Trasporto marittimo: la clausola ”free in and out” non esclude la responsabilità del vettore.

(Corte di Cassazione Civile, sez. III, sentenza 10.06.2015, n. 12087)

sentenza

sul ricorso 6499-2012 proposto da:

TRAIANA IMBARCHI SBARCHI SPEDIZIONI SRL (OMISSIS), in persona del Presidente, legale rappresentante, signor L.R.U., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati BENNI LUIGI, LAURA DE PROPHETIS giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ALLIANZ SPA, (già RAS RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’), in persona dei suoi procuratori speciale dottoressa G.A. e dottor C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 5 – PAL A, presso lo studio dell’avvocato DE MARTINO Simone, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCELLO GHELARDI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza definitiva n. 1258/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 16/12/2011, R.G.N. 426/2004;

avverso la sentenza non definitiva n. 1085/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 30/11/2005, R.G.N. 426/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/03/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito l’Avvocato LUIGI BENNI;

udito l’Avvocato LAURA DE PROPHETIS;

udito l’Avvocato SIMONE DE MARTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto dei primi tre motivi, per l’accoglimento del 4 motivo, assorbiti gli altri.

Svolgimento del processo

Il 23 febbraio 1999 la Acciai Speciali Terni USA S.p.A. conveniva in giudizio – oltre a diversi altri soggetti nei cui confronti la controversia sarebbe poi stata altrimenti definita – la Traiana Imbarchi Sbarchi Spedizioni srl, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da essa attrice subiti in quanto destinataria via mare, sulla rotta (OMISSIS), di rotoli di laminati d’acciaio caricati e stivati dalla convenuta sulla motonave (OMISSIS), e pervenuti in data 4 gennaio 1998 deformati ed ossidati.

Nella costituzione in giudizio della Traiana Imbarchi – e previo intervento volontario in causa in data 14 dicembre 1999 della RAS Riunione Adriatica, in forza di surroga ex art. 1916 c.c. e cessione ex art. 1260 c.c. dei diritti della società attrice e di quella di spedizione – veniva emessa la sentenza n. 4337/03 con la quale l’adito tribunale di Genova, ritenuto che Traiana Imbarchi avesse operato quale ausiliario del vettore marittimo, dichiarava prescritta la domanda attorea, per inutile decorso del termine annuale stabilito per il trasporto e le attività accessorie di caricamento e stivaggio della merce.

Interposto gravame, veniva emessa sentenza non definitiva sull’an debeatur n. 1085/05, con la quale la corte di appello di Genova, ritenuto invece che Traiana Imbarchi avesse operato quale ausiliario del caricatore e non del vettore, riformava tale decisione ritenendo nella specie applicabile il termine biennale di prescrizione previsto dall’art. 1667 c.c., comma 3 in materia di appalto; con conseguente affermazione del diritto al risarcimento in capo a RAS. Con sentenza definitiva sul quantum debeatur n. 1258/11, la corte di appello – in esito a consulenza tecnica d’ufficio – condannava la Traiana Imbarchi al risarcimento in misura di 115.336,11 dollari USA; oltre accessori e spese del doppio grado.

Avverso queste due sentenze viene da Traiana Imbarchi Sbarchi Spedizioni srl proposto ricorso per cassazione sulla base di dodici motivi, ai quali resiste con controricorso Allianz spa (già RAS). La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

p. 1.1 Con il primo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione o falsa applicazione della Convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924, degli artt. 297, 422 e 442 c.n., nonchè degli artt. 1655 e 1678 c.c.; per avere la sentenza non definitiva della corte di appello qualificato il rapporto tra le parti in termini di appalto, con conseguente applicazione del termine biennale di prescrizione. Al contrario, in base alla regola generale desumibile dalla Convenzione di Bruxelles e dal codice della navigazione, l’attività di caricamento e stivaggio aveva natura accessoria del trasporto, con la conseguenza che essa convenuta aveva operato come ausiliaria del vettore, non già del caricatore in appalto. Tale regola generale non trovava deroga nella clausola free in/liner out (FILO) intercorsa tra vettore e caricatore, poichè quest’ultima non poteva influire sulla natura del rapporto e sulle relative responsabilità, concernendo unicamente l’esclusione dai costi di nolo delle spese di carico e stivaggio.

p. 1.2 Il motivo è fondato.

