alle indagini, non consente che ad essa sia notificabile la richiesta di proroga delle indagini.

Ma su tali limiti non pare sussistano divergenze interpretative.

Il contrasto maggiormente stridente riguarda il problema del regime generale dei termini applicabile al procedimento contro persone ignote.

Subito dopo l’entrata in vigore della novella del 1999 la Corte di Cassazione ha manifestato un radicale mutamento dell’indirizzo fino ad allora seguito. Cass., sez. VI, 14.01.2002, n. 2997, ha affermato che: “A seguito della modifica dell’art. 415 cpp ad opera dell’art. 16 L. 16 dicembre 1999 n. 479, la disciplina dei termini di durata delle indagini preliminari stabilita negli artt. 405, 406 e 407 cpp si applica anche nei procedimenti a carico di persone ignote, in forza dell’esplicito rinvio “alle altre disposizioni di cui al presente titolo” contenuto nell’art. 415 co. 3 cpp”.

Nell’anno 2006 vi è un primo intervento delle Sezioni Unite ancorché non direttamente al riguardo della tematica relativa alla richiesta di autorizzazione alla proroga delle indagini preliminari. Il quesito sottoposto al vaglio del massimo consesso di legittimità era, in realtà, relativo alla legittimità o meno della fissazione di un termine da parte del gip per lo svolgimento delle indagini in seguito a richiesta di archiviazione avanzata dal pm in un procedimento a carico di persone ignote.

Incidentalmente la Corte ha affrontato altre problematiche relative alla estensione degli istituti processuali riguardanti procedimenti a carico di persone “note” senza però specificarne limiti e portata.

Le SSUU, 28.03.2006, n. 13040, in relazione al quesito dal quale sono state investite, affermano che con l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 415 cpp, nel quale è espressamente previsto (al comma 3) che nel procedimento contro ignoti si “osservano in quanto applicabili” tutte le disposizioni del titolo VIII del libro V (relative alla chiusura delle indagini preliminari), si è manifestato in giurisprudenza (Cass. 2997 del 2002, Cass., 28700 del 2005) l’orientamento di estendere le garanzie di snellezza, trasparenza e celerità caratterizzanti il procedimento contro persone note alla conduzione delle investigazioni a carico di ignoti, con conseguente applicabilità anche a queste ultime della disciplina di cui all’art. 406 cpp, – ivi compreso, per quanto qui interessa, il disposto di cui al co. 2 bis – e art. 407 cpp, fatte salve, ovviamente, le disposizioni oggettivamente incompatibili, come ad esempio quelle dell’art.  406 co. 3 e 5.

Punto di assoluta rilevanza è quello in cui la Corte afferma che in favore di tale indirizzo milita la testuale previsione del comma 3 del novellato art. 415 cpp che denota, all’evidenza, la scelta di voler assimilare, fino al limite della compatibilità, la disciplina (della chiusura) delle indagini contro ignoti a quella prevista per le indagini contro noti.

Prosegue la Corte: “Che il rinvio operato dalla norma de qua debba intendersi in questo senso e che, in particolare, ricomprenda l’intero regime sui termini delle indagini (eccezion fatta per le sole norme che presuppongono indefettibilmente la già avvenuta individuazione della persona indagata, tra le quali non rientra, per come risulterà chiaro più avanti, quella di cui al comma 2 bis dell’art. 406 cpp), è confermato in modo decisivo dai lavori parlamentari (già efficacemente richiamati da sez. VI,  n. 2997 del 2002) riguardanti la modifica della normativa in discorso e dal nesso che lega tale modifica ai principi espressi dalla Corte costituzionale in ordine all’istituto dell’archiviazione.”“Da tanto emerge che il legislatore del 1999 ha inteso operare un riassetto in senso unitario del regime giuridico dei due tipi di indagine, contro noti e contro ignoti, estendendo al secondo procedimento tutte le norme regolatrici del primo che non siano con esso incompatibili e ampliando corrispondentemente l’area d’intervento del giudice.”

La necessità di un provvedimento autorizzatorio del gip alla proroga delle indagini emerge, poi, da un altro inciso richiamato dalla Corte di legittimità. In relazione alla compatibilità delle previsioni di cui al comma 2 bis dell’art. 406 con l’ipotesi di richiesta di proroga delle indagini a carico di persona ignota, afferma la Corte, “non è poi in alcun modo smentita dall’inapplicabilità della disciplina prevista dal comma 3 dello stesso articolo nella parte in cui prevede l’obbligo di comunicare la richiesta di proroga alla persona sottoposta alle indagini.”

