Spedire lettere anonime non integra il reato molestie (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 6 aprile 2018, n. 15523).

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente –

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere –

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) R.B., nata il (OMISSIS);

Avverso la sentenza emessa l’08/04/2015 dal Tribunale di Rimini;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Alessandro Centonze;

Udito il Procuratore generale, in persona del Dott. Roberto Aniello, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste;

Udito per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), che si riporta ai motivi del ricorso e ne chiede l’accoglimento.

Svolgimento del processo

 

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Rimini condannava R.B. alla pena di 400,00 Euro di ammenda, giudicandola colpevole del reato di cui agli artt. 81 e 660 c.p., commesso a (OMISSIS).

2. Avverso tale sentenza R.B., a mezzo dell’avv. (OMISSIS), ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi costitutivi del reato contestato ex artt. 81 e 660 c.p. – rilevanti sia sotto il profilo dell’elemento oggettivo sia sotto il profilo dell’elemento soggettivo – e del trattamento sanzionatorio irrogato, censurato per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, escluse nonostante l’assenza di pregiudizi penali dell’imputata.

Queste ragioni imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

 

1. Il ricorso proposto da R.L. è fondato nei termini di seguito indicati.

2. Osserva anzitutto il Collegio che il che il reato ascritto a R., ai sensi degli artt. 81 e 660 c.p., implica che l’agente rechi molestia o disturbo “in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo (…)”.

Nel caso di specie, nessuna delle condotte tipizzate dall’art. 660 c.p., veniva posta in essere da R., alla quale veniva contestata la trasmissione di lettere anonime, che venivano depositate nella cassetta delle lettere della vittima.

Ne deriva che l’azione perturbatrice di R. non si concretizzava in un luogo pubblico o aperto al pubblico, nè veniva arrecata mediante l’uso del telefono, con la conseguenza di rendere privi di rilievo penale i comportamenti emulativi dell’imputata e insussistente la fattispecie oggetto di contestazione, così come prefigurata dalla giurisprudenza di legittimità consolidata (Sez. 1, n. 30294 del 24/06/2011, Donato, Rv. 250912; Sez. 1, n. 26303 del 06/05/2004, Pirastru, Rv. 2282207).

2.1. Queste considerazioni rendono superfluo l’esame della residua doglianza, afferente al trattamento sanzionatorio irrogato a R.” che postula un giudizio di responsabilità nei confronti dell’imputata, che, per le ragioni che si sono esposte, non è possibile formulare.

3. Ne discende conclusivamente che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto contestato all’imputata Luisa R. non sussiste.

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2018.