Il sindacato esperibile dal Giudice Amministrativo sulle valutazioni tecniche degli organi medico legali circa la dipendenza da causa di servizio dell’infermità denunciata dal pubblico dipendente va limitato ai profili di irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti.
Di conseguenza, spetta al Giudice Amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, relativa alla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, laddove l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, in cui si sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, rappresenta un tipico esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo di verifica delle cause di servizio (D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461).
(Conferma della sentenza del T.a.r. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, n. 109/2014).
Il positivo riconoscimento della dipendenza di una patologia da causa di servizio consegue all’accertamento, da parte dell’Amministrazione, dell’effettiva e comprovata “riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione” (art. 11, primo comma, d.p.r. 29 ottobre 2001, n. 461): la legge, quindi, non ritiene sufficiente, a tale fine, la mera “possibile” valenza patogenetica del servizio prestato, ma, di contro, impone la puntuale verifica, connotata da certezza o da alto grado di credibilità logica e razionale, della valenza del servizio prestato quale fattore eziologicamente assorbente o, quanto meno, preponderante nella genesi della patologia.
Questa verifica è rimessa ex lege alla potestà tecnico-discrezionale dell’Amministrazione, le cui valutazioni, a ben vedere, sono frutto non di semplice opinabilità, ossia di applicazione di regole tratte da campi del sapere umano non esatti, ma di ipoteticità, ossia di ricostruzione di un nesso di causalità non conosciuto sulla base di assunzioni, presunzioni, collegamenti logici, deduzioni; del resto, il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, a differenza della Commissione Medica Ospedaliera, non è composto esclusivamente da medici, ma pure da magistrati e da dirigenti dello Stato.
Sul crinale processuale questa strutturale ampiezza delle valutazioni del Comitato, alle cui conclusioni deve conformarsi il successivo decreto dell’Amministrazione (art. 14 d.p.r. n. 461 del 2001), si riflette nelle attribuzioni del Giudice Amministrativo, il cui sindacato è limitato al riscontro di “evidente travisamento di fatti, manifesta illogicità o palese incongruità della motivazione”; trattasi, dunque, di un sindacato estrinseco, ossia volto a verificare ab externo, oltre all’eventuale ricorrenza di errori di fatto, il rispetto dei canoni di logica formale (cristallizzati nei principi di non contraddizione, di ragionevolezza, di consequenzialità argomentativa), senza poter impingere nel merito delle conclusioni raggiunte dall’Amministrazione, nel doveroso rispetto della sfera di attribuzioni alla stessa ex lege affidata.
… Orbene, il ricorso svolto dalla sig.ra -OMISSIS-, anche sulla scorta di una consulenza svolta da un professionista di parte all’uopo incaricato, non assume la radicale ed intrinseca inattendibilità tecnica delle conclusioni raggiunte dall’Amministrazione, ma ne contesta la condivisibilità, veicolando, dunque, una critica di puro merito: in tal modo, tuttavia, si penetra nel nucleo vivo della valutazione tecnica operata dal Comitato, i cui esiti, per giurisprudenza consolidata, non possono essere contestati alla luce di difforme conclusioni raggiunte da sanitari compulsati autonomamente dalla parte, atteso che la legge ha inteso riservare i relativi accertamenti esclusivamente ai competenti organi dell’Amministrazione (Cons. Stato, Sez. IV, 6 giugno 2017, n. 2718; Sez. II, parere 24 ottobre 2012, n. 11931/2004; Sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3500; Sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2676).
11. Oltretutto, rileva il Collegio, la gravosità del servizio prestato dalla ricorrente (condizioni ambientali, turni protratti, contrazione dei periodi di ferie), allegata quale causa dell’infermità, lungi dal costituire una condizione eccezionale e straordinaria rappresenta, di contro, l’ordinaria e fisiologica orditura del quotidiano tessuto professionale degli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria: in tal senso, del resto, il parere in data 14 novembre 2007 del Comitato (confermato in toto dal successivo parere del 22 aprile 2009), che ha riscontrato, nella specie, una “forma di nevrosi, costituita da alterazioni patologiche relativamente stabili del tono dell’umore che, in quanto tali, non sono adeguate alle circostanze ed all’ambiente” di lavoro, cui, dunque, non può essere ascritta efficacia patogenetica …