Il dettato della Corte, infatti, limita l’inapplicabilità del richiamato comma 3 dell’art. 406 al procedimento contro persone ignote, alla parte in cui prevede l’obbligo di comunicazione alla persona offesa della richiesta di archiviazione e non anche alla parte relativa alla necessità che la proroga del termine delle indagini venga autorizzata dal gip.

Successivamente alla pronuncia delle SSUU, la Corte di legittimità ha confermato l’indirizzo che vede nella riforma dell’art. 415 cpp, comma 3, la scelta di voler assimilare, fino al limite della compatibilità, la disciplina della chiusura delle indagini contro ignoti a quella prevista per le indagini contro noti.

Sicché il rinvio operato da tale norma alle “altre disposizioni del presente titolo” deve intendersi all’intero regime sui termini delle indagini: “eccezion fatta per le sole norme che presuppongono indefettibilmente la già avvenuta individuazione della persona indagata”.

E tra dette eccezioni non rientra, non solo quella di cui all’art. 406 cpp comma 2 bis scrutinato dalle Sezioni Unite, ma sicuramente neppure quella che (in virtù del combinato disposto del secondo periodo dell’art. 405 cpp, comma 2, e art. 407 cpp, comma 2, lettera a), fissa il termine di un anno per i procedimenti concernenti certuni reati, di particolare gravità (Cass., sez. V, 27.10.2006, n. 40343).

Con pronuncia più recente, la Suprema Corte ha confermato l’indirizzo fin qui condiviso, affermando in modo ancor più incisivo, che: “Non può definirsi abnorme, perchè affatto legittimo, il provvedimento con cui il g.i.p. autorizza o non autorizza il p.m. alla prosecuzione delle indagini nei confronti di persone ignote, dal momento che – anche ammettendosi che in tali casi (indagini a carico di ignoti) un termine non sia previsto dalla legge – un siffatto provvedimento risponde comunque ad una strutturale esigenza di controllo dell’attività del p.m., che non può certo esplicarsi sine die.

Non è casuale, del resto, che in base al novellato art. 415 c.p.p. la fissazione di un termine massimo per le indagini e l’eventuale loro proroga (ex art. 406 c.p.p., comma 2-bis) è applicabile anche al provvedimento autorizzativo di prosecuzione delle indagini nei confronti di ignoti, proprio perchè lo stesso è volto a rafforzare la garanzia del rispetto dei tempi investigativi e la connessa funzione di controllo del g.i.p.. Sicchè nei procedimenti contro ignoti la proroga è concessa o non concessa per le medesime ipotesi per le quali è autorizzabile nei confronti di indagati noti” (Cass., sez. VI, 24.05.2011, n. 22509).

Da ultimo, infine, Cass., sez. V, 18.04.2014, n. 29252, nel confermare i principi sopra richiamati, ha ribadito che: “La giurisprudenza di questa Corte ha posto in risalto che il decorso del termine per il compimento delle indagini non può comportare l’invalidazione dell’atto di indagine compiuto dopo la scadenza, ma soltanto la inutilizzabilità – ad istanza di parte – della prova acquisita attraverso tale atto.

Consegue da ciò che la questione rilevante è solo quella della eventuale inutilizzabilità di prove o meglio indizi acquisiti e posti a fondamento del decreto ablativo.

E’ anche da rilevare che la giurisprudenza di questa Corte ritiene applicabile ai procedimenti contro ignoti (art. 415 c.p.p.) il termine di durata delle indagini previsto -nei procedimenti contro noti – dall’art. 405 c.p.p.”

Di converso, si pone un indirizzo giurisprudenziale che offre una lettura della fondamentale sentenza delle Sezioni Unite del 2006 in termini antitetici ai principi desunti dalle decisioni sopra riportate.

Secondo Cass., sez. V, 13.10.2014, n. 12673, dal richiamo di questa decisione alla norma di cui all’art. 415 c.p.p., comma 3, non può però dedursi che le SS.UU. abbiano inteso estendere l’intero regime sui termini di indagine ai procedimenti contro ignoti, con applicazione della disciplina di cui agli artt. 406 e 407 c.p.p., fatte salve, ovviamente, le disposizioni oggettivamente incompatibili.

