Tasse universitarie: contributi universitari a carico degli studenti (Consiglio di Stato, Sezione VI, Sentenza 27 settembre 2018, n. 5552).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

con l’intervento dei sigg. Magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Silvestro Maria Russo – Consigliere, Estensore

Marco Buricelli – Consigliere

Dario Simeoli – Consigliere

Italo Volpe – Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 5207/2011, proposto dall’Università degli studi di Chieti Gabriele D’Annunzio, in persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. An. D’A., con domicilio eletto presso in Roma, via (…), presso l’avv. Ra. An.,

contro

– l’Associazione 36. Gr., con sede in Chieti, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché i signori En. Di Ma. e St. Ci., tutti rappresentati e difesi dall’avv. Fa. Ru., con domicilio eletto in Roma, v.le (…), presso l’avv. Sa. Da. To., e

– la signora An. Go., non costituita in giudizio,

per la riforma della sentenza del TAR Abruzzo – Pescara, n. 217/2011, resa tra le parti circa l’approvazione e la pubblicazione del Manifesto generale degli studi per l’anno accademico 2007/2008, relativamente all’importo dei contributi universitari a carico degli studenti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Associazione 36. Gr. e altri;

Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 9 novembre 2017 il Cons. Silvestro Maria Russo e udito altresì l’avvocato Es., per delega dell’avvocato Ru.;

Ritenuto in fatto che:

– con delibera del 27 luglio 2007, il Consiglio d’amministrazione dell’Università degli studi di Chieti Gabriele D’Annunzio approvò il Manifesto generale degli studi per l’anno accademico 2007/2008, recante, tra l’altro, la determinazione dei contributi universitari a carico degli studenti, in coerenza con la delibera del Senato accademico del precedente giorno 6;

– avverso entrambe tali delibere proposero al TAR Pescara il ricorso n. 599 del 2007 l’Associazione 36. Gr., con sede in Chieti, nonché i signori En. Di Ma. e altri, deducendo in punto di diritto:

a) – la mancata acquisizione del parere obbligatorio del Senato degli studenti;

b) – la violazione dell’art. 5, comma 1, del DPR 25 luglio 1997 n. 306 (regolamento sulla disciplina dei contributi universitari), avendo l’atto impugnato deciso una contribuzione, a carico degli studenti, superiore alla quota del 20% del finanziamento ordinario statale;

– l’adito TAR, con sentenza n. 217 del 31 marzo 2011 e previo rigetto della questione sul difetto di legittimazione attiva della ricorrente Associazione, accolse la pretesa dei ricorrenti per entrambi i profili così dedotti;

– appellò quindi il predetto Ateneo, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza per:

1) – non aver considerato l’inammissibilità d’un gravame solo contro le determinazioni previsionali, mentre si sarebbero dovuti attendere i dati del bilancio consuntivo;

2) – la violazione del principio tra chiesto e pronunciato, poiché i motivi di primo grado furono rivolti a censurare non già la condotta dell’Università durante l’anno 2007/2008 e sfociata poi nel bilancio consuntivo (da cui il TAR prese argomenti), bensì le previsioni d’entrata e di spesa;

3) – la necessità che la deliberata aliquota di contribuzione a carico degli studenti dovesse riferirsi non al finanziamento ordinario erogato dal MIUR all’Ateneo, bensì al c.d. FFO “teorico”, cioè alla quota del fondo di finanziamento ordinario spettantegli in base alle regole di ripartizione di questo tra tutte le Università ;

4) – l’illegittimità costituzionale e la conseguente necessaria disapplicazione del DPR 206/1997, la cui censura non sarebbe preclusa in appello, essendo discendente dalla sentenza;

5) – l’irrilevanza della mancata convocazione del Senato degli studenti;

Considerato in diritto che:

