Riceve 3 inviti di presentazione in Commissariato per motivi di giustizia, senza ottemperarvi. Condannata per violazione dell’art. 650 cp., la Cassazione annulla. L’invito era illegittimo.

(Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 10 novembre 2017, n. 51458)

…, omissis …

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 14 dicembre 2016, il Tribunale di Torre Annunziata condannava A.C. alla pena di 150 Euro di ammenda (condizionalmente sospesa) per il reato di cui all’art. 650 cod. pen. “perché, invitata ben tre volte per essere escussa in relazione ad altro procedimento penale dal Commissariato P.S. di Torre del Greco, non si è mai presentata senza addurre giustificazioni”.

1.1. Riteneva il giudice che la reiterazione della condotta illecita escludesse la concessione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen..

2. Avverso la sentenza propone ricorso l’imputata, per mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo violazione dell’art. 606 lett. b, c ed e in relazione all’art. 133, comma 1 e 546 lett. e cod. proc. pen., con riferimento all’art. 650, 110, 81, 131-bis e 163 cod. pen..

Lamenta nello specifico l’insufficienza e la contraddittorietà del percorso argomentativo seguito dal giudice che aveva, peraltro, escluso la lieve entità del fatto, rilevante ex art. 131-bis cod. pen., pur infliggendo all’imputata la sanzione della sola pena pecuniaria.

Si duole, altresì, della concessione, pur non invocata, della pena sospesa, con l’effetto pregiudizievole per l’interessata di essere privata per il futuro della possibilità di godere del beneficio in questione.

Ritenuto in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente.

2. La doglianza del ricorrente involge in radice la configurabilità, nel caso di specie, del reato in contestazione.

Al riguardo, è ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui ai fini del giudizio di responsabilità in ordine al reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità di cui all’art. 650 cod. pen., il giudice è tenuto a verificare previamente la legalità sostanziale e formale del provvedimento che si assume violato sotto i tre profili tradizionali della violazione di legge, dell’eccesso di potere e della incompetenza.

Ne consegue che, ove venga rilevato il difetto del presupposto della legittimità, sotto uno di tali profili, l’inosservanza del provvedimento non integra il reato in questione, per la cui sussistenza è richiesto esplicitamente che il provvedimento sia “legalmente dato” in relazione alle esigenze tipizzate dalla norma (sicurezza, ordine pubblico, igiene, giustizia).

Al contempo, i motivi che hanno determinato il provvedimento devono essere formalizzati in esso e la loro assenza o carente indicazione non può desumersi da elementi extra-testuali, il cui accertamento e la cui verificabilità siano affidati alle attestazioni verbali dell’Autorità, anziché agli oggettivi requisiti formali e sostanziali dell’atto amministrativo, da cui unicamente dipendono la sua validità ed efficacia (ex plurimis: Sez. 1, n. 11448 del 7/02/2012, Albera, Rv. 252916; Sez. 1, n. 555 del 16/11/2010, dep. 2011, Filogamo, Rv. 249430).

3. Declinando questi principi nella fattispecie in esame, l’invito a comparire rivolto all’imputata, nei termini risultanti dalla sentenza, non è da ritenere legittimo, non potendo dirsi soddisfatta l’imprescindibile esigenza di un’informazione, sia pure sommaria, dell’interessata in ordine alle ragioni della convocazione dal ricorso ad una generica e indistinta locuzione, “per motivi di giustizia”, assolutamente inidonea a informare, sia pure sommariamente, il soggetto delle ragioni dell’ordine.

4. S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

P.Q.M. 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

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