Quando la Cassazione “salva” il personale distratto a scapito delle urgenze tipiche delle questioni di libertà personale (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 16 maggio 2018, n. 21710).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere –

Dott. SCARLINI Enrico V. – Consigliere –

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.R., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 26/10/2017 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AMATORE ROBERTO;

lette/sentite le conclusioni del PG Dott. PINELLI MARIO MARIA STEFANO, che conclude per il rigetto.

Udito il difensore l’avv. SURMONTE espone alla Corte gli argomenti a sostegno della sua richiesta di accoglimento del ricorso.

L’avv. MAZZOTTA si associa al codifensore e deposita motivi aggiunti.

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza impugnata il Tribunale di Salerno Sezione riesame, decidendo in sede di rinvio a seguito della sentenza di annullamento della Suprema Corte, ha accolto parzialmente la istanza di riesame annullando il titolo cautelare emesso dal G.i.p. del Tribunale di Vallo della Lucania per il reato di tentato omicidio e ha, tuttavia, confermato l’ordinanza cautelare già disposta nella misura degli arresti domiciliari per il residuale reato di porto illegale di arma. Avverso la predetta ordinanza ricorre l’indagato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua impugnativa a due motivi di doglianza.

1.1 Denunzia il ricorrente, con il primo motivo di carattere processuale, violazione dell’art. 311 c.p.p., comma 5 bis, anche in relazione all’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10. Osserva la difesa che la misura applicata e confermata in sede di riesame era divenuta inefficace ai sensi del menzionato art. 311, comma 5 bis, perchè intervenuta dopo il termine di dieci giorni previsto dalla predetta norma e decorrente dal giorno della ricezione degli atti.

Si evidenzia che gli atti dalla cancelleria del Tribunale, ove si celebra il giudizio dibattimentale, erano arrivati il 4 ottobre 2017 e che a nulla rilevava la circostanza, invece valorizzata dal Tribunale ricorso, dello scarico e della stampa degli atti da parte del cancelliere nella successiva data del 17 ottobre; si osserva che, comunque, la data rilevante era quella precedente del 3 ottobre in cui erano pervenuti gli atti dalla cancelleria della Corte di cassazione in seguito al disposto annullamento con rinvio.

1.2 Con un secondo motivo si declina vizio di motivazione e di violazione di legge in relazione al profilo della gravità indiziaria per il residuo reato di porto abusivo di arma e, comunque, in ordine al profilo della sussistenza delle esigenze cautelari.

1.2.1 Si osserva che la motivazione non aveva approfondito il profilo della natura e della consistenza dei fondi attraverso i quali era passato l’indagato imbracciando l’arma e dunque non era certa la consumazione del reato oggetto di provvisoria contestazione.

1.2.2 Si osserva, inoltre, che illegittimamente il tribunale impugnato aveva speso considerazioni in ordine all’elemento soggettivo del reato oggetto di annullamento (e cioè, del reato di tentato omicidio) per motivare l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari per il residuale reato di porto d’arma.

1.3 Con memoria contente “motivi aggiunti” depositata in udienza, la difesa dell’indagato insiste sulla eccezione di inefficacia della misura cautelare impugnata.

Motivi della decisione

2. Il ricorso è infondato.

2.1 Già il primo motivo di doglianza, articolato come vizio di violazione di legge processuale, non è meritevole di accoglimento.

2.1.1 Deve in primo luogo chiarirsi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cui anche questo Collegio intende aderire e fornire continuità, condividendone la ratio applicativa), vale il principio secondo cui – in tema di impugnazioni avverso provvedimenti applicativi di misure cautelari personali – ai fini della decorrenza del termine di “dieci giorni dalla ricezione degli atti” entro il quale, ai sensi dell’art. 311 c.p.p., comma 5 bis, il giudice del rinvio è tenuto a decidere, nel caso sia stata annullata con rinvio, su ricorso dell’imputato, un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 9, non è sufficiente la mera ricezione della sentenza rescindente, ma occorre anche la ricezione degli atti presentati a norma dell’art. 291 c.p.p., comma 1, nonchè di tutti gli elementi eventualmente sopravvenuti in favore della persona sottoposta alle indagini (cfr. Sez. 6^, n. 27093 del 01/03/2017 – dep. 30/05/2017, Speranza, Rv. 27041001).

Deve, pertanto, essere disattesa la tesi difensiva secondo cui il termine di cui all’art. 311 c.p.p., comma 5 bis, decorre dalla ricezione della sentenza rescindente da parte della Corte di Cassazione, e cioè, nel caso di specie, dal 3 ottobre 2017, dovendosi, invece, far riferimento, per i fini che qui interessano, alla ricezione degli atti dal Tribunale di Vallo della Lucania, e cioè dal Tribunale procedente.

