Sospensione del giudizio – Concorrenza nel settore ferroviario (Consiglio di Stato, Sezione IV, Sentenza 4 settembre 2018, n. 5185).

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

con l’intervento dei Magistrati:

Dott. Vito Poli, Presidente

Dott. Oberdan Forlenza, Consigliere

Dott. Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Dott. Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore

Dott. Giovanni Sabbato, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Rfi Rete Ferroviaria Italiana S.p.a, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gian Michele Roberti, Guido Bellitti, con domicilio eletto presso lo studio Gian Michele Roberti in Roma, via del Foro Traiano, n. 1/A;

nei confronti

Trenitalia S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Luisa Torchia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 47;
Regione Piemonte, Regione Lombardia non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Roma – Sezione III ter, n. 9967 del 24 settembre 2014, resa tra le parti, concernente le determinazioni assunte in occasione della valutazione dell’impatto della richiesta di nuove tracce orarie per l’attività di trasporto passeggeri che ha comportato a carico della società istante la imposizione di limitazioni nelle fermate sulla direttrice Milano-Torino.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di Rfi Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e di Trenitalia s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 giugno 2018 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati F. Manzo, su delega di Izzo, Torchia, nonché l’avvocato dello Stato Marchini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per il Lazio (n.r.g. 578/2011) la società Arenaways s.p.a. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, i seguenti atti (nonché tutti gli atti ad essi presupposti, conseguenti o comunque connessi):

– il provvedimento del Direttore dell’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, datato 9.11.2010 prot.589, recante “Valutazioni di cui all’art.59, comma 2, della Legge n.99 del 23 luglio 2009. Servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale richiesti dalla impresa ferroviaria Arenaways s.p.a.“;

– il provvedimento istruttorio del Responsabile del procedimento in data 8.11.2010 prot.587/4/URSF/Div.1;

– ove necessario, gli artt. 1-2-6-7 dell’atto del Direttore dell’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, datato 6.5.2010 prot.203/1/URSF.

Chiedeva altresì la condanna del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari al risarcimento dei danni, con interessi e rivalutazione dalla data di maturazione al saldo.

1.1. In particolare, la società ricorrente agiva sulla base dei seguenti motivi di diritto, in questa sede sinteticamente riportati:

a) violazione degli artt. 1, 7 e 10 bis, legge n. 241/1990; violazione dell’art. 8 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF;

b) illegittimità dei criteri di cui all’atto del Direttore dell’URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF; contraddittorietà e irrazionalità; violazione degli artt. 1-2-6-7 dell’atto del Direttore dell’URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF; difetto assoluto di istruttoria e di motivazione; violazione del principio del giusto procedimento; illogicità ed irrazionalità; violazione dell’art. 59, legge n. 99/2009; violazione, sotto diverso profilo, degli artt. 1-2-6-7 dell’atto del Direttore dell’URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF; difetto di motivazione;

c) violazione dell’art. 3, d.lgs. 19.11.1997, n. 422 e degli artt. 1 e 3 del d.m. 3.11.1999, n. 109T; erroneità manifesta; contraddittorietà; difetto di motivazione e di istruttoria sotto ulteriore profilo; violazione dell’art. 6 dell’atto del Direttore dell’URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF;

d) contrasto dell’art. 59, legge n. 99/2009 con la normativa comunitaria in tema di concorrenza, con contestuale domanda di rimessione della relativa questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea.

1.2. Con successivo ricorso per motivi aggiunti (corredato da domanda di condanna al risarcimento dei danni), veniva impugnato il provvedimento emanato dal Direttore dell’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, recante: “Riesame della Decisione n. 589 del 9.11.2010, ai sensi dell’art. 59, comma 4, della legge n. 99 del 23 luglio 2009. Trasmissione Decisione URSF n. 768 del 27 ottobre 2011“, nonché il relativo provvedimento istruttorio del Responsabile del procedimento in data 21.10.2011 prot. n. 752/4/URSF, sostenendone l’illegittimità sulla base dei seguenti motivi, sinteticamente riportati:

a) con riferimento all’istanza di riesame: violazione degli artt. 1, 7 e 10 bis, legge n. 241/1990; violazione dell’art. 8 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF;