La corte di appello, nella sentenza non definitiva n. 1085/05, ha riformato la pronuncia di prescrizione resa dal tribunale, osservando che: – in base sia al codice della navigazione sia alla Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924, le operazioni di carico e di stivaggio della merce hanno effettivamente natura accessoria al trasporto, e sono quindi poste normalmente in capo al vettore, che se ne assume la responsabilità; – tale assetto normativo (come anche espressamente previsto dall’art. 442 c.n.) può tuttavia essere derogato dalle parti, come sarebbe nella specie avvenuto in forza della pattuizione, nel contratto di trasporto, della clausola free in / liner out; – in conseguenza di ciò, Traiana Imbarchi aveva provveduto al carico “non già quale ausiliario del vettore accessoriamente all’esecuzione da parte di questo della prestazione inerente al trasporto, bensì quale ausiliario del caricatore in adempimento di un contratto di appalto con lo stesso stipulato” (sent. pag. 12); – l’azione non era dunque prescritta, perchè proposta nel rispetto del termine biennale di cui all’art. 1667 cc., comma 3.

Contrariamente a tale conclusione, il trasporto marittimo internazionale su polizza di carico dedotto in giudizio deve ritenersi assoggettato alla Convenzione internazionale sull’unificazione di alcune regole in materia di polizza di carico firmata a Bruxelles il 25 agosto 1924 (resa esecutiva in Italia con il R.D.L. 6 gennaio 1928, n. 1958, convertito nella L. 19 luglio 1929, n 1638), la cui disciplina, in quanto speciale, prevale sulla normativa generale interna (Cass. n. 383 del 17/01/1980). Ebbene, tale disciplina pone le operazioni di caricamento e stivaggio della merce nella sfera di rischio, costo e responsabilità del vettore:

Art. 3 par. 2 ” (…) il vettore dovrà appropriatamente e accuratamente caricare, rimaneggiare, stivare, trasportare, conservare, curare e scaricare le merci trasportate”. Questa regolamentazione va posta in relazione con quanto stabilito nel par.

8, secondo cui “qualsiasi clausola, pattuizione o accordo in un contratto di trasporto, che esoneri il vettore o la nave da responsabilità per perdita o danno relativi alle merci, derivanti da negligenza, colpa o mancanza dei doveri e degli obblighi prescritti in questo articolo o che diminuiscano detta responsabilità in modo diverso da quello stabilito in queste regole saranno nulli, e di “un effetto”.

A detta della controricorrente Ras, quest’ultima previsione di nullità colpirebbe le esenzioni di responsabilità nell’ambito delle prestazioni effettivamente dovute dal vettore, ma non rileverebbe nel caso di specie, nel quale quest’ultimo sarebbe stato, a monte, proprio esentato dalla prestazione (caricamento e stivaggio) dal cui inadempimento sarebbe poi scaturita la responsabilità dedotta in giudizio.

Questa interpretazione parte da un presupposto errato, e cioè che il vettore sarebbe stato qui appunto esonerato pattiziamente dalla prestazione di caricamento e stivaggio; il che – nei confronti delle parti del contratto di trasporto – non è, nè poteva essere. Con la conseguenza che la pretesa di porre in capo al caricatore (ed ai suoi ausiliari) la responsabilità per una prestazione che la legge pone in capo al vettore si sostanzia proprio in un invalido esonero di responsabilità di quest’ultimo.

Va del resto osservato come la connotazione giuridica di accessorietà al trasporto marittimo delle operazioni di caricamento e stivaggio trovi rispondenza sul piano operativo e funzionale, atteso che il vettore è tenuto, attraverso il comandante della nave, a verificare ed approvare, secondo un apposito piano di caricamento, le modalità di stivaggio; in quanto interferenti con le condizioni generali di navigabilità e sicurezza dell’imbarcazione. Ed è proprio nella valorizzazione della tipologia e connessione funzionale della prestazione con il servizio di trasporto, che si ritiene in via generale l’applicabilità del termine annuale di prescrizione ex art. 2951 c.c. anche quando le varie prestazioni accessorie al trasporto siano rese in esecuzione di un unico contratto (misto) di appalto di servizi di trasporto (Cass. n. 24265 del 30/11/2010; Cass. 9128/97).

Alla stessa conclusione (della responsabilità di Traiana Imbarchi come ausiliaria del vettore, e non del caricatore) doveva tuttavia la corte territoriale pervenire anche in applicazione delle norme del codice della navigazione, le quali pongono pur esse le operazioni di carico e stivaggio in capo al vettore (artt. 297, 421 e 422).