2.1.2 Ciò chiarito in premessa, la questio iuris che occorre risolvere è quella relativa alla determinazione del dies a quo per far decorrere il termine di “dieci giorni dalla ricezione degli atti” di cui al predetto art. 311 c.p.p., comma 5 bis, atteso che, secondo la tesi difensiva, lo stesso andrebbe individuato nel giorno di ricezione della pec inviata dal Tribunale di Vallo della Lucania al Tribunale distrettuale del riesame investito della vicenda processuale dopo l’annullamento con rinvio disposto da questa Corte, ricezione che, pertanto, secondo la tesi difensiva, sarebbe avvenuta il 4 ottobre 2017, con conseguente inefficacia della misura stessa, essendo la decisione del Tribunale distrettuale intervenuta solo in data 27 ottobre 2017.

Ebbene, la tesi difensiva non è condivisibile.

2.1.3 Sul punto va precisato che l’art. 64 disp. att. c.p.p., commi 3 e 4, che regolamenta le comunicazioni e trasmissioni degli atti in materia di libertà personale (e dunque, applicabile anche alla fattispecie oggi in esame ove la trasmissione degli atti presentati a norma dell’art. 291 c.p.p., comma 1, è avvenuta dal Tribunale procedente a mezzo pec), dispone espressamente, da un lato, che la copia degli atti trasmessi con “mezzo idoneo” deve essere necessariamente accompagnata dall’attestazione rilasciata dal funzionario di cancelleria in calce all’atto della trasmissione dell’originale dell’atto stesso (cfr. del detto art. 64, comma 4), e, dall’altro, che la comunicazione e trasmissione dell’atto deve avvenire nelle forme previste dagli artt. 149 e 150 c.p.p..

Va aggiunto che è proprio l’art. 150, ora citato a prescrivere, per le “forme particolari” di notificazione intervenute in “circostanze particolari”, che sia il giudice a prescrivere, anche d’ufficio e con decreto motivato, le “modalità necessarie per portare l’atto a conoscenza del desti nata rio”.

2.1.3.1 Orbene, ritiene la Corte che, allorquando si decida la trasmissione degli atti con modalità particolari (come avvenuto, nel caso di specie, ove si è utilizzata la posta certificata dei due uffici giudiziari procedenti) e per ragioni d’urgenza (come nella materia cautelare personale), le modalità da seguirsi per rendere l’atto correttamente e regolarmente trasmesso (e dunque legalmente conoscibile) sono quelle specificatamente indicate dal combinato disposto dell’art. 64 disp. att. c.p.p., commi 3 e 4, e dagli artt. 149 e 150, codice di rito, con la necessità che la copia dell’atto trasmesso sia accompagnata dall’attestazione rilasciata dal funzionario di cancelleria in calce all’atto della trasmissione dell’originale dell’atto stesso (cfr. del detto art. 64, comma 4), e che la comunicazione e trasmissione dell’atto avvenga con le modalità indicate nel decreto motivato all’uopo rilasciato dal giudice (art. 150 c.p.p., comma 2).

Ne consegue, come ulteriore precipitato logico del principio ora affermato, che, qualora la trasmissione degli atti attraverso il mezzo della pec, non avvenga con le modalità sopra descritte (come avvenuto, incontestabilmente, nel caso di specie), allora deve ritenersi che il dies a quo per la decorrenza del termine di cui all’art. 311 c.p.p., comma 5 bis, (con le gravi conseguenze discendenti per la tenuta della misura cautelare, in caso di mancato rispetto del predetto termine) non possa fissarsi nel momento di ricezione, all’indirizzo postale, della pec da parte dell’ufficio giudiziario ricevente, ma in quello diverso di effettiva e reale percezione e conoscenza degli atti attraverso la stampa della pec e la verifica della integralità degli atti trasmessi, e ciò proprio in ragione della circostanza – venendo al caso di specie – che la predetta comunicazione e trasmissione era intervenuta senza le prescrizioni specificatamente previste dai sopra ricordati art. 64, disp. att. c.p.p. e art. 150 c.p.p., (solo in presenza delle quali può ritenersi legalmente conosciuta la comunicazione dell’atto al momento della ricezione dello stesso all’indirizzo di pec del ricevente).