b) violazione dell’art. 59, legge n. 99/2009; difetto di motivazione; violazione dell’art. 7 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF; difetto di istruttoria e di motivazione; violazione, sotto diverso profilo, degli artt. 1-2-6-7 dell’atto del Direttore dell’URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF; difetto assoluto di istruttoria e di motivazione; violazione del principio del giusto procedimento; illogicità ed irrazionalità; violazione sotto ulteriore profilo dell’art. 59, legge n. 99/2009 e degli artt. 1-2-6-7 dell’atto del Direttore dell’URSF 6.5.2010 prot. n. 203/1/URSF; difetto di motivazione sotto diverso profilo;

c) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 59 della legge 99/2009; eccesso di potere per difetto di istruttoria e per manifesta illogicità ed irrazionalità; violazione dell’art. 10, comma 1, lett. b) della legge n. 241/1990; eccesso di poter per difetto di motivazione e manifesta irragionevolezza, sotto ulteriore profilo;

2. Con sentenza n.9967/2014 del 24.9.2014, il T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione Terza ter:

a) in via preliminare:

a.1) ha respinto l’eccezione di irricevibilità per tardività del ricorso introduttivo sollevata dal Ministero delle infrastrutture e trasporti;

a.2) ha respinto l’eccezione di inammissibilità per acquiescenza del ricorso introduttivo sollevata da Trenitalia s.p.a.;

b) nel merito, ha respinto il ricorso, rilevando:

b.1) l’infondatezza del motivo di ricorso relativo al mancato avviso dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda;

b.2) l’infondatezza del secondo gruppo di censure con cui si contesta sia la legittimità dei criteri che l’URSF ha predeterminato ai fini della verifica in controversia, sia la violazione, in concreto, di questi stessi criteri, sotto diversi profili;

b.3) l’infondatezza della censura di cui all’atto per motivi aggiunti secondo cui la conferma della decisione di limitare le fermate della tratta oraria ai soli capoluoghi di Regione sarebbe stata adottata senza considerare la circostanza della intervenuta stipula di nuovi contratti di servizio tra Trenitalia con la Regione Piemonte e l’Agenzia di mobilità metropolitana;

b.4) l’infondatezza del gruppo di censure con cui si contesta l’illegittimità degli atti impugnati per avere qualificato il servizio offerto di carattere regionale;

b.5) l’infondatezza delle censure con cui la ricorrente ha introdotto la questione pregiudiziale della asserita violazione, per effetto dell’art. 59, comma 2, legge n. 99/2009, delle norme sulla concorrenza di cui agli artt. 102 e 106 del TFUE, sostenendo che la disciplina nazionale introduca ostacoli alla reale liberalizzazione del settore impedendo la leale ed effettiva concorrenza nella fornitura di servizi ferroviari.

b.6) per l’effetto, stante la accertata legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, l’infondatezza della domanda di risarcimento dei danni;

c) ha compensato tra le parti le spese del giudizio.

3. Con ricorso in appello ritualmente notificato e depositato, il Fallimento della società Arenaways s.p.a. (società dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Torino in data 1° agosto 2011) ha impugnato la menzionata sentenza n.9967 del 2014 chiedendone l’annullamento sulla base dei seguenti motivi, sinteticamente riportati:

I) erroneità della sentenza appellata per violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c.. Carenza assoluta di motivazione.

II) Erroneità della sentenza appellata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 10 e 10 bis della l. n. 241/90. Violazione dell’art.8 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 n. 203/1/URSF.

III) Con riferimento alla determinazione della formula matematica e della percentuale di riferimento fissata per l’individuazione della compromissione dell’equilibrio economico del contratto di servizio pubblico: erroneità della sentenza appellata per violazione e falsa applicazione dell’art. 59 l. 99/2009, degli artt. 1-2-6-7 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 prot.n.203/1/URSF. Motivazione erronea ed insufficiente. Violazione del giusto procedimento.

IV) Con riferimento alla effettiva appropriatezza dell’indagine svolta in concreto dall’URSF: Erroneità della sentenza appellata per violazione e falsa applicazione dell’art.59 l. 99/2009, degli artt. 1-2-6-7 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 prot.203/1/URSF. Motivazione erronea ed insufficiente.

Violazione del giusto procedimento.