– l’appello non è fondato, anzitutto con riguardo alla rilevata inammissibilità del ricorso di primo grado a cagione della natura soltanto previsionale delle impugnate delibere -donde l’onere degli odierni appellati di gravarsi anche contro il bilancio consuntivo 2007-, poiché tali delibere furono direttamente lesive della sfera giuridica degli odierni appellati, avendo statuito una misura in sé illegittima nel quantum e nel quomodo (senza la partecipazione necessaria del Senato degli studenti) a titolo di contributo a carico di questi ultimi per l’anno accademico 2007/2008;

– non vi fu alcun onere, in capo agli appellati stessi, d’impugnare pure il bilancio consuntivo per l’anno 2007, perché esso fu un atto meramente puramente ricognitivo delle entrate provenienti dalla contribuzione studentesca già stabilita per quell’anno, nonché dei trasferimenti a carico del MIUR derivanti dal fondo per il finanziamento ordinario – FFO di competenza;

– neppure risulta fondata la tesi dell’Università appellante per cui la sentenza avrebbe annullato le delibere citate non per vizi loro propri, ma partendo dai dati contabili emersi all’esito del consuntivo per il 2007, in quanto il Rettore, nella sua relazione, aveva indicato sì una stima teorica del FFO pari ad Euro 91.621.705,78, quando in realtà nel bilancio di previsione 2007, approvato dall’Ateneo stesso, era stato iscritto l’importo di Euro 79.883.955,00, a titolo di assegnazione da parte del MIUR;

– in tal caso, il rapporto tra i contributi universitari netti e siffatto finanziamento ordinario superò il limite del 20% di cui all’art. 5, comma 1, del DPR 306/1997, donde la ragione per cui il TAR volle riferirsi al bilancio consuntivo 2007 (e, in particolare, al finanziamento assegnato per il 2007, pari a Euro 82.370.817), non come elemento preso a sé stante e privo d’una censura a suo fondamento, ma quale argomento per far constare la dimostrazione della doglianza sull’avvenuto sforamento di tale aliquota massima e, di conseguenza, l’assenza d’ogni vizio d’ultrapetizione sul punto;

Considerato altresì che:

– non può esser condivisa la tesi dell’Università, secondo cui detta aliquota del 20% andasse riferita non al finanziamento ordinario erogato dal MIUR all’Università, ma al FFO teorico (cioè alla quota di tale fondo spettante all’Ateneo stesso in base al criterio di riparto di questo tra tutte le Università statali), poiché, in base all’art. 5, comma 1, del DPR 306/1997, “la contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell’importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537”;

– la norma non indica altra base finanziaria di riferimento su cui applicare l’aliquota massima del 20%, e certo non il FFO c.d. “teorico”, ma si riferisce all’effettivo importo del trasferimento a titolo di finanziamento ordinario, a valere sul capitolo del bilancio statale di previsione così denominato;

– è evidente lo scopo della norma stessa, cioè quello di garantire in modo equilibrato l’obbligo di contribuzione a carico degli studenti per il finanziamento delle Università ove son iscritti, nel senso che le tasse e i contributi, a carico di questi ultimi per la copertura delle spese universitarie, non devono superare la soglia del 20% nel rapporto aritmetico tra tale contribuzione e l’importo concreto del trasferimento a carico del bilancio statale, relativamente al solo capitolo del FFO;

– sussiste dunque, in capo agli studenti iscritti, la pretesa a che l’Ateneo d’iscrizione non si discosti dal predetto vincolo, aumentando illimitatamente le c.d. tasse universitarie, in quanto la Costituzione garantisce sì l’autonomia finanziaria e contabile degli Atenei, ma ciò non consente loro di pretermettere la normativa statale al diritto allo studio, il quale include l’onere economico di partecipazione alla spesa pubblica di funzionamento delle Università, posto a carico degli studenti;

– pertanto, spetta allo Stato e non ai singoli Atenei la fissazione d’un tetto massimo alla medesima contribuzione, solo nel rispetto del quale continua ad esser esercitata l’autonomia universitaria, che è obbligata a collocare il livello massimo di contribuzione all’interno della citata aliquota, applicata alla sola quota di trasferimento a carico del bilancio dello Stato;

