Rapinatore condannato anche per lesioni. Infatti, strappa la borsa ad una anziana che era in bici e la donna nello sforzo di inseguire il ladro ha uno scompenso cardiaco.

(Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 dicembre 2015, n. 50295)

Fatto

1. Con sentenza del 10/07/2012, la Corte di Appello di Ancona confermava la sentenza con la quale, in data 12/02/2009, il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Pesaro aveva ritenuto B.D. colpevole del delitto di rapina e lesioni a danno di B.L.

2. Contro la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

2.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 628 COD. PEN.: la difesa sostiene che, nella condotta tenuta dall’imputato sarebbe ravvisabile il solo furto con strappo e non la rapina in quanto nessuna violenza era stata esercitata sulla persona.

2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 582 COD. PEN.: ad avviso della difesa la malattia (scompenso cardiaco) riconosciuta alla parte offesa non era ricollegabile sotto il profilo eziologico alla condotta tenuta dal ricorrente, ma alla sola parte offesa che, nonostante l’età (anni 70) aveva tentato di inseguirlo.

Diritto

1. VIOLAZIONE DELL’ART. 628 COD. PEN.: la censura è manifestamente infondata.

La medesima doglianza era stata dedotta in sede di appello ma la Corte l’aveva disattesa, in punto di fatto, sulla base delle dichiarazioni della parte offesa che aveva riferito che, mentre andava in bicicletta, era stata affiancata da un giovane che, dopo averla spintonata, s’impossessava della borsa che custodiva nel cestino porta oggetti anteriore: ella, però, non era caduta perché era riuscita a controbilanciare la bicicletta con un opposto movimento.

La Corte ha rilevato che la condotta tenuta dal ricorrente era rivolta contro la persona fisica al fine di annullarne la capacità di reazione e, quindi, impossessarsi della borsa.

Si tratta di una motivazione incensurabile che ha correttamente applicato il consolidato principio di diritto enunciato da questa Corte di legittimità secondo il quale si ha rapina quando la violenza viene rivolta contro la persona: il che è proprio quanto avvenuto nella fattispecie in esame in cui l’imputato, prima spintonò la Benvenuti (con il chiaro intento di farla cadere) e, poi, s’impossessò della borsa.

La censura dedotta in questa sede, meramente reiterativa di quella dedotta in grado di appello, e che si basa su una diversa prospettazione dei fatti (nessuna violenza sulla persona era stata commessa), va quindi, ritenuta inammissibile non essendo consentita, in sede di legittimità, la rivalutazione dei fatti così come ricostruiti, in modo conforme da entrambi i giudici di merito.

2. VIOLAZIONE DELL’ART. 582 COD. PEN.: manifestamente infondata è anche la seconda censura sia perché la patologia riscontrata alla Benvenuti a seguito della rapina deve ritenersi una malattia ai sensi dell’art. 582 cod. pen., sia perché è da ricollegare alla condotta dell’imputato e non può certo essere addebitata, secondo la singolare tesi difensiva, alla stessa parte offesa che aveva solo tentato di inseguire il rapinatore.

In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00.

P.Q.M.

DICHIARA

inammissibile il ricorso e

CONDANNA

il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.