Si lamenta infatti che tale indagine si sarebbe incentrata esclusivamente su di un elemento (compromissione del profitto dell’impresa titolare del contratto pubblico), e non sulla complessiva efficienza economica del contratto stesso, limitandosi, peraltro, l’URSF ad un acritico recepimento degli elementi forniti da Trenitalia spa.

Si lamenta altresì che l’URSF, con il provvedimento 589/2010, anziché valutare l’incidenza dei servizi forniti da Arenaways sul contratto pubblico tra Trenitalia e Regione Piemonte considerato nella sua interezza, aveva limitato l’analisi economica in termini di redditività alle sole tracce (Torino-Milano) interessate dall’attività della società concorrente.

V) Erroneità della sentenza appellata, in relazione alla Decisione 27.10.2011, n. 768/4/URSF (con la quale l’Organismo di regolazione aveva confermato la limitazione delle fermate intermedie in sede di riesame della precedente Decisione n. 589/2010), per violazione e falsa applicazione dell’art. 59 comma 2 l. n. 99/2009, nonché degli artt. 1-2-6-7 all’atto del Direttore URSF 6.5.2010, prot. n. 203/1/URSF. Difetto di motivazione. Violazione del principio del giusto procedimento. Illogicità ed irrazionalità. Si lamenta, in particolare, la mancata applicazione da parte dell’URSF dei criteri dallo stesso predeterminati, nonché l’inidoneità e l’incompletezza dell’istruttoria effettuata.

VI) Erroneità della sentenza appellata per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 422/1997 e degli artt. 1 e 3 d.m. 3.11.1999, n.109T, nonché per illogicità e contraddittorietà manifesta, avendo la Decisione n. 589/2010 dell’URSF illegittimamente qualificato di carattere regionale il servizio offerto.

VII) Erroneità della sentenza appellata per contrasto dell’art. 59, comma 2, della legge n. 99/2009 con la normativa comunitaria in materia di concorrenza, in quanto la disciplina nazionale — attraverso la previsione di limitazioni del diritto di fermate intermedie anche nell’ambito del trasporto nazionale di passeggeri – avrebbe introdotto ostacoli alla reale liberalizzazione del settore dei servizi ferroviari impedendo la leale ed effettiva concorrenza nella fornitura di tali servizi.

L’appellante conclude, pertanto, chiedendo di rimettere in via pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione in ordine al contrasto tra l’art. 59, comma 2, della l. n. 99/2009 e gli artt. 102 e 106 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

VIII) Sulla domanda di risarcimento del danno: erroneità della sentenza n. 9967/2014 per violazione degli artt. 30 c.p.a. e 2043 c.c.

4. Si è costituito in giudizio il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, deducendo l’infondatezza dell’appello in fatto e diritto.

5. Si sono altresì costituite in giudizio RFI – Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e Trenitalia s.p.a., chiedendo entrambe, in rito, il rigetto della richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea e, nel merito, il rigetto dell’appello.

6. Le parti hanno altresì depositato ulteriori memorie, insistendo nelle proprie conclusioni.

7. All’udienza del 21 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Preliminarmente il Collegio rileva che non sono stati oggetto di appello i capi della sentenza di primo grado con cui sono state respinte le eccezioni di irricevibilità per tardività e di inammissibilità per acquiescenza del ricorso introduttivo, i quali, pertanto, debbono ritenersi passati in giudicato.

9. Parimenti in via preliminare, il Collegio rileva che, come ampiamente illustrato dalle parti in giudizio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in relazione alla fattispecie di cui è causa, ha adottato la decisione 25 luglio 2012 n. 23770, che assume rilevanza preminente per la risoluzione di gran parte delle questioni in questa sede sottoposte.

9.1. Invero, dalla lettura della stessa, emerge che l’Autorità ha appurato che la relazione di Trenitalia del 5 agosto 2010, sulla cui base era stato assunto il provvedimento URSF n. 589/2010, forniva un’analisi economica fondata su dati aggregati e non di dettaglio, che hanno indotto in errore l’URSF sull’attendibilità e veridicità dell’analisi stessa.