– di conseguenza, gli studenti possono essere chiamati a concorrere solo entro un determinato limite percentuale della dotazione finanziaria trasferita dallo Stato, poiché tale loro contribuzione serve non già a compensare, sia pur parzialmente, il divario tra i trasferimenti effettivamente ricevuti da ogni singolo Ateneo e la quota del FFO che in via teorica dovrebbe essergli attribuita, bensì a partecipare alle spese di funzionamento, in quanto fruitori del servizio pubblico universitario;

– anzi, il medesimo art. 5, comma 1, nel determinare in modo così inderogabile il criterio di calcolo per la contribuzione a carico degli studenti, coniuga ragionevolmente l’autonomia finanziaria dei singoli Atenei con la prerogativa statale di disporre l’esercizio effettivo del diritto allo studio, pure nei casi in cui il trasferimento statale tenda a diminuire, poiché tal evento, comune a tutti i pubblici poteri, impone loro un uso più oculato delle risorse finanziarie pubbliche, donde l’infondatezza d’ogni questione di legittimità costituzionale proposta col motivo sub A.7);

– non vi sono evidenze da cui evincere un obbligo del MIUR di versare all’Università appellante, per l’anno accademico 2007/2008, una quota di FFO teorico pari a Euro 93.655.618,93, né tampoco quella (propugnata nel ricorso in epigrafe) di Euro 104.522.000, giacché né l’un importo, né l’altro le furono mai riconosciuti e, comunque, neppure rivendicati in via d’azione tempestivamente, sicché essi s’appalesano una petizione di principio;

– infondate sono poi le censure sulla pretesa non necessità del parere del Senato degli studenti sulla quota di contribuzione de qua, in quanto:

a) l’indebito aumento di quest’ultima, rispetto allo specifico criterio di calcolo ex art. 5, comma 1, del DPR 306/1997, foss’anche ai fini dell’adeguamento secondo gli indici ISTAT, non fu e non è nella libera disponibilità dell’Ateneo appellante;

b) in tal caso, ben lungi dall’esser superfluo, detto parere era più che necessario ed inevitabile, posto che l’aumento non era supportato da una congrua base normativa e non era ineluttabile e, come tale, neppure superabile in base all’art. 21-octies della l. 7 agosto 1990 n. 241;

c) spettava all’Università di dimostrare tale superfluità, poiché lo Statuto dell’Università appellante ha stabilito la regola della partecipazione necessaria del Senato degli studenti, con l’adozione di un parere obbligatorio per ogni determinazione in tema di contribuzione studentesca, al di là della natura novativa o solo confermativa delle citate delibere rispetto alle precedenti determinazioni di Ateneo sul punto;

d) non v’è alcuna inammissibilità, né tampoco difetto d’interesse nel dedurre tale mancanza, poiché, anzi, la violazione dell’obbligo procedimentale, lungi dall’essere un mero vizio formale, è strettamente correlata al vulnus subito dal corpo studentesco su un aspetto essenziale del diritto allo studio, ossia la ragionevole sostenibilità del costo d’iscrizione ai corsi di laurea nell’Università appellante;

e) rettamente il TAR ha precisato come il parere del Senato degli studenti, con la sua forza persuasiva, avrebbe potuto indurre il Senato accademico e il CDA dell’Università a mantenere la determinazione delle tasse universitarie nei limiti dell’aliquota inderogabile e ad evitare ogni scelta diversa ed arbitraria;

– in definitiva, l’appello va respinto per intero, mentre le spese di lite seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso NRG 5207/2011 in epigrafe), lo respinge.

Condanna l’Ateneo appellante al pagamento, a favore delle parti resistenti e costituite, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in Euro 5.000,00 (Euro cinquemila/00), oltre ad IVA, CPA ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 9 novembre 2017.