Telefonia mobile: blocco dell’IMEI non è opponibile al terzo acquirente in buona fede.

(Tribunale, Vicenza, ordinanza 05.04.2016)

Non è opponibile all’acquirente a titolo originario ex art. 1153 c.c., il contratto di telefonia concluso tra l’operatore telefonico e un consumatore che includeva anche la vendita a rate di un telefonino, se il secondo, dopo aver ricevuto l’apparecchio telefonico, l’abbia poi rivenduto ad un terzo soggetto di buona fede.

E’ quanto stabilito dal Tribunale di Vicenza (dott. Stefano Rago), con l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., depositata il 5 aprile scorso (all.1).

La vicenda processuale trae spunto da una prassi molto discutibile e praticata dagli operatori di telefonia mobile: quella di bloccare il cod. Imei del telefonino (rendendolo di fatto inservibile) a fronte di un inadempimento contrattuale del cliente (mancato pagamento delle rate) al quale è stato ceduto il dispositivo al momento della sottoscrizione del piano telefonico. Fin qui nulla di particolare.

Quid juris, però, se il telefonino è stato rivenduto dal cliente poco dopo (nuovo con la confezione ancora sigillata) ad un terzo acquirente che nulla sapeva del precedente contratto tra il proprio dante causa e l’operatore telefonico?

Nella fattispecie accadeva proprio questo, ovvero dopo più di un anno di regolare utilizzo dell’apparecchio telefonico da parte del terzo acquirente, il dispositivo presentava un malfunzionamento del segnale di rete che ne impediva l’utilizzo.

Ebbene, diffidato l’operatore telefonico di sbloccare l’Imei in virtù delle ragioni del terzo possessore di buona fede, la compagnia rispondeva negativamente confermando la propria condotta.

Neppure l’ordine di ripristino chiesto e ottenuto dal Co.Re.Com. Reg. Veneto sortiva qualche effetto, rendendosi pertanto necessaria l’azione giudiziaria.

Veniva così instaurato il procedimento sommario ex art. 702 bis e ss. c.p.c. con richiesta di condanna ex art. 2043 c.c. allo sblocco del cod. Imei ovvero al rimborso di un nuovo dispositivo telefonico.

Il Tribunale di Vicenza non soltanto ha accolto la domanda con l’allegata Ordinanza, ma ha pure condannato l’operatore, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., per aver resistito temerariamente nel giudizio.

Tribunale di Vicenza – sentenza 5 aprile 2016 pdf