9.2. In particolare, l’Autorità si è espressa sul punto in maniera inequivocabile con le seguenti motivazioni:

“(…) si osserva che le evidenze in atti dimostrano inequivocabilmente che la rappresentazione dei fatti che Trenitalia ha fornito all’URSF è stata tale da indurre in errore il regolatore. Diversamente da quanto eccepito da Trenitalia, infatti, le informazioni rese all’URSF sono state caratterizzate da mancanza di trasparenza e da forte ingannevolezza” (punto 311);

“(…) Trenitalia, ai fini della valutazione della compromissione dell’equilibrio economico, ha fornito all’URSF i dati di conto economico basati sul catalogo, in forma assolutamente aggregata e priva di dettaglio, così come riconosciuto dallo stesso regolatore” (punto 313);

“(…) Risulta allora evidente che, calcolando correttamente l’utile, ovvero conteggiando tra le voci di costo solo una parte del “costo del capitale investito” (quella corrispondente agli oneri finanziari), non solo la valutazione della compromissione sarebbe stata del tutto diversa ma, di più, l’impatto sarebbe risultato notevolmente ridotto laddove l’analisi fosse stata svolta, correttamente, per l’intero contratto piuttosto che per linea/bacino” (punto 321);

“(…) Più in dettaglio, il calcolo dell’utile effettivo per ciascuna delle ipotesi di linea/bacino rappresentate da Trenitalia all’URSF, oltre che per l’intero contratto, evidenzia come le informazioni fornite al regolatore siano state tali da indurlo in errore. In particolare, l’operatore ferroviario ha fornito un set di dati aggregato e privo di dettaglio, tale da non consentire all’URSF una verifica rispetto alla metodologia sottesa al calcolo dei costi (nel caso di specie l’utilizzo del catalogo, anche questo non fornito). Per tale ragione, il regolatore, ha spiegato in corso di audizione, di aver ritenuto che la rappresentazione dei dati offerta fosse quella pre-catalogo e ha conseguentemente valutato che fosse più coerente sottrarre per intero dall’utile il “costo del capitale investito” – salvo poi riconoscere in quella sede che sarebbe stata opportuna una maggiore trasparenza rispetto al dettato dell’articolo 6 del D. D. di attuazione dell’articolo 59″ (punto 322);

“Per effetto della rappresentazione dei fatti fornita da Trenitalia, è scaturita la determinazione di un livello dell’utile di gran lunga inferiore a quello effettivo e tale da far ritenere all’URSF che Arenaways sarebbe stata certamente in grado di sottrarre un numero di passeggeri*km sufficiente a dimezzarne l’importo” (punto 323);

“(…) Alla luce delle considerazioni svolte, la relazione trasmessa da Trenitalia all’URSF è stata, pertanto, concretamente idonea ad indurre in errore l’URSF, posto che essa ha costituito l’unico presupposto sul quale il regolatore ha poi nei fatti basato la propria decisione. Come infatti già illustrato nelle sezioni che precedono, le Regioni non hanno effettuato alcuna analisi di compromissione, non essendo, tra l’altro, in possesso dei dati di contabilità relativi ai CdS, che a Trenitalia spetterebbe periodicamente inviare alla controparte” (punto 336);

“La concreta idoneità ad indurre in errore il regolatore va apprezzata soprattutto alla luce della posizione di rilevante asimmetria informativa dell’URSF nei confronti dell’incumbent”(…) (punto 337);

“(…) Ciò, se da un lato smentisce l’eccezione di Trenitalia secondo la quale i dati forniti al regolatore erano completi e congrui ai fini delle proprie valutazioni, testimonia, dall’altro, l’induzione in errore del Regolatore. Infatti, e diversamente da quanto eccepito da Trenitalia, l’URSF — per sua stessa ammissione – era consapevole che il profitto fosse stato calcolato sottraendo per intero il “costo del capitale investito”; mentre non era consapevole che si trattasse di dati a catalogo. In tale contesto, il Regolatore ha ritenuto giusto, in un’ipotesi pre-catalogo, computare tra i costi l’intero il “costo del capitale investito”. Viceversa, appreso in audizione che ci si trovava nell’altra ipotesi, ha riscontrato un problema metodologico, proponendosi di tenerne conto nelle valutazioni future” (punto 338).

9.2. Come rilevato anche dalle parti in causa, la richiamata decisione dell’AGCM è stata oggetto di impugnazione, con ricorso da parte di Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a., dinanzi al T.a.r. per il Lazio (numero di registro generale 9330 del 2012).

