Riduzione del periodo feriale da 45 a 30 giorni ex d.m. Giustizia del 13 gennaio 2015. Legittimità (TAR Lazio, sez. I quater, sentenza 2 – 10 luglio 2015, n. 9305).

Fatto

Con il ricorso in epigrafe C. T. e T. E., magistrati ordinari in servizio a Roma, hanno impugnato, unitamente agli atti connessi, il decreto del 13 gennaio 2015 con cui il Ministro della Giustizia ha fissato il periodo feriale dei Magistrati della Corte Suprema di Cassazione, delle Corti d’Appello, dei Tribunali e dei Magistrati addetti ai Commissariati per gli Usi Civici, per l’anno 2015, dal 27 luglio al 2 settembre; tanto, in applicazione (anche) dell’art.16 del dl 12 settembre 2014 (n.132), convertito con modificazioni con la legge 10 novembre 2014 n.162, che ha introdotto, per quanto qui occorre, l’art.8-bis nella legge 2 aprile 1979 n.97, articolo in base al quale, per quanto necessita, i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché gli avvocati e procuratori dello Stato hanno un periodo annuale di ferie di trenta giorni.

Le ricorrenti hanno altresì chiesto riconoscersi il loro diritto ad usufruire di giorni quarantacinque di ferie annuali, periodo questo previsto dal primo comma dell’art.90 del rd 30 gennaio 1941 n.12 (sull’ordinamento giudiziario) come modificato dall’art.8 della legge 2 aprile 1979 n.97.

La tesi delle ricorrenti (diritto ad usufruire di giorni quarantacinque di ferie annuali) pone a proprio fondamento il confronto fra gli articoli 8 e 8-bis della predetta legge n.97 del 1979, entrambi formalmente vigenti, concludendo che, giusta l’art.8, ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie spetta un periodo di ferie di giorni 45, mentre ai rimanenti magistrati, giusta l’art.8-bis, che si riferisce genericamente a tutti i magistrati, spetta un periodo annuale di ferie di giorni 30; cosicché elleno, che deducono di esercitare funzioni giudiziarie, avrebbero diritto a giorni 45 di ferie annuali, di cui chiedono anche l’accertamento; con conseguente illegittimità in parte qua del decreto ministeriale impugnato, che ha previsto un periodo feriale inferiore per tutti i magistrati.

A dimostrazione ulteriore della correttezza della loro conclusione, le ricorrenti ipotizzano due possibili interpretazioni del complesso dei suddetti articoli 8 e 8-bis, e cioè: -applicabilità dell’art.8 ai soli magistrati ordinari investiti di funzioni giudicanti, con applicabilità dell’art.8-bis ai rimanenti magistrati ordinari ed alla generalità dei magistrati amministrativi, contabili e militari; -applicabilità dell’art.8 a tutti i magistrati ordinari, compresi quelli con funzioni requirenti, con esclusione di quelli che esercitano funzioni avulse dall’ordine giudiziario; con la precisazione, in questa seconda interpretazione, che l’art.8-bis avrebbe anche il fine di chiarire che trenta dei quarantacinque giorni di ferie spettanti ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie siano da fruire, di regola, in coincidenza con il periodo di sospensione feriale dei termini, ridotto a giorni trentuno dallo stesso art.16 (del dl n.132 del 2014 cit.) che ha introdotto l’art. 8-bis; il che, da un lato, varrebbe a formalizzare legislativamente la prassi, che sarebbe largamente diffusa negli uffici giudiziari, secondo la quale i 45 giorni di ferie dei magistrati coincidono per lo più con il periodo di sospensione feriale dei termini processuali, da un altro lato consentirebbe una flessibilità organizzativa del lavoro giudiziario, lasciando al singolo magistrato di usufruire dei restanti quindici giorni di ferie nel corso dell’anno, all’insorgere di esigenze peculiari.

La tesi della perdurante contemporanea vigenza degli articoli 8 e 8-bis troverebbe poi conferma considerando che, in sede di conversione del dl n.132 cit., venne respinto un emendamento che prevedeva l’abrogazione di ogni disposizione contraria o incompatibile.

Le ricorrenti hanno quindi concluso per l’accoglimento del ricorso, previa sospensione; con ogni conseguenza.

Si sono costituiti il Ministero della Giustizia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri (la costituzione del Consiglio Superiore della Magistratura è stata successivamente ritirata; cfr. verbale di udienza del 18 giugno 2015), i quali hanno eccepito la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse processuale, osservando che il decreto ministeriale impugnato è un atto di indirizzo generale, che costituisce il presupposto delle tabelle di organizzazione feriale del lavoro dei magistrati e che è privo, in quanto tale, di autonoma portata lesiva; tale decreto sarebbe quindi da impugnare unitamente all’atto (questo, sì, lesivo) di eventuale diniego di giorni 45 di ferie, allorquando questo venisse adottato dal capo dell’ufficio giudiziario di appartenenza dell’interessato.