E’ evidente, infatti che il Supremo collegio non ha affrontato il problema relativo al compimento di attività di indagine oltre il termine massimo iniziale di un anno, senza che sia stata richiesta e ottenuta la proroga (di sei mesi) e soprattutto non afferma l’applicabilità, in questo caso, dell’art. 407 c.p.p., comma 3, e se tale ultima disposizione sia oggettivamente incompatibile con il procedimento a carico di ignoti.

In realtà, il rifiuto di accettare che anche nell’ambito delle attività di indagine in procedimenti contro persone ignote sia obbligato il rispetto del termine previsto dalla legge salvo autorizzazione espressa alla proroga da parte del gip, appare più che altro legato ad una erronea formula interpretativa.

E’ detto, in tale decisione, che l’assoggettamento delle indagini a limiti cronologici, risulta funzionale all’efficace contrasto di un’eventuale inerzia del pm, al fine dell’effettivo rispetto del canone della obbligatorietà dell’azione penale.

E’ apparso, quindi, illogico, afferma la Corte, ritenere che il legislatore da una parte abbia voluto, attraverso la modifica apportata all’art. 415 cpp, contrastare un’eventuale inerzia del pm e tutelare il rispetto effettivo del canone di obbligatorietà dell’azione penale, e dall’altra sanzionare con l’inutilizzabilità il compimento di atti di investigazione dopo la scadenza del termine che però, consentendo l’identificazione degli autori del reato, realizzano proprio lo scopo voluto dal legislatore e cioè la tutela effettiva dell’obbligatorietà dell’azione penale.  Con formula di stile limitata a tre righe d’inchiostro anche Cass., sez. VI, 25.03.2014, n. 20064, rafforza il principio di cui alla decisione sopra commentata.

Francamente il processo interpretativo da ultimo segnalato appare in stridente contrasto con la logica delle norme novellate e con lo scopo principale auspicato dal legislatore. Peraltro si nota anche una pesante contraddizione.

Innanzitutto le decisioni che ritengono non applicabile ai procedimenti contro ignoti le norme sulla necessità di chiedere ed ottenere la proroga delle indagini preliminari, non confutano le ragioni, qui contrastate, sottese alla apertura sine die delle attività di indagine espletate ed espletande. Il contrasto, semmai, si porrebbe proprio in relazione alla ipotesi di una modifica legislativa voluta  per evitare, almeno per questa parte, che le attività di indagine potessero espletarsi senza una ragionevole predeterminazione temporale e, soprattutto, senza un cogente controllo da parte dell’Autorità giudiziaria competente.

Si pensi, ad esempio, ai casi in cui il pm, pur avendone la possibilità formale e sostanziale, eviti di iscrivere nel registro degli indagati la persona attinta da indizi di reità al solo fine di poter prolungare le indagini oltre il termine previsto dalla legge.

Inoltre non appare condivisibile la tesi per cui le SSUU del 2006 non avrebbero preso in considerazione l’ipotesi di applicabilità o meno della necessità di un provvedimento autorizzativo del gip alla proroga delle indagini.

Come è stato sopra evidenziato, il massimo consesso di legittimità riunito in forma integrata, ha precisato innanzitutto che la volontà del legislatore era quella di assimilare, fino al limite della compatibilità, la disciplina delle indagini contro ignoti a quella prevista per le indagini contro noti.

E non pare che sia incompatibile il disposto di cui all’art. 406 co. 1 e 2 cpp con le norme che disciplinano le indagini a carico di persone non note. Inoltre l’art. 415 co. 1 e 2 cpp indica espressamente che il pm, quando è ignoto l’autore del reato, entro sei mesi dalla registrazione della notizia di reato, presenta al gip richiesta di archiviazione o di autorizzazione a proseguire le indagini. Con decreto motivato il gip le autorizza. Al comma 3 dell’art. 415 cpp è prevista l’osservanza delle altre disposizioni del titolo VIII, in quanto applicabili.

Residua un ultimo argomento utilizzato dalla giurisprudenza più restrittiva per confutare la possibilità di applicazione delle norme sul procedimento a carico di persone note ai procedimenti a carico di persone ignote: la non applicabilità dell’art. 407 co. 3 cpp relativo alla inutilizzabilità degli elementi di prova acquisiti in seguito ad attività di indagine effettuata successivamente alla scadenza del termine non prorogato  previsto dalla legge.