9.3. L’adito T.a.r., Sezione prima, con sentenza n. 3398 del 27 marzo 2014, in accoglimento del ricorso, ha annullato il provvedimento n. 23770 del 25 luglio 2012 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

9.4. Avverso la citata sentenza è stato tuttavia proposto appello (R.G. n. 5829/2014), con giudizio che risulta tuttora pendente dinanzi alla Sezione VI del Consiglio di Stato ed in attesa di definizione.

9.5. Ciò premesso, occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2285 del 2018; sez. IV, 1130 del 2016; sez. V, n. 806 del 2015), l’ampiezza del rinvio operato dall’art. 79, co. 1, c.p.a. alla sospensione del processo come disciplinata dal c.p.c. comporta l’applicabilità, nel processo amministrativo, dell’intera gamma delle disposizioni riguardanti la materia, dunque non solo dell’art. 295 c.p.c. (espressamente richiamato dall’art. 79, co. 3, cit.), ma anche dell’art. 337, secondo comma, c.p.c. (secondo cui «Quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata»), e di ogni altra disposizione compatibile in forza del rinvio operato dall’art. 39 c.p.a., posto che non si ravvisano ostacoli logico giuridici a tale estensione.

9.5.1. Con specifico riguardo all’art. 337, secondo comma, cit., si rammenta che l’essenza del principio sancito da esso sta nell’eventualità che sulla questione pregiudiziale sia già stata pronunciata una sentenza; se tale sentenza passa in giudicato, il giudice della questione pregiudicata dovrà adeguarsi ad essa, ma, se è impugnata, il giudice della questione pregiudicata può sospendere il processo in attesa della pronuncia sull’impugnazione.

9.5.2. Tuttavia, trattandosi di una facoltà, il ‘secondo giudice’ può anche non disporre la sospensione, nel qual caso non è detto che debba necessariamente conformarsi alla decisione impugnata, sia perché potrebbe ritenere non sussistente l’influenza effettiva della sentenza sulla questione al suo esame e sia perché, anche indipendentemente da ciò, potrebbe valutare liberamente la probabilità che la sentenza invocata possa essere confermata e l’opportunità della sospensione.

9.5.3. In definitiva, a differenza dell’art. 295 cit., la previsione in esame prevede una causa di sospensione facoltativa fondata sulla generica influenza di una decisione che assume una mera “autorità di fatto”.

L’autorità della cui invocazione tratta l’art. 337, secondo comma, è soltanto quella che riguarda il modo di decidere questioni risolte in altre cause; la differenza tra le due ipotesi, pertanto, è che nella prima (art. 295 c.p.c.), occorre una pregiudizialità in senso tecnico – giuridico, nel secondo caso (art. 337 c.p.c.), è sufficiente una pregiudizialità in senso meramente logico.

Inoltre, poiché la ragione fondante dell’art. 295 cit. è quella di evitare il rischio di conflitti di giudicati e tale disposizione fa esclusivo riferimento alla pregiudizialità in senso proprio, la correlazione deve sussistere solo fra giudizi pendenti in primo grado.

9.5.4. Da quanto sopra esposto discende che l’art. 337, secondo comma, è applicabile non solo quando è impugnata con un mezzo di impugnazione straordinario una sentenza già passata in giudicato, ma anche in caso di impugnazione ordinaria; in tal caso, se il giudizio pregiudicante è stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato solo ai sensi dell’art. 337, secondo comma, cit. e non ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (pure se la sentenza di primo grado la cui autorità è invocata appartiene ad un altro ordine giurisdizionale, dovendosi anche in tal caso identificare il rilievo di una sentenza oggetto di impugnazione, pronunciata nell’esercizio di una specifica giurisdizione, con riguardo al bene della vita del quale si discute davanti all’altro giudice).

E’ fatto salvo, però, il potere del giudice di qualificare l’atto secondo il suo contenuto sostanziale e di convertirlo ove sia completo degli elementi strutturali richiesti dalla disciplina sostitutiva.

9.6. Alla luce di quanto sin qui illustrato, il Collegio ritiene di non potere decidere la totalità delle questioni della presente controversia, indipendentemente dalla richiamata decisione dell’AGCM oggetto del giudizio pregiudiziale tuttora pendente, le cui sorti giurisdizionali assumono rilevanza determinante per la soluzione di questo giudizio, proprio in ragione di quanto sostenuto dalla stessa Autorità.