Nel merito, le Amministrazioni resistenti hanno contrastato lo stesso ricorso, in particolare mettendo in evidenza la coincidenza che in via di principio si è sempre nel tempo verificata fra periodo di sospensione processuale dei termini e periodo di ferie dei magistrati, insistendo poi sul parallelismo esistente, nel predetto dl n.132 del 2014, fra riduzione dei termini processuali e riduzione delle ferie per i magistrati, il tutto finalizzato a rendere maggiormente efficiente il sistema giudiziario anche, come emergerebbe dai lavori preparatori parlamentari, mediante la possibilità di tenere udienze, per gli affari non urgenti, per venti giorni in più ogni anno; cosicché sarebbe privo di logica contrarre il periodo di sospensione feriale dei termini processuali e nel contempo mantenere fermi i 45 giorni di ferie per i magistrati; dal che, desumere la (implicita) abrogazione di quanto in proposito disposto dall’art.90 dell’ordinamento giudiziario.

Le resistenti hanno anche eccepito l’inammissibilità dell’azione di accertamento (esperita dalle ricorrenti al fine del riconoscimento del diritto ad usufruire di giorni 45 di ferie) deducendo che azione del genere non è prevista dal codice del processo amministrativo, pur se è ammessa dalla giurisprudenza nei soli casi in cui le azioni tipizzate non consentano una tutela adeguata; ipotesi che nel caso non si verificherebbe, stante la possibilità di esperire l’azione di annullamento del decreto ministeriale in questione allorquando venissero adottati gli atti applicativi concretamente lesivi; hanno quindi concluso per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

Alla domanda cautelare si è rinunziato e il ricorso è stato immediatamente fissato per la trattazione del merito.

Con ulteriori memorie tutte le parti hanno insistito sulle rispettive tesi:

-le ricorrenti contrastando le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle resistenti e richiamando, sia una bozza di deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura che avvalorerebbe la loro tesi, sia una proposta di legge che prevederebbe la riduzione a trenta dei giorni di ferie per i magistrati che esercitano funzioni giudiziarie;

-le Amministrazioni resistenti rappresentando l’opportunità di attendere la pronuncia della Corte Costituzionale, investita della questione di costituzionalità del predetto art.16, e sostenendo, inoltre, che sarebbe rimasta inosservata la buona tecnica legislativa qualora si fosse intervenuti direttamente sull’art.8 cit. (come sarebbe stato necessario, giusta quanto desumibile dal ricorso, per ridurre il periodo di ferie annuali da 45 a 30 giorni); tale art.8, infatti, a parere delle resistenti, ha avuto la sola funzione di veicolo normativo della modifica a suo tempo operata sull’art.90 dell’ordinamento giudiziario, per cui sarebbe stato necessario, eventualmente, intervenire direttamente su tale articolo 90.

Dalla pubblica udienza del 21 maggio 2015, originariamente fissata, la trattazione del ricorso è stata rinviata all’udienza del 18 giugno 2015, in attesa del deposito del provvedimento impugnato a cura della parte più diligente; a tal proposito, le parti hanno rinunciato a tutti i termini a difesa; dipoi, è stato disposto un ulteriore rinvio all’udienza del 2 luglio 2015, a cagione del disguido verificatosi (nel ruolo di udienza) nella indicazione del collegio giudicante.

Indi, alla predetta pubblica udienza del 2 luglio 2015, il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

Diritto

1) Il ricorso è stato notificato a mezzo del servizio postale, ma non sono stati depositati gli avvisi di ricevimento.

Va tuttavia ritenuta l’ammissibilità dello stesso ricorso in quanto la sua consegna è attestata nel sito internet delle poste, ivi indicandosi la data del 16/17 marzo 2015; la data del 17 marzo 2015, inoltre, è stata sempre indicata nell’atto formale di costituzione di tutte le Amministrazioni intimate (Ministero della Giustizia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio Superiore della Magistratura; il quale ultimo però, come supra precisato, ha successivamente ritirato la propria costituzione) e nelle memorie difensive delle Amministrazioni resistenti.

Non sussiste dubbio, pertanto, sulla valida costituzione del rapporto processuale.

