Ricorso avverso il provvedimento di diniego di permesso di necessità emesso dal magistrato di sorveglianza in sede con riguardo all’istanza del detenuto di fare visita e stare vicino alla moglie in occasione della nascita del figlio.

(Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, Sentenza 20 ottobre 2017, n. 48424)

…, omissis …

Ritenuto in fatto

1. Con l’ordinanza indicata in rubrica il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto da P.G. , detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo per reati ostativi dei benefici penitenziari ex art. 4-bis ord.pen., avverso il provvedimento di diniego di permesso di necessità ex art. 30 ord.pen. emesso dal magistrato di sorveglianza in sede con riguardo all’istanza del P. di fare visita e stare vicino alla moglie in occasione della nascita del figlio, avvenuta a seguito di fecondazione assistita.

1.1. Il Tribunale rilevava che – pur non avendo il permesso richiesto dal detenuto natura di trattamento penitenziario, ma quella di rimedio eccezionale destinato a fronteggiare eventi familiari di particolare gravità, così da non trovare una preclusione assoluta nei titoli di reato in espiazione da parte del condannato – la nascita di un figlio non costituiva evento irripetibile della vita familiare, idoneo a integrare la particolare gravità postulata dall’art. 30 ord.pen., potendo in ogni caso il detenuto incontrare sia il figlio neonato che la moglie in sede di colloqui visivi presso l’istituto penitenziario di appartenenza, negli appositi spazi messi a disposizione.

2. Avverso l’ordinanza suddetta ha proposto ricorso per cassazione P.G. con due distinti atti di impugnazione, l’uno proposto personalmente e l’altro a mezzo del difensore.

2.1. Il ricorso personale del condannato deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 30, 30-bis, 70 e segg. ord.pen.; lamenta la violazione dei presupposti previsti dalla legge per la concessione del permesso c.d. di necessità.

2.2. Il ricorso proposto dal difensore del P. lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 30 ord.pen., censurando la subordinazione della concedibilità del permesso al verificarsi di un evento di esclusiva natura negativa o irripetibile, anziché al suo carattere importante e particolarmente significativo nella vita della persona.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha presentato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato nei termini e per le ragioni che seguono.

2. L’art. 30 comma 2 ord.pen. prevede la possibilità eccezionale di concedere ai detenuti (e agli internati) il permesso di uscire dal carcere, con le necessarie cautele esecutive, per “eventi familiari di particolare gravità”, analogamente a quanto stabilito dal comma 1 della medesima norma per il caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente del soggetto interessato.

In sede di elaborazione giurisprudenziale del portato della norma, questa Corte (ha affermato, con orientamento al quale deve essere data continuità, che i requisiti della particolare gravità dell’evento giustificativo e della sua correlazione con la vita familiare, indispensabili per la concessione del permesso, devono essere verificati con riguardo alla capacità dell’evento stesso – da intendersi nella sua accezione di fatto storico specifico e ben individuato – di incidere in modo significativo nella vicenda umana del detenuto, senza che debba trattarsi necessariamente di un evento luttuoso o drammatico: assume, invece, importanza decisiva la sua natura di evento inusuale e del tutto al di fuori della quotidianità, sia per il suo intrinseco rilievo fattuale, sia per la sua incidenza nella vita del detenuto e nell’esperienza umana della detenzione carceraria (Sez. 1 n. 15953 del 27/11/2015, Rv. 267210).

In particolare, e in coerenza con la funzione rieducativa della pena e con le esigenze di rango costituzionale di umanizzazione della stessa (art. 27 terzo comma Cost.), è stata ritenuta l’incidenza rilevantissima, se non addirittura decisiva, che devono assumere il contatto coi familiari e il ruolo della famiglia nel contesto interpretativo dei requisiti – come sopra individuati – caratterizzanti l’evento che legittima la concessione del permesso c.d. di necessità (Sez. 1 n. 52820 dell’11/10/2016, in motivazione).

3. Nel caso di specie, la motivazione con cui l’ordinanza impugnata ha confermato il diniego del permesso richiesto dal ricorrente non si è confrontata in modo coerente e giuridicamente corretto coi principi di diritto sopra enunciati.

L’affermazione del Tribunale di sorveglianza secondo cui la nascita di un figlio non costituisce, per il genitore, un evento (necessariamente) irripetibile potrebbe anche apparire fondata dal punto di vista strettamente naturalistico, ma non è condivisibile sotto il profilo – che assume rilevanza dirimente agli effetti della valutazione da compiersi ex art. 30 ord.pen. – della sua concreta incidenza sull’esperienza umana del genitore interessato, per il quale la nascita di ciascun figlio rappresenta un evento emozionale di natura eccezionale e insostituibile, tale da realizzare un unicum indelebile nella sua esperienza di vita.

Non può negarsi, del pari, la natura fortemente coinvolgente dell’evento-parto in sé, anche se destinato ad avvenire con metodi naturali, sotto il profilo della intensità emotiva che normalmente caratterizza la partecipazione del padre alla nascita di un figlio, anche sotto il profilo della preoccupazione contestuale per la salute tanto della madre quanto del bambino, concorrendo a conferire quel carattere di eccezionalità e di inusualità che concretizza la particolare gravità dell’evento familiare postulata dall’art. 30 comma 2 ord.pen.: anche di tale fondamentale elemento di valutazione il Tribunale di sorveglianza non ha tenuto adeguato conto, nel giudizio che ha escluso l’importanza, nell’esperienza umana del genitore detenuto, della partecipazione personale e diretta all’evento della nascita del figlio, che non appare surrogabile dalla possibilità assicurata dall’ordinamento penitenziario di ricevere la visita in carcere del neonato e della madre in un momento successivo.

4. Per tali ragioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma, che si atterrà ai principi sopra indicati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.