In particolare, si ritiene sussista un rapporto di pregiudizialità in senso logico tra il giudizio di cui al R.G. n. 5829/2014 e la soluzione dei motivi IV, V, VI, VII e VIII, come illustrati al precedente punto 3.

Si reputa, pertanto, necessario disporre la sospensione del presente giudizio, ai sensi dell’art. 79, comma 1 del c.p.a. e dell’art. 337, comma 2, c.p.c., fino alla definizione del giudizio di cui al R.G. n. 5829/2014, limitatamente ai motivi IV, V, VI, VII e VIII.

10. Possono, invece, essere decisi i residui motivi di appello, non registrandosi interferenza alcuna con la questione rimessa all’autorità giurisdizionale.

11. Con il primo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza appellata per violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c., avendo omesso di pronunciare sulle seguenti censure di cui al ricorso introduttivo di primo grado e al ricorso per motivi aggiunti del primo grado:

a) omessa applicazione da parte dell’Organismo di regolazione degli artt. 6-7 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 prot.203/1/URSF;

b) impossibilità per l’URSF di procedere all’analisi dello squilibrio economico in mancanza di dati ritenuti essenziali da parte dello stesso URSF e non forniti dalla Regione Piemonte;

c) insufficienza della percentuale di perdita posta dall’URSF a base del proprio provvedimento 589/2010, in base a quanto stabilito dall’atto del Direttore URSF;

d) omesso coinvolgimento nella procedura di riesame, da parte dell’URSF, dell’Azienda Mobilità Metropolitana Torinese, anch’essa interessata dal nuovo contratto di servizio, per il periodo 2011/2016, in riferimento al quale era stato richiesto il riesame del provvedimento URSF 589/2010 impugnato con il ricorso introduttivo;

e) errata affermazione da parte dell’URSF che, a fronte della stipula di un “contratto pubblico di servizio” nuovo, oltretutto significativamente differente rispetto a quello in precedenza oggetto di esame, non vi sarebbero stati “elementi modificativi dei dati assunti” a base del quadro decisorio che aveva portato alla decisione 589/2010;

f) difetto di istruttoria e di verifica – da parte dell’URSF – relativamente ai dati Trenitalia, ai nuovi contratti di servizio ed alle osservazioni presentate da Arenaways, respingendo la richiesta di riesame da quest’ultima presentata.

11.1. Il motivo è infondato.

11.2. Il Collegio rileva al riguardo l’insussistenza del vizio di omessa pronuncia alla luce della tecnica redazionale utilizzata dal primo giudice, il quale, in applicazione dei principi di chiarezza e sinteticità degli atti processuali, sanciti anche dal codice del processo amministrativo, ha provveduto condivisibilmente a raggruppare le doglianze di cui al ricorso introduttivo ed al ricorso per motivi aggiunti al fine di analizzare congiuntamente quelle simili, omogenee ovvero ripetitive.

Ciò, peraltro, non ha recato alcun pregiudizio alla completezza dell’analisi della vicenda, essendo stato fatto corretto esercizio della tecnica dell’assorbimento dei motivi, in ossequio ai principi giurisprudenziali consolidati (Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5).

12. Con la seconda censura l’appellante lamenta l’erroneità della decisione di primo grado per non aver rilevato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto:

a) nonostante la presentazione, in data 14.10.2011, della domanda di partecipazione al procedimento di riesame (e di informazioni sullo stato del medesimo) della precedente determinazione dell’URSF sulla base di nuovi elementi sopravvenuti (i.e. i contratti di servizio stipulati da Trenitalia con la regione Piemonte e con l’Agenzia Metropolitana Mobilità), la società Arenaways non vi ha potuto prendere parte attiva presentando, ex art. 10 legge 241/1990, memorie e documenti; peraltro, il Fallimento Arenways non è stato neppure posto nella condizione di poter controdedurre alle osservazioni fornite da Trenitalia nell’ambito del procedimento di riesame, in violazione dell’art. 8 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 prot.n.203/1/URSF;

b) la medesima società non ha ricevuto alcuna comunicazione ex art. 10 bis legge n. 241/1990, in presenza della quale avrebbe potuto fornire all’Ufficio elementi atti a scongiurare la decisione negativa.