2) E’ infondata l’eccezione di inammissibilità per mancanza di interesse processuale, dalle Amministrazioni resistenti sollevata nella considerazione che manca, allo stato, un provvedimento che deneghi alle ricorrenti un periodo di ferie di giorni quarantacinque; il decreto ministeriale in questione, invero, non comporterebbe, di per sé, una lesione concreta ed attuale dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio (consistente nel diritto ad usufruire di un periodo di ferie annuali pari a quarantacinque giorni), lesione che si avrebbe soltanto a seguito di un provvedimento di diniego di un periodo di ferie, adottato, in esito ad apposita domanda, dal capo dell’ufficio giudiziario di appartenenza; soltanto in tale ipotesi, eventuale e non ancora verificatasi, argomentano le resistenti, potrebbe sorgere, in favore delle ricorrenti, un interesse a ricorrere anche contro il decreto ora in discussione, al fine di rimuovere il pregiudizio loro derivante dal provvedimento denegatorio; e a tal proposito le resistenti richiamano anche il divieto di pronuncia (con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati) posto al giudice dall’art.34, secondo comma, del codice del processo amministrativo, nella considerazione che il potere di denegare le ferie (per giorni quarantacinque) non si sarebbe ancora concretato.

In realtà, il Ministero della Giustizia, fissando il periodo feriale dei magistrati per l’anno 2015, nei limiti sopra indicati, per un periodo inferiore a giorni quarantacinque, ha immediatamente e direttamente inciso sul quantum di ferie spettante ai magistrati e quindi alle ricorrenti; il decreto impugnato non contiene eventuali collaterali disposizioni in base alle quali ritenere che il periodo di ferie fissato sia soltanto una parte di quello complessivamente spettante ai magistrati; va anzi osservato che, richiamandosi, mediante il riferimento all’art.16 del sopra citato dl (n.132) del 2014, l’art.8-bis sopra menzionato, con il decreto in discussione si sia inequivocamente e definitivamente stabilito il periodo di ferie (giorni trenta) di cui può ciascun magistrato usufruire per l’anno 2015.

Dal che, l’interesse delle ricorrenti ad insorgere sin d’ora, principio essendo che gli atti amministrativi a carattere non individuale, come nel caso è il decreto in argomento, sono autonomamente impugnabili allorquando ledano immediatamente la posizione giuridica vantata dagli interessati.

3) Infondata si rivela anche l’eccezione di inammissibilità della domanda di accertamento del diritto ad usufruire di giorni 45 di ferie annuali.

Si è nella specie, pacificamente, nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per cui questo Tribunale, ai sensi dell’art.7, comma 5, del codice del processo amministrativo, conosce anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi; e il diritto ad usufruire delle ferie è indubitabilmente un diritto soggettivo, che, secondo l’assunto delle ricorrenti, è messo illegittimamente in discussione, sotto l’aspetto quantitativo, proprio con il decreto ministeriale impugnato.

Ammissibilmente, pertanto, le ricorrenti, oltre all’annullamento di tale decreto, instano per il riconoscimento del diritto ad usufruire di giorni 45 di ferie annuali.

4.0) Va rigettata la domanda di sospensione del processo, implicitamente contenuta nella memoria delle Amministrazioni resistenti depositata l’11 giugno 2015 nella parte in cui è stata rappresentata l’opportunità di attendere la pronuncia della Corte Costituzionale che, investita della questione di costituzionalità del predetto art.16, ne tratterà nella camera di consiglio del prossimo 7 ottobre 2015.

L’incidente di costituzionalità è stato sollevato dal Tribunale di Ragusa (cfr G.U. 7 gennaio 2015, 1’ serie speciale, n.1): per insussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza occorrenti per l’adozione, nella specie, di un decreto legge; per violazione del principio di uguaglianza stante la disparità di trattamento che si sarebbe verificata fra i magistrati e gli impiegati civili dello Stato non potendo il magistrato, tenuto comunque al rispetto di termini per il deposito dei provvedimenti, godere compiutamente delle ferie; per violazione del principio di ragionevolezza quand’anche venisse introdotta una ipotesi di sospensione del decorso dei termini per il deposito dei provvedimenti durante il periodo di congedo.

E’ in proposito da osservare che, secondo costante giurisprudenza (cfr Cass civ 6 ottobre 1988 n.5414 e decisioni in essa richiamate), l’incidente di legittimità costituzionale, che determina la sospensione del giudizio nel quale è stato sollevato, non può essere invocato quale ragione di sospensione di altro processo.

E’ poi da considerare che il ricorso in trattazione è stato assai sollecitamente fissato per la sua trattazione nel merito in considerazione della necessità, per le ricorrenti, di ottenere una decisione a loro occorrente ai fini della organizzazione, anche personale, dell’imminente periodo estivo; e, a tal proposito, tutte le parti hanno rinunciato ai termini a difesa.

