Trasfusione da sangue infetto e responsabilità del Ministero: prescrizione quinquennale per i danni iure successionis e decennale per i danni iure proprio.

(Corte di Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 29.09.2015, n. 19244)

La responsabilità del Ministero della Salute per i danni da trasfusione di sangue infetto ha natura extracontrattuale, sicchè il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c. , comma 1, non essendo ipotizzabili figure di reato (epidemia colposa o lesioni colpose plurime) tali da innalzare il termine ai sensi dell’art. 2947 c.c. , comma 3; in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento “iure hereditatis”, trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa, reato a prescrizione quinquennale (alla data del fatto), mentre la prescrizione è decennale per il danno subito dai congiunti della vittima “iure proprio”, in quanto, per tale aspetto, il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale (alla data del fatto).

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 29.09.2015, n. 19244

…omissis…

Il primo motivo (violazione di legge e vizio della motivazione) ribadisce, sotto un primo profilo, la tesi secondo cui il tumore al fegato costituisce una nuova lesione dalla quale comincia a decorrere il termine prescrizionale dell’azione risarcitoria e sostiene che la motivazione offerta dal giudice per negare la circostanza è affatto apparente.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata s’è adeguata al principio in ragione del quale, in materia di diritto al risarcimento del danno da illecito extracontrattuale, in presenza di illecito che determini, dopo un primo evento lesivo, ulteriori conseguenze pregiudizievoli, il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria per il danno inerente ad esse decorre dal loro verificarsi, purchè sia ravvisabile una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l’esaurimento della condotta del responsabile, come nel caso in cui si passi dall’indebolimento permanente di un senso o di un organo alla sua perdita, atteso che l’ulteriore manifestazione dell’evento lesivo, in parte rimasto latente, andando oltre la minore gravità, che poteva fondare (rendendola incolpevole) l’inattività del danneggiato rispetto all’esercizio del diritto, supera la qualificazione come aggravamento e sviluppo della malattia, integrando un fatto nuovo nella percezione del soggetto che deve decidere se esercitare il diritto al risarcimento (Cass. n. 7139/13).

Ciò premesso, la sentenza è passata all’accertamento di fatto in base al quale ha ritenuto che l’epatocarcinoma non appare idoneo ad integrare una manifestazione patologica del tutto nuova ed autonoma, tale da poter modificare il termine prescrizionale.

Accertamento di fatto che, in quanto logicamente e congruamente motivato, sfugge al controllo in sede di legittimità.

Il primo motivo censura, sotto diverso profilo, il punto in cui la sentenza aggiunge alle precedenti considerazioni che l’aggravamento delle condizioni della xxxxx (malattia epatica sfociata in epatocarcinoma attestato dall’esame istologico del dicembre 2006) doveva essere prospettata davanti al primo giudice, se del caso mediante istanza di rimessione in termini. Sostengono i ricorrenti che siffatta motivazione è illogica e contraddittoria, siccome la nuova lesione fu diagnosticata nel corso dell’anno 2007.

Anche in questo caso la censura coinvolge questioni di fatto estranee al giudizio di legittimità ed in ogni caso i ricorrenti, respinta la questione di cui al predetto primo profilo, non hanno neppure interesse alla relativa delibazione.

Il secondo motivo (violazione di legge e vizio della motivazione) censura la sentenza: per non aver considerato come decennale il termine di prescrizione in ragione del sopravvenuto decesso della xxxxx., con riguardo ai diritti risarcitori azionati dagli eredi per tutti i danni (anche quello da perdita della vita) subiti dalla propria dante causa; per non essersi pronunciata in ordine alla rilevanza della morte della vittima primaria dell’illecito quale evento sopravvenuto idoneo a far decorrere un nuovo termine prescrizionale, quanto meno riguardo al danno da perdita della vita.

Il motivo è infondato.

Innanzitutto, va posto in evidenza che la sentenza s’è fatto carico di fornire risposta alla censura degli attuali ricorrenti, i quali già in appello avevano preteso l’applicazione della prescrizione decennale in presenza di reato di omicidio colposo, essendo la xxxxx da ultimo deceduta a causa dell’epatocarcinoma HCV, conseguente a contagio virale, nonchè in relazione al reato di epidemia colposa, oltre che per la sussistenza della responsabilità contrattuale del Ministero.

Come s’è già visto in precedenza la sentenza ha, dunque, escluso che il sopravvenuto epato-carcinoma integri una manifestazione del tutto nuova ed autonoma, così risolvendo in via di principio le questioni poste in proposito. Ha pure aggiunto che l’aggravamento delle condizioni della xxxx, conosciuta prima della chiusura del primo giudizio, doveva essere in quel giudizio prospettata, tanto più che l’udienza di precisazione delle conclusioni era stata chiesta proprio dal difensore dellaxxxxxxxx., stante il grave stato di salute di questa. Infine, la sentenza ha fatto corretta applicazione del principio in ragione del quale la responsabilità del Ministero della Salute per i danni da trasfusione di sangue infetto ha natura extracontrattuale, sicchè il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c. , comma 1, non essendo ipotizzabili figure di reato (epidemia colposa o lesioni colpose plurime) tali da innalzare il termine ai sensi dell’art. 2947 c.c. , comma 3; in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento “iure hereditatis”, trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa, reato a prescrizione quinquennale (alla data del fatto), mentre la prescrizione è decennale per il danno subito dai congiunti della vittima “iure proprio”, in quanto, per tale aspetto, il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale (alla data del fatto): Cass. n. 7553/12).

Con ulteriore motivazione (che qui non è neppure il caso di ripetere) la sentenza ha correttamente escluso la responsabilità contrattuale del Ministero, facendo riferimento alla consolidata giurisprudenza di legittimità.

Il terzo motivo (violazione di legge e vizio della motivazione) censura la sentenza nel punto in cui ha escluso che il termine prescrizionale fosse interrotto a seguito del riconoscimento operato dalla Commissione medica con verbale del 31 agosto 1995.

Sostengono i ricorrenti che la motivazione resa dalla sentenza è solo parziale, siccome essi avevano fatto rilevare che il riconoscimento del loro diritto da parte del Ministero era desumibile non solo dall’accertata sussistenza dei presupposti per l’erogazione dell’indennizzo, ma soprattutto dai pagamenti dell’indennizzo e dalla loro imputazione, nella considerazione, altresì, che il Ministero aveva chiesto in giudizio che le somme versate a titolo indennitario fossero comunque detratte dall’eventuale importo risarcitorio. Il motivo è infondato.

La sentenza ha escluso che il riconoscimento operato dalla Commissione medica fosse idoneo ad interrompere la prescrizione, siccome del tutto estraneo alla pretesa risarcitoria. Gli altri argomenti introdotti dai ricorrenti sono affatto irrilevanti riguardo alla pretesa esercitata.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna dei ricorrenti in solido a rivalere la controparte delle spese sostenute nel giudizio di cassazione.

p.q.m.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3200,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2015