12.1. La censura non merita accoglimento.

12.2. Il Collegio, quanto alla censura relativa alla mancata partecipazione di Arenaways s.p.a. (e del relativo Fallimento) al procedimento di riesame, rileva che:

a) come affermato dal primo giudice, il procedimento oggetto di giudizio trova specifica disciplina nell’art. 59, commi 3 e 4 della legge 23 luglio 209, n. 99, il quale prevede espressamente la possibilità di richiedere il riesame della decisione adottata dall’Organismo di regolazione;

b) i diritti di partecipazione al procedimento di riesame da parte della società istante, nel caso di specie, risultano essere stati pienamente rispettati dall’URSF, alla luce della ricostruzione dei fatti (emergente dalle deduzioni e dalla documentazione in atti), alla stregua della quale:

b.1) prima del fallimento, l’URSF trasmetteva ad Arenaways s.p.a. una relazione contenente i dati di traffico e i trend di sviluppo sulla direttrice Milano – Torino;

b.2) dopo la dichiarazione di fallimento, il curatore fallimentare nominato dal Tribunale veniva informato dal Direttore dell’URSF dell’esistenza del procedimento di riesame, con nota del 15 settembre 2011;

b.3) in data 30 settembre 2011, il medesimo curatore veniva ricevuto dall’URSF;

b.4) alla nota del curatore fallimentare del 14 ottobre 2011, l’URSF dava riscontro con nota n. 746 trasmessa via fax in data 17 ottobre 2011 e successivamente inviata con raccomandata A.R. agli uffici del Curatore Fallimentare Dott. Mario Leonardo Marta e degli avvocati Maurizio Ariagno e Teodosio Pafundi ricevute rispettivamente il giorno 21, 22 e 24 ottobre 2011;

b.5) la curatela fallimentare, con la detta nota del 14 ottobre 2011, si limitava a richiedere di essere aggiornata sugli sviluppi del procedimento, tuttavia non provvedendo in seguito ad inviare memorie, controdeduzioni o documentazione, di fatto non esercitando i diritti partecipativi sebbene fosse a conoscenza del procedimento.

12.3. Ciò considerato, il Collegio, nella valutazione complessiva dello svolgimento dei fatti come descritta, deve ritenere che nel procedimento di riesame in oggetto la società istante (e successivamente, il relativo Fallimento) sia stata effettivamente posta nella condizione di esercitare i propri diritti partecipativi, sebbene tale possibilità non sia stato di fatto concretamente sfruttata.

12.4. L’odierna appellante, inoltre, non ha indicato quali elementi avrebbe potuto apportare in sede di istruttoria procedimentale tali da incidere realmente sugli esiti del procedimento, facendo ritenere a questo Collegio parimenti infondata, anche sotto tale profilo, la doglianza relativa alla violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Al riguardo, condividendo quanto di recente espresso da questa Sezione (sentenza n. 1508 del 9 marzo 2018), il Collegio ricorda che “la carica patologica che può derivare dalla eventuale pretermissione di tale strumento partecipativo può essere neutralizzata dal principio di dequotazione dei vizi formali”, dovendo anche l’art. 10-bis cit. essere valutato dal giudice avendo riguardo al successivo art. 21-octies, il quale, “nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo, rende irrilevante la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma dell’atto allorché il contenuto dispositivo non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

13. Con il terzo motivo di appello viene sostenuta l’illegittimità:

a) dei parametri utilizzati dalla formula matematica fissata dall’art. 6 dell’atto del Direttore URSF 6.5.2010 prot.n.203/1/URSF, in quanto asseritamente non contenenti tutti gli elementi di valutazione previsti dall’art. 59, comma 2, l. 99/2009 e fissati all’art.7, comma 2, del medesimo atto del Direttore URSF;

b) della percentuale di riferimento (riduzione superiore al 50% del profitto) fissata per l’individuazione della compromissione dell’equilibrio economico del contratto di servizio pubblico, non trovando essa alcun riscontro nella normativa di settore e risultando quindi sganciata da una seria e ponderata valutazione “a monte” della redditività dei servizi di trasporto in questione.