In particolare, l’art. 442 stabilisce che “il vettore riceve e riconsegna le merci sotto paranco”, con ciò accollando al medesimo il rischio riconducibile alle fasi di caricamento e stivaggio delle merci successivamente alla loro ricezione. E’ vero che questa disposizione ammette l’eventualità di un “diverso patto, regolamento portuale od uso locale”, ma tale patto di deroga, diversamente da quanto sostenuto dalla corte di appello, non può di per sè individuarsi nella clausola del contratto di trasporto “free in/liner out” (FILO: in base alla quale i costi di caricamento non rientrano nel trasporto) trattandosi, al pari di altre del tutto analoghe, di clausola esclusivamente economica di individuazione dei compensi e rimborsi dovuti al vettore, ma non idonea a sollevare quest’ultimo dalla responsabilità che, per regola generale, gli compete nella fase di caricamento e stivaggio della nave: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5565 del 25/10/1982, “La clausola FIO (free in and out) inserita in una polizza di carico, ove non risultino dal titolo più specifiche indicazioni circa il suo significato, ha l’esclusivo contenuto di una “clausola di spese”, con la quale, cioè, le parti intendono accollare le spese di caricazione e di sbarco rispettivamente al caricatore e al ricevitore, ma non esenta il vettore dall’obbligo di procedere a quelle operazioni, nè lo esonera dall’ordinaria diligenza nella custodia e nello stivaggio del carico, nè infine incide sul regime probatorio stabilito dall’art. 422 cod. civ. e dall’art. 4 della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico del 25 agosto 1924, resa esecutiva in Italia con L. 6 gennaio 1928, n. 1958″; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5158 del 11/05/1995: “Nel contratto di trasporto, la clausola detta F.I.O. (“free in and out”) ovvero F.I.O.S. (“free in and out stowed”) , in assenza di diverse e più specifiche indicazioni, ha l’esclusivo fine di accollare le spese di carico al caricatore e quelle di sbarco al ricevitore, senza incidere in alcun modo sul regime di responsabilità del vettore, il quale, pertanto, non è esonerato dall’ordinaria diligenza nella custodia e nello stivaggio del carico”.

Nel caso di specie nemmeno Ras ha indicato da quali diverse e più specifiche indicazioni dovrebbe trarsi il convincimento della volontà delle parti di derogare, attraverso la sola clausola in oggetto, al suddetto principio generale. Con la conseguenza che, anche nel caso in esame, alla convenzione FILO deve attribuirsi il valore di clausola sulle spese e non sulla responsabilità.

Ne deriva, in definitiva, che la Traiana Imbarchi ha qui operato quale ausiliaria del vettore, e nell’ambito del contratto di trasporto marittimo; con conseguente inapplicabilità della normativa sull’appalto di servizi.

Ai diritti derivanti da tale contratto di trasporto marittimo deve quindi applicarsi il termine annuale di prescrizione o decadenza previsto sia dall’art. 438 c.n., sia dall’art. 6, comma 4 della Convenzione citata: “in qualsiasi caso il vettore e la nave saranno esonerati da ogni responsabilità per perdite o danni, se non sarà promosso giudizio entro un anno dopo la riconsegna delle merci o la data in cui le merci avrebbero dovuto essere riconsegnate”.

Posto che le operazioni di riconsegna delle merci al porto di Baltimora si sono esaurite il 4 gennaio 98, tale termine è qui inutilmente spirato – in assenza di atti interruttivi precedenti al telex del novembre 99 – con riguardo tanto all’atto di intervento in causa di Ras (dicembre 99), quanto allo stesso atto introduttivo del giudizio da parte di Acciai Speciali Terni (febbraio 99).

Ne segue, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la cassazione delle sentenze impugnate, con assorbimento dei restanti motivi.

La cassazione riguarda, in particolare, sia la sentenza non definitiva sull’an debeatur n. 1085/05, sia – per l’effetto espansivo dell’annullamento rispetto alle statuizioni dipendenti ex art. 336 c.p.c. – la sentenza definitiva sul quantum debeatur n. 1258/11.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, mediante rigetto dell’appello proposto da RAS-Allianz e conseguente conferma della sentenza appellata.

Allianz spa deve essere condannata, in ragione di soccombenza, alle spese del presente giudizio di cassazione e di quello di appello;

liquidate, come in dispositivo, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

P.Q.M.


LA CORTE accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa le sentenze della corte di appello di Genova nn. 1085/05 e 1258/11;

decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, rigetta l’appello proposto da RAS spa avverso la sentenza n. 4337/03 del tribunale di Genova, che conseguentemente conferma; condanna Allianz spa al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esposti ed il resto per compenso professionale; nonchè delle spese del giudizio di appello che liquida in Euro 8.500,00, di cui Euro 600,00 per esposti ed il resto per compenso professionale; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 marzo 2015.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2015.