2.1.3.2 Peraltro, era stato già affermato da questa Corte, in subiecta materia, il principio secondo cui – nell’ipotesi in cui l’istanza di riesame avverso un’ordinanza di misura cautelare personale sia presentata, ex art. 582 c.p.p., comma 2, mediante deposito nella cancelleria del tribunale del luogo in cui si trovi la parte – ai fini del decorso del termine perentorio di cinque giorni dalla richiesta di riesame dell’ordinanza cautelare previsto dall’art. 309 c.p.p., comma 5, si ha riguardo al giorno in cui la richiesta perviene formalmente alla cancelleria del tribunale distrettuale competente (cfr. Sez. 1^, n. 17534 del 21/09/2016 – dep. 06/04/2017, M, Rv. 26981801: in applicazione del principio, la Corte ha precisato che non è sufficiente la mera trasmissione telematica dell’istanza di riesame dall’ufficio ricevente a quello competente, ma occorre il rispetto delle formalità indicate nell’art. 64 disp. att. c.p.p., e, segnatamente, in caso di urgenza ovvero di atti concernenti la libertà personale, l’osservanza delle forme previste dagli artt. 149 e 150 c.p.p., espressamente richiamati dal detto art. 64, comma terzo, e, nel caso di utilizzazione di mezzi tecnici idonei, l’attestazione, a cura del funzionario di cancelleria del giudice mittente, di aver trasmesso il testo originale al giudice destinatario, ai sensi del medesimo art. 64, comma 4).

2.1.4 Ebbene, applicando i principi di diritto sopra affermati al caso di specie, risulta evidente l’infondatezza delle doglianze avanzate dall’indagato, atteso che – sulla base della non controversa premessa che la trasmissione degli atti dal Tribunale di Vallo della Lucania a quello di Salerno (compente per il giudizio di rinvio) sia avvenuta senza il rispetto delle formalità prescritte dagli indici normativi sopra richiamati – il dies a quo per la decorrenza del termine di dieci giorni di cui all’art. 311 c.p.p., comma 5 bis, non può essere fissato, come richiesto dalla difesa, nel giorno della ricezione della pec nell’indirizzo di posta dell’ufficio ricevente (avvenuta il giorno 4 ottobre 2017), ma in quello successivo di percezione degli atti nella competente cancelleria del Tribunale del riesame avvenuta il successivo 17 ottobre.

Nè può ritenersi rilevante, per il rispetto delle formalità previste dall’art. 64, comma 4, sopra richiamato, la dichiarazione del cancelliere del Tribunale trasmittente (prodotta come all. 2 c alla predetta memoria contente “motivi aggiunti”), atteso che la stessa non attesta in alcun modo quali fossero gli atti trasmessi e se rappresentassero gli originali o meno di quelli necessari per la celebrazione del giudizio di rinvio.

3. Ma anche il secondo motivo di doglianza, articolato come censura sui profili del fumus commissi delicti e del periculum libertatis, non è fondato.

3.1 Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte ha, con voce unanime, affermato che – ai fini della configurabilità del delitto di porto illegale di arma da fuoco, per “luogo aperto al pubblico” deve intendersi quello al quale chiunque può accedere a determinate condizioni, oppure quello frequentabile da un’intera categoria di persone o comunque da un numero indeterminato di soggetti che abbiano la possibilità giuridica e pratica di accedervi senza legittima opposizione di chi sul luogo esercita un potere di fatto o di diritto (Sez. 5^, Sentenza n. 22890 del 10/04/2013 Ud. (dep. 27/05/2013) Rv. 256949 Sez. 1^, Sentenza n. 16690 del 27/03/2008 Ud. (dep. 22/04/2008) Rv. 240116 Sez. 1^, Sentenza n. 3187 del 10/02/2000 Ud. (dep. 15/03/2000) Rv. 215512).

3.1.1 Ciò posto, osserva la Corte come il Tribunale impugnato abbia fatto corretta applicazione del principio sopra ricordato, evidenziando che l’agente era comunque passato per diversi fondi aperti al pubblico che dividevano il fondo di proprietà dell’indagato da quello ove si trovava la vittima, sicchè non è dubitabile la integrazione del reato residuale di posto illegale d’arma posto a sostegno del titolo cautelare.

3.1.2 Nè è possibile rintracciare l’invocato vizio motivazionale in ordine al profilo delle contestate esigenze cautelari, atteso che il Tribunale distrettuale ha correttamente evidenziato che, pur essendo stato annullato il titolo cautelare per il reato di tentato omicidio in ragione della idoneità della condotta, quest’ultima è stata connotata da modalità violente e particolarmente allarmanti, così da legittimare una valutazione di attualità del pericolo di reiterazione del reato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2018.

1 thought on “Quando la Cassazione “salva” il personale distratto a scapito delle urgenze tipiche delle questioni di libertà personale (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 16 maggio 2018, n. 21710).”

Comments are closed.