13.1. La censura risulta infondata.

13.2. Il Collegio in primo luogo ritiene di dover dichiarare inammissibili i profili delle censure che finiscono per impingere nel merito della scelta discrezionale rimessa dalla legge all’Organismo di regolazione per l’individuazione del parametro di valutazione della compromissione dell’equilibrio economico dei contratti di servizio pubblico. Il presente sindacato giurisdizionale deve conseguentemente essere limitato al riscontro di legittimità degli atti impugnati.

13.3. Al riguardo, quanto alla dedotta illegittimità ed illogicità dei criteri e dei parametri di cui al decreto n. 203 del 2010 ed al relativo contrasto con l’art. 59 della l. n. 99 del 2009, si rileva che:

a) ai sensi dell’art. 59, comma 2, l. n. 99/2009, “lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire o scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto, incluse le ripercussioni sul costo netto per le competenti autorità pubbliche titolari del contratto, domanda dei passeggeri, determinazione dei prezzi dei biglietti e relative modalità di emissione, ubicazione e numero delle fermate, orario e frequenza del nuovo servizio proposto”;

b) ebbene, la disposizione introduce un elenco di criteri di valutazione della compromissione dell’equilibrio economico che non può dirsi né tassativo, né preclusivo di eventuale integrazione da parte dell’Organismo di regolazione a cui è rimessa la decisione;

c) gli elementi considerati dal decreto n. 203/2010, atti a verificare se l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico sia o meno compromesso da un servizio di trasporto passeggeri nazionale, sono congruenti e sostanzialmente riproduttivi di quelli individuati dal legislatore;

d) la scelta di prevedere una formula matematica risulta ragionevole, poiché rimette la decisione ad esiti certi, oggettivi e verificabili;

e) ad ogni modo, ai sensi dell’art. 2, comma 3 del decreto n. 203/2010, la decisione viene assunta anche sulla base di “un’analisi economica oggettiva”, che, per quanto previsto dal seguente art. 7, comma 2, deve essere effettuata tenendo conto di tutti gli elementi espressi dall’art. 59, comma 2, l. n. 99/2009;

d) la scelta di prendere a riferimento una percentuale (riduzione del profitto superiore o meno al 50%) non è incongruente, illogica o irrazionale, risultando, per converso, opportuna l’individuazione di una soglia di remuneratività fissa, con l’obiettivo di definire il livello massimo oltre il quale servizio pubblico erogato dall’impresa concessionaria risulterebbe compromesso;

e) nel complesso, dal decreto impugnato, nel combinato disposto di cui agli artt. 2, 6 e 7, emerge l’elaborazione di un metodo oggettivo e basato su criteri predeterminati, conformemente a quanto richiesto dalle Linee Guida della Commissione europea (Comunicazione interpretativa in merito ad alcune disposizioni della direttiva 200/58/CE, pubblicata sulla GUCE del 28 dicembre 2010, C 353/1).

10. In conclusione, il Collegio:

a) non definitivamente pronunciando sul ricorso n.r.g. 3301/2015, respinge il primo, il secondo e il terzo motivo;

b) sospende il presente giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 79, comma 1, c.p.a. e 337, comma 2, c.p.c. sino alla conclusione del giudizio di appello n.r.g. 5829/2014 pendente dinanzi alla Sezione VI del Consiglio di Stato;

c) per ragioni di economia processuale, e in conformità alla norma enucleabile dal combinato disposto degli artt. 33, co. 1, lett. a), e 36, co. 1, c.p.a., il Collegio procede alla sospensione del processo direttamente con la presente sentenza non definitiva, senza pronunciare separata ordinanza (cfr, negli esatti termini Cons. Stato, sez. V n. 806 del 2015; Sez. V, n. 4169 del 2013).

10. Le determinazioni sulle spese del giudizio saranno decise al definitivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto (n.r.g. 3301/2015):

a) respinge il primo, il secondo e il terzo motivo;

b) sospende il presente giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 79, comma 1, c.p.a. e 337, comma 2, c.p.c., sino alla conclusione del giudizio di appello n.r.g. 5829/2014 pendente dinanzi alla Sezione VI del Consiglio di Stato;

c) riserva alla definizione del presente giudizio la regolazione del carico delle spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 4 settembre 2018.