La sentenza delle SSUU del 2006, a parere della giurisprudenza più restrittiva,  non farebbe alcun  riferimento  alla possibilità di applicazione delle conseguenze derivanti dall’omessa autorizzazione del gip allo svolgimento delle ulteriori indagini. Ne conseguirebbe l’insussistenza di sanzione processuale.

L’interpretazione così formulata non risponde ai canoni richiamati dalle SSUU, anzi, al contrario, da essi emerge la fondatezza della tesi opposta.

Le SSUU del 2006 riportano nella narrativa della motivazione il seguente passaggio: “Dagli atti relativi alla seduta del 30 settembre 1999 dell’Assemblea del Senato risulta, invero, che l’originaria norma contenuta nel corpo dell’art. 415 c.p.p., comma 1, che imponeva ancora di osservare “in quanto applicabili le disposizioni degli artt. 405, 406 e 407 c.p.p.”, venne modificata dall’accoglimento di una proposta emendativa del Relatore Pinto, che sopprimeva il riferimento agli artt. 405, 406, 407 c.p.p., e inseriva nell’articolo 415 c.p.p., un comma 2 bis (poi divenuto comma 3), prescrivente l’osservanza, in quanto applicabili, di tutte le “altre disposizioni di cui al presente titolo”: proposta emendativa che – come risulta dall’intervento dello stesso Relatore -, lungi dallo scaturire da dubbi in senso restrittivo circa l’applicabilità degli artt. 405, 406 e 407 c.p.p. al procedimento contro ignoti, aveva invece lo scopo di “evitare che il solo riferimento” ai detti articoli potesse “escludere l’applicabilità delle altre disposizioni relative alla fase del procedimento, di cui al titolo 8^ dell’intero libro 5^”, in favore della quale, con riferimento all’art. 409 c.p.p., comma 4, aveva avuto modo di pronunciarsi la “Corte costituzionale con la sentenza n. 409 del 1990”.

Sotto un profilo logico, di analisi logico-argomentativa, l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità puo’ essere diagrammato nel modo seguente.

Premessa generale 1 PG1 – la disciplina dei termini di durata delle indagini preliminari stabilita negli artt. 405, 406 e 407 c.p.p. si applica anche nei procedimenti a carico di persone ignote (in conseguenza dell’art. 415 c. 3 cpp che esprime un esplicito rinvio “alle altre disposizioni di cui al presente titolo”);

Premessa generale 2 PG2  – Il legislatore, con la modifica dell’art. 415 comma 3 cpp, ha affermato la necessità di tutelare l’obbligatorietà dell’azione penale;

Premessa particolare PP – Diversi accertamenti analiticamente individuati (determinanti ai fini indiziari) nell’attuale procedimento Bossetti sono stati perfezionati dopo la scadenza dei termini fissati per le indagini preliminari e derivano dal precedente procedimento n.10915/2010, procedimento contro ignoti;

Conclusione –  la disciplina dei termini di durata delle indagini preliminari stabilita negli artt. 405, 406 e 407 cpp si applica anche nei procedimenti a carico di persone ignote e quindi anche in relazione al proc. n. 10915/2010 con la conseguente applicazione dell’art. 407 c. 3 cpp e la consequenziale inutilizzabilità degli accertamenti di cui alla premessa PP.

Per ragioni comparative, riportiamo nuovamente gli enunciati espressi dal GIP Dr.ssa Maccora, sempre in una versione logico-argomentativa:

Premessa P1’ – le Sezioni Unite con la sentenza 28/03/2006 n. 13040, – a seguito di un attento esame dei lavori parlamentari e delle pronunzie della Corte Costituzionale sul punto – hanno affermato che l’assoggettamento delle indagini a limiti cronologici, nel contesto di uno stretto e penetrante controllo da parte del giudice, risulta evidentemente funzionale all’efficace contrasto di un’eventuale inerzia del P.M., al fine dell’effettivo rispetto del canone di obbligatorietà dell’azione penale;

Premessa P2’ – sembra assurdo ritenere che il legislatore da una parte voglia – attraverso la modifica apportata all’art. 415 cp.p. dalla legge 479/1999 – contrastare un’eventuale inerzia del P.M e tutelare il rispetto effettivo del canone di obbligatorietà dell’azione penale, e dall’altra sanzionare con l’inutilizzabilità, il compimento di atti di investigazione dopo la scadenza del termine che però, consentendo l’identificazione degli autori dei reato, realizzano proprio lo scopo voluto dal Legislatore e cioè la tutela effettiva dell’obbligatorietà dell’azione pende;

Conclusione C’ – la sanzione processuale di inutilizzabilità prevista dall’art. 407 c.p.p., comma 3, non è applicabile ai procedimenti a carico di ignoti.

