Resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato (Corte di Cassazione, sezione II Penale, sentenza 3 febbraio – 11 maggio 2015, n. 19293).

Con la sentenza in commento, la seconda sezione penale della suprema corte di cassazione, ha esaminato un caso riguardante la resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato poiché la corte d’appello di Trento ha confermato la sentenza del giudice dell’udienza preliminare che, all’esito del giudizio abbreviato, condannava l’imputato perché lo riteneva colpevole del reato di cui all’articolo 635 c.p. e assolvendolo dal reato di maltrattamenti in famiglia per insussistenza del fatto.

Avverso tale decisione, l’imputato, tramite il proprio difensore, proponeva ricorso per Cassazione deducendo l’illogicità e contraddittorietà della motivazione e la violazione dell’art. 83 cod.pen.

In pratica, la difesa sosteneva che il danneggiamento ascritto all’imputato era stato una conseguenza, non voluta e del tutto casuale, dell’episodio principale di resistenza, non essendo previsto il reato di danneggiamento colposo, si sarebbe dovuto emettere sentenza di assoluzione in ordine al reato di danneggiamento contestato.

Pertanto, la rottura della sedia avrebbe potuto al più essere considerata una forma di estrinsecazione del reato di resistenza e non come autonomo delitto di danneggiamento, per il quale difettava l’elemento soggettivo del dolo.

La Cassazione, esaminando il caso, ha ritenuto inammissibile il ricorso perchè manifestamente infondato. Secondo i giudici di Piazza Cavour, l’imputato avrebbe volontariamente danneggiato l’arredo della caserma.

Gli ermellini escludono “che nel caso di specie il danneggiamento possa essere considerato evento non voluto valutabile ai sensi dell’art. 83 cod.pen., quindi addebitabile all’agente a solo titolo di colpa, in quanto ciò avviene solo quando l’evento non voluto sia assolutamente diverso e, cioè, di altra natura rispetto all’altro

Articolo di riferimento :
Articolo 635 Codice Penale
Danneggiamento

Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili [624 2] o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a trecentonove euro.

La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso:

1) con violenza alla persona [581 2] o con minaccia;

2) da datori di lavoro in occasione di serrate [502-506], o da lavoratori in occasione di sciopero [502-505], ovvero in occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e 333;

3) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto, o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici ovvero su immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati, o su altre delle cose indicate nel numero 7 dell’articolo 625 [508];

4) sopra opere destinate all’irrigazione;

5) sopra piante di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento [508 2];

5-bis) sopra attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive.

Peri reati di cui al secondo comma, la sospensione condizionale della pena è subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.