4.1) Inoltre, le ricorrenti nulla hanno dedotto circa la legittimità costituzionale della norma in argomento.

E’ ben vero che una questione di legittimità costituzionale può essere rilevata d’ufficio dal giudice; ma, nel caso, ipotetici dubbi di costituzionalità non si evidenziano, per quanto si viene a dire.

4.2) La norma in esame fa parte delle misure di un decreto legge che contiene disposizioni ritenute urgenti in tema di giustizia civile; e la necessità di adottare tale norma con decreto legge si desume agevolmente considerando che il Governo, nell’ambito della sue valutazioni politiche, ha voluto assicurare tempi certi per le definitive determinazioni del Parlamento al fine di consentire senz’altro, in caso di conversione, l’adozione delle occorrenti misure, fra le quali rientra il decreto impugnato da adottare al principio di ogni anno, a partire dal 1’ gennaio 2015, data di decorrenza della efficacia della norma.

Non si ravvisa pertanto quella evidente mancanza dei requisiti della necessità e dell’urgenza, occorrente affinché possa sorgere il dubbio sulla legittimità di un decreto legge (cfr Corte Cost sent n.16 del 2002).

4.3) Un dubbio di conformità ai princìpi costituzionali di uguaglianza (art.3 Cost) e di spettanza di un (congruo) periodo di ferie annuali (art.36 Cost) potrebbe in linea meramente ipotetica insorgere considerando che:
-le ferie annuali, per la generalità dei pubblici dipendenti, ammontano, normalmente, a giorni trenta;
-ai magistrati, rientrando essi nel genus dei pubblici dipendenti, non dovrebbe applicarsi una disciplina deteriore;
-una disciplina deteriore potrebbe ipotizzarsi essere stata prevista con l’art.8-bis in questione nella considerazione che il magistrato, stante il particolare tipo di lavoro che svolge, necessita, dopo l’udienza, di un certo tempo per la stesura dei provvedimenti conseguenti, come a suo tempo riconosciuto anche nella originaria formulazione dell’art.90 dell’ordinamento giudiziario, laddove furono previsti (ma non per i pretori) sessanta giorni di ferie, con la precisazione che nei primi quindici giorni avrebbero dovuto essere definiti gli affari e gli atti in corso;
-la previsione di trenta giorni di ferie, senza la correlata previsione di un ulteriore tempo di esonero da quella attività giurisdizionale che va espletata obbligatoriamente sul posto di lavoro in ufficio, potrebbe comportare la necessità di dedicare alla definizione degli affari e degli atti in corso una parte dei giorni di ferie, con conseguente riduzione della effettività di questi ultimi e quindi con altrettanta conseguente deteriorità – non essendo per ciò i previsti trenta giorni utilizzabili tutti per il recupero delle energie psico-fisiche – della disciplina sulle ferie, rispetto a quella che si applica alla generalità dei dipendenti pubblici.

In realtà, un dubbio del genere verrebbe immediatamente fugato osservandosi che è la stessa norma (art.16, quarto comma, del sopra citato d.l. 132 del 2014) ad indicare lo strumento attraverso il quale rendere effettivo il godimento delle ferie per trenta giorni da parte dei magistrati.

E’ infatti previsto in tale quarto comma che gli organi di autogoverno delle magistrature … provvedono ad adottare misure organizzative conseguenti all’applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2 (quest’ultimo comma relativo proprio alla determinazione delle ferie in giorni trenta).

Gli organi di autogoverno, cioè, sono autorizzati dalla legge ad adottare misure di organizzazione (esemplificativamente anche eventualmente individuabili, con riferimento alla fattispecie, nella previsione della esclusione della fissazione di talune udienze immediatamente a ridosso del periodo feriale); misure utili, per quanto qui occorre, anche a consentire ai magistrati di usufruire pienamente del periodo di ferie spettante.

Non può da tale previsione desumersi, come invece adombrato dalle ricorrenti, che le misure organizzative, con riferimento alla questione delle ferie, debbano attenere esclusivamente al coordinamento dei quarantacinque giorni di ferie per i magistrati che esercitano funzioni giudiziarie con la necessità di garantire la continuità di funzionamento del servizio; e ciò in quanto, a parere delle ricorrenti, l’art.16 in questione avrebbe soltanto imposto ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie di fruire della maggior parte dei giorni di ferie durante il periodo di sospensione dei termini.

Ma la testualità della previsione in argomento non impone tale limitazione interpretativa.

5) Nel merito, il ricorso è infondato e va quindi respinto.

