Può la ex moglie ospitare terzi nella casa coniugale?

L’assegnazione della casa coniugale all’ex coniuge che non sia proprietario dà spesso luogo a contrasti circa le varie vicende che possono seguire tale attribuzione.

Si pensi, ad esempio, al caso in cui l’assegnatario decida di avviare proprio in quella casa una nuova convivenza.

L’articolo 155-quater del codice civile, letteralmente, stabilisce che il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l’assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

In realtà, tale norma, la cui rigidità era stata già più volte intaccata dalla giurisprudenza nelle analisi dei casi concreti, è stata definitivamente ammorbidita dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 308 del 2008.

Con tale pronuncia, infatti, la Consulta ha stabilito che, in realtà, sia l’assegnazione della casa familiare che la cessazione della stessa è stata sempre subordinata nella prassi ad una valutazione, ad opera del giudice, di rispondenza agli interessi della prole.

Di conseguenza, l’assegnazione della casa coniugale non viene meno di diritto al verificarsi dei predetti eventi ma la decadenza dalla stessa va necessariamente subordinata a un giudizio di conformità all’interesse dei minori.

Sulla scorta di tale legittimazione, la Cassazione è addirittura arrivata a ritenere, con sentenza numero 23786/2004, che vietare in assoluto alla ex moglie di convivere con il nuovo compagno nella casa assegnatale in sede di separazione comporterebbe “un’illegittima restrizione della sua libertà personale“.

Sulla base di una simile interpretazione, che è arrivata a piegare la lettura testuale di una norma codicistica, è possibile interpretare anche gli altri casi di ospitalità.

In assenza di espresse previsioni legislative deve quindi ritenersi che se il coniuge, nel rispetto degli interessi del minore, può ospitare nella casa coniugale anche il nuovo convivente, è chiaro che potranno essere ospitati, giustificatamente, anche altri soggetti, sempre con il medesimo limite.

Si pensi, ad esempio, al fratello o ai genitori.

Del resto, in caso contrario si avrebbe una chiara limitazione del diritto dell’assegnatario sulla casa familiare, sia che si consideri questo quale diritto reale di abitazione sia che lo si consideri quale diritto del comodatario o, ancora e come generalmente accade, quale diritto personale di godimento.

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