Dall’esame comparativo tra i due percorsi argomentativi, si possono esprimere alcune riflessioni.

Sotto il profilo logico ed epistemologico l’art. 415 c. 3 cpp ha uno scopo teleologico, insomma, finalistico, costituito dall’affermazione di un principio di prevenzione e di un principio di di estensione (il principio di estensione si concreta, come abbiamo visto in precedenza, nell’affermazione di una sostanziale compatibilità tra regime previsto per le persone note e regime previsto per le persone ignote).

Il principio di prevenzione è rappresentato dalla necessità di tutelare l’obbligatorietà dell’azione penale; è quindi finalizzato a prevenire l’inerzia del PM e sollecitarlo a risolvere il processo dilemmatico azione penale-archiviazione; l’eventuale rinvio delle proprie incombenze decisionali, oltre la scadenza dei termini (fissati per le indagini) determina l’inutilizzabilità.

L’inerzia che si intende prevenire non attiene alle indagini ma alla soluzione di quel processo dilemmatico; non ha quindi senso sostenere (come si intende fare con P1’, P2’ e C’) che, perpetrare le indagini oltre la scadenza, dimostri l’assenza di inerzia del PM e soddisfi le esigenze di obbligatorietà; semmai, tali determinazioni sanciscono proprio la violazione di quell’imposizione (non oltrepassare la scadenza dei termini senza esprimere regolare richiesta di proroga). Si confonde, infatti, l’obbligatorietà dell’azione (che esaurisce il processo dilemmatico) con l’obbligatorietà delle indagini che anzi rinviano la soluzione di quel processo e che quindi non possono certo essere utilizzate per giustificare l’osservanza di quell’obbligatorietà!

Non c’è in questi termini differenza tra proc contro indagati e ignoti: la norma, seguendo l’argomentazione sintetizzata in P1’, P2’ e C’, risulterebbe inapplicabile anche nel caso di persone noti; anche in quel caso, nel caso di persone note, l’obbligatorietà dell’azione (che esaurisce il processo dilemmatico) finirebbe per essere confusa con l’obbligatorietà delle indagini; se in un proc contro un indagato si superasse la scadenza dei termini si potrebbe sempre addurre (come nel caso di ignoti) che è stato necessario per individuare l’autore del reato; infatti, come l’ignoto, stando a P1’, P2’ e C’, per effetto delle successive indagini diventa autore del reato e quindi imputato, cosi’ l’indagato, per effetto delle successive indagini, diventa autore del reato e quindi imputato.

Insomma, il tentativo di distinguere proc contro indagati e proc contro ignoti sotto questo profilo é illogico; è come se si assimilasse l’indagato all’autore del reato per spiegare la differenza e tentare di giustificare il motivo per cui nel caso dell’indagato si possa scollinare se e solo se si ottiene provv autorizzativo del gip, mentre nel caso di persone ignote sia possibile comunque scollinare al fine di rinvenire l’autore del reato; come se l’indagato fosse già qualificabile come autore del reato, quando, sappiamo bene, che l’indagato, come l’ignoto, presenta le stesse caratterizzazioni (solo che il primo è individuato mentre l’altro è indagato ma non identificato).

In conclusione, da quanto precede, appare evidente con chiarezza che il legislatore del 1999 ha inteso operare un riassetto in senso unitario del regime giuridico dei due tipi di indagine, contro noti e contro ignoti, estendendo al secondo procedimento tutte le norme regolatrici del primo che non siano con esso incompatibili e ampliando corrispondentemente l’area d’intervento del giudice.

Appare quindi evidente che la volontà del legislatore non era quella di limitare le conseguenze derivanti dalla mancanza di autorizzazione alla proroga delle indagini nei procedimenti a carico di persone ignote, ma, al contrario, quella di fortificarla disponendo, con il mero richiamo alla applicabilità fino a incompatibilità, anche delle norme relative alla sanzione processuale della inutilizzabilità.

Avv. Antonio MEZZOMO