Vanno infatti disattese le interpretazioni, sopra riportate, che le ricorrenti intendono conferire all’art.8-bis in argomento, interpretazioni dalle quali discenderebbe che, in ogni caso, la riduzione del periodo di ferie a trenta giorni non interesserebbe i magistrati ordinari che esercitano funzioni giurisdizionali.

In realtà, la riduzione in argomento interessa tutti i magistrati.

E’ in proposito da considerare che la tecnica legislativa utilizzata nell’introdurre il predetto art.8-bis, così come emerge tenendo presente le norme di cui si viene subito a far cenno, è nel senso che non si è voluto disciplinare le ferie dei magistrati diversi da quelli ordinari mediante una norma inserita nell’ordinamento giudiziario di cui al rd 30 gennaio 1941 n.12.

E invero:

-l’art.90, primo comma, di tale ordinamento giudiziario prevedeva che i magistrati che esercitavano funzioni giudiziarie avessero un periodo annuale di ferie di giorni sessanta; con la precisazione che nei primi quindici giorni avrebbero dovuto essere definiti gli affari e gli atti in corso; era anche previsto (terzo comma dello stesso art.90) che i pretori avevano un congedo ordinario annuale di trenta giorni; era poi previsto, e lo è tuttora (secondo comma del medesimo art.90) che il periodo delle ferie venisse fissato con decreto ministeriale;

-con l’art.8 della legge 2 aprile 1979 n.97 il predetto primo comma venne modificato riducendosi il periodo di ferie a quarantacinque giorni; senza più prevedere un periodo per la definizione degli affari e degli atti in corso;

-con il secondo comma dell’art.16 del dl 12 settembre 2014 n.132 (come convertito con la legge 10 novembre 2014 n.162) è stato introdotto l’art.8-bis in discussione.

Orbene, va considerato che, con l’introduzione dell’art.8 cit., si intervenne sull’ordinamento giudiziario del 1941, che concerne i soli magistrati ordinari; all’esito di tale introduzione, risultava quindi testualmente modificato l’art.90 di detto ordinamento; non si ebbe, cioè, una norma successiva incompatibile con altra precedente e pertanto di questa abrogativa; si ebbe invece una riformulazione, con modificazione, della precedente disposizione.

Con l’art.8-bis in discussione non si è intervenuti sul solo ordinamento giudiziario, bensì sull’ordinamento di tutte le magistrature, senza distinzione alcuna anche con riferimento a possibili distinzioni fra esercizio di funzioni giudiziarie e non.

Detto art.8-bis si pone, quindi, in posizione di incompatibilità con l’analoga previsione di cui all’art.90 cit. e, in quanto successivo, in posizione di prevalenza.

Non è conducente considerare che l’art.8 e l’art. 8-bis fanno formalmente parte della stessa legge n.97 del 1979 per cui dovrebbero essere interpretati nel senso della loro contemporanea vigenza; cosicché, come dedotto dalle ricorrenti, la riduzione a trenta dei giorni di ferie dovrebbe interessare i soli magistrati che non esercitano funzioni giudiziarie.

L’appartenenza di detti articoli alla stessa legge è soltanto formale, dato che, come visto, l’art.8 intervenne sull’art.90 dell’ordinamento giudiziario, mentre l’art.8-bis è stato aggiunto alla legge n.97 del 1979.

L’art.8, cioè, ha fatto sistema con l’art.90 cit., mentre l’art.8-bis è autonomo; dal che è da ritenere che la tecnica legislativa utilizzata, che non ha previsto un intervento diretto sull’art.8, si spiega considerando che è parso non opportuno, per ragioni sistematiche, inserire, nell’ambito dell’ordinamento giudiziario, che concerne i (soli) magistrati ordinari, una norma applicabile a tutte le magistrature.

Deriva che il coordinamento fra le due norme in discussione comporta che l’art.8-bis, essendo successivo ai predetti articoli 90 + 8 e regolando l’intera materia delle ferie relative a tutte le categorie di magistrati, si impone su ogni disciplina diversa, ai sensi dell’art.15 delle disposizioni sulla legge in generale.

6) Legittimo si presenta pertanto, nei limiti del dedotto, l’impugnato decreto ministeriale; va conseguentemente rigettata la domanda di accertamento del diritto ad usufruire di giorni 45 di ferie annuali.

7) Come anticipato, il ricorso va pertanto respinto.

Quanto alle spese, la novità della questione costituisce ragione per disporne fra le parti la integrale compensazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, sezione prima quater,
definitivamente pronunciando:

-respinge il ricorso, come in epigrafe proposto;

-compensa fra le parti le spese del giudizio;

-ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.